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Monet, la senna, le ninfee. Il grande fiume e il nuovo secolo
Una delle più grandi storie della pittura in Europa, narrata in oltre 110 opere provenienti da musei e collezioni di tutto il mondo. Un fiume che è diventato una leggenda dell’arte.
Comunicato stampa
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Due precursori
Corot e Daubigny
Una grande mostra fitta di capolavori nello scenario incomparabile del Museo di Santa Giulia a Brescia. Otto le sezioni che la compongono, per dare l’idea di un viaggio affascinante quant’altri mai lungo la Senna, e talvolta rivolgendo le spalle al suo corso per immergersi nella campagna e nei prati fioriti di papaveri. Ma prima di giungere al tempo di Monet, occorre soffermarsi su due straordinari precursori del paesaggio impressionista, che tanta influenza hanno avuto sulla generazione successiva, Corot e Daubigny. Coloro che del grande fiume fecero l’inizio di un incanto vero. Non era più la generica descrizione di una natura sempre uguale a se stessa, addirittura inventata, ma il chiarore dell’acqua che scorreva. Attraverso dieci opere celebri, tra cui la stupenda Isola dell’amore di Daubigny dal museo di Utrecht e La Senna e il ponte vecchio a Limay dal museo di Los Angeles, questa nuova forza di poesia appare chiara. Ed è come se, finalmente, fosse entrata la vita vera dentro la pittura.
La cerchia di Monet
Pissarro, Renoir, Sisley, Caillebotte
Accanto a Monet, e quasi a introdurre la sua opera in mostra, i quattro grandi amici impressionisti che più di ogni altro hanno dipinto lungo la Senna: Pissarro, Renoir, Sisley e Caillebotte. Questa sezione si segnala per un’infinità di motivi, tutti comunque raccolti entro i termini di una incredibile qualità. Converrà allora partire dall’esposizione, fianco a fianco, cosa finora riuscita solo alla National Gallery di Washington, delle due versioni dei Canottieri a Argenteuil di Monet e Renoir. Dipinti nell’estate del 1874, mentre era appena terminata la prima mostra impressionista a Parigi, questi quadri sono tra i più celebrati in assoluto dell’intero impressionismo e sono stati realizzati dai due amici pittori con i cavalletti affiancati davanti alla Senna. Ma un altro vanto assoluto della sezione sono le tredici opere di Gustave Caillebotte, sulle oltre quaranta totali. Una collaborazione, mai attivata da alcuno, con gli eredi del pittore francese, consente di avere a Brescia un nucleo di dipinti importantissimo e praticamente mai esposto, perché appunto gelosamente finora custodito. In cui la Senna è naturalmente la protagonista.
Monet da Le Havre a Parigi
Raccolta nel numero delle opere, sei in tutto, questa terza sezione della mostra allinea almeno tre capolavori che da soli giustificherebbero un’intera esposizione. Sono gli anni d’esordio per Monet, che lasciata Parigi ancora bambino va a vivere a Le Havre con la famiglia. E la mostra, in questa lunga parte dedicata proprio a Monet, presente in totale con circa cinquanta quadri, si apre con quel tratto di mare giusto davanti la foce della Senna tra Honfleur e Le Havre. Non è quindi un caso che il grande, famosissimo quadro che campeggia come principio sia Il promontorio della Hève con la bassa marea, proveniente dal museo di Forth Worth negli Stati Uniti che l’ha eccezionalmente concesso. Si tratta del primo dipinto mai esposto da Monet in vita, nel Salon parigino del 1865. Ma subito a seguire la Marina al chiaro di luna dal museo di Edimburgo, unanimemente riconosciuto dalla critica come il più bel notturno impressionista. Fino a che Monet non si sposta nuovamente a Parigi, dove dipinge il suo primo quadro, Il Quai du Louvre del 1867, che il museo dell’Aia in Olanda ha messo a disposizione della mostra bresciana, con un gesto di estrema gentilezza e sensibilità.
Monet a Argenteuil
Con la quarta sezione si entra nel vero cuore della mostra, con una diecina di quadri tutti celebri, tanto che c’è perfino l’imbarazzo di doverne nominare qualcuno. Sono gli anni del vero incontro di Monet con la Senna, che adesso diventa quasi colloquio quotidiano dalla postazione di Argenteuil, dove nascono tutti i quadri più famosi dell’impressionismo. A Argenteuil la Senna ha un suo slargo, quasi una sorta di lago, dove i parigini cominciano a esercitare gli sport della vela e del canottaggio, che Monet ampiamente riprende in molti tra i suoi dipinti. Ma più ancora quello spazio è passato nella storia della pittura per l’immagine del suo ponte, distrutto durante la guerra franco-prussiana del 1870 e immediatamente ricostruito. Monet ce ne ha consegnate diverse versioni, la più famosa delle quali, La ferrovia a Argenteuil, è adesso presente in questa mostra, proveniente da una tra le più importanti collezioni private al mondo.
Monet e il bateau-atelier
Ed ecco il centro autentico dell’esposizione, attorno al cui concetto si sviluppa l’intero progetto. Monet acquista a Rouen, nel 1872, il suo bateau-atelier, così da poter dipingere la Senna non più guardandola da lontano secondo una visione certo nuova ma ancora debitrice della tradizione, ma standovi nel mezzo. Il pittore non guarda più la natura soltanto ma la vive. La sezione, arricchita dalla eccezionale ricostruzione, in scala naturale, della stessa imbarcazione e di cui parliamo nella parte riservata all’allestimento, si compone del celebre dipinto dello stesso Monet che riproduce il bateau-atelier, e proveniente, altro prestito da ricordare, dal Kröller-Müller Museum di Otterlo in Olanda. E si arricchisce di tutta una serie di altre opere, per costruire il confronto tra Monet e Daubigny, che con il suo Botin aveva anticipato di quindici anni l’idea di Monet. Sono dunque esposte le quindici incisioni che Daubigny aveva dedicato alla sua imbarcazione e alcuni quadri dell’uno e dell’altro dipinti a bordo delle rispettive imbarcazioni, per segnare affinità e differenze negli stessi luoghi lungo la Senna.
Monet a Vétheuil
Subito dopo l’estate del 1878 Monet si trasferisce a Vétheuil, ancora lungo il corso della Senna, di poco più a nord rispetto a Argenteuil. Sono gli anni più difficili della sua vita, segnati da gravi problemi economici e, nel 1879, dalla morte della moglie Camille. Ma incredibilmente Monet non pare mostrare alcuno di questi segni nella sua pittura, che anzi è un’esplosione di colori e serenità come non mai. In tre anni dipinge circa centocinquanta quadri, quindici dei quali esposti a Brescia, come sempre tra i più celebri. I campi di papaveri si susseguono rispetto alle acque dorate e placate della Senna, le rive fiorite si alternano ai salici attraverso cui si vede il paese di Lavacourt, sull’altra sponda del fiume. Un’armonia che pare non avere fine.
Monet a Giverny
Nel 1883 Monet si trasferisce a Giverny, nel punto in cui la Senna e l’Epte, un suo piccolo affluente, si incontrano. Per oltre quarant’anni il pittore costruirà, quasi senza soluzione di continuità, una sorta di grande romanzo naturale che ha sempre l’acqua al suo centro. Arriverà anche a deviare il corso della Senna e dell’Epte per ingrandire il bacino delle ninfee, sopra cui campeggia il celebre ponte giapponese, presente a Brescia in alcune versioni, dalle prime più descritte fino all’ultima versione ormai completamente sfatta e piena solo di materia e colore. Ma le quindici opere di cui è composta questa penultima sezione partono da certi quadri molto noti dei primi anni novanta, tra l’altro con le figliastre del pittore in barca sull’Epte. Ma sono del 1896 e 1897 i dipinti sensibilissimi e nuovi con i Mattini sulla Senna, due versioni dei quali, struggenti, aprono il tempo delle ninfee. Perché il senso della mostra è che mano a mano questi riflessi sull’acqua diventino presenza fiorita proprio delle ninfee, prima inquadrate da lontano e poi stringendo sempre più il campo prospettico. La mostra di Santa Giulia ha l’orgoglio di presentare quella che è probabilmente la prima ninfea dipinta, del 1897 e proveniente dal museo di Los Angeles, così come una delle versioni più belle dei Ponti dal Musée d’Orsay di Parigi, generoso prestatore con oltre dieci opere. Sarà infine il caso di segnalare i due prestiti che giungono dal museo del Cairo in Egitto, che per la prima volta concede questi dipinti dedicati anch’essi alle ninfee.
Monet e il riflesso capovolto
L’ultima sezione è composta di un unico quadro, i Glicini, che il Gemeentemuseum dell’Aia presta soltanto per la seconda volta nella sua storia. Opera di grande formato, campeggia sulla parete finale dell’esposizione in Santa Giulia, ed è grazie a questo straordinario, fondamentale dipinto che la mostra può avere la sua più logica conclusione. Sono soltanto nove i quadri realizzati da Monet su questo tema e dunque tanto più difficile averne almeno uno in prestito. La fioritura dei glicini sta inscritta in un dilagante, frastagliato cielo azzurro e sta sospesa sopra uno stagno delle ninfee che ormai non si riconosce più, annullate tutte le sue forme e rimasta ormai solo la sostanza di un colore, di un profumo e di un silenzio. è questo il riflesso capovolto che conclude la mostra. Il riflesso che Monet, con il suo bateau-atelier, aveva colto sulla superficie della Senna cinquant’anni prima, è diventato una ninfea posata sullo stagno e infine quella ninfea è diventata cielo capovolto, tutto cosparso di fiori. Una cenere colorata che è l’incanto straziato e felice della pittura. Questa lunga storia, bella di una bellezza perfino difficile da dire, perché è una storia solo da guardare, è arrivata così alla sua fine.
Corot e Daubigny
Una grande mostra fitta di capolavori nello scenario incomparabile del Museo di Santa Giulia a Brescia. Otto le sezioni che la compongono, per dare l’idea di un viaggio affascinante quant’altri mai lungo la Senna, e talvolta rivolgendo le spalle al suo corso per immergersi nella campagna e nei prati fioriti di papaveri. Ma prima di giungere al tempo di Monet, occorre soffermarsi su due straordinari precursori del paesaggio impressionista, che tanta influenza hanno avuto sulla generazione successiva, Corot e Daubigny. Coloro che del grande fiume fecero l’inizio di un incanto vero. Non era più la generica descrizione di una natura sempre uguale a se stessa, addirittura inventata, ma il chiarore dell’acqua che scorreva. Attraverso dieci opere celebri, tra cui la stupenda Isola dell’amore di Daubigny dal museo di Utrecht e La Senna e il ponte vecchio a Limay dal museo di Los Angeles, questa nuova forza di poesia appare chiara. Ed è come se, finalmente, fosse entrata la vita vera dentro la pittura.
La cerchia di Monet
Pissarro, Renoir, Sisley, Caillebotte
Accanto a Monet, e quasi a introdurre la sua opera in mostra, i quattro grandi amici impressionisti che più di ogni altro hanno dipinto lungo la Senna: Pissarro, Renoir, Sisley e Caillebotte. Questa sezione si segnala per un’infinità di motivi, tutti comunque raccolti entro i termini di una incredibile qualità. Converrà allora partire dall’esposizione, fianco a fianco, cosa finora riuscita solo alla National Gallery di Washington, delle due versioni dei Canottieri a Argenteuil di Monet e Renoir. Dipinti nell’estate del 1874, mentre era appena terminata la prima mostra impressionista a Parigi, questi quadri sono tra i più celebrati in assoluto dell’intero impressionismo e sono stati realizzati dai due amici pittori con i cavalletti affiancati davanti alla Senna. Ma un altro vanto assoluto della sezione sono le tredici opere di Gustave Caillebotte, sulle oltre quaranta totali. Una collaborazione, mai attivata da alcuno, con gli eredi del pittore francese, consente di avere a Brescia un nucleo di dipinti importantissimo e praticamente mai esposto, perché appunto gelosamente finora custodito. In cui la Senna è naturalmente la protagonista.
Monet da Le Havre a Parigi
Raccolta nel numero delle opere, sei in tutto, questa terza sezione della mostra allinea almeno tre capolavori che da soli giustificherebbero un’intera esposizione. Sono gli anni d’esordio per Monet, che lasciata Parigi ancora bambino va a vivere a Le Havre con la famiglia. E la mostra, in questa lunga parte dedicata proprio a Monet, presente in totale con circa cinquanta quadri, si apre con quel tratto di mare giusto davanti la foce della Senna tra Honfleur e Le Havre. Non è quindi un caso che il grande, famosissimo quadro che campeggia come principio sia Il promontorio della Hève con la bassa marea, proveniente dal museo di Forth Worth negli Stati Uniti che l’ha eccezionalmente concesso. Si tratta del primo dipinto mai esposto da Monet in vita, nel Salon parigino del 1865. Ma subito a seguire la Marina al chiaro di luna dal museo di Edimburgo, unanimemente riconosciuto dalla critica come il più bel notturno impressionista. Fino a che Monet non si sposta nuovamente a Parigi, dove dipinge il suo primo quadro, Il Quai du Louvre del 1867, che il museo dell’Aia in Olanda ha messo a disposizione della mostra bresciana, con un gesto di estrema gentilezza e sensibilità.
Monet a Argenteuil
Con la quarta sezione si entra nel vero cuore della mostra, con una diecina di quadri tutti celebri, tanto che c’è perfino l’imbarazzo di doverne nominare qualcuno. Sono gli anni del vero incontro di Monet con la Senna, che adesso diventa quasi colloquio quotidiano dalla postazione di Argenteuil, dove nascono tutti i quadri più famosi dell’impressionismo. A Argenteuil la Senna ha un suo slargo, quasi una sorta di lago, dove i parigini cominciano a esercitare gli sport della vela e del canottaggio, che Monet ampiamente riprende in molti tra i suoi dipinti. Ma più ancora quello spazio è passato nella storia della pittura per l’immagine del suo ponte, distrutto durante la guerra franco-prussiana del 1870 e immediatamente ricostruito. Monet ce ne ha consegnate diverse versioni, la più famosa delle quali, La ferrovia a Argenteuil, è adesso presente in questa mostra, proveniente da una tra le più importanti collezioni private al mondo.
Monet e il bateau-atelier
Ed ecco il centro autentico dell’esposizione, attorno al cui concetto si sviluppa l’intero progetto. Monet acquista a Rouen, nel 1872, il suo bateau-atelier, così da poter dipingere la Senna non più guardandola da lontano secondo una visione certo nuova ma ancora debitrice della tradizione, ma standovi nel mezzo. Il pittore non guarda più la natura soltanto ma la vive. La sezione, arricchita dalla eccezionale ricostruzione, in scala naturale, della stessa imbarcazione e di cui parliamo nella parte riservata all’allestimento, si compone del celebre dipinto dello stesso Monet che riproduce il bateau-atelier, e proveniente, altro prestito da ricordare, dal Kröller-Müller Museum di Otterlo in Olanda. E si arricchisce di tutta una serie di altre opere, per costruire il confronto tra Monet e Daubigny, che con il suo Botin aveva anticipato di quindici anni l’idea di Monet. Sono dunque esposte le quindici incisioni che Daubigny aveva dedicato alla sua imbarcazione e alcuni quadri dell’uno e dell’altro dipinti a bordo delle rispettive imbarcazioni, per segnare affinità e differenze negli stessi luoghi lungo la Senna.
Monet a Vétheuil
Subito dopo l’estate del 1878 Monet si trasferisce a Vétheuil, ancora lungo il corso della Senna, di poco più a nord rispetto a Argenteuil. Sono gli anni più difficili della sua vita, segnati da gravi problemi economici e, nel 1879, dalla morte della moglie Camille. Ma incredibilmente Monet non pare mostrare alcuno di questi segni nella sua pittura, che anzi è un’esplosione di colori e serenità come non mai. In tre anni dipinge circa centocinquanta quadri, quindici dei quali esposti a Brescia, come sempre tra i più celebri. I campi di papaveri si susseguono rispetto alle acque dorate e placate della Senna, le rive fiorite si alternano ai salici attraverso cui si vede il paese di Lavacourt, sull’altra sponda del fiume. Un’armonia che pare non avere fine.
Monet a Giverny
Nel 1883 Monet si trasferisce a Giverny, nel punto in cui la Senna e l’Epte, un suo piccolo affluente, si incontrano. Per oltre quarant’anni il pittore costruirà, quasi senza soluzione di continuità, una sorta di grande romanzo naturale che ha sempre l’acqua al suo centro. Arriverà anche a deviare il corso della Senna e dell’Epte per ingrandire il bacino delle ninfee, sopra cui campeggia il celebre ponte giapponese, presente a Brescia in alcune versioni, dalle prime più descritte fino all’ultima versione ormai completamente sfatta e piena solo di materia e colore. Ma le quindici opere di cui è composta questa penultima sezione partono da certi quadri molto noti dei primi anni novanta, tra l’altro con le figliastre del pittore in barca sull’Epte. Ma sono del 1896 e 1897 i dipinti sensibilissimi e nuovi con i Mattini sulla Senna, due versioni dei quali, struggenti, aprono il tempo delle ninfee. Perché il senso della mostra è che mano a mano questi riflessi sull’acqua diventino presenza fiorita proprio delle ninfee, prima inquadrate da lontano e poi stringendo sempre più il campo prospettico. La mostra di Santa Giulia ha l’orgoglio di presentare quella che è probabilmente la prima ninfea dipinta, del 1897 e proveniente dal museo di Los Angeles, così come una delle versioni più belle dei Ponti dal Musée d’Orsay di Parigi, generoso prestatore con oltre dieci opere. Sarà infine il caso di segnalare i due prestiti che giungono dal museo del Cairo in Egitto, che per la prima volta concede questi dipinti dedicati anch’essi alle ninfee.
Monet e il riflesso capovolto
L’ultima sezione è composta di un unico quadro, i Glicini, che il Gemeentemuseum dell’Aia presta soltanto per la seconda volta nella sua storia. Opera di grande formato, campeggia sulla parete finale dell’esposizione in Santa Giulia, ed è grazie a questo straordinario, fondamentale dipinto che la mostra può avere la sua più logica conclusione. Sono soltanto nove i quadri realizzati da Monet su questo tema e dunque tanto più difficile averne almeno uno in prestito. La fioritura dei glicini sta inscritta in un dilagante, frastagliato cielo azzurro e sta sospesa sopra uno stagno delle ninfee che ormai non si riconosce più, annullate tutte le sue forme e rimasta ormai solo la sostanza di un colore, di un profumo e di un silenzio. è questo il riflesso capovolto che conclude la mostra. Il riflesso che Monet, con il suo bateau-atelier, aveva colto sulla superficie della Senna cinquant’anni prima, è diventato una ninfea posata sullo stagno e infine quella ninfea è diventata cielo capovolto, tutto cosparso di fiori. Una cenere colorata che è l’incanto straziato e felice della pittura. Questa lunga storia, bella di una bellezza perfino difficile da dire, perché è una storia solo da guardare, è arrivata così alla sua fine.
23
ottobre 2004
Monet, la senna, le ninfee. Il grande fiume e il nuovo secolo
Dal 23 ottobre 2004 al 03 aprile 2005
arte moderna e contemporanea
Location
MUSEO DI SANTA GIULIA
Brescia, Via Dei Musei, 81/B, (Brescia)
Brescia, Via Dei Musei, 81/B, (Brescia)
Biglietti
Intero € 12,00
Orario di apertura
dal 18 marzo: feriali 9-20; venerdì e sabato, Pasqua e Pasquetta; fino alle 23; 2 aprile fino alle 24
Sito web
www.lineadombra.it