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Melissa Moore / Alberta Pellacani – REVERIE
Utopia, visione e natura, Melissa Moore e Alberta Pellacani indagano il cambiamento come trasformazione, l’architettura come rifugio e lo svelamento come conoscenza.
Comunicato stampa
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Metronom prosegue il programma espositivo con Rêverie, mostra bi-personale delle artiste Melissa Moore e Alberta Pellacani. Rêverie sarà inaugurata sabato 9 febbraio alle 18.30 e resterà aperta fino al 6 aprile 2013.
Lo sguardo si offusca, quasi intorbidito, lo spazio reale e tangibile si popola di dettagli irreali e spiazzanti. Uno sguardo che vagheggia reali mondi possibili nel caso di Melissa Moore e di sottili incertezze che si insinuano, modificando senza giungere a un cambiamento tangibile, per Alberta Pellacani. Nel mezzo la natura, svelata e celata al tempo stesso, la natura come fiducia nelle possibilità dell’uomo e la natura come continua necessaria metamorfosi. Il lavoro delle due artiste dialoga su questi livelli di indagine e di significato, accomunati da una ricerca visiva che suggerisce senza dichiarare. Se per Melissa Moore l’esito è, anche se solo apparentemente, palesato, Alberta Pellacani offre allo spettatore immagini volutamente ambigue, seducenti nella loro enigmaticità.
Land Ends è una serie inedita, esito di una ricerca durata oltre tredici anni, durante i quali Melissa Moore si è ripetutamente recata sull’isola di Hornby, in Canada, dove negli anni 70 gli abitanti hanno costruito da soli le proprie case e vissuto ispirandosi a principi di praticabile autosufficienza. Ispirati dal libro Shelter (letteralmente, rifugio) pubblicazione divenuta di culto che “…non racconta di come si può tornare a vivere in una caverna e crescere da soli il proprio cibo. Non si basa sull’idea che ognuno possa ritrovare un angolo di campagna, in un cieco attaccamento al passato. E’ in realtà un tentativo di ricerca di un nuovo e necessario equilibrio nelle nostre vite, tra ciò che può essere fatto a mano e ciò che deve essere ancora fatto da una macchina.” Moore reinterpreta questo sentire che trova nella contemporaneità le stesse spinte e le stesse motivazioni. La sua ricerca è quella di mettersi in gioco, in prima persona, con una pratica artistica che avvicina elemento umano ed elemento naturale. E’ un legame con la natura che Melissa Moore cerca con la modalità a lei consueta dell’autoritratto, ma un autoritratto che non svela, anzi, ha sempre una caratteristica di incompiutezza. Ciò che compare, sempre inserito in un contesto ben preciso, sono alle volte solo le gambe che escono da una rientranza rocciosa, a volte una figura di spalle intenta in un gesto che non è dato vedere, o frontale, nella forma di un volto coperto celato da un teschio animale. Nei dettagli che raccontano la storia di una comunità e quindi di vite umane, Moore rintraccia elementi a metà tra il magico e l’entropico. Un mondo ideale che si trova quasi sdoppiato dopo il disastro di Fukushima, rinnovato nei suoi intenti e nel suo sogno al limite dell’utopia.
Alberta Pellacani affida a Changing il proprio sguardo riferito al presente. La serie, composta da fotografie e video, è una indagine intima che si traduce nella continua ricerca di uno stato di quiete perpetuamente turbata. “La Natura ama nascondersi”, citando Eraclito, dove Natura (physis) non è l’insieme dei fenomeni ma la natura propria di ogni cosa, dove si attua la coincidenza di contrari (e nascita e morte in primis) e l’amare non è riferito a un sentimento bensì a una tendenza naturale. La natura si trasforma, incessantemente, per svelare o per nascondere al tempo stesso, difficile da decifrare. La prospettiva obbligata a cui ci costringe Alberta Pellacani è quella di un movimento lento, impercettibile, che potrebbe durare anni come un attimo. E’ un cambiamento che va di pari passo con l’incertezza, con l’inquietudine della conoscenza, quello stato ricco di promesse che prelude alla consapevolezza. Una consapevolezza che si raggiunge solo con la distanza, con il tempo nel caso del video, dove l’immagine si compone di movimenti minimi, di micro sequenze che a poco a poco si compongono e da una molteplicità di segni - cieli, forse nubi, superfici specchianti - che si rivelano nella forma di rami e infiorescenze. La stessa enigmatica coerenza si ritrova nelle sequenze fotografiche, dove il momento doppio, speculare riesce a mantenere la fluidità del movimento di porzioni di alberi, rami e foglie. Anche per Alberta Pellacani la parzialità della visione prelude a un compimento affidato al singolo, allo sguardo dello spettatore costretto a seguire lo stesso processo di conoscenza, dagli esiti assolutamente soggettivi.
Lo sguardo si offusca, quasi intorbidito, lo spazio reale e tangibile si popola di dettagli irreali e spiazzanti. Uno sguardo che vagheggia reali mondi possibili nel caso di Melissa Moore e di sottili incertezze che si insinuano, modificando senza giungere a un cambiamento tangibile, per Alberta Pellacani. Nel mezzo la natura, svelata e celata al tempo stesso, la natura come fiducia nelle possibilità dell’uomo e la natura come continua necessaria metamorfosi. Il lavoro delle due artiste dialoga su questi livelli di indagine e di significato, accomunati da una ricerca visiva che suggerisce senza dichiarare. Se per Melissa Moore l’esito è, anche se solo apparentemente, palesato, Alberta Pellacani offre allo spettatore immagini volutamente ambigue, seducenti nella loro enigmaticità.
Land Ends è una serie inedita, esito di una ricerca durata oltre tredici anni, durante i quali Melissa Moore si è ripetutamente recata sull’isola di Hornby, in Canada, dove negli anni 70 gli abitanti hanno costruito da soli le proprie case e vissuto ispirandosi a principi di praticabile autosufficienza. Ispirati dal libro Shelter (letteralmente, rifugio) pubblicazione divenuta di culto che “…non racconta di come si può tornare a vivere in una caverna e crescere da soli il proprio cibo. Non si basa sull’idea che ognuno possa ritrovare un angolo di campagna, in un cieco attaccamento al passato. E’ in realtà un tentativo di ricerca di un nuovo e necessario equilibrio nelle nostre vite, tra ciò che può essere fatto a mano e ciò che deve essere ancora fatto da una macchina.” Moore reinterpreta questo sentire che trova nella contemporaneità le stesse spinte e le stesse motivazioni. La sua ricerca è quella di mettersi in gioco, in prima persona, con una pratica artistica che avvicina elemento umano ed elemento naturale. E’ un legame con la natura che Melissa Moore cerca con la modalità a lei consueta dell’autoritratto, ma un autoritratto che non svela, anzi, ha sempre una caratteristica di incompiutezza. Ciò che compare, sempre inserito in un contesto ben preciso, sono alle volte solo le gambe che escono da una rientranza rocciosa, a volte una figura di spalle intenta in un gesto che non è dato vedere, o frontale, nella forma di un volto coperto celato da un teschio animale. Nei dettagli che raccontano la storia di una comunità e quindi di vite umane, Moore rintraccia elementi a metà tra il magico e l’entropico. Un mondo ideale che si trova quasi sdoppiato dopo il disastro di Fukushima, rinnovato nei suoi intenti e nel suo sogno al limite dell’utopia.
Alberta Pellacani affida a Changing il proprio sguardo riferito al presente. La serie, composta da fotografie e video, è una indagine intima che si traduce nella continua ricerca di uno stato di quiete perpetuamente turbata. “La Natura ama nascondersi”, citando Eraclito, dove Natura (physis) non è l’insieme dei fenomeni ma la natura propria di ogni cosa, dove si attua la coincidenza di contrari (e nascita e morte in primis) e l’amare non è riferito a un sentimento bensì a una tendenza naturale. La natura si trasforma, incessantemente, per svelare o per nascondere al tempo stesso, difficile da decifrare. La prospettiva obbligata a cui ci costringe Alberta Pellacani è quella di un movimento lento, impercettibile, che potrebbe durare anni come un attimo. E’ un cambiamento che va di pari passo con l’incertezza, con l’inquietudine della conoscenza, quello stato ricco di promesse che prelude alla consapevolezza. Una consapevolezza che si raggiunge solo con la distanza, con il tempo nel caso del video, dove l’immagine si compone di movimenti minimi, di micro sequenze che a poco a poco si compongono e da una molteplicità di segni - cieli, forse nubi, superfici specchianti - che si rivelano nella forma di rami e infiorescenze. La stessa enigmatica coerenza si ritrova nelle sequenze fotografiche, dove il momento doppio, speculare riesce a mantenere la fluidità del movimento di porzioni di alberi, rami e foglie. Anche per Alberta Pellacani la parzialità della visione prelude a un compimento affidato al singolo, allo sguardo dello spettatore costretto a seguire lo stesso processo di conoscenza, dagli esiti assolutamente soggettivi.
09
febbraio 2013
Melissa Moore / Alberta Pellacani – REVERIE
Dal 09 febbraio al 13 aprile 2013
fotografia
Location
METRONOM
Modena, Via Carteria, 10, (Modena)
Modena, Via Carteria, 10, (Modena)
Orario di apertura
da martedì a sabato ore 15-19 e su appuntamento
Vernissage
9 Febbraio 2013, ore 18.30
Autore