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Metropolitan Baby
Metropolitan Baby è l’iniziativa che mette a fuoco la complessità del mondo dell’infanzia, indagandone gli aspetti problematici in rapporto al livello di sensibilità che la metropoli ha sviluppato nei loro confronti.
40 artisti italiani e stranieri.
Il progetto ha finalità benefiche.
Comunicato stampa
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Le punte di una stella chiamata infanzia
Di Chiara Canali
Un cortometraggio dell’artista sudafricano William Kentridge, intitolato Tide Table, ci racconta di un personaggio spesso protagonista dei suoi racconti, Soho Eckstein, sprofondato su sua sedia a sdraio in una spiaggia di Città del Capo. In questo dormi-veglia Soho scivola nei ricordi d’infanzia, oscillando fra il bambino che era e l'adulto che è diventato. In particolare si ritrova incapace persino di riconoscere se stesso da bambino, rappresentato nel film mentre lancia dei sassi.
L’infanzia rievocata in età adulta è uno dei temi spesso ricorrenti nell’arte, nella letteratura e nel cinema contemporaneo, come regressione che consente di recuperare una condizione di innocenza e di ingenuità tipiche per quell’età. Si tratta comunque di un finto sentimento, perché in questo recupero dell’infanzia permane la consapevolezza del “grande” che trapela negli emblemi e nei simboli che accompagnano le immagini dei “piccoli”.
Una chiave di lettura complessa per interpretare alcune delle opere in mostra è per esempio il rapporto tra giocattolo e fiaba, e quindi, indirettamente, il rapporto tra giocattolo e mito. Qui entriamo in un ambito più complesso di allusioni e di riferimenti, quello all’universo archetipico dove ci troviamo di fronte agli eterni significati del gioco, agli elementi cioè che costituiscono il gioco come momento propedeutico e iniziatico dell’esistenza. È così nelle opere di Angelo Palazzini, con le sue citazioni colte e arcaiche di giocattoli labirintici, in quelle di Roberta Serenari, dove il gioco diventa un teatro in cui si smarrisce la psiche del fanciullo, oppure in quelle di Giulio Zanet in cui il robot diventa l’alter ego del bambino.
Sempre nell’ambito del gioco, è il rapporto tra il giocattolo e la sua rappresentazione fumettistica e mediatica che rimanda all’involucro ludico e ironico della comunicazione, a inscenare alcuni stereotipi o luoghi comuni della vita adulta: qui si va dai paesaggi L.E.G.O di Stefano Bolcato ai manga in azione di Marco Minotti, dagli slogan pubblicitari di Mimmo Iacopino alle illustrazioni zoomorfe di Carlotta Balestrieri. In questi nessi di inserisce anche la rappresentazione infantilistica che mima il segno e il graffio del bambino, quale momento automatico di liberazione dalle gabbie sociali che ritroviamo nelle opere di Borgiani-Simoncini, Giovanni Lo Presti, Angela Vinci e nel collage di Monica Cecchi.
Al di là del filone gioco/giocattolo, un altro fil rouge che accomuna lo sguardo maturo degli artisti sul mondo infantile è la foto-ricordo o l’immagine della memoria, che consente di rinsaldare un forte legame con la propria storia e identità familiare. Per Antonio Cannonito sono ritratti a matita o carboncino che fissano velocemente un volto triste o sorridente; per Daniela Montanari sono quadri nitidi e iperrealisti colti in un momento di spensieratezza; per Mauro Maugliani sono messe in posa su sfondo bianco o nero. Per Francesca Marzorati sono stop motion pittorici, immagini rubate di un film che si insinua nei meandri della vita. Per Tiziana Vanetti non si tratta più di ritratti frontali ma di scene di vita quotidiana in cui figure di bimbi accovacciati o rannicchiati diventano inconsapevolmente il soggetto di un ritratto fluido e sgoccialante. Per Marina Previtali è una materia cromatica vibrante che consente di cogliere l’irripetibilità di un gesto. Per Gabriele Talarico sono gli scatti in negativo di una routine domestica che vuole uscire dagli schemi consueti.
Non possiamo dimenticare l’atmosfera onirica e magica del sogno quale dispositivo per transitare in una dimensione vellutata e sospesa, caratterizzata da alcune note espressive particolari. La poetica di Anna Madia si colora di un rosso-emozione delineando il ritratto di una joune fille in tutte le sue sfaccettature; le forme stilizzate su tela bianca di Roberta Savelli rinviano a un’idilliaca età “dei fiori”, a metà strada tra l’ornamentazione simbolista e lo stile floreale degli hippies; le evanescenti e sfocate immagini anni venti di Alice Olimpia Attanasio ospitano le storie di bambini del passato; il clima sospeso dei sogni di Simone Lammardo si apre ad una dimensione contemplativa; e ancora gli enigmatici e atemporali fanciulle di spalle di Cristina Iotti, a contrasto con il fondo arabescato dell’opera, sembrano sottrarsi allo sguardo indagatore dello spettatore.
Infine è presente in alcuni artisti un’impronta pop che, con il suo stile colorato e vivace, attraversa la pittura figurativa di questi anni sia occidentale che orientale, a conferma di una interpretazione positiva del mondo circostante, come nel caso di Akira Zakamoto e Joè Vega.
Queste e altre visioni non sono altro che le punte di una stella – l’infanzia – dai contorni indefiniti e dai bagliori molteplici, che cambiano a seconda del punto di vista di osservazione e delle condizioni del tempo, ma che fanno parte di un firmamento che dà luce, senso e direzione al cammino dell’uomo dalla sua nascita al conseguimento della piena maturità.
Di Chiara Canali
Un cortometraggio dell’artista sudafricano William Kentridge, intitolato Tide Table, ci racconta di un personaggio spesso protagonista dei suoi racconti, Soho Eckstein, sprofondato su sua sedia a sdraio in una spiaggia di Città del Capo. In questo dormi-veglia Soho scivola nei ricordi d’infanzia, oscillando fra il bambino che era e l'adulto che è diventato. In particolare si ritrova incapace persino di riconoscere se stesso da bambino, rappresentato nel film mentre lancia dei sassi.
L’infanzia rievocata in età adulta è uno dei temi spesso ricorrenti nell’arte, nella letteratura e nel cinema contemporaneo, come regressione che consente di recuperare una condizione di innocenza e di ingenuità tipiche per quell’età. Si tratta comunque di un finto sentimento, perché in questo recupero dell’infanzia permane la consapevolezza del “grande” che trapela negli emblemi e nei simboli che accompagnano le immagini dei “piccoli”.
Una chiave di lettura complessa per interpretare alcune delle opere in mostra è per esempio il rapporto tra giocattolo e fiaba, e quindi, indirettamente, il rapporto tra giocattolo e mito. Qui entriamo in un ambito più complesso di allusioni e di riferimenti, quello all’universo archetipico dove ci troviamo di fronte agli eterni significati del gioco, agli elementi cioè che costituiscono il gioco come momento propedeutico e iniziatico dell’esistenza. È così nelle opere di Angelo Palazzini, con le sue citazioni colte e arcaiche di giocattoli labirintici, in quelle di Roberta Serenari, dove il gioco diventa un teatro in cui si smarrisce la psiche del fanciullo, oppure in quelle di Giulio Zanet in cui il robot diventa l’alter ego del bambino.
Sempre nell’ambito del gioco, è il rapporto tra il giocattolo e la sua rappresentazione fumettistica e mediatica che rimanda all’involucro ludico e ironico della comunicazione, a inscenare alcuni stereotipi o luoghi comuni della vita adulta: qui si va dai paesaggi L.E.G.O di Stefano Bolcato ai manga in azione di Marco Minotti, dagli slogan pubblicitari di Mimmo Iacopino alle illustrazioni zoomorfe di Carlotta Balestrieri. In questi nessi di inserisce anche la rappresentazione infantilistica che mima il segno e il graffio del bambino, quale momento automatico di liberazione dalle gabbie sociali che ritroviamo nelle opere di Borgiani-Simoncini, Giovanni Lo Presti, Angela Vinci e nel collage di Monica Cecchi.
Al di là del filone gioco/giocattolo, un altro fil rouge che accomuna lo sguardo maturo degli artisti sul mondo infantile è la foto-ricordo o l’immagine della memoria, che consente di rinsaldare un forte legame con la propria storia e identità familiare. Per Antonio Cannonito sono ritratti a matita o carboncino che fissano velocemente un volto triste o sorridente; per Daniela Montanari sono quadri nitidi e iperrealisti colti in un momento di spensieratezza; per Mauro Maugliani sono messe in posa su sfondo bianco o nero. Per Francesca Marzorati sono stop motion pittorici, immagini rubate di un film che si insinua nei meandri della vita. Per Tiziana Vanetti non si tratta più di ritratti frontali ma di scene di vita quotidiana in cui figure di bimbi accovacciati o rannicchiati diventano inconsapevolmente il soggetto di un ritratto fluido e sgoccialante. Per Marina Previtali è una materia cromatica vibrante che consente di cogliere l’irripetibilità di un gesto. Per Gabriele Talarico sono gli scatti in negativo di una routine domestica che vuole uscire dagli schemi consueti.
Non possiamo dimenticare l’atmosfera onirica e magica del sogno quale dispositivo per transitare in una dimensione vellutata e sospesa, caratterizzata da alcune note espressive particolari. La poetica di Anna Madia si colora di un rosso-emozione delineando il ritratto di una joune fille in tutte le sue sfaccettature; le forme stilizzate su tela bianca di Roberta Savelli rinviano a un’idilliaca età “dei fiori”, a metà strada tra l’ornamentazione simbolista e lo stile floreale degli hippies; le evanescenti e sfocate immagini anni venti di Alice Olimpia Attanasio ospitano le storie di bambini del passato; il clima sospeso dei sogni di Simone Lammardo si apre ad una dimensione contemplativa; e ancora gli enigmatici e atemporali fanciulle di spalle di Cristina Iotti, a contrasto con il fondo arabescato dell’opera, sembrano sottrarsi allo sguardo indagatore dello spettatore.
Infine è presente in alcuni artisti un’impronta pop che, con il suo stile colorato e vivace, attraversa la pittura figurativa di questi anni sia occidentale che orientale, a conferma di una interpretazione positiva del mondo circostante, come nel caso di Akira Zakamoto e Joè Vega.
Queste e altre visioni non sono altro che le punte di una stella – l’infanzia – dai contorni indefiniti e dai bagliori molteplici, che cambiano a seconda del punto di vista di osservazione e delle condizioni del tempo, ma che fanno parte di un firmamento che dà luce, senso e direzione al cammino dell’uomo dalla sua nascita al conseguimento della piena maturità.
04
novembre 2010
Metropolitan Baby
Dal 04 novembre al 30 dicembre 2010
arte contemporanea
Location
GALLERIA PREVITALI
Milano, Via Elia Lombardini, 14, (Milano)
Milano, Via Elia Lombardini, 14, (Milano)
Orario di apertura
da martedì a sabato ore 16-19.30
Vernissage
4 Novembre 2010, 18.30
Autore
Curatore