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Mauro Romito – Fucking man
Negli spazi della casa-studio della curatrice, Viviana Checchia, verrà ospitato Mauro Romito. Quest’ultimo, giovane artista siciliano si accinge a lasciare l’Italia per trasferirsi nella vivace capitale spagnola. Questo appuntamento rappresenterà un ulteriore tassello nella sua profonda ricerca sul rapporto uomo – donna, sviluppato per mezzo di una performance e delle video installazioni ed interpretato attraverso la prospettiva del dominio.
Comunicato stampa
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DIS … SIMULANDO
Non si finirà mai di discutere sulla liceità, da parte di un artista, di poter illustrare teoricamente le ragioni che motivano la sua attività creativa ma, in occasione dell’happening Fucking man è il caso di mettere al bando tale accademica diatriba e di avvalerci senz’altro delle parole dello stesso artista ospite, allo scopo di meglio focalizzare la sua opera.
Mauro Romito afferma, dunque, che quella sera collezionerà degli orgasmi simulati ed, in realtà, è di larga e diffusa convinzione l’opinione, da cui egli prende le mosse, che, nelle faccende d’amore, siffatte simulazioni sono il “simbolo del compiacimento femminile al dominio maschile e nello stesso tempo simbolo di fallimentari prestazioni”.
Epperò non è questa un’opinione che torna ad onore degli stessi uomini, per il fatto che viene messa in discussione, per l’appunto, la loro virilità mentre è di assoluto disdoro per le donne perché il loro simulare rappresenta praticamente un “inganno”, un’azione cioè di per se stessa disdicevole e che si ritorce su loro stesse poiché contraddice quella “parità” che è nelle loro aspirazioni: ingannando, si ingannano !
C’è un episodio famoso, nel libro di Curzio Malaparte, La pelle, ed è quello dei “femminelli” (gli omosessuali di Napoli) che simulano i dolori di un impossibile parto, ma addirittura in tal caso non può però decisamente parlarsi di “simulazione” perché i protagonisti del rito si “identificano” in quel loro ruolo al femminile, non vogliono ingannare nessuno. Se non simulano, dunque, neppure i femminelli di Napoli perché dovrebbero essere le donne a simulare ? ad ingannare ?
Viene qui in aiuto Torquato Accetto, un mio conterraneo pugliese , con il suo aureo testo “Della dissimulazione onesta”, stampato a Napoli nel 1641 e riscoperto da Benedetto Croce nel 1928: è questi, infatti, a distinguere fra “simulazione” e “dissimulazione” (la differenza, enorme, è in quel semplice “dis”, in quella semplice sillaba).
L’autore condanna, dunque, la “simulazione” in quanto moralmente riprovevole e viziata da malvagie intenzioni, ma vede nella “dissimulazione” l’unica possibilità per l’uomo di difendersi in una società che, allora come oggi, è gremita di suoi simili che simulano a non finire, a più non posso.
Basta del resto consultare un dizionario per convincersi che la dissimulazione non tende affatto ad ingannare nessuno ma è un comportamento, abituale o occasionale, diretto a celare il proprio pensiero; si tratta, insomma soltanto di non far vedere le cose come sono e ciò, evidentemente, con l’intenzione di difendersi da possibili e temute sopraffazioni. In siffatta prospettiva andrebbe quindi considerato il discusso agire delle donne.
Mauro Romito è peraltro un autentico maestro nell’uso dei suoni: l’occasione di Rivedere il suo video Man/Wo è quanto mai propizia per convincersene perché le due sillabe “man” e “wo” scandite in sintonia con i volti di un uomo e di una donna che appaiono alternativamente in primo piano nel ritmico rimbalzo di un’altalena, finiscono per significare la parola “Woman” quasi come se questo vocabolo nascesse da una costola di “Man” così come, nella Genesi, Eva vien creata da una costola di Adamo. Il suono, cioè , assume pari dignità con l’immagine nell’azione creativa, non è più una semplice “colonna sonora”.
C’è da aspettarsi, quindi, che anche in questa occasione l’artista non mancherà di far sfoggio della sua immaginazione, non foss’altro perché anche nella simulazione di un orgasmo il suono ha il suo spazio, largo spazio forse.
Resta comunque in quel che qui si è preferito definire, non simulazione, ma “dissimulazione” nella partecipazione femminile un inevitabile senso di sconfitta perché anche la dissimulazione non è certo l’ideale in un rapporto che dovrebbe edonisticamente tendere, con ben altra lealtà, alla reciprocità, per non parlare delle vette nel sublime dell’amore.
Un senso di sconfitta che, al maschile, trova l’equivalente in un altro video, “My father’s tie”, in cui Mauro tenta ripetutamente di fare il nodo alla cravatta, senza riuscirci. Ed è lo stesso autore a dirci che lui considera la cravatta il “simbolo fallico per eccellenza della mascolinità”, sicchè, senza ombra di dubbio, il conto torna alla rovescia.
Ed è così che, sotto l’apparenza di un divertissement, Mauro indaga soffertamente sulla condizione umana, sui rapporti fra uomo e donna che non riescono ad equilibrarsi, che permangono inspiegabilmente conflittuali. “Tutti gabbàti”, insomma, tanto per dirla come nel finale del Falstaff di Arrigo Boito e Giuseppe Verdi.
Viviana Checchia
Mauro Romito nasce a Milano nel 1980, cresciuto in Sicilia si trasferisce per gli studi universitari a Roma dove studia teatro e approfondisce alcune tecniche del corpo e delle arti performative. Dopo la laurea in comunicazione e un master in Interaction design lascia il teatro per approdare all’arte contemporanea con il mezzo video.
All’ interesse per le nuove tecnologie, le strutture linguistiche “incarnate” e per i sensi del linguaggio corporeo si è aggiunto quello degli studi di genere, da una prospettiva maschile ma con una visione divergente.
Non si finirà mai di discutere sulla liceità, da parte di un artista, di poter illustrare teoricamente le ragioni che motivano la sua attività creativa ma, in occasione dell’happening Fucking man è il caso di mettere al bando tale accademica diatriba e di avvalerci senz’altro delle parole dello stesso artista ospite, allo scopo di meglio focalizzare la sua opera.
Mauro Romito afferma, dunque, che quella sera collezionerà degli orgasmi simulati ed, in realtà, è di larga e diffusa convinzione l’opinione, da cui egli prende le mosse, che, nelle faccende d’amore, siffatte simulazioni sono il “simbolo del compiacimento femminile al dominio maschile e nello stesso tempo simbolo di fallimentari prestazioni”.
Epperò non è questa un’opinione che torna ad onore degli stessi uomini, per il fatto che viene messa in discussione, per l’appunto, la loro virilità mentre è di assoluto disdoro per le donne perché il loro simulare rappresenta praticamente un “inganno”, un’azione cioè di per se stessa disdicevole e che si ritorce su loro stesse poiché contraddice quella “parità” che è nelle loro aspirazioni: ingannando, si ingannano !
C’è un episodio famoso, nel libro di Curzio Malaparte, La pelle, ed è quello dei “femminelli” (gli omosessuali di Napoli) che simulano i dolori di un impossibile parto, ma addirittura in tal caso non può però decisamente parlarsi di “simulazione” perché i protagonisti del rito si “identificano” in quel loro ruolo al femminile, non vogliono ingannare nessuno. Se non simulano, dunque, neppure i femminelli di Napoli perché dovrebbero essere le donne a simulare ? ad ingannare ?
Viene qui in aiuto Torquato Accetto, un mio conterraneo pugliese , con il suo aureo testo “Della dissimulazione onesta”, stampato a Napoli nel 1641 e riscoperto da Benedetto Croce nel 1928: è questi, infatti, a distinguere fra “simulazione” e “dissimulazione” (la differenza, enorme, è in quel semplice “dis”, in quella semplice sillaba).
L’autore condanna, dunque, la “simulazione” in quanto moralmente riprovevole e viziata da malvagie intenzioni, ma vede nella “dissimulazione” l’unica possibilità per l’uomo di difendersi in una società che, allora come oggi, è gremita di suoi simili che simulano a non finire, a più non posso.
Basta del resto consultare un dizionario per convincersi che la dissimulazione non tende affatto ad ingannare nessuno ma è un comportamento, abituale o occasionale, diretto a celare il proprio pensiero; si tratta, insomma soltanto di non far vedere le cose come sono e ciò, evidentemente, con l’intenzione di difendersi da possibili e temute sopraffazioni. In siffatta prospettiva andrebbe quindi considerato il discusso agire delle donne.
Mauro Romito è peraltro un autentico maestro nell’uso dei suoni: l’occasione di Rivedere il suo video Man/Wo è quanto mai propizia per convincersene perché le due sillabe “man” e “wo” scandite in sintonia con i volti di un uomo e di una donna che appaiono alternativamente in primo piano nel ritmico rimbalzo di un’altalena, finiscono per significare la parola “Woman” quasi come se questo vocabolo nascesse da una costola di “Man” così come, nella Genesi, Eva vien creata da una costola di Adamo. Il suono, cioè , assume pari dignità con l’immagine nell’azione creativa, non è più una semplice “colonna sonora”.
C’è da aspettarsi, quindi, che anche in questa occasione l’artista non mancherà di far sfoggio della sua immaginazione, non foss’altro perché anche nella simulazione di un orgasmo il suono ha il suo spazio, largo spazio forse.
Resta comunque in quel che qui si è preferito definire, non simulazione, ma “dissimulazione” nella partecipazione femminile un inevitabile senso di sconfitta perché anche la dissimulazione non è certo l’ideale in un rapporto che dovrebbe edonisticamente tendere, con ben altra lealtà, alla reciprocità, per non parlare delle vette nel sublime dell’amore.
Un senso di sconfitta che, al maschile, trova l’equivalente in un altro video, “My father’s tie”, in cui Mauro tenta ripetutamente di fare il nodo alla cravatta, senza riuscirci. Ed è lo stesso autore a dirci che lui considera la cravatta il “simbolo fallico per eccellenza della mascolinità”, sicchè, senza ombra di dubbio, il conto torna alla rovescia.
Ed è così che, sotto l’apparenza di un divertissement, Mauro indaga soffertamente sulla condizione umana, sui rapporti fra uomo e donna che non riescono ad equilibrarsi, che permangono inspiegabilmente conflittuali. “Tutti gabbàti”, insomma, tanto per dirla come nel finale del Falstaff di Arrigo Boito e Giuseppe Verdi.
Viviana Checchia
Mauro Romito nasce a Milano nel 1980, cresciuto in Sicilia si trasferisce per gli studi universitari a Roma dove studia teatro e approfondisce alcune tecniche del corpo e delle arti performative. Dopo la laurea in comunicazione e un master in Interaction design lascia il teatro per approdare all’arte contemporanea con il mezzo video.
All’ interesse per le nuove tecnologie, le strutture linguistiche “incarnate” e per i sensi del linguaggio corporeo si è aggiunto quello degli studi di genere, da una prospettiva maschile ma con una visione divergente.
10
giugno 2009
Mauro Romito – Fucking man
Dal 10 al 23 giugno 2009
arte contemporanea
performance - happening
performance - happening
Location
MUG 10/6
Trento, Piazza Della Mostra, 25, (Trento)
Trento, Piazza Della Mostra, 25, (Trento)
Orario di apertura
lun- dom 18- 22
Vernissage
10 Giugno 2009, ore 20
Autore
Curatore