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M’horó – Flags & imaginary skyscrapers
Ancora senza volto e senza identità l’artista M’horó: maschio, femmina, nero, bianco, asiatico o eschimese? In ogni caso riesce ancora a far parlare di sé. È divenuto in breve tempo uno degli artisti più acclamati del momento.
Comunicato stampa
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Ancora senza volto e senza identità l'artista M'horó: maschio, femmina, nero, bianco, asiatico o
eschimese? In ogni caso riesce ancora a far parlare di sé. È divenuto in breve tempo uno degli artisti più
acclamati del momento. A contenderselo sono già gallerie italiane e straniere. L'unica certezza sono solo le
date delle mostre in calendario. Il prossimo 5 febbraio 2017 alle ore 17,00, presso le sale espositive Arte
Centro Lattuada in via dell'Annunciata 31 a Milano, Vittorio Sgarbi presenterà la personale di M'horó,
“Flags & Imaginary Skyscrapers” con circa trenta lavori inediti selezionati per l'evento.
Le scelte coraggiose di artista si fondono sulla capacità e sulla determinazione di rifiutare la visione di un
mondo preconfezionato. Occorrerebbe conoscere più da vicino M’horò per tentare di scoprire la sua più
vera ed autentica personalità. Ed è proprio questo il dilemma. Chi è realmente l’artista? Sino ad oggi non si
vuole far identificare. Egli delega il suo critico, Antonio Falbo curatore della mostra, a parlare al suo posto.
“Prima di me deve esprimersi il mio lavoro; come accadeva nel passato, l’artista non firmava quasi mai le
proprie opere, era compito del fruitore giudicare. Anche nei salons ufficiali francesi dell’Ottocento le opere
venivano esposte senza firma, quindi selezionate da un’apposita giuria. Purtroppo oggi accade il contrario,
non si giudica più la qualità ma l'apparenza...".
Come è stato definito da Vittorio Sgarbi: “scultore dalla pittura e pittore dalla scultura; c’è un’unità di
visione che propone una personalità molto riconoscibile ma non riconosciuta, senza carta d’identità,
poiché le opere parlano da sole e non c’è bisogno che qualcuno parli per loro. Quando in un’opera si
riconosce chiaramente lo stile, vuol dire che l’artista c’è! Le opere di M’horò sono coerenti (vale solo per
alcuni grandi artisti), queste opere d’arte parlano per l’artista e non viceversa. Un grande artista che
raggiunge una condizione importante viene riconosciuto senza il cognome ma solo con il suo nome: vedi
Leonardo, Michelangelo, Raffaello, Caravaggio.”
Una personalità riflessiva quella di M'horò, quasi introversa, umile, disposta più ad ascoltare che a parlare,
è uno spirito tormentato alla ricerca di qualcosa che sembra non trovare mai. Si potrebbero definire un
divenire prorompente che si rivela in queste sue creature corrose dal tempo e dall'usura, un degrado
soprattutto interiore che si alimenta giorno per giorno con gli stati d’animo fatti di pensieri, di corrosive
visioni.
Il nostro sistema visivo è particolarmente attratto dalle sue opere, dalle forme e dal dinamismo che esse
creano; l’alternanza dei pieni e dei vuoti generano, pertanto, la percezione del movimento illusorio,
introducono alla fusione tra architettura e scultura con straordinarie torsioni e fantastiche evoluzioni
strutturali che potrebbero simulare nuove vie e ispirazioni. M'horò esprime il legame inscindibile con le
teorie Warburghiane, interpretato attraverso un articolato e colto percorso iconografico, che ci aiuta a
comprendere il suo pensiero più che la realtà oggettiva.
Le sue “metamorfosi”, ottenute da materiali inutili, logorate dal tempo e dall'abbandono, sono una
presenza netta, anche se tipica in ogni opera d’arte, come la vita biologica che sta al mutamento
incessante della realtà oggettiva, intensa espressione di un'innegabile energia interiore.
È proprio nel suo modo di produrre intense forme mosse da interiore tensione dinamica, che a mio giudizio
si scopre il suo genio. Non è solo compendio di un manuale tecnico derivato dall'esperienza di bottega, ma
presenta riflessioni scientifiche innovative e inedite.
Egli progetta la sua trama artistica nell’infinito, imprimendo con immediatezza e forza i segni del
modellato, senza alcun pentimento o esitazione.
Tali segni estrosi, decisamente istintivi, rivelano una tale sicurezza nella manipolazione dei metalli come
fosse duttile argilla capace di provocare sgomento nell’osservatore abituale.
La tematica viene semplificata conferendo alle composizioni un aspetto vagamente simbolista.
In talune parti il modellato appare appena accennato, e questa è una particolarità che induce l’osservatore
ad interloquire con se stesso, vuole coinvolgerlo in armoniose stilizzazioni con clamore e tanta curiosità,
lasciando il posto a meditazioni piuttosto profonde.
“Abbozzare con fuoco ed eseguire con flemma”, teorizzava Winckelmann ai suoi discepoli. Se si potesse
spiare l’artista mentre lavora, si riuscirebbe forse a spiegare il tormento del suo modellato carico di
umanità. Egli conferisce forza all’invisibile, al non esprimibile nel senso enunciato da Paul Klee: “Il ruolo
dell’arte non è quello di riprodurre il visibile. È quello di renderlo visibile”.
Le mani, plasmano la materia per raggiungere un unico stato d’animo, sintesi di tutti i precedenti. Poi si
compie il passaggio dalla mente alla realizzazione che si compie nell'impiego di materiali industriali più
impensabili, rigorosamente riciclati.
Sembra di entrare in una dimensione dove si evidenziano forme ed elementi che consentono all’artista di
evocare, come in un'anamnesi, il mondo esistenziale, attraverso un susseguirsi di fluidi movimenti. Queste
opere riportano alla memoria un aspetto un po’ dimenticato dell’arte e cioè il momento della creazione,
del concepimento, ma con materiali metallici inconsueti. Non sono neppure fusioni a cera persa, sono
piuttosto masse inconsuete di metalli teneri che si lasciano "accarezzare" e flettere. Si assiste attoniti al
susseguirsi continuo di sapienti alternanze di pieni e di vuoti, in contrasti di masse chiaroscurali, dove
domina la narrazione ma senza nessun tono retorico.
Per M’horò le regole non devono costituire mai una barriera rigida che imprigiona l’artista, ma possono e
devono essere utilizzate per sgombrare pregiudizi e condizionamenti.
Giuseppe Cubello
eschimese? In ogni caso riesce ancora a far parlare di sé. È divenuto in breve tempo uno degli artisti più
acclamati del momento. A contenderselo sono già gallerie italiane e straniere. L'unica certezza sono solo le
date delle mostre in calendario. Il prossimo 5 febbraio 2017 alle ore 17,00, presso le sale espositive Arte
Centro Lattuada in via dell'Annunciata 31 a Milano, Vittorio Sgarbi presenterà la personale di M'horó,
“Flags & Imaginary Skyscrapers” con circa trenta lavori inediti selezionati per l'evento.
Le scelte coraggiose di artista si fondono sulla capacità e sulla determinazione di rifiutare la visione di un
mondo preconfezionato. Occorrerebbe conoscere più da vicino M’horò per tentare di scoprire la sua più
vera ed autentica personalità. Ed è proprio questo il dilemma. Chi è realmente l’artista? Sino ad oggi non si
vuole far identificare. Egli delega il suo critico, Antonio Falbo curatore della mostra, a parlare al suo posto.
“Prima di me deve esprimersi il mio lavoro; come accadeva nel passato, l’artista non firmava quasi mai le
proprie opere, era compito del fruitore giudicare. Anche nei salons ufficiali francesi dell’Ottocento le opere
venivano esposte senza firma, quindi selezionate da un’apposita giuria. Purtroppo oggi accade il contrario,
non si giudica più la qualità ma l'apparenza...".
Come è stato definito da Vittorio Sgarbi: “scultore dalla pittura e pittore dalla scultura; c’è un’unità di
visione che propone una personalità molto riconoscibile ma non riconosciuta, senza carta d’identità,
poiché le opere parlano da sole e non c’è bisogno che qualcuno parli per loro. Quando in un’opera si
riconosce chiaramente lo stile, vuol dire che l’artista c’è! Le opere di M’horò sono coerenti (vale solo per
alcuni grandi artisti), queste opere d’arte parlano per l’artista e non viceversa. Un grande artista che
raggiunge una condizione importante viene riconosciuto senza il cognome ma solo con il suo nome: vedi
Leonardo, Michelangelo, Raffaello, Caravaggio.”
Una personalità riflessiva quella di M'horò, quasi introversa, umile, disposta più ad ascoltare che a parlare,
è uno spirito tormentato alla ricerca di qualcosa che sembra non trovare mai. Si potrebbero definire un
divenire prorompente che si rivela in queste sue creature corrose dal tempo e dall'usura, un degrado
soprattutto interiore che si alimenta giorno per giorno con gli stati d’animo fatti di pensieri, di corrosive
visioni.
Il nostro sistema visivo è particolarmente attratto dalle sue opere, dalle forme e dal dinamismo che esse
creano; l’alternanza dei pieni e dei vuoti generano, pertanto, la percezione del movimento illusorio,
introducono alla fusione tra architettura e scultura con straordinarie torsioni e fantastiche evoluzioni
strutturali che potrebbero simulare nuove vie e ispirazioni. M'horò esprime il legame inscindibile con le
teorie Warburghiane, interpretato attraverso un articolato e colto percorso iconografico, che ci aiuta a
comprendere il suo pensiero più che la realtà oggettiva.
Le sue “metamorfosi”, ottenute da materiali inutili, logorate dal tempo e dall'abbandono, sono una
presenza netta, anche se tipica in ogni opera d’arte, come la vita biologica che sta al mutamento
incessante della realtà oggettiva, intensa espressione di un'innegabile energia interiore.
È proprio nel suo modo di produrre intense forme mosse da interiore tensione dinamica, che a mio giudizio
si scopre il suo genio. Non è solo compendio di un manuale tecnico derivato dall'esperienza di bottega, ma
presenta riflessioni scientifiche innovative e inedite.
Egli progetta la sua trama artistica nell’infinito, imprimendo con immediatezza e forza i segni del
modellato, senza alcun pentimento o esitazione.
Tali segni estrosi, decisamente istintivi, rivelano una tale sicurezza nella manipolazione dei metalli come
fosse duttile argilla capace di provocare sgomento nell’osservatore abituale.
La tematica viene semplificata conferendo alle composizioni un aspetto vagamente simbolista.
In talune parti il modellato appare appena accennato, e questa è una particolarità che induce l’osservatore
ad interloquire con se stesso, vuole coinvolgerlo in armoniose stilizzazioni con clamore e tanta curiosità,
lasciando il posto a meditazioni piuttosto profonde.
“Abbozzare con fuoco ed eseguire con flemma”, teorizzava Winckelmann ai suoi discepoli. Se si potesse
spiare l’artista mentre lavora, si riuscirebbe forse a spiegare il tormento del suo modellato carico di
umanità. Egli conferisce forza all’invisibile, al non esprimibile nel senso enunciato da Paul Klee: “Il ruolo
dell’arte non è quello di riprodurre il visibile. È quello di renderlo visibile”.
Le mani, plasmano la materia per raggiungere un unico stato d’animo, sintesi di tutti i precedenti. Poi si
compie il passaggio dalla mente alla realizzazione che si compie nell'impiego di materiali industriali più
impensabili, rigorosamente riciclati.
Sembra di entrare in una dimensione dove si evidenziano forme ed elementi che consentono all’artista di
evocare, come in un'anamnesi, il mondo esistenziale, attraverso un susseguirsi di fluidi movimenti. Queste
opere riportano alla memoria un aspetto un po’ dimenticato dell’arte e cioè il momento della creazione,
del concepimento, ma con materiali metallici inconsueti. Non sono neppure fusioni a cera persa, sono
piuttosto masse inconsuete di metalli teneri che si lasciano "accarezzare" e flettere. Si assiste attoniti al
susseguirsi continuo di sapienti alternanze di pieni e di vuoti, in contrasti di masse chiaroscurali, dove
domina la narrazione ma senza nessun tono retorico.
Per M’horò le regole non devono costituire mai una barriera rigida che imprigiona l’artista, ma possono e
devono essere utilizzate per sgombrare pregiudizi e condizionamenti.
Giuseppe Cubello
05
febbraio 2017
M’horó – Flags & imaginary skyscrapers
Dal 05 febbraio al 05 marzo 2017
arte contemporanea
Location
LATTUADA STUDIO – ARTE CENTRO
Milano, Via Senato, 15, (Milano)
Milano, Via Senato, 15, (Milano)
Orario di apertura
martedì – venerdì 11.00 - 13.00 / 15.00 - 19.30
Vernissage
5 Febbraio 2017, ore 17
Autore
Curatore