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Mustafa Sabbagh – Memorie Liquide
come nostalgiche vestigia di un mondo lontanissimo.
La seconda installazione consiste in due stampe di grande formato retroilluminate che replicano le vedute del giardino su cui affacciano le finestre di una delle sale. In essa s’indaga il rapporto tra spazio interno-esterno e la proiezione di questi nella dimensione fittizia dell’opera d’arte.
Comunicato stampa
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come nostalgiche vestigia di un mondo lontanissimo.
La seconda installazione consiste in due stampe di grande formato retroilluminate che replicano le vedute del giardino su cui affacciano le finestre di una delle sale. In essa s'indaga il rapporto tra spazio interno-esterno e la proiezione di questi nella dimensione fittizia dell'opera d'arte.
La selezione di fotografie, presentate lungo il percorso del museo, ritraggono modelli celati dietro maschere feticcio composte di oggetti disparati, come forchette, parrucche, paraocchi, elmetti, velette, uccelli impagliati, realizzate da Simone Valsecchi, dress designer che ha collaborato con artisti quali Luca Ronconi e Peter Greenaway. Singole, o appaiate in dittici di cupa bellezza, in cui le figure sono accostate a paesaggi notturni, queste immagini sono composte con estrema raffinatezza e cura ossessiva per il dettaglio tecnico e compositivo e alludono a un immaginario di costrizione e tortura.
Con una tecnica sapiente, Sabbagh cattura il soggetto, lo staglia su fondali antracite e cobalto, bloccandolo in pose ieratiche, frontalmente o di profilo, come fosse inciso su antiche medaglie. Nella finzione del travestimento, lo sguardo, tramite di vita, è schermato dalla maschera, espressione della simulazione, ma al contempo veicolo di rivelazione del sé e delle proprie pulsioni. Matrone e cavalieri del XXI secolo, dandy elegantissimi in giacche di pelle, veneri malate, costrette in scomode guaine e rigidi corsetti, restano congelati nell'attimo stesso del loro effimero apparire, offrendosi allo sguardo come moderne vanitas, indifferenti al tempo che svanisce come il fumo delle loro sigarette.
In queste icone, la cui algida apparenza è esaltata dalla precisione e dall'estremo realismo del mezzo fotografico, Sabbagh restituisce la propria visione di un'epoca assetata di protagonismo, in cui l'apparenza è centrale nell'affermazione del sé. Non è un caso che l'italo-giordano abbia alle spalle un'importante carriera nel campo della fotografia di moda, esperienza da cui muove per indagare ciò che si cela dietro la ricerca dell'immagine manierata ed artefatta e dentro l'ossessione dell'immutabile perfezione del proprio apparire. Irriverenti e malinconiche, le sue effigi dissacrano un'idea di violenta quanto banale sensualità che viene oggi offerta allo sguardo dell'osservatore. È in questo aspetto che i modelli di Sabbagh dialogano con i ritratti di Boldini, entrando in risonanza con l'opera del pittore che a Parigi, con impareggiabile virtuosismo, oltre un secolo fa, ha raffigurato l'estrema eleganza, spinta talvolta ai limiti del parossismo, di principesse e demi-mondaine di un'epoca complessa e controversa, la fin de siècle, giungendo ad imporre un vero e proprio modello di moda e costume.
Parente prossimo di quell'era, il nostro tempo viene interpretato dalla moderna ritrattistica di Sabbagh in una delle sue manifestazioni più pervasive ed eclatanti. Per sua stessa natura, il ritratto è celebrazione, ma anche testimonianza dei modelli sociali ed esistenziali di un'epoca. È un atto creativo che nasce dall'interazione tra la personalità dell'artista e quella dell'effigiato, prodotto dell'occhio che osserva e sceglie come ritrarre e, al contempo, frutto del desiderio del modello, ed è, infine, l'espressione artistica con la quale da sempre vengono consegnate alla posterità le tracce della nostra esistenza.
La seconda installazione consiste in due stampe di grande formato retroilluminate che replicano le vedute del giardino su cui affacciano le finestre di una delle sale. In essa s'indaga il rapporto tra spazio interno-esterno e la proiezione di questi nella dimensione fittizia dell'opera d'arte.
La selezione di fotografie, presentate lungo il percorso del museo, ritraggono modelli celati dietro maschere feticcio composte di oggetti disparati, come forchette, parrucche, paraocchi, elmetti, velette, uccelli impagliati, realizzate da Simone Valsecchi, dress designer che ha collaborato con artisti quali Luca Ronconi e Peter Greenaway. Singole, o appaiate in dittici di cupa bellezza, in cui le figure sono accostate a paesaggi notturni, queste immagini sono composte con estrema raffinatezza e cura ossessiva per il dettaglio tecnico e compositivo e alludono a un immaginario di costrizione e tortura.
Con una tecnica sapiente, Sabbagh cattura il soggetto, lo staglia su fondali antracite e cobalto, bloccandolo in pose ieratiche, frontalmente o di profilo, come fosse inciso su antiche medaglie. Nella finzione del travestimento, lo sguardo, tramite di vita, è schermato dalla maschera, espressione della simulazione, ma al contempo veicolo di rivelazione del sé e delle proprie pulsioni. Matrone e cavalieri del XXI secolo, dandy elegantissimi in giacche di pelle, veneri malate, costrette in scomode guaine e rigidi corsetti, restano congelati nell'attimo stesso del loro effimero apparire, offrendosi allo sguardo come moderne vanitas, indifferenti al tempo che svanisce come il fumo delle loro sigarette.
In queste icone, la cui algida apparenza è esaltata dalla precisione e dall'estremo realismo del mezzo fotografico, Sabbagh restituisce la propria visione di un'epoca assetata di protagonismo, in cui l'apparenza è centrale nell'affermazione del sé. Non è un caso che l'italo-giordano abbia alle spalle un'importante carriera nel campo della fotografia di moda, esperienza da cui muove per indagare ciò che si cela dietro la ricerca dell'immagine manierata ed artefatta e dentro l'ossessione dell'immutabile perfezione del proprio apparire. Irriverenti e malinconiche, le sue effigi dissacrano un'idea di violenta quanto banale sensualità che viene oggi offerta allo sguardo dell'osservatore. È in questo aspetto che i modelli di Sabbagh dialogano con i ritratti di Boldini, entrando in risonanza con l'opera del pittore che a Parigi, con impareggiabile virtuosismo, oltre un secolo fa, ha raffigurato l'estrema eleganza, spinta talvolta ai limiti del parossismo, di principesse e demi-mondaine di un'epoca complessa e controversa, la fin de siècle, giungendo ad imporre un vero e proprio modello di moda e costume.
Parente prossimo di quell'era, il nostro tempo viene interpretato dalla moderna ritrattistica di Sabbagh in una delle sue manifestazioni più pervasive ed eclatanti. Per sua stessa natura, il ritratto è celebrazione, ma anche testimonianza dei modelli sociali ed esistenziali di un'epoca. È un atto creativo che nasce dall'interazione tra la personalità dell'artista e quella dell'effigiato, prodotto dell'occhio che osserva e sceglie come ritrarre e, al contempo, frutto del desiderio del modello, ed è, infine, l'espressione artistica con la quale da sempre vengono consegnate alla posterità le tracce della nostra esistenza.
19
maggio 2012
Mustafa Sabbagh – Memorie Liquide
Dal 19 maggio al 30 settembre 2012
arte contemporanea
Location
PAC – PALAZZO MASSARI
Ferrara, Corso Porta Mare, 5, (Ferrara)
Ferrara, Corso Porta Mare, 5, (Ferrara)
Biglietti
intero euro 6 / ridotto euro 3 / gratuito fino a 18 anni
Orario di apertura
da martedì a domenica, 9.30-13 / 15-18
Vernissage
19 Maggio 2012, h 18
Ufficio stampa
STUDIO ESSECI
Autore
Curatore