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Maurizio Bucca / Fabio Citton – e.t.w.a.s.
Gli artisti Maurizio Bucca e Fabio Citton in dialogo sulle potenzialità espressive di materiali poveri e dismessi, sulla poetica dell’”oggetto” estrapolato dal contesto immediato della sua fruibilità dettata dalla funzione d’uso, attraverso il quale costruire nuove forme di poesia e di narrazione.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Si inaugura venerdì 24 aprile 2015, presso gli spazi espositivi di Villa Orsini di Scorzè (via Roma, 53; presentazione critica ore 18.30), e.t.w.a.s., doppia personale degli artisti Maurizio Bucca e Fabio Citton.
La mostra, visitabile fino a domenica 03 maggio 2015 (vedi scheda evento allegata), è curata dal critico d’arte Gaetano Salerno e realizzata in collaborazione con il Comune di Scorzè, con il Circolo Culturale Scorzè e con Segnoperenne; l’appuntamento espositivo rappresenta il primo capitolo di un progetto culturale declinato in sei episodi (Società Alternate | Verso nuove società dell’arte, ideato e curato da Gaetano Salerno), ispirato alla filosofia della decrescita e incentrato sulla ricerca e analisi dei fenomeni artistici e sociologici della contemporaneità. Nella costruzione di un processo di decrescita anche l’arte rinuncia a linguaggi aulici, a forme estreme ma vacue, per riorganizzarsi in strutture più concrete di comunicazione, verso produzioni calate all’interno di un percorso formativo vicino alle contraddizioni e alle peculiarità di una realtà comunque complessa e sfaccettata, necessarie per evidenziarne le incongruenze, i limiti e – se possibile – fornire spunti di cambiamento.
Il primo dei sei appuntamenti è focalizzato sull’arte della povertà e del riciclo, in riferimento ai linguaggi minimali dell’arte povera che dalla fine degli anni Sessanta hanno rappresentato una svolta concreta nel processo di de-costruzione e ri-costruzione dell’icona artistica nella società invece parossistica ed eccessiva dei consumi, della produzione industriale, delle forti economie del dopoguerra.
e.t.w.a.s. pone in dialogo così le recenti produzioni – apparentemente antitetiche – di Maurizio Bucca e Fabio Citton, artisti attivi in area veneziana e da lungo tempo protagonisti di ricerche e studi sulle potenzialità espressive di materiali poveri e dismessi, sulla poetica dell’oggetto estrapolato dal contesto immediato della sua fruibilità dettata dalla funzione d’uso, attraverso il quale costruire nuove forme di poesia e di narrazione.
Maurizio Bucca nasce a Venezia nel 1966; vive e lavora a Venezia Mestre.
Artista in residenza presso il Padiglione Palmanova di Forte Marghera (Mestre) è membro del gruppo di ricerca e sperimentazione artistica eve ar: v. Personaggio eclettico e creativo, partecipa a numerose esposizioni, sia personali che collettive. Conduce da tempo uno studio sui linguaggi propri e impropri della pittura e sulle regole della costruzione e comunicazione visiva.
Recuperando e assemblando materiali di scarto quali le plastiche e il ferro (lavorati a caldo, con il fuoco vivo e il phon) crea singolari lavori concettuali, pittorici e scultorei, citando con rigore e precisione formale esperienze culturali del Novecento quali l’Astrattismo, l’Action painting, l’Arte informale, la Pop Art e l’Arte povera per interrogarsi sul potere della finzione e dell’inganno visivo proprio della pratica del dipingere e sulle potenzialità espressive intrinseche dei materiali di scarto quali testimonianze concrete e tangibili di società in divenire.
Fabio Citton nasce a Venezia nel 1961; vive e lavora a Mogliano Veneto (Treviso).
Si diploma in pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia e insegna presso il Liceo Artistico “M. Guggenheim” di Venezia. Allievo di Vittorio Basaglia lo affianca nella reinterpretazione degli affreschi di Tiepolo a Palazzo dei Leoni di Mira (Venezia) e nella ricostruzione dell’opera scultorea “Marco Cavallo”. Partecipa alle Collettive della Fondazione Bevilacqua La Masa dove riceve vari premi e riconoscimenti.
Dal 2000 fa parte del Centro Artistico Piranesi con il quale prende parte alle principali rassegne espositive promosse dal gruppo.
Espone in numerose mostre personali e collettive articolando il proprio lavoro, sempre improntato alla ricerca dell’essenzialità, del minimalismo, del rapporto tra segno e vuoto, del valore degli oggetti recuperati e ricollocati in nuovi contesti espressivi, tra pittura, scultura e installazione, sperimentando l’uso e le potenzialità di diversi materiali.
Legno, ferro, tessuti, tela juta e plastica sono i pochi ma significativi elementi narrativi di questa esposizione. I materiali utilizzati per la realizzazione di queste opere, scarti della società dei consumi, privati della loro funzione d’uso e destinati allo smaltimento e all’oblio, vengono invece dapprima individuati e selezionati, poi riconsiderati dai due artisti attraverso un’operazione che vuole essere contemporaneamente etica e speculativa.
Riportato così a nuova vita e caricato di una nuova e inattesa valenza iconica, di nuove potenzialità emozionali determinate in corso d’opera (azione di riciclo, assemblaggio, sottrazione, interventi modificativi e adattivi) dall’apparizione improvvisa di segni e simboli eloquenti, talvolta preordinati e talvolta casuali, ciascun oggetto artistico diviene testimonianza tangibile di una nuova cultura sociale, cosciente e attenta, per la quale ethos e poiesis sussistono in valore biunivoco ed esprimono precetti irrinunciabili, non più disgiungibili.
Scrive il critico Gaetano Salerno a proposito di e.t.w.a.s.:
“Una produzione artistica aniconica ma animica, in cui l’essenza è privata della sua corporeità e della sua primaria fruizione legata al possesso immediato dell’oggetto e della sua consistenza, per emergere assoluta e integra, oltre le immediatezze delle sovrastrutture; l’impianto teorico di entrambi gli artisti, la forma speculativa della loro “negazione”, sposta così la riflessione su aspetti della nostra esistenza minori e minimali convogliando – attraverso azioni perentorie e definitive – l’attenzione al di fuori dell’ortodossia comunicativa di una produzione falsamente intellettuale, verso le esigenze di una società contemporanea della quale evocare le strutture attuali del linguaggio.
Utilizzare la plastica colorata riciclata impiegata per imballaggi di pallet industriali, il nylon, le resine termoplastiche delle bottiglie, rappresenta per Maurizio Bucca il tentativo di rivitalizzare e impreziosire materiali poco nobili ed estranei ai linguaggi aulici dell’arte; scartate dalla società contemporanea – che metaforicamente si libera dell’involucro perché interessata solo al suo contenuto - le plastiche vengono selezionate e adoperate per la loro duttilità e per l’inganno materico grazie al quale, dopo essere state lavorate con fusioni e bruciature, divengono simili a pigmenti e pennellate sulla tela, consentendo così all’artista di organizzare nuove composizioni che, rimandando solo apparentemente a forme artistiche compiute e riconoscibili, sottolineano invece in maniera netta il passaggio tra verosimiglianza e verità.
Allo stesso modo i pochi e selezionati elementi adoperati da Fabio Citton, il legno, i tessuti e il ferro, esposti per la loro intrinseca ed estrinseca bellezza (anche se logori, stropicciati, arrugginiti), evidenziano la profonda riflessione dell’artista sui meccanismi dell’espressione artistica e sulla falsità di forme di comunicazione artefatte. Gli oggetti vengono privati delle sovrastrutture, delle iperboli barocche, per lasciare invece emergere da ciascuna piega dei tessuti, da ciascuna macchia di ruggine, da ciascuna lacerazione della tela (indotta meccanicamente per scardinare l’ordine apparente determinato dalla trama e dall’ordito) improvvisi e casuali segni (elementi figurativi e astratti, croci e simboli sacrali, tagli e squarci simili a ferite). Gli interventi minimali dell’artista, ridotti a pochi e superficiali modifiche e alterazioni, esprimono l’esigenza di pervenire a forme assolute di comunicazione, orientate allo svelamento dell’elemento neutrale che libera l’oggetto artistico oltre il tempo e lo spazio, rendendolo “difficile da definire in se stesso” e contemporaneamente “aperto a qualsiasi tipo di definizione”.
Entrambi gli artisti affidano a un elemento accidentale esterno alla narrazione (un “qualcosa”, ETWAS, secondo la definizione hegeliana) l’azione di de-contestualizzazione e ri-contestualizzazione dell’oggetto; l’ETWAS è il medium comunicatore e parlante (evocativo) tra la natura primaria e secondaria dell’oggetto, tra “ciò che avrebbe dovuto essere” e la sua nuova natura utopica, “qualcosa che sarà”, responsabile dell’acquisizione e attestazione del suo valore artistico.
La relazione così tra questa duplice natura dell’oggetto, tra il tutto (materiale) della sua funzione precedente e il nulla (spirituale) della sua funzione attuale, è determinata dal “qualcosa” che allude al potere trasformativo proprio dell’idea/azione dell’arte.
L’ETWAS è il principio significante dell’essenza dell’opera d’arte nell’istante in cui l’elemento accetta di modificare la sua natura determinata e limitata (determinante e limitante) per sopravvivere a essa, accettando la metamorfosi come processo di relazione (o concetto sviluppato) della relazione stessa tra il valore nominale e il valore potenziale, assoluto e indeterminabile, al quale si rivolge inevitabilmente ogni realtà finita.
La traslazione così dalla materialità all’immaterialità dell’oggetto alla quale tendono i due artisti orienta la loro poetica all’assoluto, lasciando che il valore concluso dell’opera (dell’oggetto cioè che ne attesta la manifestazione) compia, al di fuori delle categorie semantiche nelle quali istintivamente vorremmo collocarlo, una completa e significativa risoluzione verso la vera infinità”.
Gli artisti Maurizio Bucca e Fabio Citton saranno presenti a Villa Orsini di Scorzè in occasione della vernice di venerdì 24 aprile 2015 (presentazione ore 18.30), introdotti dal critico d’arte e curatore della mostra Gaetano Salerno.
La mostra, visitabile fino a domenica 03 maggio 2015 (vedi scheda evento allegata), è curata dal critico d’arte Gaetano Salerno e realizzata in collaborazione con il Comune di Scorzè, con il Circolo Culturale Scorzè e con Segnoperenne; l’appuntamento espositivo rappresenta il primo capitolo di un progetto culturale declinato in sei episodi (Società Alternate | Verso nuove società dell’arte, ideato e curato da Gaetano Salerno), ispirato alla filosofia della decrescita e incentrato sulla ricerca e analisi dei fenomeni artistici e sociologici della contemporaneità. Nella costruzione di un processo di decrescita anche l’arte rinuncia a linguaggi aulici, a forme estreme ma vacue, per riorganizzarsi in strutture più concrete di comunicazione, verso produzioni calate all’interno di un percorso formativo vicino alle contraddizioni e alle peculiarità di una realtà comunque complessa e sfaccettata, necessarie per evidenziarne le incongruenze, i limiti e – se possibile – fornire spunti di cambiamento.
Il primo dei sei appuntamenti è focalizzato sull’arte della povertà e del riciclo, in riferimento ai linguaggi minimali dell’arte povera che dalla fine degli anni Sessanta hanno rappresentato una svolta concreta nel processo di de-costruzione e ri-costruzione dell’icona artistica nella società invece parossistica ed eccessiva dei consumi, della produzione industriale, delle forti economie del dopoguerra.
e.t.w.a.s. pone in dialogo così le recenti produzioni – apparentemente antitetiche – di Maurizio Bucca e Fabio Citton, artisti attivi in area veneziana e da lungo tempo protagonisti di ricerche e studi sulle potenzialità espressive di materiali poveri e dismessi, sulla poetica dell’oggetto estrapolato dal contesto immediato della sua fruibilità dettata dalla funzione d’uso, attraverso il quale costruire nuove forme di poesia e di narrazione.
Maurizio Bucca nasce a Venezia nel 1966; vive e lavora a Venezia Mestre.
Artista in residenza presso il Padiglione Palmanova di Forte Marghera (Mestre) è membro del gruppo di ricerca e sperimentazione artistica eve ar: v. Personaggio eclettico e creativo, partecipa a numerose esposizioni, sia personali che collettive. Conduce da tempo uno studio sui linguaggi propri e impropri della pittura e sulle regole della costruzione e comunicazione visiva.
Recuperando e assemblando materiali di scarto quali le plastiche e il ferro (lavorati a caldo, con il fuoco vivo e il phon) crea singolari lavori concettuali, pittorici e scultorei, citando con rigore e precisione formale esperienze culturali del Novecento quali l’Astrattismo, l’Action painting, l’Arte informale, la Pop Art e l’Arte povera per interrogarsi sul potere della finzione e dell’inganno visivo proprio della pratica del dipingere e sulle potenzialità espressive intrinseche dei materiali di scarto quali testimonianze concrete e tangibili di società in divenire.
Fabio Citton nasce a Venezia nel 1961; vive e lavora a Mogliano Veneto (Treviso).
Si diploma in pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia e insegna presso il Liceo Artistico “M. Guggenheim” di Venezia. Allievo di Vittorio Basaglia lo affianca nella reinterpretazione degli affreschi di Tiepolo a Palazzo dei Leoni di Mira (Venezia) e nella ricostruzione dell’opera scultorea “Marco Cavallo”. Partecipa alle Collettive della Fondazione Bevilacqua La Masa dove riceve vari premi e riconoscimenti.
Dal 2000 fa parte del Centro Artistico Piranesi con il quale prende parte alle principali rassegne espositive promosse dal gruppo.
Espone in numerose mostre personali e collettive articolando il proprio lavoro, sempre improntato alla ricerca dell’essenzialità, del minimalismo, del rapporto tra segno e vuoto, del valore degli oggetti recuperati e ricollocati in nuovi contesti espressivi, tra pittura, scultura e installazione, sperimentando l’uso e le potenzialità di diversi materiali.
Legno, ferro, tessuti, tela juta e plastica sono i pochi ma significativi elementi narrativi di questa esposizione. I materiali utilizzati per la realizzazione di queste opere, scarti della società dei consumi, privati della loro funzione d’uso e destinati allo smaltimento e all’oblio, vengono invece dapprima individuati e selezionati, poi riconsiderati dai due artisti attraverso un’operazione che vuole essere contemporaneamente etica e speculativa.
Riportato così a nuova vita e caricato di una nuova e inattesa valenza iconica, di nuove potenzialità emozionali determinate in corso d’opera (azione di riciclo, assemblaggio, sottrazione, interventi modificativi e adattivi) dall’apparizione improvvisa di segni e simboli eloquenti, talvolta preordinati e talvolta casuali, ciascun oggetto artistico diviene testimonianza tangibile di una nuova cultura sociale, cosciente e attenta, per la quale ethos e poiesis sussistono in valore biunivoco ed esprimono precetti irrinunciabili, non più disgiungibili.
Scrive il critico Gaetano Salerno a proposito di e.t.w.a.s.:
“Una produzione artistica aniconica ma animica, in cui l’essenza è privata della sua corporeità e della sua primaria fruizione legata al possesso immediato dell’oggetto e della sua consistenza, per emergere assoluta e integra, oltre le immediatezze delle sovrastrutture; l’impianto teorico di entrambi gli artisti, la forma speculativa della loro “negazione”, sposta così la riflessione su aspetti della nostra esistenza minori e minimali convogliando – attraverso azioni perentorie e definitive – l’attenzione al di fuori dell’ortodossia comunicativa di una produzione falsamente intellettuale, verso le esigenze di una società contemporanea della quale evocare le strutture attuali del linguaggio.
Utilizzare la plastica colorata riciclata impiegata per imballaggi di pallet industriali, il nylon, le resine termoplastiche delle bottiglie, rappresenta per Maurizio Bucca il tentativo di rivitalizzare e impreziosire materiali poco nobili ed estranei ai linguaggi aulici dell’arte; scartate dalla società contemporanea – che metaforicamente si libera dell’involucro perché interessata solo al suo contenuto - le plastiche vengono selezionate e adoperate per la loro duttilità e per l’inganno materico grazie al quale, dopo essere state lavorate con fusioni e bruciature, divengono simili a pigmenti e pennellate sulla tela, consentendo così all’artista di organizzare nuove composizioni che, rimandando solo apparentemente a forme artistiche compiute e riconoscibili, sottolineano invece in maniera netta il passaggio tra verosimiglianza e verità.
Allo stesso modo i pochi e selezionati elementi adoperati da Fabio Citton, il legno, i tessuti e il ferro, esposti per la loro intrinseca ed estrinseca bellezza (anche se logori, stropicciati, arrugginiti), evidenziano la profonda riflessione dell’artista sui meccanismi dell’espressione artistica e sulla falsità di forme di comunicazione artefatte. Gli oggetti vengono privati delle sovrastrutture, delle iperboli barocche, per lasciare invece emergere da ciascuna piega dei tessuti, da ciascuna macchia di ruggine, da ciascuna lacerazione della tela (indotta meccanicamente per scardinare l’ordine apparente determinato dalla trama e dall’ordito) improvvisi e casuali segni (elementi figurativi e astratti, croci e simboli sacrali, tagli e squarci simili a ferite). Gli interventi minimali dell’artista, ridotti a pochi e superficiali modifiche e alterazioni, esprimono l’esigenza di pervenire a forme assolute di comunicazione, orientate allo svelamento dell’elemento neutrale che libera l’oggetto artistico oltre il tempo e lo spazio, rendendolo “difficile da definire in se stesso” e contemporaneamente “aperto a qualsiasi tipo di definizione”.
Entrambi gli artisti affidano a un elemento accidentale esterno alla narrazione (un “qualcosa”, ETWAS, secondo la definizione hegeliana) l’azione di de-contestualizzazione e ri-contestualizzazione dell’oggetto; l’ETWAS è il medium comunicatore e parlante (evocativo) tra la natura primaria e secondaria dell’oggetto, tra “ciò che avrebbe dovuto essere” e la sua nuova natura utopica, “qualcosa che sarà”, responsabile dell’acquisizione e attestazione del suo valore artistico.
La relazione così tra questa duplice natura dell’oggetto, tra il tutto (materiale) della sua funzione precedente e il nulla (spirituale) della sua funzione attuale, è determinata dal “qualcosa” che allude al potere trasformativo proprio dell’idea/azione dell’arte.
L’ETWAS è il principio significante dell’essenza dell’opera d’arte nell’istante in cui l’elemento accetta di modificare la sua natura determinata e limitata (determinante e limitante) per sopravvivere a essa, accettando la metamorfosi come processo di relazione (o concetto sviluppato) della relazione stessa tra il valore nominale e il valore potenziale, assoluto e indeterminabile, al quale si rivolge inevitabilmente ogni realtà finita.
La traslazione così dalla materialità all’immaterialità dell’oggetto alla quale tendono i due artisti orienta la loro poetica all’assoluto, lasciando che il valore concluso dell’opera (dell’oggetto cioè che ne attesta la manifestazione) compia, al di fuori delle categorie semantiche nelle quali istintivamente vorremmo collocarlo, una completa e significativa risoluzione verso la vera infinità”.
Gli artisti Maurizio Bucca e Fabio Citton saranno presenti a Villa Orsini di Scorzè in occasione della vernice di venerdì 24 aprile 2015 (presentazione ore 18.30), introdotti dal critico d’arte e curatore della mostra Gaetano Salerno.
24
aprile 2015
Maurizio Bucca / Fabio Citton – e.t.w.a.s.
Dal 24 aprile al 03 maggio 2015
arte contemporanea
Location
VILLA ORSINI
Scorzè, Via Roma, 53, (Venezia)
Scorzè, Via Roma, 53, (Venezia)
Orario di apertura
martedì mercoledì venerdì 16.00 – 19.30
sabato domenica 10.30 – 12.30 16.00 – 19.30
Vernissage
24 Aprile 2015, h 18.30
Autore
Curatore