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Maurizio Cominotti – 7° piano, ala est
più di venti foto selezionate tra gli scatti realizzati nel solaio degli Spedali Civili di Brescia.
Comunicato stampa
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Maurizio Cominotti presenta la sua prima mostra personale, dedicata al ciclo fotografico
7° piano, ala est: più di venti foto selezionate tra gli scatti realizzati nel solaio degli Spedali Civili.
Attraverso le sue immagini ci addentriamo in una sorta di piano fantasma, in un luogo ai più inaccessibile. La sua è invero un’intrusione consentita, benché inusuale, dovuta ad una deviazione del suo percorso lavorativo; per giorni, dopo aver tolto il camice e aver deposto gli strumenti chirurgici, si è infatti allontanato dalla sala operatoria per esplorare con la sua macchina fotografica l’ultimo livello del nosocomio.
Qui trova stimoli per i suoi interessi, per la sua passione: apparecchiature e strumenti medici dismessi in un suggestivo contesto luminoso, dove le ombre si moltiplicano tra fiotti di luce che inondano le scabre e grezze architetture. Il gioco è fatto, la tangenza è avvenuta: Cominotti inizia a preparare il set. Sveste gli oggetti del cellophane che li ricopre a protezione della polvere e ad uno ad uno inizia a collocarli nell’improvvisato studio, inseguendo la luce e i profili delle ombre, alla ricerca della miglior visuale, della miglior composizione. Tutto è ben calibrato: il soggetto, la messa in scena, le luci, la regolazione dell’obiettivo, tutto, se non fosse che proprio la ricerca estetizzante crea il paradosso, l’antinomia. Il linguaggio si fa contemporaneo, aperto, ambiguo. Le desuete attrezzature, di cui ha esplorato le forme, ne ha dedotto l’uso, le funzioni, appropriandosene e riportandole a quel mondo di cui conosce la prassi scientifica e l’iter umano, compiono, mediante la fotocamera, una mutazione. Divengono icone potenziate nella loro bellezza e nel contempo emblemi ossimorici: strumenti di sofferenza e salvezza, di solitudine e umanità, di fine e progresso. Sono simboli di armonia e contraddizione. La loro stessa collocazione, in una spoglia soffitta, al bivio tra il macero e la conservazione, crea un ulteriore percezione di contrasto.
Attratti e incuriositi, indaghiamo il luogo e le cose, percorriamo le ombre, osserviamo i dettagli, chiediamo delucidazioni sulla funzione di tali strumenti [divaricatore autostatico addominale, brocca di vetro per la raccolta di liquidi biologici, siringa d'aspirazione o di lavaggio vescicale, macchina per la determinazione della clearance della creatinina, macchine per emofiltrazione continua, per emodialisi e per esami ematochimici, fissateli di Backhaus, divaricatore anale, serpentina per il passaggio di acqua osmotizzata, forbice da dissezione di Mayo, pinza peritoneale di Mikulicz…]. Restiamo scossi e affascinati dall’incontro così ravvicinato, in primo piano, di queste metonimie della malattia e della scienza. Il bianco e nero isola però le immagini, crea una distanza tra il nostro policromo spazio e la realtà ripresa, tra la realtà odierna e la storia che evolve, tra la frenesia e la modernità delle sale ospedaliere e il silenzio di questo polveroso luogo.
Il lessico di Cominotti, denso di pause, incisi e figure retoriche (ossimoro, metafora, sineddoche…), richiede una traslitterazione dell’immagine, come della vita.
Anna Lisa Ghirardi, Agosto 2009
Note biografiche
Maurizio Cominotti è nato a Brescia l’11 giugno 1969. Dal 1999 si dedica alla fotografia; ha frequentato corsi liberi presso l’Accademia internazionale di fotografia del Museo Ken Damy e la Scuola di fotografia di Carla Cinelli. Solo recentemente ha iniziato la sua attività espositiva: Brescia, Sala “Cristo Re”, Inattovisivo, maggio 2009; Travagliato (BS), Municipio - sala Quadriportico, Inattovisivo, luglio-agosto 2009. A Palazzo Gonzaga a Maderno (BS) presenta la sua prima mostra personale.
7° piano, ala est: più di venti foto selezionate tra gli scatti realizzati nel solaio degli Spedali Civili.
Attraverso le sue immagini ci addentriamo in una sorta di piano fantasma, in un luogo ai più inaccessibile. La sua è invero un’intrusione consentita, benché inusuale, dovuta ad una deviazione del suo percorso lavorativo; per giorni, dopo aver tolto il camice e aver deposto gli strumenti chirurgici, si è infatti allontanato dalla sala operatoria per esplorare con la sua macchina fotografica l’ultimo livello del nosocomio.
Qui trova stimoli per i suoi interessi, per la sua passione: apparecchiature e strumenti medici dismessi in un suggestivo contesto luminoso, dove le ombre si moltiplicano tra fiotti di luce che inondano le scabre e grezze architetture. Il gioco è fatto, la tangenza è avvenuta: Cominotti inizia a preparare il set. Sveste gli oggetti del cellophane che li ricopre a protezione della polvere e ad uno ad uno inizia a collocarli nell’improvvisato studio, inseguendo la luce e i profili delle ombre, alla ricerca della miglior visuale, della miglior composizione. Tutto è ben calibrato: il soggetto, la messa in scena, le luci, la regolazione dell’obiettivo, tutto, se non fosse che proprio la ricerca estetizzante crea il paradosso, l’antinomia. Il linguaggio si fa contemporaneo, aperto, ambiguo. Le desuete attrezzature, di cui ha esplorato le forme, ne ha dedotto l’uso, le funzioni, appropriandosene e riportandole a quel mondo di cui conosce la prassi scientifica e l’iter umano, compiono, mediante la fotocamera, una mutazione. Divengono icone potenziate nella loro bellezza e nel contempo emblemi ossimorici: strumenti di sofferenza e salvezza, di solitudine e umanità, di fine e progresso. Sono simboli di armonia e contraddizione. La loro stessa collocazione, in una spoglia soffitta, al bivio tra il macero e la conservazione, crea un ulteriore percezione di contrasto.
Attratti e incuriositi, indaghiamo il luogo e le cose, percorriamo le ombre, osserviamo i dettagli, chiediamo delucidazioni sulla funzione di tali strumenti [divaricatore autostatico addominale, brocca di vetro per la raccolta di liquidi biologici, siringa d'aspirazione o di lavaggio vescicale, macchina per la determinazione della clearance della creatinina, macchine per emofiltrazione continua, per emodialisi e per esami ematochimici, fissateli di Backhaus, divaricatore anale, serpentina per il passaggio di acqua osmotizzata, forbice da dissezione di Mayo, pinza peritoneale di Mikulicz…]. Restiamo scossi e affascinati dall’incontro così ravvicinato, in primo piano, di queste metonimie della malattia e della scienza. Il bianco e nero isola però le immagini, crea una distanza tra il nostro policromo spazio e la realtà ripresa, tra la realtà odierna e la storia che evolve, tra la frenesia e la modernità delle sale ospedaliere e il silenzio di questo polveroso luogo.
Il lessico di Cominotti, denso di pause, incisi e figure retoriche (ossimoro, metafora, sineddoche…), richiede una traslitterazione dell’immagine, come della vita.
Anna Lisa Ghirardi, Agosto 2009
Note biografiche
Maurizio Cominotti è nato a Brescia l’11 giugno 1969. Dal 1999 si dedica alla fotografia; ha frequentato corsi liberi presso l’Accademia internazionale di fotografia del Museo Ken Damy e la Scuola di fotografia di Carla Cinelli. Solo recentemente ha iniziato la sua attività espositiva: Brescia, Sala “Cristo Re”, Inattovisivo, maggio 2009; Travagliato (BS), Municipio - sala Quadriportico, Inattovisivo, luglio-agosto 2009. A Palazzo Gonzaga a Maderno (BS) presenta la sua prima mostra personale.
05
settembre 2009
Maurizio Cominotti – 7° piano, ala est
Dal 05 al 20 settembre 2009
arte contemporanea
Location
PALAZZO GONZAGA – GONZAGA ARTE CONTEMPORANEA
Toscolano Maderno, Via Benamati, 12, (Brescia)
Toscolano Maderno, Via Benamati, 12, (Brescia)
Orario di apertura
da domenica a venerdì 17-19,30 - sabato 17 - 21,30
Vernissage
5 Settembre 2009, ore 18
Sito web
www.laurapredolini.it
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