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Michele Bedini
Mostra personale
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Una possibile chiave di interpreta-
zione della pittura di Michele Bedini
potrebbe essere, forse, quella relativa
all’idea – centrale nello svolgimento
del Moderno – di ‘nostalgia’.
Nel pensiero filosofico il romantici-
smo di Schiller e la critica hegelia-
na della ‘scissione’, nonché, d’altra
parte, la stigmatizzazione, compiuta
nella Fenomenologia, dell’estranei-
tà dell’“anima bella” al “corso del
mondo” ne fissano i due poli dialet-
tici portanti.
Il punctum crucis attiene al costante
rinvio che l’installarsi della società
capitalistica – dallo stato immedia-
tamente post-feudale al neoconsumi-
smo – sollecita verso la reintegrazio-
ne di una sorta di ‘unità originaria’ in
cui al regno necessitato della divisio-
ne del lavoro torni a sostituirsi quel-
lo di un libero ‘giuoco’ che non trovi
altra legalità e scopo che sé stesso.
Il mondo a cui la pittura di Bedini,
densa di costruzioni allegoriche, al-
lude è quello in cui alla Entzweiung,
alla scissione faccia posto un indivi-
duo non più diviso e partecipe di una
‘civiltà ludica’ – come direbbe Schil-
ler – dove l’esercizio dell’istinto del
gioco (Spieltrieb) si esplichi nel
compiuto equilibrio tra singolarità e
comunità, tra intelletto e sensibilità.
Ma non è tutto così semplice.
L’immagine della Vereinigung, di
una definitiva ‘conciliazione’ tra
uomo e natura, dell’avvento dei tem-
pi di un’umanità piena ed innocen-
te, della bellezza dell’umano, del
dispiegarsi della totalità dell’essere
anziché del lavoro diviso – che verrà ampiamente replicata sino alla
contemporaneità (basti pensare alla
‘teoria critica’ francofortese) – non
si contrae, nella veduta di Bedini, al
suo momento ‘patetico’ – tipico del
romanticismo – o, comunque, alla
sua mera, ingenua espressione. Si
spiega in tal maniera, del resto, il po-
polarsi di questo universo immagina-
rio di figurine paganeggianti, richia-
mi mitici, di simulacri della costante
tensione tra beltà e mostruoso. Con
il ricorso ad uno scenario fantastico
ove il segno prevalente appare quel-
lo della allucinata fabbricazione di
scenari oracolari non preoccupati di
contaminarsi con assaggi poetici del
genere più disparato – fino a sfidare,
talvolta, il rischio di un kitsch sottile
e sotterraneo – Bedini innesta di con-
tinuo la forza reagente dell’ironia e
della ambiguità in un dettato figurale
e compositivo che sembrerebbe sor-
retto dall’ego sum in arcadia.
Egli risulta compiere, comunque,
un gesto di avveduta consapevolezza
storica.
Si potrebbe dire che la sostanza di
cui è fatta la sua pittura sia quella
di un’età di conciliazione arrestata
un attimo prima del suo dissolversi,
ovvero – per stare al lessico degli
archetipi, del “residuo primigenio” –
un attimo prima della ‘morte di Pan’.
Se un autore collocabile tra gli
eventuali riferimenti della sua pittu-
ra, cioè Bosch, aveva esibito, fede-
le alla gnosi, l’intrinseca corruzione
del creato; il nostro pittore prova,
invece, ad evocare la dimensione
che precede la rottura tragica e ne
presentisce l’irrompere (donde, per
esempio, la forte attenzione per un
musicista come Malher, ma anche
l’enfasi sul ‘barbaro’).
Notare bene: nel farlo, Bedini re-
cepisce la grande lezione dell’avan-
guardia intorno all’abbassamento
di livello conseguibile attraverso
la presentazione dell’artista come
clown e saltimbanco.
Nello scenario della modernità –
egli sembra dirci – non è possibile
esprimere il tragico se non attraverso il comico ed il grottesco.
Il buffonesco, il fou rire, l’isteria
surrogano l’arte tragica e ne dimo-
strano la definitiva scomparsa.
Oltre di essa resta il sospetto del
prevalere, insieme alla frammenta-
rietà, dell’astuzia e del calcolo, della
mediocrità.
Conscio dell’esaurimento delle
stesse avanguardie storiche, e della
difficoltà di reinterpretare la ‘tradi-
zione del nuovo’, Bedini si muove
liberamente tra misure stilistico-ico-
niche diverse, portandosi dietro una
recessa attenzione per il materiale
informale che ora, però, si coniuga
con il gusto dell’efficacia della rap-
presentazione.
Ne sortisce una certa vicinanza ri-
spetto agli orientamenti della ‘nuova
figurazione’, in cui prevale la cifra
allegorica.
Su questa via si schiude una pittura
che passa dal cromatismo illanguidi-
to, ove il profilarsi delle figure è dato
da un tratteggio luministico tenue e
scattante insieme, alla preziosità dei
pigmenti che si distende in ampie
campiture nelle quali si inscrivono
richiami e capricci particolarmente
suggestivi.
Non è casuale, a tal proposito, che la
trama cromatica risenta della lezione
di Bonard, laddove il tono d’insieme
è costituite da note più o meno cal-
de, da velature in cui virtù scorgere
l’immagine nella sua labilità, entro
un permanente flusso, modulato da
contorni imprecisi e da diverse den-
sità d’impasto che convergono in un
concerto luministico di presentifica-
zione.
A ciò si combina l’emergere di una
sensibilità simbolista alla Odillon
Redon, ove – nel caso, analogamen-
te a Mallarmé – la fantasia suscita le
immagini prescindendo dalla refe-
renza oggettiva.
Il loro aroma misterico è richiamato
dallo sguardo cinico ma non inaridi-
to – ed anzi, comunque emozionato
– di un artista dell’oggi.
Luca Basile
zione della pittura di Michele Bedini
potrebbe essere, forse, quella relativa
all’idea – centrale nello svolgimento
del Moderno – di ‘nostalgia’.
Nel pensiero filosofico il romantici-
smo di Schiller e la critica hegelia-
na della ‘scissione’, nonché, d’altra
parte, la stigmatizzazione, compiuta
nella Fenomenologia, dell’estranei-
tà dell’“anima bella” al “corso del
mondo” ne fissano i due poli dialet-
tici portanti.
Il punctum crucis attiene al costante
rinvio che l’installarsi della società
capitalistica – dallo stato immedia-
tamente post-feudale al neoconsumi-
smo – sollecita verso la reintegrazio-
ne di una sorta di ‘unità originaria’ in
cui al regno necessitato della divisio-
ne del lavoro torni a sostituirsi quel-
lo di un libero ‘giuoco’ che non trovi
altra legalità e scopo che sé stesso.
Il mondo a cui la pittura di Bedini,
densa di costruzioni allegoriche, al-
lude è quello in cui alla Entzweiung,
alla scissione faccia posto un indivi-
duo non più diviso e partecipe di una
‘civiltà ludica’ – come direbbe Schil-
ler – dove l’esercizio dell’istinto del
gioco (Spieltrieb) si esplichi nel
compiuto equilibrio tra singolarità e
comunità, tra intelletto e sensibilità.
Ma non è tutto così semplice.
L’immagine della Vereinigung, di
una definitiva ‘conciliazione’ tra
uomo e natura, dell’avvento dei tem-
pi di un’umanità piena ed innocen-
te, della bellezza dell’umano, del
dispiegarsi della totalità dell’essere
anziché del lavoro diviso – che verrà ampiamente replicata sino alla
contemporaneità (basti pensare alla
‘teoria critica’ francofortese) – non
si contrae, nella veduta di Bedini, al
suo momento ‘patetico’ – tipico del
romanticismo – o, comunque, alla
sua mera, ingenua espressione. Si
spiega in tal maniera, del resto, il po-
polarsi di questo universo immagina-
rio di figurine paganeggianti, richia-
mi mitici, di simulacri della costante
tensione tra beltà e mostruoso. Con
il ricorso ad uno scenario fantastico
ove il segno prevalente appare quel-
lo della allucinata fabbricazione di
scenari oracolari non preoccupati di
contaminarsi con assaggi poetici del
genere più disparato – fino a sfidare,
talvolta, il rischio di un kitsch sottile
e sotterraneo – Bedini innesta di con-
tinuo la forza reagente dell’ironia e
della ambiguità in un dettato figurale
e compositivo che sembrerebbe sor-
retto dall’ego sum in arcadia.
Egli risulta compiere, comunque,
un gesto di avveduta consapevolezza
storica.
Si potrebbe dire che la sostanza di
cui è fatta la sua pittura sia quella
di un’età di conciliazione arrestata
un attimo prima del suo dissolversi,
ovvero – per stare al lessico degli
archetipi, del “residuo primigenio” –
un attimo prima della ‘morte di Pan’.
Se un autore collocabile tra gli
eventuali riferimenti della sua pittu-
ra, cioè Bosch, aveva esibito, fede-
le alla gnosi, l’intrinseca corruzione
del creato; il nostro pittore prova,
invece, ad evocare la dimensione
che precede la rottura tragica e ne
presentisce l’irrompere (donde, per
esempio, la forte attenzione per un
musicista come Malher, ma anche
l’enfasi sul ‘barbaro’).
Notare bene: nel farlo, Bedini re-
cepisce la grande lezione dell’avan-
guardia intorno all’abbassamento
di livello conseguibile attraverso
la presentazione dell’artista come
clown e saltimbanco.
Nello scenario della modernità –
egli sembra dirci – non è possibile
esprimere il tragico se non attraverso il comico ed il grottesco.
Il buffonesco, il fou rire, l’isteria
surrogano l’arte tragica e ne dimo-
strano la definitiva scomparsa.
Oltre di essa resta il sospetto del
prevalere, insieme alla frammenta-
rietà, dell’astuzia e del calcolo, della
mediocrità.
Conscio dell’esaurimento delle
stesse avanguardie storiche, e della
difficoltà di reinterpretare la ‘tradi-
zione del nuovo’, Bedini si muove
liberamente tra misure stilistico-ico-
niche diverse, portandosi dietro una
recessa attenzione per il materiale
informale che ora, però, si coniuga
con il gusto dell’efficacia della rap-
presentazione.
Ne sortisce una certa vicinanza ri-
spetto agli orientamenti della ‘nuova
figurazione’, in cui prevale la cifra
allegorica.
Su questa via si schiude una pittura
che passa dal cromatismo illanguidi-
to, ove il profilarsi delle figure è dato
da un tratteggio luministico tenue e
scattante insieme, alla preziosità dei
pigmenti che si distende in ampie
campiture nelle quali si inscrivono
richiami e capricci particolarmente
suggestivi.
Non è casuale, a tal proposito, che la
trama cromatica risenta della lezione
di Bonard, laddove il tono d’insieme
è costituite da note più o meno cal-
de, da velature in cui virtù scorgere
l’immagine nella sua labilità, entro
un permanente flusso, modulato da
contorni imprecisi e da diverse den-
sità d’impasto che convergono in un
concerto luministico di presentifica-
zione.
A ciò si combina l’emergere di una
sensibilità simbolista alla Odillon
Redon, ove – nel caso, analogamen-
te a Mallarmé – la fantasia suscita le
immagini prescindendo dalla refe-
renza oggettiva.
Il loro aroma misterico è richiamato
dallo sguardo cinico ma non inaridi-
to – ed anzi, comunque emozionato
– di un artista dell’oggi.
Luca Basile
04
novembre 2016
Michele Bedini
Dal 04 novembre al 03 dicembre 2016
arte contemporanea
Location
CENTRO CULTURALE ALLENDE
La Spezia, Viale Giuseppe Mazzini, (La Spezia)
La Spezia, Viale Giuseppe Mazzini, (La Spezia)
Vernissage
4 Novembre 2016, ore 18
Autore