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Meri Gorni / Angelo Ricciardi
Le due installazioni di Meri Gorni e Angelo Ricciardi trasformano le stanze della galleria in un set narrativo dove oggetti, segni e parole raccontano modi diversi di guardare e interrogare la realtà
Comunicato stampa
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Le due installazioni di Meri Gorni e Angelo Ricciardi trasformano le stanze della galleria in un set narrativo dove oggetti, segni e parole raccontano modi diversi di guardare e interrogare la realtà.
Attraverso il filtro della soggettività Meri Gorni ci immerge nel flusso ininterrotto di un pensiero che sceglie un supporto leggero e fragile come la carta per tessere le sue trame tra il mondo esterno e quello interiore. I suoi fogli, a modulo continuo, appaiono a volte in lunghe sequenze sospese alle pareti, altre come singole pagine di un diario intimo che conduce lo sguardo in fragili perimetri popolati di parole e disegni. Con i suoi interventi nell’ambiente Gorni assegna allo spazio espositivo l’intimità e il calore di un luogo abitato, di una stanza cui non fa mancare aperture, reali o immaginarie, verso l’esterno.
Angelo Ricciardi deposita invece nello spazio oggetti che funzionano come indizi e che evocano il contesto freddo e impersonale di un ufficio: due scrivanie, un bicchiere di caffè fumante, una copia del “New York Times” datato 12 settembre 2001, un pc portatile acceso, fogli e, su una parete, dieci stampe monocrome con inscritto il profilo sottile del continente africano.
Le scrivanie (Desktops) che danno il titolo all’installazione e che la lingua inglese contribuisce a collocare nel doppio registro di spazi fisici e di interfaccia virtuali, sono piattaforme, anche in questo caso finestre attraverso cui l’artista ci invita a esercitare lo sguardo e a trovare per esso le “giuste” focali.
Lo spazio cui i due artisti cercano di dare forma da angolature differenti è uno spazio sottile, liminare. Per Meri Gorni è una soglia che rende fluido il passaggio tra interiorità e mondo esterno, tra il vedere, il sentire, il pensare, il vivere. Nell’installazione di Angelo Ricciardi questo spazio coincide invece con una sorta di scarto tra l’idea di una realtà trasparente al controllo, al sapere, alla prevedibilità, e la sua persistente opacità.
All’origine di questa idea di coabitazione, che si traduce in due project room, un approccio comune al fare arte, inteso da entrambi gli artisti come un processo aperto, un territorio di condivisione che spesso sceglie di materializzarsi in forma di libro, un oggetto cui la galleria da sempre rivolge particolare attenzione, come editrice e come luogo di studio e raccolta delle esperienze che gli artisti hanno condotto in questa direzione dagli anni sessanta a oggi. In mostra saranno dunque presenti, in una piccola sala di consultazione, alcuni volumi di Gorni e Ricciardi realizzati in copia unica o in edizione limitata.
Attraverso il filtro della soggettività Meri Gorni ci immerge nel flusso ininterrotto di un pensiero che sceglie un supporto leggero e fragile come la carta per tessere le sue trame tra il mondo esterno e quello interiore. I suoi fogli, a modulo continuo, appaiono a volte in lunghe sequenze sospese alle pareti, altre come singole pagine di un diario intimo che conduce lo sguardo in fragili perimetri popolati di parole e disegni. Con i suoi interventi nell’ambiente Gorni assegna allo spazio espositivo l’intimità e il calore di un luogo abitato, di una stanza cui non fa mancare aperture, reali o immaginarie, verso l’esterno.
Angelo Ricciardi deposita invece nello spazio oggetti che funzionano come indizi e che evocano il contesto freddo e impersonale di un ufficio: due scrivanie, un bicchiere di caffè fumante, una copia del “New York Times” datato 12 settembre 2001, un pc portatile acceso, fogli e, su una parete, dieci stampe monocrome con inscritto il profilo sottile del continente africano.
Le scrivanie (Desktops) che danno il titolo all’installazione e che la lingua inglese contribuisce a collocare nel doppio registro di spazi fisici e di interfaccia virtuali, sono piattaforme, anche in questo caso finestre attraverso cui l’artista ci invita a esercitare lo sguardo e a trovare per esso le “giuste” focali.
Lo spazio cui i due artisti cercano di dare forma da angolature differenti è uno spazio sottile, liminare. Per Meri Gorni è una soglia che rende fluido il passaggio tra interiorità e mondo esterno, tra il vedere, il sentire, il pensare, il vivere. Nell’installazione di Angelo Ricciardi questo spazio coincide invece con una sorta di scarto tra l’idea di una realtà trasparente al controllo, al sapere, alla prevedibilità, e la sua persistente opacità.
All’origine di questa idea di coabitazione, che si traduce in due project room, un approccio comune al fare arte, inteso da entrambi gli artisti come un processo aperto, un territorio di condivisione che spesso sceglie di materializzarsi in forma di libro, un oggetto cui la galleria da sempre rivolge particolare attenzione, come editrice e come luogo di studio e raccolta delle esperienze che gli artisti hanno condotto in questa direzione dagli anni sessanta a oggi. In mostra saranno dunque presenti, in una piccola sala di consultazione, alcuni volumi di Gorni e Ricciardi realizzati in copia unica o in edizione limitata.
31
gennaio 2006
Meri Gorni / Angelo Ricciardi
Dal 31 gennaio al 10 marzo 2006
arte contemporanea
Location
GALLERIA MARTANO
Torino, Via Principe Amedeo, 29, (Torino)
Torino, Via Principe Amedeo, 29, (Torino)
Orario di apertura
da lunedì sabato 15,30-19,30
Vernissage
31 Gennaio 2006, ore 18
Autore
Curatore