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Milton Gendel – Fotografie
ha captato, con il suo obiettivo, le icone più strepitose e i personaggi più singolari della nostra epoca, dalla regina d’Inghilterra a Giovanni Agnelli, da Dalì a De Kooning, da Moore a Burri, còlti in momenti di relax o nell’intimità della vita quotidiana
Comunicato stampa
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Si inaugura sabato 16 settembre alle ore 17.30 alla Galleria Civica d’Arte Moderna di Spoleto la mostra, curata da Giovanni Carandente, “Milton Gendel – Fotografie”. Intellettuale colto e raffinato, critico d’arte di punta, figura chiave nella Roma artistica degli ultimi cinquant’anni, l’Americano di origini russe Milton Gendel è anche un fotografo d’eccezione, in quanto ha captato, con il suo obiettivo, le icone più strepitose e i personaggi più singolari della nostra epoca, dalla regina d’Inghilterra a Giovanni Agnelli, da Dalì a De Kooning, da Moore a Burri, còlti in momenti di relax o nell’intimità della vita quotidiana.
A Spoleto viene presentata una scelta vasta di personaggi e di vedute di luoghi, composta quasi interamente da scatti inediti. Sono, per lo più, lo spaccato di un’Italia trascorsa o recentissima, piena di fascino e anche un po’ di nostalgia. Dalle figure di artisti scomparsi, Moore, Dalì, Burri, Tancredi, Dorazio, Novelli (è insieme con il critico Nello Ponente), De Kooning, Carlo Battaglia, si arriva a un gruppo di artisti ancora sulla breccia, Achille Perilli o Enzo Cucchi, Maurizio Mochetti o Massimiliano Floridi. Non mancano suggestive immagini di Spoleto, dalla piazza del Duomo del tempo che fu al Teodelapio di Alexander Calder, appena eretto in piazza della Stazione, senza ancora le controventature che l’artista appose nell’agosto del 1962, resesi necessarie per il timore dei forti venti invernali. E vi sono anche alcuni altri quieti scorci della città, silenziosi e magici. Milton Gendel ha deciso di donare questa straordinaria serie di fotografie alla Galleria d’Arte moderna. Questa, che già possiede l’eccezionale serie delle fotografie di Ugo Mulas della mostra Sculture nella Città del 1962 si arricchisce ora di un altro singolare documento della medesima arte.
Laureatosi in Storia dell’arte alla Columbia, a New York, e poi in quella stessa celebre università assistente di Meyer Shapiro, dopo aver frequentato l’“Atelier 17” di William Stanley Hayter, moderno padre dell’opera moltiplicata, Milton partì per Roma. Robert Motherwell era stato suo compagno d’università. Il laboratorio di Hayter fu il luogo d’incontro con i surrealisti emigrati dall’Europa al tempo delle persecuzioni naziste. André Breton era il capo del gruppo e chiamò Milton a collaborare alla rivista VVV (Vittoria, Vittoria, Vittoria). In quello studio avvenne anche il suo primo incontro con Peggy Guggenheim. A Roma Milton giunse nel 1949 con una borsa Fullbright. La tesi del fellowship comportava uno studio sul rinnovamento architettonico a Roma. Fu naturale che il giovane venisse introdotto a Bruno Zevi, il cui Saper vedere l’architettura era un best seller tradotto in quindici lingue. Con la sua ricerca, dunque, Milton anticipò di più di mezzo secolo le accese polemiche che oggi sono ricorrenti, dopo le nuove architetture nella Roma storica, di Richard Meyer, Zaha Hadid, Renzo Piano, Massimiliano Fuksas e Odile Decq. […] Membro di Accademie italiane e statunitensi, amico di alcuni dei più illustri storici e critici d’arte della nostra epoca (André Chastel, Federico Zeri, John Pope Hennessy, Carlo Pietrangeli, Giovanni Urbani) e di galleristi del calibro di Leo Castelli (fotografato contro un dipinto di Jasper Johns con il celebre leit – motiv del vessillo USA), ha fatto parte, dal 1988 al 1991 della Commissione dei consulenti della Biennale di Venezia. […] Incontrando i migliori artisti del suo tempo (alcuni nomi: Calder che disegnò il suo ritratto di fronte e di profilo sulle suole di un paio di scarpe, il giovane veneziano Tancredi, sfortunato ma di grande talento, Toti Scialoja, amico e vicino di casa, Melotti, Dorazio, Mochetti, fotografato con la sua aerea Freccia in carbonium) li ha immortalati nella sua Galleria in bianco e nero (con le recenti foto digitali usa più spesso il colore). […] L’occhio fotografico di Milton scruta i personaggi e li interpreta vuoi nel loro lato più spettacolare vuoi in quello più passeggero. Degli amici artisti dà sempre un’immagine umana, semplice. Li coglie sereni e senza ghiribizzi, siano essi Tancredi o De Kooning, Dorazio o Dalì, Boetti o la Pepper, Novelli o Burri. Di quest’ultimo, da critico d’arte, fu con Lorenza Trucchi uno dei primi estimatori e divulgatori. Il saggio che egli pubblicò su Art News, la rivista americana di cui ancora oggi egli è il corrispondente dall’Italia (spesso gli articoli sono illustrati da sue fotografie), fu uno dei lanci più tempestivi che diede avvio alla fama oltre oceano dell’artista umbro. (Queste note sono tratte dal testo di Carandente contenuto nel catalogo).
A Spoleto viene presentata una scelta vasta di personaggi e di vedute di luoghi, composta quasi interamente da scatti inediti. Sono, per lo più, lo spaccato di un’Italia trascorsa o recentissima, piena di fascino e anche un po’ di nostalgia. Dalle figure di artisti scomparsi, Moore, Dalì, Burri, Tancredi, Dorazio, Novelli (è insieme con il critico Nello Ponente), De Kooning, Carlo Battaglia, si arriva a un gruppo di artisti ancora sulla breccia, Achille Perilli o Enzo Cucchi, Maurizio Mochetti o Massimiliano Floridi. Non mancano suggestive immagini di Spoleto, dalla piazza del Duomo del tempo che fu al Teodelapio di Alexander Calder, appena eretto in piazza della Stazione, senza ancora le controventature che l’artista appose nell’agosto del 1962, resesi necessarie per il timore dei forti venti invernali. E vi sono anche alcuni altri quieti scorci della città, silenziosi e magici. Milton Gendel ha deciso di donare questa straordinaria serie di fotografie alla Galleria d’Arte moderna. Questa, che già possiede l’eccezionale serie delle fotografie di Ugo Mulas della mostra Sculture nella Città del 1962 si arricchisce ora di un altro singolare documento della medesima arte.
Laureatosi in Storia dell’arte alla Columbia, a New York, e poi in quella stessa celebre università assistente di Meyer Shapiro, dopo aver frequentato l’“Atelier 17” di William Stanley Hayter, moderno padre dell’opera moltiplicata, Milton partì per Roma. Robert Motherwell era stato suo compagno d’università. Il laboratorio di Hayter fu il luogo d’incontro con i surrealisti emigrati dall’Europa al tempo delle persecuzioni naziste. André Breton era il capo del gruppo e chiamò Milton a collaborare alla rivista VVV (Vittoria, Vittoria, Vittoria). In quello studio avvenne anche il suo primo incontro con Peggy Guggenheim. A Roma Milton giunse nel 1949 con una borsa Fullbright. La tesi del fellowship comportava uno studio sul rinnovamento architettonico a Roma. Fu naturale che il giovane venisse introdotto a Bruno Zevi, il cui Saper vedere l’architettura era un best seller tradotto in quindici lingue. Con la sua ricerca, dunque, Milton anticipò di più di mezzo secolo le accese polemiche che oggi sono ricorrenti, dopo le nuove architetture nella Roma storica, di Richard Meyer, Zaha Hadid, Renzo Piano, Massimiliano Fuksas e Odile Decq. […] Membro di Accademie italiane e statunitensi, amico di alcuni dei più illustri storici e critici d’arte della nostra epoca (André Chastel, Federico Zeri, John Pope Hennessy, Carlo Pietrangeli, Giovanni Urbani) e di galleristi del calibro di Leo Castelli (fotografato contro un dipinto di Jasper Johns con il celebre leit – motiv del vessillo USA), ha fatto parte, dal 1988 al 1991 della Commissione dei consulenti della Biennale di Venezia. […] Incontrando i migliori artisti del suo tempo (alcuni nomi: Calder che disegnò il suo ritratto di fronte e di profilo sulle suole di un paio di scarpe, il giovane veneziano Tancredi, sfortunato ma di grande talento, Toti Scialoja, amico e vicino di casa, Melotti, Dorazio, Mochetti, fotografato con la sua aerea Freccia in carbonium) li ha immortalati nella sua Galleria in bianco e nero (con le recenti foto digitali usa più spesso il colore). […] L’occhio fotografico di Milton scruta i personaggi e li interpreta vuoi nel loro lato più spettacolare vuoi in quello più passeggero. Degli amici artisti dà sempre un’immagine umana, semplice. Li coglie sereni e senza ghiribizzi, siano essi Tancredi o De Kooning, Dorazio o Dalì, Boetti o la Pepper, Novelli o Burri. Di quest’ultimo, da critico d’arte, fu con Lorenza Trucchi uno dei primi estimatori e divulgatori. Il saggio che egli pubblicò su Art News, la rivista americana di cui ancora oggi egli è il corrispondente dall’Italia (spesso gli articoli sono illustrati da sue fotografie), fu uno dei lanci più tempestivi che diede avvio alla fama oltre oceano dell’artista umbro. (Queste note sono tratte dal testo di Carandente contenuto nel catalogo).
16
settembre 2006
Milton Gendel – Fotografie
Dal 16 settembre al 15 ottobre 2006
fotografia
Location
PALAZZO COLLICOLA ARTI VISIVE – MUSEO CARANDENTE
Spoleto, Via Loreto Vittori, 11, (Perugia)
Spoleto, Via Loreto Vittori, 11, (Perugia)
Orario di apertura
dalle 10.30 alle 13 e poi dalle 15.30 alle 19 (chiusura il martedì)
Vernissage
16 Settembre 2006, ore 17.30
Autore
Curatore