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Michele Savino – Cinocephalus hamandryos
Il Cinocefalo è un po’ immagine e un po’ statua
un po’ divinità egizia e un po’ idolo
un po’ umano e un po’ animale
e per noi oggi è un po’ il babbuino che vediamo allo zoo
(Michele Savino)
Comunicato stampa
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Il Cinocefalo è un po’ immagine e un po’ statua
un po’ divinità egizia e un po’ idolo
un po’ umano e un po’ animale
e per noi oggi è un po’ il babbuino che vediamo allo zoo
(Michele Savino)
Cinocephalus hamandryos è il luogo in cui gli un po’ di Michele Savino trovano spazio per raccontarsi. Ma, se una parte di qualcosa non può mai descrivere il tutto, allora questo racconto sarà inevitabilmente anche il luogo della non definizione e dell’incertezza che cela però infinite possibilità nella memoria di chi ne fa esperienza.
La ricerca artistica di Michele Savino ha a che fare con la dimensione del tempo e dell’attesa; la sua è una creazione artificiale di un’impressione dell’agire del tempo sull’opera d’arte. I suoi soggetti sono quindi figure ambigue, avvolte nel mistero di un tempo passato tanto presente quanto però impossibile. Non c’è certezza di quello che riusciamo a vedere, tutto è interpretabile e mai chiaramente comprensibile, possiamo solo distinguere delle immagini-idoli che si impongono al centro delle tavole e riescono, attraverso il loro carattere criptico, a trasformarsi in simboli.
Le opere di Michele Savino innescano processi di decifrazione continua di stratificazioni di tempi e di significati che, nella loro complessità, regalano però respiro allo sguardo. Nonostante la centralità dei suoi soggetti, non c’è un elemento unico da guardare, esiste invece una venerazione totale dell’opera d’arte. Il suo fare pittura assume quindi una dimensione quasi scultorea che conferisce sacralità alla tela ed eleva l’immagine rappresentata a sostituto della cosa reale. Il concetto di finzione squarcia allora questo racconto: le immagini create dall’artista sono figure dannose e bugiarde, ma al contempo vere; sono verità più sincere del reale, volte alla creazione di un doppio in cui il primitivismo delle forme è capace di definire non solo se stesso ma anche l’altro in un rapporto complesso di relazioni tra passato, presente e futuro e tra realtà e finzione. Le sue opere accettano il tempo che scorre, che le usura e che magari le riduce a reperti; quello stesso tempo però, viene prima superato nella materia e poi negato dalla presenza dell’immagine creata.
Quello di Michele Savino è un lavoro di creazione di un nuovo e di stratificazione del vecchio: l’artista regala infatti al frammento restituito dal passato, un nuovo tempo e una nuova realtà-finzione che possa però conservare il fascino e il potere di un’antica immagine ancestrale.
Alexandra Russi
un po’ divinità egizia e un po’ idolo
un po’ umano e un po’ animale
e per noi oggi è un po’ il babbuino che vediamo allo zoo
(Michele Savino)
Cinocephalus hamandryos è il luogo in cui gli un po’ di Michele Savino trovano spazio per raccontarsi. Ma, se una parte di qualcosa non può mai descrivere il tutto, allora questo racconto sarà inevitabilmente anche il luogo della non definizione e dell’incertezza che cela però infinite possibilità nella memoria di chi ne fa esperienza.
La ricerca artistica di Michele Savino ha a che fare con la dimensione del tempo e dell’attesa; la sua è una creazione artificiale di un’impressione dell’agire del tempo sull’opera d’arte. I suoi soggetti sono quindi figure ambigue, avvolte nel mistero di un tempo passato tanto presente quanto però impossibile. Non c’è certezza di quello che riusciamo a vedere, tutto è interpretabile e mai chiaramente comprensibile, possiamo solo distinguere delle immagini-idoli che si impongono al centro delle tavole e riescono, attraverso il loro carattere criptico, a trasformarsi in simboli.
Le opere di Michele Savino innescano processi di decifrazione continua di stratificazioni di tempi e di significati che, nella loro complessità, regalano però respiro allo sguardo. Nonostante la centralità dei suoi soggetti, non c’è un elemento unico da guardare, esiste invece una venerazione totale dell’opera d’arte. Il suo fare pittura assume quindi una dimensione quasi scultorea che conferisce sacralità alla tela ed eleva l’immagine rappresentata a sostituto della cosa reale. Il concetto di finzione squarcia allora questo racconto: le immagini create dall’artista sono figure dannose e bugiarde, ma al contempo vere; sono verità più sincere del reale, volte alla creazione di un doppio in cui il primitivismo delle forme è capace di definire non solo se stesso ma anche l’altro in un rapporto complesso di relazioni tra passato, presente e futuro e tra realtà e finzione. Le sue opere accettano il tempo che scorre, che le usura e che magari le riduce a reperti; quello stesso tempo però, viene prima superato nella materia e poi negato dalla presenza dell’immagine creata.
Quello di Michele Savino è un lavoro di creazione di un nuovo e di stratificazione del vecchio: l’artista regala infatti al frammento restituito dal passato, un nuovo tempo e una nuova realtà-finzione che possa però conservare il fascino e il potere di un’antica immagine ancestrale.
Alexandra Russi
26
novembre 2016
Michele Savino – Cinocephalus hamandryos
Dal 26 novembre 2016 al 07 gennaio 2017
arte contemporanea
Location
VIAMORONISEDICI SPAZIOARTE
Bergamo, Via Giambattista Moroni, 16 , (Bergamo)
Bergamo, Via Giambattista Moroni, 16 , (Bergamo)
Orario di apertura
da lunedì a venerdì dalle 16:00 alle 19:00
sabato dalle 10:00 alle 13:00 e dalle 16:00 alle 19:00
Vernissage
26 Novembre 2016, ore 18.00
Autore
Curatore