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Monica Casalino – La pelle al limen
Il tema centrale di questa mostra é il rapporto tra natura e tecnologia,rivissuto secondo le quattro fasi alchemiche.Ogni opera si interfaccia con il tutto, contenendolo e interrogandosi sul rapporto tra noi ei dispositivi.Anche l’oggetto più esplicito ha un mistero, la semplicità è complessa.
Comunicato stampa
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Si è inaugura sabato 12 marzo 2016 alle ore 19 la personale di Monica Casalino dal titolo “La pelle al limen”. A cura diBaCUr AvoirES, grafica e allestimenti Gliforeal.
La pelle è ricettiva ed espressiva, input output, è al contempo corpo, luogo, momento, stabilisce un contatto sensoriale, edetermina anche un limen, un confine oscillante, che passa dal soggetto all’oggetto e viceversa, continuamente.
La personale di Monica Casalino, è un luogo di relazioni, in cui il visitatore, una volta dentro nello spazio e nella propria percezione, ne è parte, percepisce ed è percepito.
Dal cuore tematico, il rapporto tra natura e tecnologia, vissuto nella semantica ricompilata delle quattro fasi alchemiche (Albedo Citrinas Rubedo Nigredo), la ricerca si sviluppa onnivora, dalla pietra al video, dal lattice al display, dal rame alla resina, dalla materia al codice e viceversa. Ogni opera s’interfaccia al tutto e lo contiene, è una versione che demanda a un altro contenuto, e insieme interroga sul rapporto tra noi e i dispositivi.
Il percorso inizia dall’ultima esperienza progettuale, dal cui errore informatico nasce una sensazione di perdita e asfissia che si traduce nelle “Materiografie”, impronte facciali e materiche colte in assenza di respiro, le cui versioni aumentano da una bassa a un’alta definizione, dalla paura alla liberazione. La tecnica, creata dall’artista, è forma quanto sostanza, corrisponde al senso, al corpo e alla funzione, è opera.“La rappresentazione non sta perdendo senso, come si sospetta o teme, semplicemente ha assunto un altro ruolo esperienziale, non solo corpo, oggetto del desiderio, fenomeno, ma anche luogo multidimensionale, spazio connettivo”. Amante del paradosso, l’artista danza nel concetto di versione, come se per lo stesso vi fossero infinite versioni.
A dialogare con le “Materiografie”, sul/nel monitor nudo, vibrano ri-tratti memoria di una performance itinerante sullo sguardo, la Persona, inter-agisce con un ritmo differente, è l’importanza dello sguardo dell’altro essere umano, sul quale soffermarsi più a lungo e infinite volte. L’illusione è amplificata dallo schermo e fratturata dalla nostra attenzione:”….quante presenze può contare il nostro volto nell’era dei social? ..ma quel contesto tradisce il senso, sottrae il peso alla persona, perché contestualizza, finalizza, circoscrive; tutto cambia se il volto ..si accende come sguardo,caricato di se stesso senza un contesto, o in un contesto inafferrabile, inusuale”.
La rappresentazione, l’oggetto non maschera il codice, lo svela come matrice estetica perché l’aura risiede altrove, non più dentro o sulla la superficie, in un altrove in continuo mutamento, la realtà contemporanea, che stratifica una memoria sempre più veloce, inafferabile, come in Rhyton , citando l’artefice :“ci si può calare nelle pieghe ed esprimersi perché il mistero, l’aura di un’opera nasce da sé in sé, è uno strato che l’artista non può creare, aggiungere, gestire; anche l’oggetto più esplicito ha il suo autentico mistero, la semplicità è complessa per natura”.
L’opera è il limen in-materiale, l’opera muta perché le versioni si moltiplicano ogni momento nel ritmo dell‘inter-attività. La mostra stessa non è un prodotto finito, bensì un processo che muta con la presenza dell’Altro. La stimolazione guida il visitatore, come flusso d’informazione nelle trame di rame, come sangue nei vasi sanguigni, e si scende nell’abisso, dove ci si specchia, dove si sciolgono le radici, e dove, nel buio di Nigredo, dimora Bacur, meta-corpo in sviluppo, memoria stratificata, in attesa della versione successiva.
Un percorso che coinvolge vista, olfatto, gusto, udito, per sottrarre l’eccesso e lo scarto e sublimarlo nella mano e nel codice come per lo sciamano la paglia fresca.
BaCUr AvoirES 21 marzo 2017
La pelle è ricettiva ed espressiva, input output, è al contempo corpo, luogo, momento, stabilisce un contatto sensoriale, edetermina anche un limen, un confine oscillante, che passa dal soggetto all’oggetto e viceversa, continuamente.
La personale di Monica Casalino, è un luogo di relazioni, in cui il visitatore, una volta dentro nello spazio e nella propria percezione, ne è parte, percepisce ed è percepito.
Dal cuore tematico, il rapporto tra natura e tecnologia, vissuto nella semantica ricompilata delle quattro fasi alchemiche (Albedo Citrinas Rubedo Nigredo), la ricerca si sviluppa onnivora, dalla pietra al video, dal lattice al display, dal rame alla resina, dalla materia al codice e viceversa. Ogni opera s’interfaccia al tutto e lo contiene, è una versione che demanda a un altro contenuto, e insieme interroga sul rapporto tra noi e i dispositivi.
Il percorso inizia dall’ultima esperienza progettuale, dal cui errore informatico nasce una sensazione di perdita e asfissia che si traduce nelle “Materiografie”, impronte facciali e materiche colte in assenza di respiro, le cui versioni aumentano da una bassa a un’alta definizione, dalla paura alla liberazione. La tecnica, creata dall’artista, è forma quanto sostanza, corrisponde al senso, al corpo e alla funzione, è opera.“La rappresentazione non sta perdendo senso, come si sospetta o teme, semplicemente ha assunto un altro ruolo esperienziale, non solo corpo, oggetto del desiderio, fenomeno, ma anche luogo multidimensionale, spazio connettivo”. Amante del paradosso, l’artista danza nel concetto di versione, come se per lo stesso vi fossero infinite versioni.
A dialogare con le “Materiografie”, sul/nel monitor nudo, vibrano ri-tratti memoria di una performance itinerante sullo sguardo, la Persona, inter-agisce con un ritmo differente, è l’importanza dello sguardo dell’altro essere umano, sul quale soffermarsi più a lungo e infinite volte. L’illusione è amplificata dallo schermo e fratturata dalla nostra attenzione:”….quante presenze può contare il nostro volto nell’era dei social? ..ma quel contesto tradisce il senso, sottrae il peso alla persona, perché contestualizza, finalizza, circoscrive; tutto cambia se il volto ..si accende come sguardo,caricato di se stesso senza un contesto, o in un contesto inafferrabile, inusuale”.
La rappresentazione, l’oggetto non maschera il codice, lo svela come matrice estetica perché l’aura risiede altrove, non più dentro o sulla la superficie, in un altrove in continuo mutamento, la realtà contemporanea, che stratifica una memoria sempre più veloce, inafferabile, come in Rhyton , citando l’artefice :“ci si può calare nelle pieghe ed esprimersi perché il mistero, l’aura di un’opera nasce da sé in sé, è uno strato che l’artista non può creare, aggiungere, gestire; anche l’oggetto più esplicito ha il suo autentico mistero, la semplicità è complessa per natura”.
L’opera è il limen in-materiale, l’opera muta perché le versioni si moltiplicano ogni momento nel ritmo dell‘inter-attività. La mostra stessa non è un prodotto finito, bensì un processo che muta con la presenza dell’Altro. La stimolazione guida il visitatore, come flusso d’informazione nelle trame di rame, come sangue nei vasi sanguigni, e si scende nell’abisso, dove ci si specchia, dove si sciolgono le radici, e dove, nel buio di Nigredo, dimora Bacur, meta-corpo in sviluppo, memoria stratificata, in attesa della versione successiva.
Un percorso che coinvolge vista, olfatto, gusto, udito, per sottrarre l’eccesso e lo scarto e sublimarlo nella mano e nel codice come per lo sciamano la paglia fresca.
BaCUr AvoirES 21 marzo 2017
12
marzo 2016
Monica Casalino – La pelle al limen
Dal 12 marzo al 07 aprile 2016
arte contemporanea
Location
MUSEO NUOVA ERA
Bari, Strada Dei Gesuiti, 13, (Bari)
Bari, Strada Dei Gesuiti, 13, (Bari)
Orario di apertura
da martedì a sabato ore 17-20
Vernissage
12 Marzo 2016, ore 18,30
Autore
Curatore