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Muhammad Ali – Impossible is nothing
La Galleria presenta il nuovo progetto curato da Luca Simonetti che ha riunito 20 opere , datate tra i primi anna sessanta e fine anni settanta, scatti di Muhammad Ali che lo ritraggono durante i due decenni della sua carriera sportiva e vita privata
Comunicato stampa
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La leggenda di Muhammad Ali è diversa da quella di molti altri grandi sportivi per un motivo in particolare: il suo nome non è legato unicamente alle imprese sul ring, ma anche a tutta una serie di posizioni politiche, dando voce al movimento afroamericano nella lotta per l'uguaglianza, la libertà e il riconoscimento dei diritti umani diventando un' icona sociale che hanno portato l’opinione pubblica statunitense e mondiale a spaccarsi in due sul suo conto. Muhammed Ali è stato un campione sul e soprattutto fuori dal ring
Nato in Kentucky nel 1942, Cassius Clay come si chiamava allora, visse nella sua gioventù tutto l’orrore della segregazione razziale e delle discriminazioni alle quali erano sottoposti gli afroamericani in quegli anni. Con l’inizio dei moti di protesta, sempre più vigorosi, da parte dei movimenti afroamericani, Clay non ebbe dubbi: alla forma pacifista di Martin Luther King preferì l’attivismo di Malcolm X, che nella sua prassi politica mescolava le rivendicazioni della minoranza di colore, la religione islamica ed il comunismo.
Fu avviato al pugilato da un poliziotto che gestiva una palestra. Da dilettante conquistò l'oro alle Olimpiadi di Roma 1960, Quando passo al professionismo getto la medaglia nel fiume Ohio (Luisville) come plateale gesto di protesta verso il suo Paese e la perdurante discriminazione razziale.
Detenne il titolo mondiale dei pesi massimi dal 1964 al 1967, dal 1974 al 1978 e per un'ultima breve parentesi ancora nel 1978. Su 61 incontri disputati, vanta un record di 56 vittorie, 37 delle quali per KO. Ha perso per KO una sola volta. Il primo a cadere sotto i colpi di Cassius Clay fu Sonny Listonnel 1964.
Agile di gambe (di lui si disse: "Vola come una farfalla e punge come un'ape", per sottolineare la leggerezza dei suoi movimenti, coadiuvata da una tecnica sopraffina) Alì si convertì all'Islam al l'indomani del successo cambiando il nome in Muhammad Alì, in onore del fondatore della stessa associazione, Wallace D. Fard Muhammad
Mando al tappeto Sonny Liston ancora nel 1965 prima di respingere gli assalti alla corona di Floyd Patterson, Zora Folley, Cleveland Williams, George Chuvalo, Brian London. Difese il titolo per otto volte prima di vedere la sua carriera interrotta per il rifiuto di combattere in Vietnam .
Di fatto il vero “caso Ali”, nonostante le polemiche che aveva suscitato il suo cambio di nome, scoppiò quando il pugile venne scelto per essere mandato a combattere in Vietnam, nel 1967, forse proprio come forma di ritorsione nei confronti delle sue posizioni, considerate “sovversive”. “I miei nemici sono gli uomini bianchi, non i Vietcong“, dichiarò Ali. Il campione del mondo approfondì poi la sua posizione: “Non ho mai litigato con questi Vietcong. I veri nemica della mia gente sono qui. La mia coscienza non mi lascerà sparare ad un mio fratello, o a persone dalla pelle più scura, ai poveri, agli affamati, per la grande e potente America. E sparare per cosa? I Viecong non mi hanno mai chiamato negro”. Per le sue convinzioni religiose e politiche, dunque, Ali decise di disertare, rifiutandosi di presentarsi per tre volte alla chiamata del suo nome.
Come conseguenza, Ali perse il suo titolo mondiale e fu condannato a cinque anni di prigione, per poi essere rilasciato con delle forti limitazioni sulla sua libertà personale e sportiva: il pugile era infatti obbligato a restare all’interno dei confini statunitensi, e gli era vietato tassativamente di combattere. Solamente sette anni dopo, nel 1974 gli fu permesso di tornare sul ring: non è dunque esagerato dire che Ali ha speso gli anni potenzialmente migliori della sua carriera fuori dal ring per difendere le sue posizioni e restare fermamente coerente con le sue convinzioni politico-religiose. Nel frattempo, non rimase con le mani in mano, ma partecipò a numerose manifestazioni ed iniziative pubbliche in favore dei diritti degli afroamericani e contro le guerre, in particolare quella del Vietnam. In quegli anni, come si venne a sapere successivamente, Ali fu un sorvegliato speciale della NSA (National Security Agency) insieme ad altri esponenti critici nei confronti della guerra in Vietnam, come lo stesso Martin Luther King, e fu a lungo spiato.
Il suo impegno politico continuò anche dopo il suo ritiro dal professionismo, ed anche nella malattia non mancò mai di dire la sua in occasione dei principali avvenimenti della politica statunitense. Le sue ultime parole a riguardo, lo videro scagliarsi contro il candidato alla presidenza Donald Trump, che si espresse contro l’immigrazione dei musulmani negli Stati Uniti: “Io sono un musulmano e non c’è niente di islamico nell’ uccidere persone innocenti a Parigi, San Bernardino, o in qualsiasi altra parte del mondo. I veri musulmani sanno che la violenza spietata dei cosiddetti jihadisti islamici va contro gli stessi principi della nostra religione. Noi come musulmani dobbiamo resistere a coloro che usano l’Islam per portare avanti i propri programmi personali. Essi hanno alienato molti dall’ imparare a conoscere l’Islam. I veri musulmani sanno o dovrebbero sapere che va contro la nostra religione provare a costringere qualcuno a convertirsi all’ Islam.Credo che i nostri leader politici devono usare la loro posizione per sensibilizzare alla comprensione dell’Islam e chiarire che questi assassini hanno influenzato negativamente le opinioni dei cittadini su ciò che l’Islam è veramente”.
Impossibile è soltanto un parolone pronunciato da gente misera che trova più facile vivere nel mondo che gli è stato dato piuttosto che esplorare le possibilità che hanno per cambiarlo. Impossibile non è un dato di fatto. Impossibile è un’opinione. Impossibile non è una dichiarazione. È una sfida. Impossibile è un’eventualità. Impossibile è temporaneo. Impossibile è nulla."
_Muhammad Ali_
Nato in Kentucky nel 1942, Cassius Clay come si chiamava allora, visse nella sua gioventù tutto l’orrore della segregazione razziale e delle discriminazioni alle quali erano sottoposti gli afroamericani in quegli anni. Con l’inizio dei moti di protesta, sempre più vigorosi, da parte dei movimenti afroamericani, Clay non ebbe dubbi: alla forma pacifista di Martin Luther King preferì l’attivismo di Malcolm X, che nella sua prassi politica mescolava le rivendicazioni della minoranza di colore, la religione islamica ed il comunismo.
Fu avviato al pugilato da un poliziotto che gestiva una palestra. Da dilettante conquistò l'oro alle Olimpiadi di Roma 1960, Quando passo al professionismo getto la medaglia nel fiume Ohio (Luisville) come plateale gesto di protesta verso il suo Paese e la perdurante discriminazione razziale.
Detenne il titolo mondiale dei pesi massimi dal 1964 al 1967, dal 1974 al 1978 e per un'ultima breve parentesi ancora nel 1978. Su 61 incontri disputati, vanta un record di 56 vittorie, 37 delle quali per KO. Ha perso per KO una sola volta. Il primo a cadere sotto i colpi di Cassius Clay fu Sonny Listonnel 1964.
Agile di gambe (di lui si disse: "Vola come una farfalla e punge come un'ape", per sottolineare la leggerezza dei suoi movimenti, coadiuvata da una tecnica sopraffina) Alì si convertì all'Islam al l'indomani del successo cambiando il nome in Muhammad Alì, in onore del fondatore della stessa associazione, Wallace D. Fard Muhammad
Mando al tappeto Sonny Liston ancora nel 1965 prima di respingere gli assalti alla corona di Floyd Patterson, Zora Folley, Cleveland Williams, George Chuvalo, Brian London. Difese il titolo per otto volte prima di vedere la sua carriera interrotta per il rifiuto di combattere in Vietnam .
Di fatto il vero “caso Ali”, nonostante le polemiche che aveva suscitato il suo cambio di nome, scoppiò quando il pugile venne scelto per essere mandato a combattere in Vietnam, nel 1967, forse proprio come forma di ritorsione nei confronti delle sue posizioni, considerate “sovversive”. “I miei nemici sono gli uomini bianchi, non i Vietcong“, dichiarò Ali. Il campione del mondo approfondì poi la sua posizione: “Non ho mai litigato con questi Vietcong. I veri nemica della mia gente sono qui. La mia coscienza non mi lascerà sparare ad un mio fratello, o a persone dalla pelle più scura, ai poveri, agli affamati, per la grande e potente America. E sparare per cosa? I Viecong non mi hanno mai chiamato negro”. Per le sue convinzioni religiose e politiche, dunque, Ali decise di disertare, rifiutandosi di presentarsi per tre volte alla chiamata del suo nome.
Come conseguenza, Ali perse il suo titolo mondiale e fu condannato a cinque anni di prigione, per poi essere rilasciato con delle forti limitazioni sulla sua libertà personale e sportiva: il pugile era infatti obbligato a restare all’interno dei confini statunitensi, e gli era vietato tassativamente di combattere. Solamente sette anni dopo, nel 1974 gli fu permesso di tornare sul ring: non è dunque esagerato dire che Ali ha speso gli anni potenzialmente migliori della sua carriera fuori dal ring per difendere le sue posizioni e restare fermamente coerente con le sue convinzioni politico-religiose. Nel frattempo, non rimase con le mani in mano, ma partecipò a numerose manifestazioni ed iniziative pubbliche in favore dei diritti degli afroamericani e contro le guerre, in particolare quella del Vietnam. In quegli anni, come si venne a sapere successivamente, Ali fu un sorvegliato speciale della NSA (National Security Agency) insieme ad altri esponenti critici nei confronti della guerra in Vietnam, come lo stesso Martin Luther King, e fu a lungo spiato.
Il suo impegno politico continuò anche dopo il suo ritiro dal professionismo, ed anche nella malattia non mancò mai di dire la sua in occasione dei principali avvenimenti della politica statunitense. Le sue ultime parole a riguardo, lo videro scagliarsi contro il candidato alla presidenza Donald Trump, che si espresse contro l’immigrazione dei musulmani negli Stati Uniti: “Io sono un musulmano e non c’è niente di islamico nell’ uccidere persone innocenti a Parigi, San Bernardino, o in qualsiasi altra parte del mondo. I veri musulmani sanno che la violenza spietata dei cosiddetti jihadisti islamici va contro gli stessi principi della nostra religione. Noi come musulmani dobbiamo resistere a coloro che usano l’Islam per portare avanti i propri programmi personali. Essi hanno alienato molti dall’ imparare a conoscere l’Islam. I veri musulmani sanno o dovrebbero sapere che va contro la nostra religione provare a costringere qualcuno a convertirsi all’ Islam.Credo che i nostri leader politici devono usare la loro posizione per sensibilizzare alla comprensione dell’Islam e chiarire che questi assassini hanno influenzato negativamente le opinioni dei cittadini su ciò che l’Islam è veramente”.
Impossibile è soltanto un parolone pronunciato da gente misera che trova più facile vivere nel mondo che gli è stato dato piuttosto che esplorare le possibilità che hanno per cambiarlo. Impossibile non è un dato di fatto. Impossibile è un’opinione. Impossibile non è una dichiarazione. È una sfida. Impossibile è un’eventualità. Impossibile è temporaneo. Impossibile è nulla."
_Muhammad Ali_
05
ottobre 2016
Muhammad Ali – Impossible is nothing
Dal 05 ottobre al 22 novembre 2016
fotografia
Location
SNAP PHOTOGRAPH
Firenze, Borgo Santi Apostoli, 12, (Firenze)
Firenze, Borgo Santi Apostoli, 12, (Firenze)
Orario di apertura
da lunedi a venerdi ore 10-14 e 16-19
Vernissage
5 Ottobre 2016, ore 18.00
Autore
Curatore