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Monica Pennazzi – Cuore nudo
opere a olio e in tecnica mista
Comunicato stampa
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Sono frequenti i rapporti dell’artista anconetana Monica Pennazzi con la Campania e questa mostra sostanzia la volontà di esporre in altre regioni italiane, con un ben individuato circuito di esposizioni, le ultimissime prove che principiano dalla serie “Quadrure”.
Monica Pennazzi dopo aver fatto la spola tra Ancona, Roma e Napoli per allestire delle mostre e preparare delle scenografie teatrali, anche per conto dell’attore-regista Mimmo Fattoruso, ora ad Acerra esponea l’ultimo segmento del suo mondo immaginativo.
Sulla sua pittura si è espressa anche la giornalista Maresa Galli, direttore della testata multimediale “Il Brigante”, con uno stimolante quotidiano “on line” [www.ilbrigante.it - www.ilbrigante.com] ed un periodico cartaceo, che sull’artista ha espresso queste considerazioni: “Creativa a tutto tondo, la giovane artista anconetana si è messa in luce con opere di forte impatto emotivo. Artista delle “quadrure”, definizione di sua invenzione, ovvero di quadri-sculture, Monica Pennazzi, per dirla con il linguaggio della moda, è una creativa. La sua esperienza proviene dal campo della moda, dalla Scuola per Progettisti di Moda di Urbino, che le ha dato modo di sperimentare la propria voglia di inventare, immaginare nuovi concetti di abiti, in primis maschili. Crea nuovi tipi di tessuti stampati e presta la sua bravura a note aziende, ma la routine, il lavoro “seriale”, non fanno per lei, che deve sentirsi libera di esprimersi. Sviluppa anche un forte senso del cromatismo, degli accostamenti abito/pittura/design. Interessante l’impiego dei diversi materiali, dai colori ad olio alla vernice a spruzzo, dai tessuti alla sabbia – bianca, come il deserto messicano, che porta con sé in Italia dopo un lungo viaggio, rossa, dei campi da tennis, mediterranea, come la passione che la agita, la ispira. “Tengo sempre a mente – spiega l’artista – l’Art Nuveau, e nella mia ricerca è fondamentale il materiale, dal quale scaturisce l’idea. Dal viaggio tra le rovine Maya ho tratto ispirazione e ho creato, con la sabbia, il viso che urla. Nei dipinti ritraggo me stessa, è come ricorrere all’autoanalisi. Dò vita ad un’opera, che magari, poi, mi è antipatica, perché proietto su di essa stati d’animo da esorcizzare – infatti quell’opera dà fastidio al pubblico. Me ne devo liberare …” . Dalle prime espressioni artistiche un’evoluzione, per quanto la Pennazzi sia giovane e si vada affermando solo dagli anni ’90. I suoi fiammiferi sono come una rappresentazione di umani, che si accendono, brillano, per, poi, consumarsi, spegnersi. Disegna continuamente spirali, per una circolarità di onirico e reale, accaduto e fantastico. Le sue “quadrure” sanno di antico e insieme di futuro, proiettate nello spazio impossibile, per esistenze angosciose di donne ghermite da mani, da una natura matrigna che si riappropria dei suoi spazi. Il linguaggio è astratto e il rapporto tra linee, spirali, colori, è forte e vischioso, incatena lo spettatore. E, poi, lo libera, nella creatività fluida e leggibile di Monica, giovane e grintosa interprete del tempo presente, fascinata dal richiamo ancestrale di libertà agognate, costrette da drappi, infiorettature, spirali costruite dalla complessa mente dell’uomo.”
Con le sue “quadrure” si salta la disciplina pittorica e quella plastica. Su tecniche miste, denominate, appunto dall’artista, “quadrure”, si innestano e si coagulano campi cromatici e rilievi sagomati e ciò porta ad intendere che i lavori sono e risultano: quadri-sculture. Chi ricorda un lavoro di Burri alla GNAM di Roma lavorato e sviluppato su entrambi i lati, ma solo uno visibile in mostra? Nel solco e nell’ambito di un linguaggio volutamente astratto riesce a determinare opere che delineano immagini sintetiche. Linee, forme e colori principiano, per riflesso espressivo, da indagine intime ed esprimono una rete di contenuti motivati. Proprietà e precipitati di qualità delle singole materie utilizzate sorreggono, poi, scelte operative. L’artista tra Burri, i principi nobili e di fine espressione poetica dei maestri dell’ “informel” segue il proprio “fil rouge” di opinione e di sentimento. L’assetto plastico delle opere della giovane artista è sinceramente determinato dall’impiego di vari e diversi materiali, modellati con estrema cura e fine sensibilità. La tela diventa altro, spinge una nuova concezione e si trasforma ad accogliere supporti di legno pressato. Spostando il confine della rappresentazione si figura una realtà non più ipotetica, potenziale e virtuale, bensì una realtà “tout-court” e, quindi, possibile e certa. La realtà costruita è visibilissima, tangibile e tattile. Da un’immagine di procura bidimensionale si arriva ad una lecita e legittima amplificazione resa dalla tridimensionalità. Nelle “quadrure” i materiali, che vanno dai colori acrilici agli smalti sintetici, dalle vernici a spruzzo alle sabbie, dai tessuti ai legni, da oggetti semplici ad oggetti complessi, vengono “macchinati” e predisposti ad accogliere cerchi, curve, onde ed ellissi. Quest’ultima produzione di Monica Pennazzi convoglia un’attenzione critica, perché interessanti caratteri sono elevati a ricerca. Oggi nelle impostazioni cromatico-strutturali dell'artista emerge una pregnante versione stilistica, sottolineata da rese autentiche e combinazioni informali, che si aggregano e si contrappongono nella decisa e costante fecondità gestuale, che motiva anche metafore esistenziali di forte e solida valenza. L'artista tend e ad assemblare, per andamenti circolari, forme accentuate, plasmate, ad esempio, da selve e sequenze di mani, riprese, quasi a modello, da fiori carnosi, nonché variegate aperture neo-figurali, calibrate, successivamente, da virtuosi registri cromatici. Il suo cuore batte per le vicende del mondo e le sue mani traducono moti dell'anima. Attraverso la palpitante stratificazione di segni, segnacoli e segnature e di curvilinei addensamenti cromo-strutturali approda a visioni calde del mondo e propone, nel contempo, squarci e scenari sulla terribilità della natura e sulle mani rapaci dell'uomo, che premono su vivibilità di contesti pacifici. Il rincorrersi di cerchi e curve di un’anima di ferro rivestita di tessuto o altro, talvolta, coperto, poi, da colori riempie ritmi arcani e predispone incessanti sonorità moderne. Monica Pennazzi imbastisce tecniche miste di raffinato compendio e di sottesa dinamicità e su verticalizzazioni, attraversamenti, onde e segmenti circolari naviga la sua mano, che è sempre alla ricerca di risposte. Le sue “quadrure” denunciano partecipazione e travalicano enigmi formali e mute evidenze. Le opere di Monica Pennazzi ci rimandano il suo desiderio generoso di commentare la cruda realtà dei nostri giorni con i suoi raccapriccianti brividi, i suoi infiniti fantasmi, le sue incalcolabili incertezze, ma anche con relativi addendi positivi. In realtà, non è effimero il “ductus” cromo-plastico dell’artista e nella certezza di colpire il fruitore colloca ed espone dubbi sull'utilità del nostro mondo per indurlo a riflettere. Grazie ad una poetica ecologica espressa con forte orgoglio e psicologica prontezza inquadra argomenti da affrontare, da esaminare, da valutare e da rimettere in gioco. La giovane artista utilizza una chiave estremizzata e sembra voler suggerire ascolti e meditate visioni. Spaccati di detonazione linguistica si offrono in lavori che s'impongono come possibili riepiloghi. Le spaccature, le corrosioni, gli scontri cromatici, i tocchi di pigmenti, le visioni fantastiche che s’apprezzano nei lavori ultimi di Monica Pennazzi alimentano lo sguardo sulla vita, sia quella globale che locale, ed invitano a misurare e a cadenzare dialoghi. Le sue avvincenti elaborazioni inseguono motivi dell'esistenza e sostanziano scene su scene e stringono, così, la realtà ed hanno voglia di “entrare nel mondo”. I cittadini delle nostre metropoli conquistano faticosamente il proprio spazio vitale ed è sempre più duro affermare la propria personalità. Lo stress impera e bisogna sempre trovare soluzioni, uscite di sicurezza, la propria via di fuga. Ma le idealità superano la corteccia della vita, ma, al tempo stesso, si sa che una qualunque opera non può nascere al di fuori dei contesti in cui matura, anche da quelli finitimi al sogno.
Maurizio Vitiello
Monica Pennazzi dopo aver fatto la spola tra Ancona, Roma e Napoli per allestire delle mostre e preparare delle scenografie teatrali, anche per conto dell’attore-regista Mimmo Fattoruso, ora ad Acerra esponea l’ultimo segmento del suo mondo immaginativo.
Sulla sua pittura si è espressa anche la giornalista Maresa Galli, direttore della testata multimediale “Il Brigante”, con uno stimolante quotidiano “on line” [www.ilbrigante.it - www.ilbrigante.com] ed un periodico cartaceo, che sull’artista ha espresso queste considerazioni: “Creativa a tutto tondo, la giovane artista anconetana si è messa in luce con opere di forte impatto emotivo. Artista delle “quadrure”, definizione di sua invenzione, ovvero di quadri-sculture, Monica Pennazzi, per dirla con il linguaggio della moda, è una creativa. La sua esperienza proviene dal campo della moda, dalla Scuola per Progettisti di Moda di Urbino, che le ha dato modo di sperimentare la propria voglia di inventare, immaginare nuovi concetti di abiti, in primis maschili. Crea nuovi tipi di tessuti stampati e presta la sua bravura a note aziende, ma la routine, il lavoro “seriale”, non fanno per lei, che deve sentirsi libera di esprimersi. Sviluppa anche un forte senso del cromatismo, degli accostamenti abito/pittura/design. Interessante l’impiego dei diversi materiali, dai colori ad olio alla vernice a spruzzo, dai tessuti alla sabbia – bianca, come il deserto messicano, che porta con sé in Italia dopo un lungo viaggio, rossa, dei campi da tennis, mediterranea, come la passione che la agita, la ispira. “Tengo sempre a mente – spiega l’artista – l’Art Nuveau, e nella mia ricerca è fondamentale il materiale, dal quale scaturisce l’idea. Dal viaggio tra le rovine Maya ho tratto ispirazione e ho creato, con la sabbia, il viso che urla. Nei dipinti ritraggo me stessa, è come ricorrere all’autoanalisi. Dò vita ad un’opera, che magari, poi, mi è antipatica, perché proietto su di essa stati d’animo da esorcizzare – infatti quell’opera dà fastidio al pubblico. Me ne devo liberare …” . Dalle prime espressioni artistiche un’evoluzione, per quanto la Pennazzi sia giovane e si vada affermando solo dagli anni ’90. I suoi fiammiferi sono come una rappresentazione di umani, che si accendono, brillano, per, poi, consumarsi, spegnersi. Disegna continuamente spirali, per una circolarità di onirico e reale, accaduto e fantastico. Le sue “quadrure” sanno di antico e insieme di futuro, proiettate nello spazio impossibile, per esistenze angosciose di donne ghermite da mani, da una natura matrigna che si riappropria dei suoi spazi. Il linguaggio è astratto e il rapporto tra linee, spirali, colori, è forte e vischioso, incatena lo spettatore. E, poi, lo libera, nella creatività fluida e leggibile di Monica, giovane e grintosa interprete del tempo presente, fascinata dal richiamo ancestrale di libertà agognate, costrette da drappi, infiorettature, spirali costruite dalla complessa mente dell’uomo.”
Con le sue “quadrure” si salta la disciplina pittorica e quella plastica. Su tecniche miste, denominate, appunto dall’artista, “quadrure”, si innestano e si coagulano campi cromatici e rilievi sagomati e ciò porta ad intendere che i lavori sono e risultano: quadri-sculture. Chi ricorda un lavoro di Burri alla GNAM di Roma lavorato e sviluppato su entrambi i lati, ma solo uno visibile in mostra? Nel solco e nell’ambito di un linguaggio volutamente astratto riesce a determinare opere che delineano immagini sintetiche. Linee, forme e colori principiano, per riflesso espressivo, da indagine intime ed esprimono una rete di contenuti motivati. Proprietà e precipitati di qualità delle singole materie utilizzate sorreggono, poi, scelte operative. L’artista tra Burri, i principi nobili e di fine espressione poetica dei maestri dell’ “informel” segue il proprio “fil rouge” di opinione e di sentimento. L’assetto plastico delle opere della giovane artista è sinceramente determinato dall’impiego di vari e diversi materiali, modellati con estrema cura e fine sensibilità. La tela diventa altro, spinge una nuova concezione e si trasforma ad accogliere supporti di legno pressato. Spostando il confine della rappresentazione si figura una realtà non più ipotetica, potenziale e virtuale, bensì una realtà “tout-court” e, quindi, possibile e certa. La realtà costruita è visibilissima, tangibile e tattile. Da un’immagine di procura bidimensionale si arriva ad una lecita e legittima amplificazione resa dalla tridimensionalità. Nelle “quadrure” i materiali, che vanno dai colori acrilici agli smalti sintetici, dalle vernici a spruzzo alle sabbie, dai tessuti ai legni, da oggetti semplici ad oggetti complessi, vengono “macchinati” e predisposti ad accogliere cerchi, curve, onde ed ellissi. Quest’ultima produzione di Monica Pennazzi convoglia un’attenzione critica, perché interessanti caratteri sono elevati a ricerca. Oggi nelle impostazioni cromatico-strutturali dell'artista emerge una pregnante versione stilistica, sottolineata da rese autentiche e combinazioni informali, che si aggregano e si contrappongono nella decisa e costante fecondità gestuale, che motiva anche metafore esistenziali di forte e solida valenza. L'artista tend e ad assemblare, per andamenti circolari, forme accentuate, plasmate, ad esempio, da selve e sequenze di mani, riprese, quasi a modello, da fiori carnosi, nonché variegate aperture neo-figurali, calibrate, successivamente, da virtuosi registri cromatici. Il suo cuore batte per le vicende del mondo e le sue mani traducono moti dell'anima. Attraverso la palpitante stratificazione di segni, segnacoli e segnature e di curvilinei addensamenti cromo-strutturali approda a visioni calde del mondo e propone, nel contempo, squarci e scenari sulla terribilità della natura e sulle mani rapaci dell'uomo, che premono su vivibilità di contesti pacifici. Il rincorrersi di cerchi e curve di un’anima di ferro rivestita di tessuto o altro, talvolta, coperto, poi, da colori riempie ritmi arcani e predispone incessanti sonorità moderne. Monica Pennazzi imbastisce tecniche miste di raffinato compendio e di sottesa dinamicità e su verticalizzazioni, attraversamenti, onde e segmenti circolari naviga la sua mano, che è sempre alla ricerca di risposte. Le sue “quadrure” denunciano partecipazione e travalicano enigmi formali e mute evidenze. Le opere di Monica Pennazzi ci rimandano il suo desiderio generoso di commentare la cruda realtà dei nostri giorni con i suoi raccapriccianti brividi, i suoi infiniti fantasmi, le sue incalcolabili incertezze, ma anche con relativi addendi positivi. In realtà, non è effimero il “ductus” cromo-plastico dell’artista e nella certezza di colpire il fruitore colloca ed espone dubbi sull'utilità del nostro mondo per indurlo a riflettere. Grazie ad una poetica ecologica espressa con forte orgoglio e psicologica prontezza inquadra argomenti da affrontare, da esaminare, da valutare e da rimettere in gioco. La giovane artista utilizza una chiave estremizzata e sembra voler suggerire ascolti e meditate visioni. Spaccati di detonazione linguistica si offrono in lavori che s'impongono come possibili riepiloghi. Le spaccature, le corrosioni, gli scontri cromatici, i tocchi di pigmenti, le visioni fantastiche che s’apprezzano nei lavori ultimi di Monica Pennazzi alimentano lo sguardo sulla vita, sia quella globale che locale, ed invitano a misurare e a cadenzare dialoghi. Le sue avvincenti elaborazioni inseguono motivi dell'esistenza e sostanziano scene su scene e stringono, così, la realtà ed hanno voglia di “entrare nel mondo”. I cittadini delle nostre metropoli conquistano faticosamente il proprio spazio vitale ed è sempre più duro affermare la propria personalità. Lo stress impera e bisogna sempre trovare soluzioni, uscite di sicurezza, la propria via di fuga. Ma le idealità superano la corteccia della vita, ma, al tempo stesso, si sa che una qualunque opera non può nascere al di fuori dei contesti in cui matura, anche da quelli finitimi al sogno.
Maurizio Vitiello
28
maggio 2006
Monica Pennazzi – Cuore nudo
Dal 28 maggio al 16 giugno 2006
arte contemporanea
Location
GALLERIA IL RITROVO DELL’ARTE
Acerra, Via Giacomo Leopardi, 6, (Napoli)
Acerra, Via Giacomo Leopardi, 6, (Napoli)
Orario di apertura
16-20, festivi per appuntamento
Vernissage
28 Maggio 2006, ore 11
Autore
Curatore