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Michelangelo Perghem Gelmi – Tra sogno e ironia, l’inafferrabile ambiguità del vero
Il linguaggio di Michelangelo Perghem Gelmi non è certamente di quelli che si possono improvvisare: esso arriva da lontano e si è sviluppato con continuità e coerenza attraverso mezzo secolo, e forse più, di lavoro e di ricerca.
Comunicato stampa
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Alla Galleria d'Arte Contemporanea “STUDIO C” di via Giovanni Campesio 39 si inaugura sabato, 22 settembre, con il patrocinio del Comune di Piacenza, la mostra personale di Michelangelo Perghem Gelmi (Innsbruck 1911 - Trento 1992) dal suggestivo titolo “Tra sogno e ironia, l'inafferrabile ambiguità del vero”.
Quante volte, nell'arco di questi anni, ho pensato all'amico Michelangelo Perghem Gelmi e quante volte, incontrando collezionisti e appassionati, si è discusso della sua espressione, così magica e sorprendente, così ironica e raffinata. Poi, improvvisa, la telefonata del figlio Mario, per riprendere un discorso interrotto quasi trent'anni fa, per proseguire nella valorizzazione di un artista straordinario eppure non ancora adeguatamente conosciuto, non ancora valorizzato per quello che veramente è e veramente vale. Perchè Michelangelo, nel corso della sua lunga e proficua attività, non ci ha mai ha abituati ai facili clamori o alla facile ostentazione così diffusi nel mondo dell'arte di ieri e di oggi. Solitario per scelta, dunque, per cercare una condizione ottimale di lavoro, per seguire in assoluta libertà e indipendenza i suoi sogni e la sue riflessioni, per evitare condizionamenti di ogni tipo ed essere fino in fondo se stesso. Solitario, certamente, ma non per questo fuori dalla storia, anzi, ben ancorato ai Movimenti d'Avanguardia Internazionali perchè fine intellettuale, profondo conoscitore della vita e dei suoi meccanismi e raffinato interprete dell'animo umano. Dietro al suo atteggiamento discreto e riflessivo c'era sicuramente la saggezza dell'uomo, ma anche e soprattutto, la competenza del vero professionista e il giusto orgoglio di un artista che preferisce parlare di sé attraverso il proprio lavoro: un lavoro svolto con cura meticolosa, con profondità di pensiero e con una padronanza tecnica che spesso può indurre alla sorpresa. Da queste premesse, dunque, sono nate le sue silenziose e profonde riflessioni sulle vita e l'esistenza, i suoi originali e imprevedibili accostamenti, la sua espressione intensa e sentita tutta tesa a manifestare il suo “credo” pittorico senza preoccuparsi di essere piacevole e/o di soddisfare, in qualche modo, le richieste del mercato e di una società che, allora, era in profonda trasformazione e sempre più richiedeva di essere alla moda e di adeguarsi alle regole del gioco. Innamorato del suo mestiere di artista, ha sempre proceduto con metodo e rigore quasi scientifici affrontando vari periodi, svariate e diversificate tematiche, analizzando argomenti, entrando direttamente, con coraggio, intelligenza e raffinato umorismo, nelle più svariate problematiche del suo e del nostro tempo: l'alienazione, il consumismo, l'eros, la politica, il relativismo, la solitudine, seguendo sempre il filo diretto dei suoi pensieri, del suo linguaggio, del suo modo di intendere e concepire la comunicazione artistica. In questa mostra piacentina abbiamo privilegiato il periodo degli anni settanta-ottanta perchè, a mio avviso, è quello che maggiormente lo identifica e lo rappresenta, quello che, meglio di tutti, è in grado di aprirci le porte del suo fantastico mondo. Un mondo complesso, quello di Michelangelo Perghem Gelmi, un vero e proprio universo dove la realtà può sconfinare nel sogno, la verità nella finzione, l'intuito nel pensiero razionale, la ragione nella leggerezza del volo poetico. Volendo inquadrare questo periodo potremmo senza dubbio definirlo “ periodo surrealista” o “ironico-surreale” oppure “fantastico” in quanto l'artista, volutamente, si serve dell'ironia e dell'assurdo per portare l'osservatore a riflettere su di un argomento o tematica specifica sia essa di carattere sociale, esistenziale o semplicemente di costume. Inoltre, pur ricorrendo ad elementi e accostamenti sovrareali, trova sempre il modo di definire concretamente e realmente i suoi ambienti e le sue strutture: il mare, il deserto, la spiaggia, il labirinto ecc. Così i suoi soggetti, siano essi animati o inanimati, si muovono in originali architetture, in fantascientifici e apocalittici scenari, in spazi bloccati e sospesi, al di fuori del tempo e dello spazio. Spesso, nelle sue oniriche costruzioni, troviamo piante esotiche che spuntano da rocce forate assumendo sagome zoomorfe (floreunculus barbudus), enormi globi oculari, fissi, immobili e ipnotici che emergono da intricati fogliami e da strane creature vegetali per scrutare il mondo circostante (fiore nel deserto), sculture e forme anatomiche, evidente il ricordo di Perghem per Henry Moore, dalle cui cavità si arriva all'infinito e poi maschere, armature, elmi, manichini e altro ancora. Comunque sia, le originali ambientazioni di Michelangelo Perghem Gelmi e gli intricati labirinti dove corre spensierato il figlio Mario con il suo colorato palloncino, sono una chiara ed evidente metafora dei nostri percorsi esistenziali, sempre accidentati pur nella loro invitante apparenza e, soprattutto, progettati per una complicanza di cui ci sfugge il senso e la finalità. Lo stesso dicasi per i suoi personaggi che, pur presentandosi con la fisicità e la corporeità della materia viva e concreta, portano dentro anche la leggerezza di una delicata e misteriosa trasparenza, a rendere la levità dello spirito, la complessità dell’essere umano, la delicata evanescenza dell’anima. Perché il linguaggio di Michelangelo Perghem Gelmi non è certamente di quelli che si possono improvvisare: esso arriva da lontano e si è sviluppato con continuità e coerenza attraverso mezzo secolo, e forse più, di lavoro e di ricerca. Perchè sin dai suoi esordi “neofigurativi”, l’artista ha puntigliosamente posto in essere un proprio ben definito codice poetico, tutto gravitante intorno all’uomo e all’esistenza, in grado di farci riflettere, con immagini originali e geniali accostamenti, sulla caducità della vita e sull’inganno che proviene da tutto ciò che troppo splende e troppo appare.
Encomiabile e prezioso, pertanto, il lavoro di documentazione e catalogazione che, con pazienza e rigore metodologico, sta portando avanti il figlio Mario con la realizzazione dell’Archivio Perghem Gelmi. E’ importante ricordare poi il Fondo “Michelangelo Perghem Gelmi” presso il MART (museo di arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto) costituitosi nel 1995 grazie ad una vasta e articolata donazione di progetti architettonici ed urbanistici avvenuta per volontà dei figli e, ancora, il significativo numero di opere pittoriche conservato presso il Museo Diocesano di Trento e la Fondazione Museo Storico del Trentino.
La rassegna piacentina, che chiuderà il 4 ottobre, sarà presentata dal gallerista e critico d’arte Luciano Carini.
Quante volte, nell'arco di questi anni, ho pensato all'amico Michelangelo Perghem Gelmi e quante volte, incontrando collezionisti e appassionati, si è discusso della sua espressione, così magica e sorprendente, così ironica e raffinata. Poi, improvvisa, la telefonata del figlio Mario, per riprendere un discorso interrotto quasi trent'anni fa, per proseguire nella valorizzazione di un artista straordinario eppure non ancora adeguatamente conosciuto, non ancora valorizzato per quello che veramente è e veramente vale. Perchè Michelangelo, nel corso della sua lunga e proficua attività, non ci ha mai ha abituati ai facili clamori o alla facile ostentazione così diffusi nel mondo dell'arte di ieri e di oggi. Solitario per scelta, dunque, per cercare una condizione ottimale di lavoro, per seguire in assoluta libertà e indipendenza i suoi sogni e la sue riflessioni, per evitare condizionamenti di ogni tipo ed essere fino in fondo se stesso. Solitario, certamente, ma non per questo fuori dalla storia, anzi, ben ancorato ai Movimenti d'Avanguardia Internazionali perchè fine intellettuale, profondo conoscitore della vita e dei suoi meccanismi e raffinato interprete dell'animo umano. Dietro al suo atteggiamento discreto e riflessivo c'era sicuramente la saggezza dell'uomo, ma anche e soprattutto, la competenza del vero professionista e il giusto orgoglio di un artista che preferisce parlare di sé attraverso il proprio lavoro: un lavoro svolto con cura meticolosa, con profondità di pensiero e con una padronanza tecnica che spesso può indurre alla sorpresa. Da queste premesse, dunque, sono nate le sue silenziose e profonde riflessioni sulle vita e l'esistenza, i suoi originali e imprevedibili accostamenti, la sua espressione intensa e sentita tutta tesa a manifestare il suo “credo” pittorico senza preoccuparsi di essere piacevole e/o di soddisfare, in qualche modo, le richieste del mercato e di una società che, allora, era in profonda trasformazione e sempre più richiedeva di essere alla moda e di adeguarsi alle regole del gioco. Innamorato del suo mestiere di artista, ha sempre proceduto con metodo e rigore quasi scientifici affrontando vari periodi, svariate e diversificate tematiche, analizzando argomenti, entrando direttamente, con coraggio, intelligenza e raffinato umorismo, nelle più svariate problematiche del suo e del nostro tempo: l'alienazione, il consumismo, l'eros, la politica, il relativismo, la solitudine, seguendo sempre il filo diretto dei suoi pensieri, del suo linguaggio, del suo modo di intendere e concepire la comunicazione artistica. In questa mostra piacentina abbiamo privilegiato il periodo degli anni settanta-ottanta perchè, a mio avviso, è quello che maggiormente lo identifica e lo rappresenta, quello che, meglio di tutti, è in grado di aprirci le porte del suo fantastico mondo. Un mondo complesso, quello di Michelangelo Perghem Gelmi, un vero e proprio universo dove la realtà può sconfinare nel sogno, la verità nella finzione, l'intuito nel pensiero razionale, la ragione nella leggerezza del volo poetico. Volendo inquadrare questo periodo potremmo senza dubbio definirlo “ periodo surrealista” o “ironico-surreale” oppure “fantastico” in quanto l'artista, volutamente, si serve dell'ironia e dell'assurdo per portare l'osservatore a riflettere su di un argomento o tematica specifica sia essa di carattere sociale, esistenziale o semplicemente di costume. Inoltre, pur ricorrendo ad elementi e accostamenti sovrareali, trova sempre il modo di definire concretamente e realmente i suoi ambienti e le sue strutture: il mare, il deserto, la spiaggia, il labirinto ecc. Così i suoi soggetti, siano essi animati o inanimati, si muovono in originali architetture, in fantascientifici e apocalittici scenari, in spazi bloccati e sospesi, al di fuori del tempo e dello spazio. Spesso, nelle sue oniriche costruzioni, troviamo piante esotiche che spuntano da rocce forate assumendo sagome zoomorfe (floreunculus barbudus), enormi globi oculari, fissi, immobili e ipnotici che emergono da intricati fogliami e da strane creature vegetali per scrutare il mondo circostante (fiore nel deserto), sculture e forme anatomiche, evidente il ricordo di Perghem per Henry Moore, dalle cui cavità si arriva all'infinito e poi maschere, armature, elmi, manichini e altro ancora. Comunque sia, le originali ambientazioni di Michelangelo Perghem Gelmi e gli intricati labirinti dove corre spensierato il figlio Mario con il suo colorato palloncino, sono una chiara ed evidente metafora dei nostri percorsi esistenziali, sempre accidentati pur nella loro invitante apparenza e, soprattutto, progettati per una complicanza di cui ci sfugge il senso e la finalità. Lo stesso dicasi per i suoi personaggi che, pur presentandosi con la fisicità e la corporeità della materia viva e concreta, portano dentro anche la leggerezza di una delicata e misteriosa trasparenza, a rendere la levità dello spirito, la complessità dell’essere umano, la delicata evanescenza dell’anima. Perché il linguaggio di Michelangelo Perghem Gelmi non è certamente di quelli che si possono improvvisare: esso arriva da lontano e si è sviluppato con continuità e coerenza attraverso mezzo secolo, e forse più, di lavoro e di ricerca. Perchè sin dai suoi esordi “neofigurativi”, l’artista ha puntigliosamente posto in essere un proprio ben definito codice poetico, tutto gravitante intorno all’uomo e all’esistenza, in grado di farci riflettere, con immagini originali e geniali accostamenti, sulla caducità della vita e sull’inganno che proviene da tutto ciò che troppo splende e troppo appare.
Encomiabile e prezioso, pertanto, il lavoro di documentazione e catalogazione che, con pazienza e rigore metodologico, sta portando avanti il figlio Mario con la realizzazione dell’Archivio Perghem Gelmi. E’ importante ricordare poi il Fondo “Michelangelo Perghem Gelmi” presso il MART (museo di arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto) costituitosi nel 1995 grazie ad una vasta e articolata donazione di progetti architettonici ed urbanistici avvenuta per volontà dei figli e, ancora, il significativo numero di opere pittoriche conservato presso il Museo Diocesano di Trento e la Fondazione Museo Storico del Trentino.
La rassegna piacentina, che chiuderà il 4 ottobre, sarà presentata dal gallerista e critico d’arte Luciano Carini.
22
settembre 2018
Michelangelo Perghem Gelmi – Tra sogno e ironia, l’inafferrabile ambiguità del vero
Dal 22 settembre al 04 ottobre 2018
arte moderna e contemporanea
Location
GALLERIA STUDIO C
Piacenza, Via Giovanni Campesio, 39, (Piacenza)
Piacenza, Via Giovanni Campesio, 39, (Piacenza)
Orario di apertura
feriali e festivi dalle 16,30 alle 19,30
Lunedì, giorno di chiusura
Vernissage
22 Settembre 2018, ore 18.00
Autore
Curatore