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Mavi Ferrando – Figure improbabili
La mostra è situata all’interno della Rassegna: ‘Wunderkammer – Le stanze delle meraviglie’ che si svolge dal 25 gennaio al 26 febbraio 2017 a Villa Giulia di Pallanza e nella quale si alternano una serie di mostre personali della durata di una settimana ciascuna.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Donatella Airoldi
Figure improbabili
Mavi Ferrando da molti anni ricerca il senso, a volte con estrema nitidezza, spesso in modo
dubitativo e contrastato, del fare arte in quest’esistenza effimera e solo temporaneamente eterna.
Senso dell’arte come mezzo per comunicare, per porre in relazione diverse composizioni
immaginarie che possano sovrastare il tangibile per aprirlo al possibile e all’afflato dell’impossibile.
Il suo lavoro, sconfinando oltre i limiti di una realtà raggiungibile, propone metafore e stridenti
controfigure di figure e oggetti al fine di ampliarne il significato originario troppo spesso azzerato
nei soli confini immediati. Contemporaneità e mito si intrecciano continuamente, sono
raggruppamenti installativi, frammenti di mondi e di rapporti a indicare che ogni cosa che esiste
deve essere sempre indagata anche nei suoi più nascosti e molteplici aspetti.
Anty Pansera, in una presentazione del 1976, descriveva gli oggetti di Mavi Ferrando come un
allestimento ‘possibile’ dalla presunta fruibilità quotidiana da sono stati strappati a forza con una
analisi spietata per una denuncia dissacrante.
Nelle sue prime opere l’artista usava come momento iniziale un real-fatto inteso come specificità
acquisita e ormai collaudata per poi trasformarlo in un’apparenza impropria. Anche oggi, a partire
dall’oggetto quotidiano, ma anche da soggetti del mondo animale o vegetale o umano, ci trasporta
e ci fa immergere in una simil-realtà in cui possiamo vedere la loro trasformazione spinta al gusto
intenso del limite e dove le matrici stesse vengono assorbite, disintegrate e ricomposte. L’elemento
di partenza è riconoscibile, ma l’appetitosa variazione, condotta lucidamente, disorienta lo
spettatore, fa apparire quello che non c’è e gioca sottilmente con una rigenerazione dei codici
umani.
Queste quasi figure hanno sempre qualcosa che le riconduce all’umano antropomorfo, sembrano
umani, coscia e piede riconoscibili, e poi danzano stretti da una piccola freccia, senza apice,
metallica, sono fermi e immobili trasportati in un ballo. Sono figure misteriose, docili umani, forse
giocolieri, atleti, saltatori, sono docili animali con gambe e braccia umane, forse centauri,
comunque forti, irrimediabilmente aleatori, con scarti semantici che puntano a essere normalmente
regolari, universalmente riconoscibili, sospesi in un percorso temporale.
La vita è una meteora fosforescente, la vedi viaggiare in inafferrabilità stellate ed esprimi
velocemente il primo desiderio che ti sovviene. Questa artista sperimenta le diverse linee della
trasportabilità umana, scopre nei giochi di stile delle corposità stropicciate che creano sinuose
sensibilità il mezzo per traslocarle in una dimensione scultorea personale, a volte pigmentata, a
volte ruvida e a-colore. Linee guizzanti e movimenti repentini appaiono all’improvviso anche dove
l’immoto sembra prevalere suggerendo aliti di vita altra, ma non aliena. Tutto diventa energia, ogni
linea è movimento, trasformare il volume in sensazioni, forme spezzate e colori accesi, per rendere
quella sensazione dinamica intorno allo spettatore, infondere nella scena un moto fluttuante in
perenne trasformazione frutto di molteplici spinte direzionali.
E un’ironia sarcastica onnipresenzia questa visione del mondo trasformando le figure in flessuose
sproporzioni armoniche e in ingegnose astrazioni che potremmo definire quasi bibliche. Sono
sculture dove il fronte e il retro per gran parte coincidono, sono rappresentazioni, fotografie in
rilievo di momenti fissati e gelificati in improbabili entità fisiche. Con materiali poveri e materiali di
riciclo modificati è una ricerca sinuosa e al contempo rigorosa per ogni segno, anche il più minuto,
che sempre deve armonizzarsi con la complessità agitata dei venti e dei controventi. Le sue
sculture s’innescano con la forza delle maree, si muovono frettolosamente, sono onde intrecciate
che scovano il dis-uso, cioè il non uso, e sprigionano un’energia trattenuta in incongruenze vitali
costrette a confrontarsi e a coesistere dove creature oscure abitano e sonnecchiano indisturbate.
Rallegrandosi di ogni piede ingarbugliato nei tacchi.
Figure improbabili
Mavi Ferrando da molti anni ricerca il senso, a volte con estrema nitidezza, spesso in modo
dubitativo e contrastato, del fare arte in quest’esistenza effimera e solo temporaneamente eterna.
Senso dell’arte come mezzo per comunicare, per porre in relazione diverse composizioni
immaginarie che possano sovrastare il tangibile per aprirlo al possibile e all’afflato dell’impossibile.
Il suo lavoro, sconfinando oltre i limiti di una realtà raggiungibile, propone metafore e stridenti
controfigure di figure e oggetti al fine di ampliarne il significato originario troppo spesso azzerato
nei soli confini immediati. Contemporaneità e mito si intrecciano continuamente, sono
raggruppamenti installativi, frammenti di mondi e di rapporti a indicare che ogni cosa che esiste
deve essere sempre indagata anche nei suoi più nascosti e molteplici aspetti.
Anty Pansera, in una presentazione del 1976, descriveva gli oggetti di Mavi Ferrando come un
allestimento ‘possibile’ dalla presunta fruibilità quotidiana da sono stati strappati a forza con una
analisi spietata per una denuncia dissacrante.
Nelle sue prime opere l’artista usava come momento iniziale un real-fatto inteso come specificità
acquisita e ormai collaudata per poi trasformarlo in un’apparenza impropria. Anche oggi, a partire
dall’oggetto quotidiano, ma anche da soggetti del mondo animale o vegetale o umano, ci trasporta
e ci fa immergere in una simil-realtà in cui possiamo vedere la loro trasformazione spinta al gusto
intenso del limite e dove le matrici stesse vengono assorbite, disintegrate e ricomposte. L’elemento
di partenza è riconoscibile, ma l’appetitosa variazione, condotta lucidamente, disorienta lo
spettatore, fa apparire quello che non c’è e gioca sottilmente con una rigenerazione dei codici
umani.
Queste quasi figure hanno sempre qualcosa che le riconduce all’umano antropomorfo, sembrano
umani, coscia e piede riconoscibili, e poi danzano stretti da una piccola freccia, senza apice,
metallica, sono fermi e immobili trasportati in un ballo. Sono figure misteriose, docili umani, forse
giocolieri, atleti, saltatori, sono docili animali con gambe e braccia umane, forse centauri,
comunque forti, irrimediabilmente aleatori, con scarti semantici che puntano a essere normalmente
regolari, universalmente riconoscibili, sospesi in un percorso temporale.
La vita è una meteora fosforescente, la vedi viaggiare in inafferrabilità stellate ed esprimi
velocemente il primo desiderio che ti sovviene. Questa artista sperimenta le diverse linee della
trasportabilità umana, scopre nei giochi di stile delle corposità stropicciate che creano sinuose
sensibilità il mezzo per traslocarle in una dimensione scultorea personale, a volte pigmentata, a
volte ruvida e a-colore. Linee guizzanti e movimenti repentini appaiono all’improvviso anche dove
l’immoto sembra prevalere suggerendo aliti di vita altra, ma non aliena. Tutto diventa energia, ogni
linea è movimento, trasformare il volume in sensazioni, forme spezzate e colori accesi, per rendere
quella sensazione dinamica intorno allo spettatore, infondere nella scena un moto fluttuante in
perenne trasformazione frutto di molteplici spinte direzionali.
E un’ironia sarcastica onnipresenzia questa visione del mondo trasformando le figure in flessuose
sproporzioni armoniche e in ingegnose astrazioni che potremmo definire quasi bibliche. Sono
sculture dove il fronte e il retro per gran parte coincidono, sono rappresentazioni, fotografie in
rilievo di momenti fissati e gelificati in improbabili entità fisiche. Con materiali poveri e materiali di
riciclo modificati è una ricerca sinuosa e al contempo rigorosa per ogni segno, anche il più minuto,
che sempre deve armonizzarsi con la complessità agitata dei venti e dei controventi. Le sue
sculture s’innescano con la forza delle maree, si muovono frettolosamente, sono onde intrecciate
che scovano il dis-uso, cioè il non uso, e sprigionano un’energia trattenuta in incongruenze vitali
costrette a confrontarsi e a coesistere dove creature oscure abitano e sonnecchiano indisturbate.
Rallegrandosi di ogni piede ingarbugliato nei tacchi.
15
febbraio 2017
Mavi Ferrando – Figure improbabili
Dal 15 al 19 febbraio 2017
arte contemporanea
Location
VILLA GIULIA
Verbania, Via Vittorio Veneto, (Verbano-cusio-ossola)
Verbania, Via Vittorio Veneto, (Verbano-cusio-ossola)
Orario di apertura
da martedì a venerdì ore 15 -19,30; sabato ore 10 -12,30 e 15 -19.30; domenica ore 15 -19.30
Vernissage
15 Febbraio 2017, h 17
Autore
Curatore