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Maurizio Rinaudo – Il visionarismo istintivo
La mostra , visibile sino al 21 aprile, si compone di circa 50 opere recenti, la maggior parte delle quali fruibili per la prima volta e realizzate appositamente per questo appuntamento
Comunicato stampa
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La rassegna presenta una selezionata rassegna dedicata a Maurizio Rinaudo, pittore, scultore e grafico autodidatta, di origini cuneesi, ma da tempo trapiantato ad Osasco. Un artista che ha uguale senso pittorico ben esercitato e aderenza alla realtà ed alla linearità dei suoi vari mezzi espressivi. Sono risultati atti ad indicare la validità di quel ricreare mondi naturali,ad esprimere la gioia del pittore, o dello scultore, e l'estasi, il meraviglioso che gli trasmettono il paesaggio o la figura. Ascolta le voci misteriose della natura e risponde con le pennellate, o con gli interventi su ferro e bronzo, dopo aver racchiuso negli occhi uno scorcio di montagna, una distesa nevosa, i romantici angoli di città per lui fascinose. Rinaudo opera con l'impegno di un uomo che sa prendere ogni cosa sul serio: gli accostamenti di colore, la prospettiva, l'atmosfera poetica, la luce. Consciamente o inconsciamente richiama nomi e ritmi passati, ma di fronte alla tela immacolata esiste solo lui, il pittore delle cose del mondo, sempre disposto ad esprimere il meraviglioso paesaggio, soprattutto quello piemontese. La sua è un’arte magica che nasce dall’esplorare sentieri non battuti, affondando i piedi nella neve o sostando all'ombra degli alberi o della case montane e che esprime tutta la riconoscenza per quegli artisti che ammira e che, a suo giudizio, gli hanno indicato la via giusta, lo sviluppo dell'arte a contatto con la natura. Così, specie in pittura, una pittura che denuncia anni di impegno ed evoluzione, i paesaggi di Rinaudo esprimono una ricerca dei caratteri delle cose in natura. La natura e, nel suo caso, le nevi,gli alberi, le case,gli scorci del saluzzese, del pinerolese, delle amate Torino e Venezia (ci si soffermi in mostra su opere come Nevicata, Veduta di Saluzzo, Campanile di Abbadia Alpina o, ancora, Ponte sul Po) può solo diventare oggetto di rappresentazione artistica. E quando si intuisce il suo modo di articolare, solo allora si entra coscientemente nell’opera: un’opera colma di nuovo ed autentico pathos, di rappresentazione di un mondo recuperato. Perchè Rinaudo non si è fermato con occhio compiaciuto e acritico ad una matrice ben definita ed accarezzata, ma ha dato modo alla sua calda tavolozza di assecondare sia i propri desideri di evasione in atmosfere soffuse di liricità, sia l'attento studio dei momenti di evoluzione del suo linguaggio. Un linguaggio che, certo, si è avvalso della grande scuola degli impressionisti. Nelle sue tele vivono gli spazi immensi, le profondità, i toni, le pennellate larghe e copiose, un cromatismo soffice e vellutato. I soggetti che egli ritrae spaziano tra le verdi valli, i monti svettanti, i fiumi argentati, campagne e case calde e piene d'amore. E anche dove non compare la figura l’autore ripropone l'ambiente naturale dell'uomo considerando l'uomo. Egli non ritiene assolutamente necessario ricorrere ad esperimenti d'avanguardia e rifugge perciò categoricamente da ogni genere di stravaganza e di tentativi assurdi.
Ritrae il vero, lo osserva e filtra per fissarlo, en plein air, in forme dai poetici accordi cromatici che restituiscono tutte le emozioni che la natura emana. Ma è nel trattare la neve che Rinaudo si distingue da molti altri paesaggisti contemporanei e ricorda la lezione impressionista. “La neve di che colore è?” chiedevano ai propri allievi gli artisti della grande stagione pittorica dell’800 francese. Una domanda ingenua per un pittore rispetto ai colori che impiega al fine di ottenere l'effetto neve. Una neve che cade e una neve che si sgela sono sempre neve, ma non la stessa cosa. Infatti, per chi abbia visto alcuni quadri di Monet, la neve viene cercata nelle situazioni dove c'è solo questa, come in Norvegia o nei paesaggi della Senna dove abitava. Per chi osserva invece le nevi di Rinaudo non è difficile notare che, nella sua pittura, il fondo della tela e il gioco dei colori, dei bianchi freddi, grigi e azzurri diventano un paesaggio velato ma concreto. La neve dipinta si rivela così una sensazione più che una percezione, data la sua immaterialità, che prende corpo da quello che sta sotto e resta sotto, affiorando soltanto con qualche segno di una forma in superficie apparentemente astratta. La tela bianca, già tutta “nevicata”, accoglie via via, con i suoi alberi, le stradine, i monti , i ruscelli, un campanile, il possibile e lento disgelo del segno che è il lento affioramento di ciò che sta sotto al manto di neve ed è rimasto intrappolato, oppure ciò che galleggia frammentariamente sopra, come le linee di un alfabeto in formazione, ma sempre decifrabile. Ed è osservando questi lavori, in particolare, che ci si sente risucchiati dal dipinto e vi troviamo l’Autore che, da sempre, supera costantemente un sentire ed una esprimere che lo hanno portato ad essere tra i più ricercati da un collezionismo ancora sano e teso al gusto del bello e del leggibile.
Giorgio Barberis
Ritrae il vero, lo osserva e filtra per fissarlo, en plein air, in forme dai poetici accordi cromatici che restituiscono tutte le emozioni che la natura emana. Ma è nel trattare la neve che Rinaudo si distingue da molti altri paesaggisti contemporanei e ricorda la lezione impressionista. “La neve di che colore è?” chiedevano ai propri allievi gli artisti della grande stagione pittorica dell’800 francese. Una domanda ingenua per un pittore rispetto ai colori che impiega al fine di ottenere l'effetto neve. Una neve che cade e una neve che si sgela sono sempre neve, ma non la stessa cosa. Infatti, per chi abbia visto alcuni quadri di Monet, la neve viene cercata nelle situazioni dove c'è solo questa, come in Norvegia o nei paesaggi della Senna dove abitava. Per chi osserva invece le nevi di Rinaudo non è difficile notare che, nella sua pittura, il fondo della tela e il gioco dei colori, dei bianchi freddi, grigi e azzurri diventano un paesaggio velato ma concreto. La neve dipinta si rivela così una sensazione più che una percezione, data la sua immaterialità, che prende corpo da quello che sta sotto e resta sotto, affiorando soltanto con qualche segno di una forma in superficie apparentemente astratta. La tela bianca, già tutta “nevicata”, accoglie via via, con i suoi alberi, le stradine, i monti , i ruscelli, un campanile, il possibile e lento disgelo del segno che è il lento affioramento di ciò che sta sotto al manto di neve ed è rimasto intrappolato, oppure ciò che galleggia frammentariamente sopra, come le linee di un alfabeto in formazione, ma sempre decifrabile. Ed è osservando questi lavori, in particolare, che ci si sente risucchiati dal dipinto e vi troviamo l’Autore che, da sempre, supera costantemente un sentire ed una esprimere che lo hanno portato ad essere tra i più ricercati da un collezionismo ancora sano e teso al gusto del bello e del leggibile.
Giorgio Barberis
28
marzo 2009
Maurizio Rinaudo – Il visionarismo istintivo
Dal 28 marzo al 21 aprile 2009
arte contemporanea
Location
ROMA ROOM ART GALLERY
Savigliano, Corso Roma, 1, (Cuneo)
Savigliano, Corso Roma, 1, (Cuneo)
Orario di apertura
da martedì a domenica: 10/12 – 14/19
Sito web
www.rinaudoimmobiliare.it
Autore
Curatore