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Mogliano Fotografia 2005
Quinta edizione della rassegna annuale
Comunicato stampa
Segnala l'evento
MOGLIANO FOTOGRAFIA,
L’INNOCENZA E LA VERITA’ DELL’ARTE FOTOGRAFICA
Leggo da una rivista che un noto mercante d’arte internazionale predice che per il prossimo futuro non ci sono tendenze chiare, l’arte è fatta di corsi e ricorsi e, poiché ora in pittura il ritratto vende molto bene, si può pronosticare un ritorno all’astratto. Da un quotidiano leggo invece che Art Forum di Berlino, in linea con le ultime grandi rassegne, ha decretato il ritorno dei quadri, si tratta in questo caso di fotografie rielaborate tratte dalla cronaca.
Nella apparente discordanza di queste testimonianze, l’aspetto interessante è che da tempo il grande mercato dell’arte ha adottato gli stessi metodi del marketing dell’industria del lusso: mercanti d’arte come operatori di borsa esperti in aste e quotazioni. Di contenuti e ricerca se ne parla solo per confezionare “a regola d’arte” prodotti da piazzare ai grandi collezionisti/investitori. Quest’anno solo installazioni minimaliste, oppure solo foto, solo videoinstallazioni, morte della pittura, ritorno alla pittura, quest’anno la gonna va sotto il ginocchio…
Per questo sono importanti gli incontri, le esposizioni come questa, nicchie dove il marketing del lusso non detta legge e che, invece, riportano al centro dell’attenzione non le mode imposte, ma la ricerca artistica autentica che si esprime in diverse diramazioni, crea relazioni significative con i luoghi, i territori, le persone, e si pone in definitiva in rapporto con il sociale riportando al centro dell’opera l’uomo, i suoi spazi vissuti con emozioni e utopie, facendosi public art. Ecco allora che Roberto Fraioli e Fabio Citton ci riportano da Berlino le lacerazioni del secolo passato che il presente ci ripropone in altre forme diverse, ma sempre drammatiche e Cristian Filippini ci mostra contrastati squarci delle metropoli in cui viviamo in una prospettiva inedita e perturbante, capace di suscitare la nostra riflessione sull’oggi.
Queste mostre poi, in modo lieve e non retorico, assolvono un delicato compito sostituendosi in parte alla disattenzione di molte delle nostre istituzioni pubbliche che non si incaricano di tutelare e incoraggiare la creatività nella ricerca contemporanea diffusa, pur essendo ormai chiaro che essa ha un ruolo fondamentale nello sviluppo di processi positivi, di rinnovamento nell’ambito civile e perfino in quello economico. È per questo che centri di cultura come il Brolo contribuiscono alla sopravvivenza, vicino a noi, di un’arte capace di parlarci più direttamente, aldilà dei linguaggi imposti in modo spesso scostante, antipatico e lontano dalla nostra sensibilità.
In occasioni come questa appare chiaro come la fotografia, quando si svincola dal servizio volta a volta della stampa d’informazione, della pubblicità, della moda, diventi mezzo tecnico e linguaggio artistico centrale nell’arte contemporanea. Un linguaggio capace di mutare e di evolversi naturalmente tanto che è diventato difficile operare una netta divisione di tecniche e, soprattutto, di poetiche. Dentro la stessa opera possono convivere, come vediamo qui, foto, pittura, installazione, rielaborazione grafica ecc. Anche per questo credo che la sopravvivenza dell’arte nel nuovo secolo si debba ricercare proprio nella relazione fra operatori che esplorano le più diverse strade (il suono, il gesto, la parola, la luce, la foto, il video, la danza, il colore, la materia, gli oggetti, i rifiuti…) cercando sempre più occasioni di confronto e superando divisioni tecniche e steccati ottocenteschi. Non a caso è su questo cammino molto fertile che si dispongono le opere di molti degli artisti qui rappresentati: Euro Rotelli, Matilde Montanari, Fulvio Pellegrin. Fare relazione, mettere insieme e produrre un’arte che si metta in rapporto con i diversi paesaggi urbani e interiori, teatri della nostra convivenza, è la condizione indispensabile per provare ancora a produrre “emozioni” come quelle molto vibranti che suscitano in noi Pavel Pecha e Innocenzo Pedretti. Altrimenti il nostro presente, con le sue tecnologie onnipotenti e pervasive e i suoi messaggi vuoti elaborati in luoghi che ci sono estranei, potrebbe relegare fatalmente l’arte a una condizione residuale o, peggio, farne definitivamente una merce di lusso come tante altre.
Luigi Gardenal
L’INNOCENZA E LA VERITA’ DELL’ARTE FOTOGRAFICA
Leggo da una rivista che un noto mercante d’arte internazionale predice che per il prossimo futuro non ci sono tendenze chiare, l’arte è fatta di corsi e ricorsi e, poiché ora in pittura il ritratto vende molto bene, si può pronosticare un ritorno all’astratto. Da un quotidiano leggo invece che Art Forum di Berlino, in linea con le ultime grandi rassegne, ha decretato il ritorno dei quadri, si tratta in questo caso di fotografie rielaborate tratte dalla cronaca.
Nella apparente discordanza di queste testimonianze, l’aspetto interessante è che da tempo il grande mercato dell’arte ha adottato gli stessi metodi del marketing dell’industria del lusso: mercanti d’arte come operatori di borsa esperti in aste e quotazioni. Di contenuti e ricerca se ne parla solo per confezionare “a regola d’arte” prodotti da piazzare ai grandi collezionisti/investitori. Quest’anno solo installazioni minimaliste, oppure solo foto, solo videoinstallazioni, morte della pittura, ritorno alla pittura, quest’anno la gonna va sotto il ginocchio…
Per questo sono importanti gli incontri, le esposizioni come questa, nicchie dove il marketing del lusso non detta legge e che, invece, riportano al centro dell’attenzione non le mode imposte, ma la ricerca artistica autentica che si esprime in diverse diramazioni, crea relazioni significative con i luoghi, i territori, le persone, e si pone in definitiva in rapporto con il sociale riportando al centro dell’opera l’uomo, i suoi spazi vissuti con emozioni e utopie, facendosi public art. Ecco allora che Roberto Fraioli e Fabio Citton ci riportano da Berlino le lacerazioni del secolo passato che il presente ci ripropone in altre forme diverse, ma sempre drammatiche e Cristian Filippini ci mostra contrastati squarci delle metropoli in cui viviamo in una prospettiva inedita e perturbante, capace di suscitare la nostra riflessione sull’oggi.
Queste mostre poi, in modo lieve e non retorico, assolvono un delicato compito sostituendosi in parte alla disattenzione di molte delle nostre istituzioni pubbliche che non si incaricano di tutelare e incoraggiare la creatività nella ricerca contemporanea diffusa, pur essendo ormai chiaro che essa ha un ruolo fondamentale nello sviluppo di processi positivi, di rinnovamento nell’ambito civile e perfino in quello economico. È per questo che centri di cultura come il Brolo contribuiscono alla sopravvivenza, vicino a noi, di un’arte capace di parlarci più direttamente, aldilà dei linguaggi imposti in modo spesso scostante, antipatico e lontano dalla nostra sensibilità.
In occasioni come questa appare chiaro come la fotografia, quando si svincola dal servizio volta a volta della stampa d’informazione, della pubblicità, della moda, diventi mezzo tecnico e linguaggio artistico centrale nell’arte contemporanea. Un linguaggio capace di mutare e di evolversi naturalmente tanto che è diventato difficile operare una netta divisione di tecniche e, soprattutto, di poetiche. Dentro la stessa opera possono convivere, come vediamo qui, foto, pittura, installazione, rielaborazione grafica ecc. Anche per questo credo che la sopravvivenza dell’arte nel nuovo secolo si debba ricercare proprio nella relazione fra operatori che esplorano le più diverse strade (il suono, il gesto, la parola, la luce, la foto, il video, la danza, il colore, la materia, gli oggetti, i rifiuti…) cercando sempre più occasioni di confronto e superando divisioni tecniche e steccati ottocenteschi. Non a caso è su questo cammino molto fertile che si dispongono le opere di molti degli artisti qui rappresentati: Euro Rotelli, Matilde Montanari, Fulvio Pellegrin. Fare relazione, mettere insieme e produrre un’arte che si metta in rapporto con i diversi paesaggi urbani e interiori, teatri della nostra convivenza, è la condizione indispensabile per provare ancora a produrre “emozioni” come quelle molto vibranti che suscitano in noi Pavel Pecha e Innocenzo Pedretti. Altrimenti il nostro presente, con le sue tecnologie onnipotenti e pervasive e i suoi messaggi vuoti elaborati in luoghi che ci sono estranei, potrebbe relegare fatalmente l’arte a una condizione residuale o, peggio, farne definitivamente una merce di lusso come tante altre.
Luigi Gardenal
03
dicembre 2005
Mogliano Fotografia 2005
Dal 03 al 31 dicembre 2005
fotografia
Location
BROLO CENTRO D’ARTE E CULTURA
Mogliano Veneto, Via Rozone E Vitale, 5, (Treviso)
Mogliano Veneto, Via Rozone E Vitale, 5, (Treviso)
Orario di apertura
tutti i giorni 10–12.30 e 15.30-18.30. Chiuso lunedì e 25 dicembre
Vernissage
3 Dicembre 2005, ore 11
Autore
Curatore