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Mihailo Beli Karanovic – Bridges
Le sue vedute aeree di ponti e cavalcavia diventano istantanee di città devastate dalla guerra e dal terrore
Comunicato stampa
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Mihailo-Beli Karanovic, classe 1980, a soli dieci anni fu ammesso nello studio di Zivko Grozdanic detto 'Gera' uno dei maggiori rappresentanti dell'arte contemporanea slava, allora presidente della Biennale Serba. A venticinque anni decide di trasferirsi in Italia dove inizia a frequentare un corso di pittura presso l’Accademia di Brera.
In seguito ad alcuni viaggi di ritorno nel paese d’origine comincia la sua indagine pittorica sul paesaggio urbano. Le sue vedute aeree di ponti e cavalcavia diventano istantanee di città devastate dalla guerra e dal terrore. Quelle appartenenti alla serie Bridges ci informano su ponti, cavalcavia, architetture fatte di linee di fuga dove i giochi delle prospettive sono fondamentali. Sono lavori in cui si attua precisamente una fusione tra pittura e architettura, come se la precisione architettonica si applicasse alla libertà delle macchie pittoriche, rimettendo ordine nel fondo informe del dipinto.
L'iconografia della città diventa quindi il pretesto per una riflessione insieme estetica, storica, sentimentale, critica: si è gettato mani e piedi in un ciclo di paesaggi in cui ha finalmente inserito tutto ciò che gli straripava, gli traboccava, che letteralmente tracimava di sotto la sua dura scorza di pittore puro. Ci ha messo la sua storia, del suo paese, delle città serbe, con tutto il loro carico di dolore, di violenza, di tragedie ancora brucianti. Ma anche con il loro carico di bellezza, di rimpianto, di malinconia sottile e tagliente. E’ andato così componendo, quadro dopo quadro, un vero e proprio diario per immagini. Un diario in cui il sentimento della storia, il suo andamento lento e ondivago, fatto della stratificazione successiva delle mille memorie private e personali di chi la storia l'ha vista crescere e mutare sotto i propri occhi, con il suo carico di tragedie annunciate e di ferite inferte al corpo vivo non solo del paesaggio e della griglia architettonica - con la presenza pesante e irrespirabile della guerra, innanzitutto, con i suoi ponti crollati, i palazzi sventrati, le ferrovie divelte, le macerie fumanti -, ma anche a quello della popolazione, con le mille storie individuali dei tanti anonimi protagonisti trasformate all'improvviso in immagini, ricordi, istantanee di un'epoca che esiste solo nella memoria di chi l'ha vista e vissuta proprio in quel preciso istante. Un diario tracciato con la mano svelta e decisa di un artista che della città fornisce pochi e decisivi elementi: istantanee di vite sospese a metà, sorprese all'improvviso nel loro andamento quotidiano da un'apparizione, un'epifania, uno iato acuto e inaspettato, che le distorce e le congela nell'atmosfera straziante e angosciosa del ricordo.
In seguito ad alcuni viaggi di ritorno nel paese d’origine comincia la sua indagine pittorica sul paesaggio urbano. Le sue vedute aeree di ponti e cavalcavia diventano istantanee di città devastate dalla guerra e dal terrore. Quelle appartenenti alla serie Bridges ci informano su ponti, cavalcavia, architetture fatte di linee di fuga dove i giochi delle prospettive sono fondamentali. Sono lavori in cui si attua precisamente una fusione tra pittura e architettura, come se la precisione architettonica si applicasse alla libertà delle macchie pittoriche, rimettendo ordine nel fondo informe del dipinto.
L'iconografia della città diventa quindi il pretesto per una riflessione insieme estetica, storica, sentimentale, critica: si è gettato mani e piedi in un ciclo di paesaggi in cui ha finalmente inserito tutto ciò che gli straripava, gli traboccava, che letteralmente tracimava di sotto la sua dura scorza di pittore puro. Ci ha messo la sua storia, del suo paese, delle città serbe, con tutto il loro carico di dolore, di violenza, di tragedie ancora brucianti. Ma anche con il loro carico di bellezza, di rimpianto, di malinconia sottile e tagliente. E’ andato così componendo, quadro dopo quadro, un vero e proprio diario per immagini. Un diario in cui il sentimento della storia, il suo andamento lento e ondivago, fatto della stratificazione successiva delle mille memorie private e personali di chi la storia l'ha vista crescere e mutare sotto i propri occhi, con il suo carico di tragedie annunciate e di ferite inferte al corpo vivo non solo del paesaggio e della griglia architettonica - con la presenza pesante e irrespirabile della guerra, innanzitutto, con i suoi ponti crollati, i palazzi sventrati, le ferrovie divelte, le macerie fumanti -, ma anche a quello della popolazione, con le mille storie individuali dei tanti anonimi protagonisti trasformate all'improvviso in immagini, ricordi, istantanee di un'epoca che esiste solo nella memoria di chi l'ha vista e vissuta proprio in quel preciso istante. Un diario tracciato con la mano svelta e decisa di un artista che della città fornisce pochi e decisivi elementi: istantanee di vite sospese a metà, sorprese all'improvviso nel loro andamento quotidiano da un'apparizione, un'epifania, uno iato acuto e inaspettato, che le distorce e le congela nell'atmosfera straziante e angosciosa del ricordo.
08
novembre 2006
Mihailo Beli Karanovic – Bridges
Dall'otto novembre al 12 dicembre 2006
arte contemporanea
Location
GALLERIA RADAR
Venezia, Via Caneve, 12, (Venezia)
Venezia, Via Caneve, 12, (Venezia)
Orario di apertura
dal martedì al sabato 16-19.30
Vernissage
8 Novembre 2006, ore 19
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