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Memorie d’Oriente
fotografie del XIX secolo
Comunicato stampa
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La Yokohama Shashin, ovvero ‘la fotografia nello stile di Yokohama’, ha rappresentato, a partire dai primi anni Sessanta dell’Ottocento fino agli scorci del Novecento, il riferimento nevralgico della produzione di opere fotografiche sulla cultura e società del Giappone, fino ad allora poco od affatto conosciute.
Grazie all’apertura verso l’Occidentale, nel giro di pochi anni molti viaggiatori e mercanti dirigono le loro rotte verso il Paese del Sol Levante. In breve tempo si costituiscono numerosi studi fotografici per fornire, a chi di ritorno in patria, un ricordo, una storia da raccontare.
La fotografia a colori non era stata ancora inventata, e la pratica di colorare a mano le stampe all’albumina in bianco e nero divenne la caratteristica della Yokohama Shashin. Venivano impiegati i pigmenti della tradizione giapponese per la colorazione delle stampe e, ben presto, i grandi studi impiegarono molti abili coloristi che realizzarono un patrimonio di immagini, estremamente ambito dagli stranieri, un’industria artigianale che si trasformò in una delle maggiori fonti d’esportazione di opere d’arte, con le ceramiche e le lacche.
Primo fra tutti apre il suo studio a Yokohama, il noto fotografo Felice Beato. E’ il 1863 e Beato inizia un’importante documentazione sugli usi e costumi del Giappone, sulle vedute più celebri. Ogni immagine viene poi accuratamente dipinta a mano da un gruppo di lavoro che si occupa di ogni singolo dettaglio: chi dell’incarnato, chi delle foglie degli alberi, chi ancora dell’azzurro del cielo… La maestria della pittura giapponese si unisce alla cultura occidentale creando immagini uniche costruite sugli sfumati toni dell’acquarello che ritraggono con verosimiglianza i colori del mondo reale.
La richiesta di fotografie continua ad aumentare e a Yokohama, primo porto rivolto all’Occidente, fioriscono altri studi fotografici pronti ad offrire ai viaggiatori una visione piacevole dei luoghi che sono venuti a visitare: il monte Fuji innevato, i ciliegi in fiore, foreste di cedri, mausolei, monumenti, scene di vita quotidiana, ed esotiche curiosità.
Il barone von Stillfried nel 1871, Kusakabe Kimbei - il più celebre allievo di Beato - dieci anni più tardi, poi Adolfo Farsari, Ogawa Kazuma, Uchida Kuichi, Tamamura Kozaburo aprono una propria attività.
Queste delicate vedute, scene di vita quotidiana, riprese di usi e costumi, ritratti ci riportano a quel tempo, ormai perduto in un paese che comunque ha saputo mantenere il senso delle tradizioni, malgrado l’industrializzazione attuale.
In anteprima nazionale una selezione di circa quaranta opere dei più importanti esponenti della Yokohama Shashin mostrano l’antico volto del Giappone. Meravigliose albumine, tutte sapientemente colorate a mano, illustrano i lenti ritmi di un paese ancora rurale; minuziose vedute panoramiche rivelano in lontananza il lavoro dell’uomo e la magnificenza della natura.
Felice Beato (1835 –1908), nato probabilmente a Venezia o Corfù, naturalizzato inglese, ha documentato i luoghi della grande storia in Egitto, Sudan e nel Medio Oriente, viaggiando da Malta ad Atene, da Costantinopoli a Gerusalemme. Al seguito delle campagne militari inglesi, volte ad estendere il predominio coloniale britannico, si reca in Crimea, India, Cina, Corea. Dopo il lungo soggiorno, durato ventuno anni, in Giappone dove, a Yokohama, nel 1863 apre il primo studio di fotografia assieme a Charles Wirgman, abile caricaturista e giornalista inglese che collabora con “The Illustrated London News”. Nel 1877, cede lo studio al barone Raimund von Stillfried e si dedica ad altre attività e commerci. Nel 1884, lascia definitivamente il Giappone per stabilirsi a Mandalay, al centro di Burma, dove apre un negozio di antiquariato. Cede l’attività nel 1901, per trascorrere gli ultimi anni della sua vita a Rangoon, l’attuale Yangon.
Kusakabe Kimbei (1841-1934), figlio di una ricca famiglia di mercanti, decide di intraprendere la carriera artistica diventando pittore. Entra in contatto con Charles Wirgman, ed inizia a lavorare nello studio di Felice Beato come colorista e ne diviene, in seguito, l’assistente. Quando Felice Beato abbandona la fotografia, lavora con il Barone von Stillfried fino al 1881ed apre un proprio studio chiamandolo appunto “Kimbei”,nel quartiere Bentendori .Diviene uno dei fotografi ammirati, fornendo ai viaggiatori un vasto archivio di immagini di un Giappone ancora incontaminato. Abbandona la fotografia nel 1913 per dedicarsi all’antica passione della pittura.
Raimund von Stillfried (1839-1911), il barone austriaco giunge in Giappone nel 1864. Stravagante ed avventuroso, abile acquerellista rimane affascinato dalla Yokohama Sashin e, nel 1871, apre lo studio Stillfried & Co. Pochi anni più tardi,1875/76, insieme a Hermann Andersen fonda la Japan Photographic Association. Nel 1877 la compagnia rileva le lastre negative e le stampe di Felice Beato. Nel 1885 il barone decide di tornare in Austria e l’archivio viene acquisito dal vicentino Adolfo Fasari e da Kusakabe Kimbei. In quello stesso anno, viene pubblicato l’album Views and Costumes of Japan con le fotografie originali di Felice Beato, di Stillfried e alcune ristampe di immagini di Beato. Nel 1883 tutto l’archivio Japan Photographic Association viene ceduto ad Adolfo Farsari.
Ogawa Kazumasa (1860-1929), nato in una famiglia di samurai inizia a studiare inglese e fotografia all’età di 15 anni. Viene assunto come interprete dalla polizia di Yokohama ed è uno dei fondatori della Japan Photographic Association. Dopo un soggiorno di studio a Boston, nel 1884 decide di aprire un proprio studio a Tokyo. Ottimo fotografo e stampatore è il primo fotografo a riprodurre le proprie immagini, colorate a mano, in album con il processo di collotipia.
Kozaburo Tamamura (1856 - ?) rimane una figura evanescente e misteriosa nel panorama della storia della fotografia giapponese. Anche se oggi viene generalmente sottovalutato dagli storici della fotografia, all’epoca era uno dei fotografi più famosi e di successo, grande rivale di Kusakabe Kimbei. Trascorre i suoi anni formativi a Tokyo e solo nel 1882 apre la propria attività a Yokohama. È il fotografo che paga più tasse nel suo paese ed è la sua la prima ‘industria’ della fotografia in Giappone con oltre cento dipendenti. Pubblica in collotipia deliziosi album di storie per immagini, con didascalie, antesignani dei racconti che la rivista Life ‘inventerà’ mezzo secolo più tardi.
Adolfo Farsari (1841-1898), in gioventù decide di arruolarsi nell’esercito italiano e nel volgere di poco tempo emigra negli Stati Uniti combattendo nella guerra di Secessione Americana. Nel 1873 si trasferisce in Giappone lasciando una moglie e due figli e, in società con E.A. Sargent, apre uno studio fotografico. Conclusa la partnership con Sargent, Adolfo Farsari decide di ampliare la propria attività rilevando l’intero archivio di Stillfried. Nel 1886 un incendio distrugge tutti i negativi del fotografo che per i mesi successivi è costretto a viaggiare per il paese immortalando nuove vedute e paesaggi. Nonostante l’incendio nel 1889 l’archivio di Farsari conta più di mille immagini. Lascia il Giappone nel 1890 per tornare nella sua città natale dove muore nel 1898.
Grazie all’apertura verso l’Occidentale, nel giro di pochi anni molti viaggiatori e mercanti dirigono le loro rotte verso il Paese del Sol Levante. In breve tempo si costituiscono numerosi studi fotografici per fornire, a chi di ritorno in patria, un ricordo, una storia da raccontare.
La fotografia a colori non era stata ancora inventata, e la pratica di colorare a mano le stampe all’albumina in bianco e nero divenne la caratteristica della Yokohama Shashin. Venivano impiegati i pigmenti della tradizione giapponese per la colorazione delle stampe e, ben presto, i grandi studi impiegarono molti abili coloristi che realizzarono un patrimonio di immagini, estremamente ambito dagli stranieri, un’industria artigianale che si trasformò in una delle maggiori fonti d’esportazione di opere d’arte, con le ceramiche e le lacche.
Primo fra tutti apre il suo studio a Yokohama, il noto fotografo Felice Beato. E’ il 1863 e Beato inizia un’importante documentazione sugli usi e costumi del Giappone, sulle vedute più celebri. Ogni immagine viene poi accuratamente dipinta a mano da un gruppo di lavoro che si occupa di ogni singolo dettaglio: chi dell’incarnato, chi delle foglie degli alberi, chi ancora dell’azzurro del cielo… La maestria della pittura giapponese si unisce alla cultura occidentale creando immagini uniche costruite sugli sfumati toni dell’acquarello che ritraggono con verosimiglianza i colori del mondo reale.
La richiesta di fotografie continua ad aumentare e a Yokohama, primo porto rivolto all’Occidente, fioriscono altri studi fotografici pronti ad offrire ai viaggiatori una visione piacevole dei luoghi che sono venuti a visitare: il monte Fuji innevato, i ciliegi in fiore, foreste di cedri, mausolei, monumenti, scene di vita quotidiana, ed esotiche curiosità.
Il barone von Stillfried nel 1871, Kusakabe Kimbei - il più celebre allievo di Beato - dieci anni più tardi, poi Adolfo Farsari, Ogawa Kazuma, Uchida Kuichi, Tamamura Kozaburo aprono una propria attività.
Queste delicate vedute, scene di vita quotidiana, riprese di usi e costumi, ritratti ci riportano a quel tempo, ormai perduto in un paese che comunque ha saputo mantenere il senso delle tradizioni, malgrado l’industrializzazione attuale.
In anteprima nazionale una selezione di circa quaranta opere dei più importanti esponenti della Yokohama Shashin mostrano l’antico volto del Giappone. Meravigliose albumine, tutte sapientemente colorate a mano, illustrano i lenti ritmi di un paese ancora rurale; minuziose vedute panoramiche rivelano in lontananza il lavoro dell’uomo e la magnificenza della natura.
Felice Beato (1835 –1908), nato probabilmente a Venezia o Corfù, naturalizzato inglese, ha documentato i luoghi della grande storia in Egitto, Sudan e nel Medio Oriente, viaggiando da Malta ad Atene, da Costantinopoli a Gerusalemme. Al seguito delle campagne militari inglesi, volte ad estendere il predominio coloniale britannico, si reca in Crimea, India, Cina, Corea. Dopo il lungo soggiorno, durato ventuno anni, in Giappone dove, a Yokohama, nel 1863 apre il primo studio di fotografia assieme a Charles Wirgman, abile caricaturista e giornalista inglese che collabora con “The Illustrated London News”. Nel 1877, cede lo studio al barone Raimund von Stillfried e si dedica ad altre attività e commerci. Nel 1884, lascia definitivamente il Giappone per stabilirsi a Mandalay, al centro di Burma, dove apre un negozio di antiquariato. Cede l’attività nel 1901, per trascorrere gli ultimi anni della sua vita a Rangoon, l’attuale Yangon.
Kusakabe Kimbei (1841-1934), figlio di una ricca famiglia di mercanti, decide di intraprendere la carriera artistica diventando pittore. Entra in contatto con Charles Wirgman, ed inizia a lavorare nello studio di Felice Beato come colorista e ne diviene, in seguito, l’assistente. Quando Felice Beato abbandona la fotografia, lavora con il Barone von Stillfried fino al 1881ed apre un proprio studio chiamandolo appunto “Kimbei”,nel quartiere Bentendori .Diviene uno dei fotografi ammirati, fornendo ai viaggiatori un vasto archivio di immagini di un Giappone ancora incontaminato. Abbandona la fotografia nel 1913 per dedicarsi all’antica passione della pittura.
Raimund von Stillfried (1839-1911), il barone austriaco giunge in Giappone nel 1864. Stravagante ed avventuroso, abile acquerellista rimane affascinato dalla Yokohama Sashin e, nel 1871, apre lo studio Stillfried & Co. Pochi anni più tardi,1875/76, insieme a Hermann Andersen fonda la Japan Photographic Association. Nel 1877 la compagnia rileva le lastre negative e le stampe di Felice Beato. Nel 1885 il barone decide di tornare in Austria e l’archivio viene acquisito dal vicentino Adolfo Fasari e da Kusakabe Kimbei. In quello stesso anno, viene pubblicato l’album Views and Costumes of Japan con le fotografie originali di Felice Beato, di Stillfried e alcune ristampe di immagini di Beato. Nel 1883 tutto l’archivio Japan Photographic Association viene ceduto ad Adolfo Farsari.
Ogawa Kazumasa (1860-1929), nato in una famiglia di samurai inizia a studiare inglese e fotografia all’età di 15 anni. Viene assunto come interprete dalla polizia di Yokohama ed è uno dei fondatori della Japan Photographic Association. Dopo un soggiorno di studio a Boston, nel 1884 decide di aprire un proprio studio a Tokyo. Ottimo fotografo e stampatore è il primo fotografo a riprodurre le proprie immagini, colorate a mano, in album con il processo di collotipia.
Kozaburo Tamamura (1856 - ?) rimane una figura evanescente e misteriosa nel panorama della storia della fotografia giapponese. Anche se oggi viene generalmente sottovalutato dagli storici della fotografia, all’epoca era uno dei fotografi più famosi e di successo, grande rivale di Kusakabe Kimbei. Trascorre i suoi anni formativi a Tokyo e solo nel 1882 apre la propria attività a Yokohama. È il fotografo che paga più tasse nel suo paese ed è la sua la prima ‘industria’ della fotografia in Giappone con oltre cento dipendenti. Pubblica in collotipia deliziosi album di storie per immagini, con didascalie, antesignani dei racconti che la rivista Life ‘inventerà’ mezzo secolo più tardi.
Adolfo Farsari (1841-1898), in gioventù decide di arruolarsi nell’esercito italiano e nel volgere di poco tempo emigra negli Stati Uniti combattendo nella guerra di Secessione Americana. Nel 1873 si trasferisce in Giappone lasciando una moglie e due figli e, in società con E.A. Sargent, apre uno studio fotografico. Conclusa la partnership con Sargent, Adolfo Farsari decide di ampliare la propria attività rilevando l’intero archivio di Stillfried. Nel 1886 un incendio distrugge tutti i negativi del fotografo che per i mesi successivi è costretto a viaggiare per il paese immortalando nuove vedute e paesaggi. Nonostante l’incendio nel 1889 l’archivio di Farsari conta più di mille immagini. Lascia il Giappone nel 1890 per tornare nella sua città natale dove muore nel 1898.
11
gennaio 2007
Memorie d’Oriente
Dall'undici gennaio al 24 febbraio 2007
fotografia
Location
NEPENTE ART GALLERY
Milano, Via Alessandro Volta, 15, (Milano)
Milano, Via Alessandro Volta, 15, (Milano)
Orario di apertura
dal martedì al sabato 15-19,30 e su appuntamento
Vernissage
11 Gennaio 2007, ore 18,30
Autore