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Monica Carocci – L’altranno
All’interno del percorso di cura e riabilitazione si inserisce il progetto di Monica Carocci, invitata da Raffaella Bortino ad organizzare un laboratorio di fotografia. Da questo laboratorio è nata la galleria di ritratti realizzati dall’artista che sono stati poi scelti per essere pubblicati nella forma speciale del calendario
Comunicato stampa
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Dal 19 dicembre al 15 gennaio, QUARTER RELOCATED ospiterà un progetto speciale di Monica Carocci, nato e sviluppatosi nella realtà metropolitana di Torino, la città che Quarter ha scelto per sviluppare un nuovo format di progetti per l’arte contemporanea.
Il lavoro che Monica Carocci presenterà in Largo Saluzzo, prende avvio nel 2005, quando l’artista torinese inizia una collaborazione con l’associazione Fermata d’Autobus, fondata nel 1998 da Raffaella Bortino, che svolge la propria opera nel campo della gestione, la cura e la riabilitazione delle persone affette da “doppia patologia” (tossicodipendenza associata a disturbo psichiatrico).
All’interno del percorso di cura e riabilitazione si inserisce il progetto di Monica Carocci, invitata da Raffaella Bortino ad organizzare un laboratorio di fotografia. Da questo laboratorio è nata la galleria di ritratti realizzati dall’artista che sono stati poi scelti per essere pubblicati nella forma speciale del calendario.
Il valore terapeutico della fotografia per “stringere legami, vestire le ali della fantasia attraverso l’obiettivo, ritrovare sè stessi nel buio totale della camera oscura”, ha il suo coronamento nella progettazione e realizzazione di questo calendario, lavoro corale di tutti i partecipanti al laboratorio, in cui ciascuno si è voluto reinventare con divertimento ed ironia lasciando al mezzo tecnico, allo spazio della foto, alla carta baritata, la funzione alchemica e magica in modo che si possa giocare ancor di più e diversamente alla trasformazione della realtà e del vissuto.
Monica Carocci, tratta il medium fotografico, come linguaggio, esperienza e materia. Potremmo dire che come altri artisti di questi anni reinventa il medium, trattandolo come un campo di lavoro oltre che come uno strumento di rappresentazione. Le sue fotografie infatti non solo presentano dei caratteri in comune con l’informe, nell’accezione data a questo termine da critici come Rosalind Krauss e Yves Alin Bois. Esse sono la superficie che accoglie vere e proprie performance. La carta, baritata, scelta con l’intenzione di reinventare tecniche e suppporti anacronisitici, riproducendo in vita tutto un mondo moderno e una visibilità moderna, con le sue prestazioni e le sue ragioni, viene lavorata con tutta una serie di scelte operative, dai tempi di esposizione, ai gesti, ai passaggi di vasca, agli incidenti, in previsione di un risultato artistico che oltre a raccontare, rappresentare e presentare, possa anche sorprendere e meravigliare. La fotografia allora per Monica Carocci è non solo alchimia ma anche teatro, epifania e drammaturgia. Laddove il protagonista non è solo il soggetto riproducibile o riprodotto, un ritratto, un interno, un paesaggio, ma la sua stessa esistenza fotografica. La riproduzione come processo figurale e azione performativa. O meglio, sarebbe l’esistenza stessa della fotografia. Infatti il soggetto di una sua foto è sempre anche un altro. Il medium stesso con la sua vita e con la sua esistenza. L’altrimenti della natura, il processo stesso, la performance della camera oscura, la luce, con le sue mille vite e temperature, ombre, bruciature, reazioni chimiche, graffi, tamponature, abrasioni, effetti di superficie e di abbagliatura. Tutto un linguaggio di segni e di cromie, di sfumature e contrasti, che è anche un modo di essere al mondo. Un mondo altro, è quello a cui pensa l’artista, un paesaggio che assomiglia all’originale ma in modo alte-rato, che sembra corripondervi come un ricordo che è ritornato a prendere il suo posto presentandosi con tutti i segni dell’oltre, del rimosso e del non essere, come un passato già quasi trapassato. Un reale che ritorna non come nostalgia o ideale, ma come l’altro dell’originale che può essere solo quando è reinventato dal medium stesso che in questo caso afferma l’arte e la fotografia come questo reale stesso che è il risultato di tutta una serie di passaggi alchemici.
Il lavoro che Monica Carocci presenterà in Largo Saluzzo, prende avvio nel 2005, quando l’artista torinese inizia una collaborazione con l’associazione Fermata d’Autobus, fondata nel 1998 da Raffaella Bortino, che svolge la propria opera nel campo della gestione, la cura e la riabilitazione delle persone affette da “doppia patologia” (tossicodipendenza associata a disturbo psichiatrico).
All’interno del percorso di cura e riabilitazione si inserisce il progetto di Monica Carocci, invitata da Raffaella Bortino ad organizzare un laboratorio di fotografia. Da questo laboratorio è nata la galleria di ritratti realizzati dall’artista che sono stati poi scelti per essere pubblicati nella forma speciale del calendario.
Il valore terapeutico della fotografia per “stringere legami, vestire le ali della fantasia attraverso l’obiettivo, ritrovare sè stessi nel buio totale della camera oscura”, ha il suo coronamento nella progettazione e realizzazione di questo calendario, lavoro corale di tutti i partecipanti al laboratorio, in cui ciascuno si è voluto reinventare con divertimento ed ironia lasciando al mezzo tecnico, allo spazio della foto, alla carta baritata, la funzione alchemica e magica in modo che si possa giocare ancor di più e diversamente alla trasformazione della realtà e del vissuto.
Monica Carocci, tratta il medium fotografico, come linguaggio, esperienza e materia. Potremmo dire che come altri artisti di questi anni reinventa il medium, trattandolo come un campo di lavoro oltre che come uno strumento di rappresentazione. Le sue fotografie infatti non solo presentano dei caratteri in comune con l’informe, nell’accezione data a questo termine da critici come Rosalind Krauss e Yves Alin Bois. Esse sono la superficie che accoglie vere e proprie performance. La carta, baritata, scelta con l’intenzione di reinventare tecniche e suppporti anacronisitici, riproducendo in vita tutto un mondo moderno e una visibilità moderna, con le sue prestazioni e le sue ragioni, viene lavorata con tutta una serie di scelte operative, dai tempi di esposizione, ai gesti, ai passaggi di vasca, agli incidenti, in previsione di un risultato artistico che oltre a raccontare, rappresentare e presentare, possa anche sorprendere e meravigliare. La fotografia allora per Monica Carocci è non solo alchimia ma anche teatro, epifania e drammaturgia. Laddove il protagonista non è solo il soggetto riproducibile o riprodotto, un ritratto, un interno, un paesaggio, ma la sua stessa esistenza fotografica. La riproduzione come processo figurale e azione performativa. O meglio, sarebbe l’esistenza stessa della fotografia. Infatti il soggetto di una sua foto è sempre anche un altro. Il medium stesso con la sua vita e con la sua esistenza. L’altrimenti della natura, il processo stesso, la performance della camera oscura, la luce, con le sue mille vite e temperature, ombre, bruciature, reazioni chimiche, graffi, tamponature, abrasioni, effetti di superficie e di abbagliatura. Tutto un linguaggio di segni e di cromie, di sfumature e contrasti, che è anche un modo di essere al mondo. Un mondo altro, è quello a cui pensa l’artista, un paesaggio che assomiglia all’originale ma in modo alte-rato, che sembra corripondervi come un ricordo che è ritornato a prendere il suo posto presentandosi con tutti i segni dell’oltre, del rimosso e del non essere, come un passato già quasi trapassato. Un reale che ritorna non come nostalgia o ideale, ma come l’altro dell’originale che può essere solo quando è reinventato dal medium stesso che in questo caso afferma l’arte e la fotografia come questo reale stesso che è il risultato di tutta una serie di passaggi alchemici.
19
dicembre 2006
Monica Carocci – L’altranno
Dal 19 dicembre 2006 al 15 gennaio 2007
fotografia
arte contemporanea
arte contemporanea
Location
QUARTER RELOCATED
Torino, Largo Saluzzo, 35, (Torino)
Torino, Largo Saluzzo, 35, (Torino)
Orario di apertura
su appuntamento
Vernissage
19 Dicembre 2006, ore 18.30
Autore
Curatore