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Maurizo Rivieri – Controfigura dell’assenza
La personale di Maurizio Rivieri nella Sala Grasce è stata concepita come un’unica installazione pittorica con al centro una struttura in ferro da cui pendono fili da pesca, che fungono da supporto per le carte dell’artista e che evocano nella loro totalità, un ricordo frammentato in più parti.
Comunicato stampa
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La grande illusione dell’uomo è poter rispondere a quegli enigmi che cerca di risolvere da sempre. Il sospetto è che sia l’impostazione stessa delle domande a generare la loro irrisolvibilità. Impostazione inevitabile, poiché la nostra mente è costituita in modo tale da non sfuggire alla discriminazione duale tra il positivo e il negativo, ovvero, fondamentalmente, tra presenza e assenza. Consideriamo la realtà come una successione di eventi, fisici e mentali, di durata limitata, dei quali si può dire che, nell’intercorrere tra il loro generarsi e il loro dissolversi, esistono ma non che sono.
Il dolore dell’uomo va ricercato proprio come carattere di insoddisfazione che permea ogni aspetto dell’esistenza, è l’illusione della permanenza e della presenza assoluta. Vedere l’assenza significa concepirne, attraverso la pratica della meditazione, lo stato potenziale in ogni ente anche durante la sua manifestazione. Che cosa è l’arte? Rispondere a questa domanda risulta pressoché impossibile, la domanda in qualche modo sembra pretendere una risposta assoluta e univoca che si presenti nella forma “l’arte è…” , il problema appare quello di capire la molteplicità delle risposte ad una domanda che sembra pretenderne una sola.
La ricerca pittorica di Maurizio Rivieri racchiude in se tutto quello che abbiamo appena detto, parte da una visione romantica dell’arte, dalla pittura del romanticismo intesa come espressione di una sensibilità che si rivolta e si libera delle precedenti regole per ricercare nuove fonti d’ispirazione, in una prospettiva di sensibile soggettivismo. Questo individualismo porta a tradurre innanzitutto stati d’animo, sensazioni interiori: passione, forza, terrore, gusto del mistero e soprattutto del tragico, e amore sempre rinnovato verso una natura vivente, multiforme, generante meraviglia, timore, vertigine. La partenza del concepimento dell’opera nel nostro artista è questa visione-idea romantica che si concretizza leggermente anche sull’aspetto formale delle tele. Il paesaggio di Rivieri ricorda la visione interiore della pittura di William Turner che nasceva dall’immaginazione intesa proprio come invenzione, la figura che troviamo spesso rappresentata dal nostro artista come una silhouette scura senza riferimenti di sesso, di razza o di età, indica quella preoccupazione dell’infinito, dei rapporti dell’Io con la natura propri della visione romantica di Caspar David Friedrich che amava porre alcuni personaggi visti di schiena di fronte a paesaggi ampi e struggenti.
Senza vedere gli occhi di questa figura, che ritroviamo di frequente nello spazio emozionale della pittura di Maurizio Rivieri, siamo intimamente coscienti dello sguardo di questo personaggio misterioso perché è, al contempo, la sua visone e quella del pittore ad essere fatta nostra.
Rielaborando questa visione-idea romantica si arriva quasi da un Espressionismo storico, ripreso e variato esclusivamente in un senso quantitativo, accentuando i formati e la violenza cromatica, Maurizio Rivieri guarda agli anni Settanta e in particolare ad Anselm Kiefer. All’epoca si era avuta una larga zona di difesa della cromia, ma pur sempre all’insegna di un atteggiamento mentale-analitico, che azzerava gli aspetti fenomenici e considerava il colore un’entità autonoma. Infatti tecnicamente le pitture sono concepite con molta gestualità e improvvisazione, la materia di colore che si forma è di una netta consistenza, l’autore torna più volte sulla stessa tela incollando carte, ridipingendo, graffiando la superficie pittorica per far riemergere strati sottostanti, resinando e scrivendo frasi personali o citazioni.
Sempre di quegli anni Settanta vengono ripetute le citazioni scritte nelle opere, un ritorno alla Narrative Art, anche se totalmente stravolta da Rivieri in una visione più che personale. Una rivolta e denuncia nei confronti di quella austerità “povera” e fredda delle varie istanze poveriste-concettuali-informative, contro cui si reagisce accumulando materiali vari; tra i vari rappresentati di questo movimento l’attenzione del nostro artista si pone particolarmente su Christian Boltansky per quel che riguarda il tema della memoria e del ricordo.
Possiamo quindi concludere che ogni esistenza implica l’assenza, arrivando addirittura a dire che in ogni esistenza è implicitamente presente l’assenza. Se infatti concepissimo presenza e assenza in maniera sostanzialistica (ovvero se attribuissimo loro un sé), dovremmo intenderli come inconciliabili opposti, dall’esclusione reciproca. Ma l’assenza è sempre presente, ovvero l’assenza non è mai assente. Un invito esplicito a non accanirsi nei concetti e nelle definizioni di fronte a ciò che non è concettualizzabile né definibile, un invito a "mettersi in cammino" per vedere e conoscere le cose così come sono, proprio come le pitture di Maurizio Rivieri.
Enrico Mattei
26
giugno 2010
Maurizo Rivieri – Controfigura dell’assenza
Dal 26 giugno all'undici luglio 2010
arte contemporanea
Location
CHIESA E CHIOSTRO DI SANT’AGOSTINO
Pietrasanta, Via Sant'agostino, 1, (Lucca)
Pietrasanta, Via Sant'agostino, 1, (Lucca)
Orario di apertura
tutti i giorni
17-20 e 21-24
Vernissage
26 Giugno 2010, ore 19
Autore
Curatore