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Monticelli & Pagone – Segni incorporei
Nel lavoro di Monticelli & Pagone il corpo è intuito dal punto di vista fisico e sociale arricchendolo di molteplici valenze. Un percorso, il loro, che fornisce una visione a tratti disincantata, pungente o fiabesca all’interno di un approccio che ne sottolinea un transitorietà tipicamente contemporanea.
Comunicato stampa
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Nel lavoro di Monticelli & Pagone il corpo è intuito dal punto di vista fisico e sociale arricchendolo di molteplici valenze. Un percorso, il loro, che fornisce una visione a tratti disincantata, pungente o fiabesca all’interno di un approccio che ne sottolinea un transitorietà tipicamente contemporanea.
I due artisti si servono dell’evidenza fisica per farne uno strumento di spoliazione corporea e spirituale, l’immagine perde man mano consistenza, quasi a tirarne fuori la linfa vitale fino a ridurne l’essenza ad un’ombra, il tutto all’interno di una riflessione attorno al pensiero di Hermann Rorschach - il medico psichiatra che all’inizio del Novecento teorizzò la pratica di analisi basata su una serie di dieci tavole coperte di macchie di inchiostro che il paziente doveva interpretare. - Le loro immagini sono doppie, speculari, corpi perfettamente intrisi di quella contemporaneità fatta di simboli, marchi, quasi etichette a corredo di atteggiamenti e pose talora irriverenti. Un’irriverenza ostentata che nulla finge o nasconde, ma solo coglie lo stimolo proveniente dall’esterno, da una società fatta di uomini e donne sempre più spesso copia di qualcun altro.
In questi lavori ogni dualismo può manifestarsi, l’impronta in nero è ciò che rimane, è l’essenza, l’energia di un corpo che perde gradualmente la sua consistenza metaforica e spirituale mediante una pittura fluida, che sembra liquefarsi a contatto con la superficie.
Anatomie che talora si fanno più solide, decise per poi, nuovamente, frantumarsi. Così come acquistano fissità nelle piccole sculture, corpi abbozzati, quasi monchi della loro anatomia sofferente, forzata, informe, ferita nella muscolatura contratta e innaturale. Ma nulla di pedante, molta ironia, sarcasmo alla base del loro lavoro; e forse si possono rintracciare proprio gli artisti in molte tele, la loro anatomia, il loro modo di un po’ dandy di mettersi in mostra, quando il corpo si fa strumento pittorico per divenire impronta, segno e traccia di un’azione performativa, testimone di una narrazione contemporanea. Uomini e donne schiavi di un sistema in cui l’atto di svelarsi e coprirsi acquista la stessa identica valenza di prigionia, mascherata di libertà.
In un momento storico in cui l’incertezza e la doppiezza della natura umana vengono fuori in tutta la loro forza, nel lavoro di Monticelli & Pagone è l’energia positiva che si palesa. Non c’è perversione, solo una leggera malizia che caratterizza appieno la necessità di duettare con il proprio corpo il quale diviene speculare a se stesso. Un corpo nudo, che sia vivo, che sia carne, che si muova o sia solo un’impronta su di una superficie, esso è protagonista, è partenza e ritorno. Ma non è certo un involucro vuoto, porta con sé tutte le implicazioni intime, emozionali, sociali di un popolo, di un luogo o, semplicemente, di uno stato d’animo. Esso è cosmo e micro-cosmo. E come tale si veste dei segni della contemporaneità, che si tratti di un costume di scena o di pochi elementi a dirci che è in questa epoca che tutto si compie. In quello che appare, sempre di più, un botta e risposta fra l’essere umano e la caricatura di se stesso.
I due artisti si servono dell’evidenza fisica per farne uno strumento di spoliazione corporea e spirituale, l’immagine perde man mano consistenza, quasi a tirarne fuori la linfa vitale fino a ridurne l’essenza ad un’ombra, il tutto all’interno di una riflessione attorno al pensiero di Hermann Rorschach - il medico psichiatra che all’inizio del Novecento teorizzò la pratica di analisi basata su una serie di dieci tavole coperte di macchie di inchiostro che il paziente doveva interpretare. - Le loro immagini sono doppie, speculari, corpi perfettamente intrisi di quella contemporaneità fatta di simboli, marchi, quasi etichette a corredo di atteggiamenti e pose talora irriverenti. Un’irriverenza ostentata che nulla finge o nasconde, ma solo coglie lo stimolo proveniente dall’esterno, da una società fatta di uomini e donne sempre più spesso copia di qualcun altro.
In questi lavori ogni dualismo può manifestarsi, l’impronta in nero è ciò che rimane, è l’essenza, l’energia di un corpo che perde gradualmente la sua consistenza metaforica e spirituale mediante una pittura fluida, che sembra liquefarsi a contatto con la superficie.
Anatomie che talora si fanno più solide, decise per poi, nuovamente, frantumarsi. Così come acquistano fissità nelle piccole sculture, corpi abbozzati, quasi monchi della loro anatomia sofferente, forzata, informe, ferita nella muscolatura contratta e innaturale. Ma nulla di pedante, molta ironia, sarcasmo alla base del loro lavoro; e forse si possono rintracciare proprio gli artisti in molte tele, la loro anatomia, il loro modo di un po’ dandy di mettersi in mostra, quando il corpo si fa strumento pittorico per divenire impronta, segno e traccia di un’azione performativa, testimone di una narrazione contemporanea. Uomini e donne schiavi di un sistema in cui l’atto di svelarsi e coprirsi acquista la stessa identica valenza di prigionia, mascherata di libertà.
In un momento storico in cui l’incertezza e la doppiezza della natura umana vengono fuori in tutta la loro forza, nel lavoro di Monticelli & Pagone è l’energia positiva che si palesa. Non c’è perversione, solo una leggera malizia che caratterizza appieno la necessità di duettare con il proprio corpo il quale diviene speculare a se stesso. Un corpo nudo, che sia vivo, che sia carne, che si muova o sia solo un’impronta su di una superficie, esso è protagonista, è partenza e ritorno. Ma non è certo un involucro vuoto, porta con sé tutte le implicazioni intime, emozionali, sociali di un popolo, di un luogo o, semplicemente, di uno stato d’animo. Esso è cosmo e micro-cosmo. E come tale si veste dei segni della contemporaneità, che si tratti di un costume di scena o di pochi elementi a dirci che è in questa epoca che tutto si compie. In quello che appare, sempre di più, un botta e risposta fra l’essere umano e la caricatura di se stesso.
05
marzo 2011
Monticelli & Pagone – Segni incorporei
Dal 05 marzo al 30 aprile 2011
arte contemporanea
Location
NUMEN ART GALLERY
Benevento, Vico Noce, 20-22, 33 , (Benevento)
Benevento, Vico Noce, 20-22, 33 , (Benevento)
Orario di apertura
dal martedì al giovedì dalle ore 10.00 alle 13.00 ed il venerdì e sabato dalle 17.00 alle 20.00 e su appuntamento
Autore
Curatore