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Maybe in May
In mostra le opere di sei artiste che, utilizzando il medium tessile, offrono nuove visioni sull’identità della donna e sul valore della collaborazione. Con il titolo si sottolinea la difficoltà psicologica e fattuale nel realizzare un progetto espositivo in questi tempi incerti.
Comunicato stampa
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L’associazione culturale LAQ – lartquotidien presenta dal 13 maggio al 13 giugno 2021 nello spazio della Basilica di San Celso MAYBE IN MAY, mostra collettiva con opere delle artiste Gioia Di Girolamo, Michela Martello, Alix Marie, Rada Kozelj, Marie Jacotey, Elena El Asmar.
L’esposizione, curata da Elisabetta Mero e Valentina Rignano, è la prima di una serie di attività culturali pensate da LAQ per la Basilica di San Celso in collaborazione con istituzioni e gallerie locali e internazionali.
Il titolo della mostra sottolinea la difficoltà psicologica e fattuale nel realizzare un progetto espositivo in tempi incerti, dove pianificazione e programmazione sembrano azioni impossibili. Le sei artiste coinvolte offrono ognuna un contributo per guardare alle nuove possibilità che si aprono in questo periodo storico come la scoperta di nuove forme di liberazione psicofisica e di emancipazione attraverso la collaborazione tra esseri umani, in un intreccio globale di interazioni.
Il focus della mostra è sul ruolo delle donne e del tessile nella ricerca di questi nuovi significati.
Le pratiche di tutte e sei le artiste si concentrano su tematiche connesse all'identità della donna, partendo dallo sguardo verso il proprio corpo fino ad arrivare al rapporto con retaggi e stereotipi psicologici, sociali e culturali che portano il genere a diventare un mero costrutto che performa la realtà. Il tessuto risulta essere oggi, in continuità con le riflessioni femministe degli anni ‘70, il mezzo privilegiato per approfondire tematiche sociali. Materia “parlante” che sintetizza nell’ambito delle arti visive, e non più solo nell’ambito della Fiber art, per le sue qualità intrinseche, l’ideale della creazione
di connessioni e può essere usato anche per guardare al corpo nel suo aspetto sociale e politico.
In dialogo con i movimenti internazionali sempre più interessati ad un approfondimento politico e sociale del concetto di cura, veicolato anche attraverso il mezzo dell’arte, LAQ vuole indagare concretamente nuove forme di collaborazione e offrire possibili nuove modalità di supporto tra individui in un momento storico così particolare.
Tutte le opere in mostra sono realizzate con l'utilizzo di tessuti, materia che oggi ha finalmente raggiunto una dignità intrinseca alla pari di materiali più tradizionali come il marmo. L’interesse, dunque, non è solo quello di esplorare gli aspetti tecnici della fibra, ma di indagare la vastità di possibili significati che questa è in grado di veicolare attraverso le sue qualità organiche.
GIOIA DI GIROLAMO con l’opera “Impalpable”, realizzata con cotone, imbottitura, felpa, e nitro spray (2016) ci offre, un'esperienza sensoriale tridimensionale, impossibile da cogliere attraverso social media e video. È un'opera che ci ricorda l'importanza di vivere una vita reale fatta di contatto. Negli “Stretches”(2019), fotografie stampate su lycra, ALIX MARIE focalizza la sua attenzione su problemi e ossessioni legate al corpo che possono limitare la vita di una donna, stressata da miti sociali creati dalla moda e da un’ideale di bellezza stereotipato. RADA KOZELJ attraverso i suoi “Jingles”(2020), brevi melodie con testi improvvisati, manifesta un incontenibile bisogno di espressività fisica. L’ispirazione nasce nel primo lockdown quando realizza le prime produzioni in un contesto intimo e domestico, mentre i tre “Jingles" in mostra sono girati nella natura, sul limitare del bosco non lontano da casa sua. I copricapi e i vestiti da lei creati o assemblati hanno un ruolo connotante nella performance privata. MICHELA MARTELLO in “The Absolute body” (2020), ha dipinto su sacchi alimentari vintage Green Tara, la dea della compassione della tradizione buddista tibetana. È una rappresentazione femminile a cui possiamo rivolgerci nei momenti di bisogno per qualsiasi richiesta di aiuto e cura. Le opere di MARIE JACOTEY "Papillon de la noche" e "You pinned me down" (entrambe del 2020) approfondiscono l'esplorazione dell'artista nell'uso dei tessuti. Queste opere sono stampe digitali di pastelli ad olio raffiguranti momenti privati che creano una narrazione attraverso associazioni di colore e fantasia, forme corporee, parole e scala. Mentre da una prospettiva femminile perdono ogni categorizzazione di uno sguardo di genere, rappresentano invece una sorta di riscoperta di emozioni e storie attraverso un collage cinematografico di immagini caratterizzato da un'estetica punk. Infine ELENA EL ASMAR presenta “Reverie” (2016), arazzo Jacquard, in cui è rappresentato un vaso di vetro che diviene l’archetipo di un’architettura moresca, che si staglia su un paesaggio di impianto rinascimentale. Sia il tessile sia il vetro sono elementi legati alla ricerca di identità e di riscoperta delle origini libanesi dell’artista.
L’esposizione, curata da Elisabetta Mero e Valentina Rignano, è la prima di una serie di attività culturali pensate da LAQ per la Basilica di San Celso in collaborazione con istituzioni e gallerie locali e internazionali.
Il titolo della mostra sottolinea la difficoltà psicologica e fattuale nel realizzare un progetto espositivo in tempi incerti, dove pianificazione e programmazione sembrano azioni impossibili. Le sei artiste coinvolte offrono ognuna un contributo per guardare alle nuove possibilità che si aprono in questo periodo storico come la scoperta di nuove forme di liberazione psicofisica e di emancipazione attraverso la collaborazione tra esseri umani, in un intreccio globale di interazioni.
Il focus della mostra è sul ruolo delle donne e del tessile nella ricerca di questi nuovi significati.
Le pratiche di tutte e sei le artiste si concentrano su tematiche connesse all'identità della donna, partendo dallo sguardo verso il proprio corpo fino ad arrivare al rapporto con retaggi e stereotipi psicologici, sociali e culturali che portano il genere a diventare un mero costrutto che performa la realtà. Il tessuto risulta essere oggi, in continuità con le riflessioni femministe degli anni ‘70, il mezzo privilegiato per approfondire tematiche sociali. Materia “parlante” che sintetizza nell’ambito delle arti visive, e non più solo nell’ambito della Fiber art, per le sue qualità intrinseche, l’ideale della creazione
di connessioni e può essere usato anche per guardare al corpo nel suo aspetto sociale e politico.
In dialogo con i movimenti internazionali sempre più interessati ad un approfondimento politico e sociale del concetto di cura, veicolato anche attraverso il mezzo dell’arte, LAQ vuole indagare concretamente nuove forme di collaborazione e offrire possibili nuove modalità di supporto tra individui in un momento storico così particolare.
Tutte le opere in mostra sono realizzate con l'utilizzo di tessuti, materia che oggi ha finalmente raggiunto una dignità intrinseca alla pari di materiali più tradizionali come il marmo. L’interesse, dunque, non è solo quello di esplorare gli aspetti tecnici della fibra, ma di indagare la vastità di possibili significati che questa è in grado di veicolare attraverso le sue qualità organiche.
GIOIA DI GIROLAMO con l’opera “Impalpable”, realizzata con cotone, imbottitura, felpa, e nitro spray (2016) ci offre, un'esperienza sensoriale tridimensionale, impossibile da cogliere attraverso social media e video. È un'opera che ci ricorda l'importanza di vivere una vita reale fatta di contatto. Negli “Stretches”(2019), fotografie stampate su lycra, ALIX MARIE focalizza la sua attenzione su problemi e ossessioni legate al corpo che possono limitare la vita di una donna, stressata da miti sociali creati dalla moda e da un’ideale di bellezza stereotipato. RADA KOZELJ attraverso i suoi “Jingles”(2020), brevi melodie con testi improvvisati, manifesta un incontenibile bisogno di espressività fisica. L’ispirazione nasce nel primo lockdown quando realizza le prime produzioni in un contesto intimo e domestico, mentre i tre “Jingles" in mostra sono girati nella natura, sul limitare del bosco non lontano da casa sua. I copricapi e i vestiti da lei creati o assemblati hanno un ruolo connotante nella performance privata. MICHELA MARTELLO in “The Absolute body” (2020), ha dipinto su sacchi alimentari vintage Green Tara, la dea della compassione della tradizione buddista tibetana. È una rappresentazione femminile a cui possiamo rivolgerci nei momenti di bisogno per qualsiasi richiesta di aiuto e cura. Le opere di MARIE JACOTEY "Papillon de la noche" e "You pinned me down" (entrambe del 2020) approfondiscono l'esplorazione dell'artista nell'uso dei tessuti. Queste opere sono stampe digitali di pastelli ad olio raffiguranti momenti privati che creano una narrazione attraverso associazioni di colore e fantasia, forme corporee, parole e scala. Mentre da una prospettiva femminile perdono ogni categorizzazione di uno sguardo di genere, rappresentano invece una sorta di riscoperta di emozioni e storie attraverso un collage cinematografico di immagini caratterizzato da un'estetica punk. Infine ELENA EL ASMAR presenta “Reverie” (2016), arazzo Jacquard, in cui è rappresentato un vaso di vetro che diviene l’archetipo di un’architettura moresca, che si staglia su un paesaggio di impianto rinascimentale. Sia il tessile sia il vetro sono elementi legati alla ricerca di identità e di riscoperta delle origini libanesi dell’artista.
13
maggio 2021
Maybe in May
Dal 13 maggio al 13 giugno 2021
arte contemporanea
Location
SPAZIO SAN CELSO – BASILICA DI SAN CELSO
Milano, Corso Italia, 39, (Milano)
Milano, Corso Italia, 39, (Milano)
Orario di apertura
Da Martedì a Venerdì - 15.00-19.00
Sabato e Domenica - 11.00-19.00
Ufficio stampa
Maria Chiara Salvanelli Press Office & Communication
Autore
Curatore
Media partner
Produzione organizzazione