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Modi Orandi Sancti Dominici / Via Crucis
Per la prima volta esposte insieme le due mostre a tema sacro curate dalla In Form of Art
Comunicato stampa
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Testo di presentazione: Modi Orandi Sancti Dominici
Alla ricerca dell’olos:
la sensualità dell’anima, la spiritualità del corpo
di Diana Gianquitto
Che senso può avere la figura di S. Domenico di Guzman al giorno d’oggi, in un mondo che ha ormai modificato completamente i propri parametri e connotati rispetto a quello nel quale era stato partorito, più di otto secoli fa, il Santo? Il fondatore di quell’Ordine che, più di ogni altro nella storia della Chiesa, si è distinto nella predicazione e nella pratica dell’attività intellettuale, viste innanzitutto come principale strumento nella lotta alle eresie, rivela in realtà, se studiato più a fondo, dei caratteri di sensibilità, passionalità, emotività, ben diversi dall’immagine stereotipata che talvolta ci viene di lui restituita. S. Domenico era uomo di preghiera, e le fonti ci tramandano nove modi da lui particolarmente amati per rivolgersi a Dio: i Modi Orandi Sancti Dominici, appunto, nove modalità per pregare ma anche e forse soprattutto nove modi di atteggiare il corpo corrispondenti ognuno a una particolare dimensione dello spirito, a una specifica sfumatura emotiva, a una individuata modalità psicologica nel rapportarsi al Divino. Il corpo, dunque, come “captatore” di energie psichiche, come flessibile e privilegiato strumento per esprimere le multiformi e inafferrabili vibrazioni dei sentimenti. Un corpo, insomma, molto pregno di spirito, non slegato dall’animo ma anzi suo così fedele ricettore da divenire, imprescindibilmente seguendone gli umori e i momenti, un tutt’uno con esso: un olos, appunto, ossia quell’armonico “tutto”, quell’ “intero” che i Greci indicavano con tale termine e che sempre più spesso noi moderni interpretiamo nel senso di invidiabile condizione umana in cui tutte le componenti del nostro essere- corporea, mentale, spirituale- siano bilanciate e serenamente equilibrate tra loro. Del resto, a ben vedere, “unione di corpo, mente, spirito” è anche il significato del termine sanscrito yoga, disciplina che al giorno d’oggi è ormai diventata, insieme all’omeopatia, alla medicina psicosomatica e a tutte le terapie cosiddette “olistiche”, una pratica così diffusa da sfiorare quasi lo status di moda. Come spesso accade, però, al di sotto delle tendenze che possono a un occhio disattento apparire come superficiali c’è sempre una profondissima verità: in questo caso, un’esigenza incoercibile, talora addirittura disperata, di recuperare una dimensione completa dell’essere umano. E tutto ciò proprio, e sicuramente non a caso, in un’epoca che vede emergere sempre più le due estremizzazioni di un corpo o “assolutizzato”, alienato dall’anima e da essa scisso e astratto- come nell’impiego materialistico e commercializzato che ne fanno i media e la pubblicità- o “negato”, sublimato, reso quasi paradossalmente incorporeo- come nella particolare dimensione della realtà virtuale e di Internet, che permettono di essere ovunque e in nessun luogo allo stesso tempo. Peraltro, proprio a questa perdita della propria consistenza corporea sembrano riconducibili fenomeni sempre più diffusi quali la pratica dei tatuaggi, del piercing, della più cruenta scarnificazione, tutti interpretabili in qualche modo come un estremo tentativo di riappropriazione, a volte violenta, del proprio corpo, quasi come un’aggressiva ricerca di percezione di esso. Entrambe le estremizzazioni, dunque, restituiscono un’immagine dimezzata, impoverita, sminuita dell’Uomo, lo confinano in una dimensione irrigidita, sclerotizzata, in cui si è o solo corpo o solo anima. E’ proprio questo, dunque, l’insegnamento che al mondo contemporaneo può venire da S. Domenico e dai suoi nove Modi Orandi: non dimenticarsi mai di essere un olos, un intero, un Uomo, insomma. Se scaviamo dentro noi stessi la verità, esistenziale e laica ancor prima e ancor più che religiosa, è una sola: si può chiamarla “anima” o semplicemente “psiche”, si può vederla inserita in ciò che si definisce “Dio”, “energia cosmica” o semplicemente “dinamiche psico-sociali”, ma sembra proprio che ciò che è in grado di donare serenità e benessere all’uomo sia soltanto il recupero di questa dimensione spirituale e la sua armonizzazione con quella fisica in una superiore interezza. Un corpo molto spirituale, un’anima molto sensuale. Uno spirito carnale, una fisicità emozionale. A ben vedere, le opere esposte in questa mostra sono tutte, pur nella ricca e sfaccettata varietà degli stili individuali, accomunate proprio da questa cifra: il ritorno alla totalità corpo/anima. Questo non solo nel senso di ritorno alla figurazione, intesa come ritorno a un corpo immediatamente riconoscibile in quanto “figura”, appunto, con tutto il carico emotivo che può apportare il cortocircuito mentale che si produce nel momento in cui l’essere umano riconosce se stesso specchiato in un quadro, ma anche e soprattutto nel senso di un corpo che recupera il “fare artistico”, lo “sporcarsi le mani”, il contatto fisico con la materia, i colori, i pennelli. E’ esperienza estatica anche quella che ha l’Artista quando tocca la tela, i pigmenti, quando ha un contatto corporeo con essi, percezione che però non è solo fisica ma ancor più emotiva, perché egli tocca in quel momento non solo gli strumenti della sua arte ma anche le sue emozioni. Il rosso per tastare la rabbia, il bianco per palpare la purezza. E’ materia o anima quello che sto sentendo? E’ Mistico anche l’Artista, quando usa il proprio essere fisico per cercare l’Infinito nell’arte, e la sua è Preghiera. E’ Artista anche il Mistico, quando nel pregare usa il corpo per entrare in contatto con le proprie emozioni al cospetto del Divino, e la sua è Arte.
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Testo di presentazione Via Crucis
14 PASSI NELLA VITA
di Marco Chiuchiarelli
Tre anni di ricerca, studio e lungo lavoro, ma innanzitutto continua meditazione.
E’ stata quest’ultima infatti ad alimentare ed ispirare costantemente la realizzazione di quest’opera, che ha come fine l’esplorazione della salita al Calvario e il rinvenimento, all’interno delle 14 stazioni, dei profondi significati universali che sono in esse celati, ma che non sempre, nel corso della storia, hanno avuto modo di emergere, di venire alla luce, sia per la presenza di opere a carattere esasperatamente devozionale, sia per una sorta di superficialità nell’approccio all’argomento da parte degli stessi artisti e non ultima la degenerazione formale e concettuale che l’arte tutta ha raggiunto negli ultimi decenni.
L’intento della Via Crucis può essere riassunto nell’antica esortazione “gnosce te ipsum”, “conosci te stesso”, che in quest’opera si traduce nel rendere l’uomo partecipe e cosciente del senso profondo della vita attraverso il cammino di sofferenza, morte e resurrezione del Cristo.
Immergere l’uomo in un Kerygma in movimento, condurlo per mezzo dell’Intelletto e dello Spirito d’Amore lungo i 300 metri dell’agonia divina che saprà suggerire e indicare i grandi momenti della vita, comuni ad ogni essere umano, filtrandoli attraverso l’immagine di Gesù, compenetrando la propria vita in quella dell’Uomo-Dio.
Percorrere la Via Crucis vuol dire intraprendere un viaggio dentro se stessi e la meta da raggiungere non è più la sofferenza, come erroneamente si è creduto attribuendo alla pia pratica un carattere esclusivo di “pesantezza”, bensì la resurrezione, che attraverso la meditazione delle 14 stazioni può avvenire già in questa vita.
Tutto ciò diventa possibile anche tramite il filtro dell’immagine che faticosamente e con senso di grande responsabilità l’artista deve ricercare e percepire tra le tante a sua disposizione, quasi fosse una pesca miracolosa.
Solo le immagini capaci di comunicare i significati autentici di quei momenti, tuttavia, possono introdurre l’uomo alla meditazione e alla comprensione profonda del senso della vita che la Via Crucis vuole esprimere.
Alla ricerca dell’olos:
la sensualità dell’anima, la spiritualità del corpo
di Diana Gianquitto
Che senso può avere la figura di S. Domenico di Guzman al giorno d’oggi, in un mondo che ha ormai modificato completamente i propri parametri e connotati rispetto a quello nel quale era stato partorito, più di otto secoli fa, il Santo? Il fondatore di quell’Ordine che, più di ogni altro nella storia della Chiesa, si è distinto nella predicazione e nella pratica dell’attività intellettuale, viste innanzitutto come principale strumento nella lotta alle eresie, rivela in realtà, se studiato più a fondo, dei caratteri di sensibilità, passionalità, emotività, ben diversi dall’immagine stereotipata che talvolta ci viene di lui restituita. S. Domenico era uomo di preghiera, e le fonti ci tramandano nove modi da lui particolarmente amati per rivolgersi a Dio: i Modi Orandi Sancti Dominici, appunto, nove modalità per pregare ma anche e forse soprattutto nove modi di atteggiare il corpo corrispondenti ognuno a una particolare dimensione dello spirito, a una specifica sfumatura emotiva, a una individuata modalità psicologica nel rapportarsi al Divino. Il corpo, dunque, come “captatore” di energie psichiche, come flessibile e privilegiato strumento per esprimere le multiformi e inafferrabili vibrazioni dei sentimenti. Un corpo, insomma, molto pregno di spirito, non slegato dall’animo ma anzi suo così fedele ricettore da divenire, imprescindibilmente seguendone gli umori e i momenti, un tutt’uno con esso: un olos, appunto, ossia quell’armonico “tutto”, quell’ “intero” che i Greci indicavano con tale termine e che sempre più spesso noi moderni interpretiamo nel senso di invidiabile condizione umana in cui tutte le componenti del nostro essere- corporea, mentale, spirituale- siano bilanciate e serenamente equilibrate tra loro. Del resto, a ben vedere, “unione di corpo, mente, spirito” è anche il significato del termine sanscrito yoga, disciplina che al giorno d’oggi è ormai diventata, insieme all’omeopatia, alla medicina psicosomatica e a tutte le terapie cosiddette “olistiche”, una pratica così diffusa da sfiorare quasi lo status di moda. Come spesso accade, però, al di sotto delle tendenze che possono a un occhio disattento apparire come superficiali c’è sempre una profondissima verità: in questo caso, un’esigenza incoercibile, talora addirittura disperata, di recuperare una dimensione completa dell’essere umano. E tutto ciò proprio, e sicuramente non a caso, in un’epoca che vede emergere sempre più le due estremizzazioni di un corpo o “assolutizzato”, alienato dall’anima e da essa scisso e astratto- come nell’impiego materialistico e commercializzato che ne fanno i media e la pubblicità- o “negato”, sublimato, reso quasi paradossalmente incorporeo- come nella particolare dimensione della realtà virtuale e di Internet, che permettono di essere ovunque e in nessun luogo allo stesso tempo. Peraltro, proprio a questa perdita della propria consistenza corporea sembrano riconducibili fenomeni sempre più diffusi quali la pratica dei tatuaggi, del piercing, della più cruenta scarnificazione, tutti interpretabili in qualche modo come un estremo tentativo di riappropriazione, a volte violenta, del proprio corpo, quasi come un’aggressiva ricerca di percezione di esso. Entrambe le estremizzazioni, dunque, restituiscono un’immagine dimezzata, impoverita, sminuita dell’Uomo, lo confinano in una dimensione irrigidita, sclerotizzata, in cui si è o solo corpo o solo anima. E’ proprio questo, dunque, l’insegnamento che al mondo contemporaneo può venire da S. Domenico e dai suoi nove Modi Orandi: non dimenticarsi mai di essere un olos, un intero, un Uomo, insomma. Se scaviamo dentro noi stessi la verità, esistenziale e laica ancor prima e ancor più che religiosa, è una sola: si può chiamarla “anima” o semplicemente “psiche”, si può vederla inserita in ciò che si definisce “Dio”, “energia cosmica” o semplicemente “dinamiche psico-sociali”, ma sembra proprio che ciò che è in grado di donare serenità e benessere all’uomo sia soltanto il recupero di questa dimensione spirituale e la sua armonizzazione con quella fisica in una superiore interezza. Un corpo molto spirituale, un’anima molto sensuale. Uno spirito carnale, una fisicità emozionale. A ben vedere, le opere esposte in questa mostra sono tutte, pur nella ricca e sfaccettata varietà degli stili individuali, accomunate proprio da questa cifra: il ritorno alla totalità corpo/anima. Questo non solo nel senso di ritorno alla figurazione, intesa come ritorno a un corpo immediatamente riconoscibile in quanto “figura”, appunto, con tutto il carico emotivo che può apportare il cortocircuito mentale che si produce nel momento in cui l’essere umano riconosce se stesso specchiato in un quadro, ma anche e soprattutto nel senso di un corpo che recupera il “fare artistico”, lo “sporcarsi le mani”, il contatto fisico con la materia, i colori, i pennelli. E’ esperienza estatica anche quella che ha l’Artista quando tocca la tela, i pigmenti, quando ha un contatto corporeo con essi, percezione che però non è solo fisica ma ancor più emotiva, perché egli tocca in quel momento non solo gli strumenti della sua arte ma anche le sue emozioni. Il rosso per tastare la rabbia, il bianco per palpare la purezza. E’ materia o anima quello che sto sentendo? E’ Mistico anche l’Artista, quando usa il proprio essere fisico per cercare l’Infinito nell’arte, e la sua è Preghiera. E’ Artista anche il Mistico, quando nel pregare usa il corpo per entrare in contatto con le proprie emozioni al cospetto del Divino, e la sua è Arte.
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Testo di presentazione Via Crucis
14 PASSI NELLA VITA
di Marco Chiuchiarelli
Tre anni di ricerca, studio e lungo lavoro, ma innanzitutto continua meditazione.
E’ stata quest’ultima infatti ad alimentare ed ispirare costantemente la realizzazione di quest’opera, che ha come fine l’esplorazione della salita al Calvario e il rinvenimento, all’interno delle 14 stazioni, dei profondi significati universali che sono in esse celati, ma che non sempre, nel corso della storia, hanno avuto modo di emergere, di venire alla luce, sia per la presenza di opere a carattere esasperatamente devozionale, sia per una sorta di superficialità nell’approccio all’argomento da parte degli stessi artisti e non ultima la degenerazione formale e concettuale che l’arte tutta ha raggiunto negli ultimi decenni.
L’intento della Via Crucis può essere riassunto nell’antica esortazione “gnosce te ipsum”, “conosci te stesso”, che in quest’opera si traduce nel rendere l’uomo partecipe e cosciente del senso profondo della vita attraverso il cammino di sofferenza, morte e resurrezione del Cristo.
Immergere l’uomo in un Kerygma in movimento, condurlo per mezzo dell’Intelletto e dello Spirito d’Amore lungo i 300 metri dell’agonia divina che saprà suggerire e indicare i grandi momenti della vita, comuni ad ogni essere umano, filtrandoli attraverso l’immagine di Gesù, compenetrando la propria vita in quella dell’Uomo-Dio.
Percorrere la Via Crucis vuol dire intraprendere un viaggio dentro se stessi e la meta da raggiungere non è più la sofferenza, come erroneamente si è creduto attribuendo alla pia pratica un carattere esclusivo di “pesantezza”, bensì la resurrezione, che attraverso la meditazione delle 14 stazioni può avvenire già in questa vita.
Tutto ciò diventa possibile anche tramite il filtro dell’immagine che faticosamente e con senso di grande responsabilità l’artista deve ricercare e percepire tra le tante a sua disposizione, quasi fosse una pesca miracolosa.
Solo le immagini capaci di comunicare i significati autentici di quei momenti, tuttavia, possono introdurre l’uomo alla meditazione e alla comprensione profonda del senso della vita che la Via Crucis vuole esprimere.
02
ottobre 2006
Modi Orandi Sancti Dominici / Via Crucis
Dal 02 al 16 ottobre 2006
arte contemporanea
Location
CASINA POMPEIANA
Napoli, Riviera Di Chiaia, (Napoli)
Napoli, Riviera Di Chiaia, (Napoli)
Orario di apertura
tutti i giorni dalle 10:00 alle 19:00
Vernissage
2 Ottobre 2006, ore 17:30
Autore