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Mimmo Paladino – Veroniche
Si tratta di un gruppo di otto opere in cui ritornano, come altrettanti leitmotiv, la croce greca, le teste, gli arti distesi, le stimmate, un corpo deposto, insieme a pochi altri segni che arricchiscono di archetipi religiosi e artistici la superficie pittorica.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Sabato 5 giugno, la Galleria Cardi di Pietrasanta inaugura la mostra personale di Mimmo
Paladino, emblematicamente intitolata “Veroniche”. Si tratta di un gruppo di otto opere in
cui ritornano, come altrettanti leitmotiv, la croce greca, le teste, gli arti distesi, le stimmate,
un corpo deposto, insieme a pochi altri segni che arricchiscono di archetipi religiosi e
artistici la superficie pittorica.
Alcuni di questi lavori appaiono segnati, flagellati da macchie di colore rosso o da impronte
di colore bruno; è come se fossero stati attraversati dalla violenza e portassro i segni di un
corpo martirizzato.
Sono quadri intrisi di spiritualità e di pietas religiosa: qualcosa di non definibile
dogmaticamente che affiora e potenzia il linguaggio neo-espressionistico delle composizioni.
Il pathos risentito, accalorato fa delle otto Veroniche altrettante imago pietatis, sintonizzate
però con la spiritualità laica di un artista del ventesimo secolo.
Molti degli elementi figurativi presenti sono apparsi nei lavori di Paladino fin dai primi anni
Ottanta, col tempo poi sono diventati cifra personalissima della sua arte.
Nel titolo “Veroniche” vi è un esplicito riferimento alla Veronica, cioè al velo che Veronica
(figura leggendaria, citata solo nei Vangeli apocrifi e nel cosiddetto Ciclo di Pilato) usò per
asciugare il volto del Messia durante la salita al Calvario. Del “santo panno” si conservano
ancora oggi due esemplari (in S.Pietro e a Manoppello in Abruzzo).
La Veronica, immagine acheropita (cioè non dipinta da mano umana) sarebbe dunque un
ritratto per impronta: come la Sindone che è pure essa stessa impronta lasciata sul lino dal
corpo del Messia, corpo cadaverico però a differenza della Veronica, ritratto dell’uomo della
sofferenza e dell’umiltà.
Queste Veroniche di Paladino sono principalmente un lavoro sull’icona e ne ridefiniscono lo
statuto post-moderno in un’epoca di de-sacralizzazione dell’immagine, ma rappresentano
anche qualcosa in più, grazie al fatto che Paladino fa un uso continuo e contemporaneo di
segni figurativi e tracce espressive. Paladino non arriva al sacro attraverso un’interpretazione
pedissequa e didascalica dell’iconografia cristiana (Ecce Homo, Flagellazione, Crocifissione,
Deposizione, Resurrezione). Egli sembra aver trovato motivi d’ispirazione profonda nel
mistero figurativo e simbolico della Veronica e della Sindone, che è veramente la madre di
tutte le icone.
Con queste otto Veroniche Paladino affronta l’interrogativo della “presenza” del sacro nella
figura di un “uomo del dolore”, evocato interamente e per parti. La forza visionaria dell’arte
supera però i vari riferimenti cristologici. Le immagini attuali incarnano pittoricamente altre
epoche, altri miti, altri riti. L’evento della passione dell’uomo-Dio cristiano alluso nelle
Veroniche di Paladino è difatti sorprendentemente associato allo sparagmos (dionisiaco e
orfico) con quel fare a pezzi il corpo dell’uomo-Dio (rievocato pure nelle vicende del
burattino). E questo salto nella complessità genealogica delle immagini e dei miti ci fa capire
quanto sia mediterranea e arcaica la musa di Paladino. E quanto più arcaica sia la sua
esperienza di pietas. Paladino in queste opere affronta il limite e la possibilità della
“presenza” iconica nell’arte attuale esplorando la vitalità e l’espressività degli archetipi
figurativi.
Paladino, emblematicamente intitolata “Veroniche”. Si tratta di un gruppo di otto opere in
cui ritornano, come altrettanti leitmotiv, la croce greca, le teste, gli arti distesi, le stimmate,
un corpo deposto, insieme a pochi altri segni che arricchiscono di archetipi religiosi e
artistici la superficie pittorica.
Alcuni di questi lavori appaiono segnati, flagellati da macchie di colore rosso o da impronte
di colore bruno; è come se fossero stati attraversati dalla violenza e portassro i segni di un
corpo martirizzato.
Sono quadri intrisi di spiritualità e di pietas religiosa: qualcosa di non definibile
dogmaticamente che affiora e potenzia il linguaggio neo-espressionistico delle composizioni.
Il pathos risentito, accalorato fa delle otto Veroniche altrettante imago pietatis, sintonizzate
però con la spiritualità laica di un artista del ventesimo secolo.
Molti degli elementi figurativi presenti sono apparsi nei lavori di Paladino fin dai primi anni
Ottanta, col tempo poi sono diventati cifra personalissima della sua arte.
Nel titolo “Veroniche” vi è un esplicito riferimento alla Veronica, cioè al velo che Veronica
(figura leggendaria, citata solo nei Vangeli apocrifi e nel cosiddetto Ciclo di Pilato) usò per
asciugare il volto del Messia durante la salita al Calvario. Del “santo panno” si conservano
ancora oggi due esemplari (in S.Pietro e a Manoppello in Abruzzo).
La Veronica, immagine acheropita (cioè non dipinta da mano umana) sarebbe dunque un
ritratto per impronta: come la Sindone che è pure essa stessa impronta lasciata sul lino dal
corpo del Messia, corpo cadaverico però a differenza della Veronica, ritratto dell’uomo della
sofferenza e dell’umiltà.
Queste Veroniche di Paladino sono principalmente un lavoro sull’icona e ne ridefiniscono lo
statuto post-moderno in un’epoca di de-sacralizzazione dell’immagine, ma rappresentano
anche qualcosa in più, grazie al fatto che Paladino fa un uso continuo e contemporaneo di
segni figurativi e tracce espressive. Paladino non arriva al sacro attraverso un’interpretazione
pedissequa e didascalica dell’iconografia cristiana (Ecce Homo, Flagellazione, Crocifissione,
Deposizione, Resurrezione). Egli sembra aver trovato motivi d’ispirazione profonda nel
mistero figurativo e simbolico della Veronica e della Sindone, che è veramente la madre di
tutte le icone.
Con queste otto Veroniche Paladino affronta l’interrogativo della “presenza” del sacro nella
figura di un “uomo del dolore”, evocato interamente e per parti. La forza visionaria dell’arte
supera però i vari riferimenti cristologici. Le immagini attuali incarnano pittoricamente altre
epoche, altri miti, altri riti. L’evento della passione dell’uomo-Dio cristiano alluso nelle
Veroniche di Paladino è difatti sorprendentemente associato allo sparagmos (dionisiaco e
orfico) con quel fare a pezzi il corpo dell’uomo-Dio (rievocato pure nelle vicende del
burattino). E questo salto nella complessità genealogica delle immagini e dei miti ci fa capire
quanto sia mediterranea e arcaica la musa di Paladino. E quanto più arcaica sia la sua
esperienza di pietas. Paladino in queste opere affronta il limite e la possibilità della
“presenza” iconica nell’arte attuale esplorando la vitalità e l’espressività degli archetipi
figurativi.
05
giugno 2010
Mimmo Paladino – Veroniche
Dal 05 giugno al 31 luglio 2010
arte contemporanea
Location
GALLERIA CARDI
Pietrasanta, Via Padre Eugenio Barsanti, 45, (Lucca)
Pietrasanta, Via Padre Eugenio Barsanti, 45, (Lucca)
Orario di apertura
da lunedì a domenica 11-13 / 17–24
Vernissage
5 Giugno 2010, ore 18
Autore