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My Flashing Laundrette / Norbert Schwontkowski
personale e collettiva nelle due gallerie napoletane
Comunicato stampa
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L’analisi delle esperienze quotidiane è complicato dalle innumerevoli percezioni sensoriali a cui siamo sottoposti da parte di un sistema che sviluppa incessanti comunicazioni diversificate in forme e codici. E’ come se la nostra percezione intravedesse contemporaneamente strade diverse e dovendo sceglierne una è ovvio che ci diriga verso quella più chiara tralasciando quelle che restano in ombra. Questa direzione è però anche limitata dall’impossibilità di poter decidere serenamente la nostra strada ed è come se, accecati da una forte luce, non distinguessimo più chiaramente la nostra posizione. La risposta a cosa ci si può aspettare scegliendo l’ombra rimane insoddisfatta dal nostro istinto che ci porta verso direzioni più sicure e note. Tutto ciò, infine, ci fa riflettere su dilemmi esistenziali di cui incessantemente ricerchiamo certezze codificate proposteci, per convenienza, da organizzati sistemi sociali e culturali in cui il dubbio permane se non è asservito a dogmi indiscutibili. Nell’analisi artistica il dilemma della verità e del falso e cosa origini questi aspetti fondamentali che dirigono i nostri comportamenti è costantemente presente, sia che questa sia indirizzata verso la luce o l’oscurità. Ed è nella direzione opposta a quello che si sceglierebbe che molte volte gli artisti si dirigono per esplorare il territorio dei dati esperienziali che in molti casi non vengono indagati.
Ed è proprio della tensione verso il lato oscuro delle cose, l’origine della scelta e la presenza dell’indagine di aspetti primordiali, delle origini del mito, che lega l’uomo alla terra e alla sottile psicologia dell’incertezza dell’essere e delle sue problematiche, di cui questa mostra vuole occuparsi. In ciò può, implicitamente, insinuarsi l’idealizzazione di alcune coordinate metafisiche o surreali e della perdita del concetto dell’utopia, di contro alla costante esemplificazione della realtà a favore del concetto dell’efficienza e di conseguenza alla categorizzazione che imbriglia la personalità nella gabbia del soddisfacimento edonistico del consumo. My flashing laundrette nega la luce accecante che non permette la visione della scelta, che al contrario svia la libertà della persona affinché questo bagliore possa cancellare dalla mente ogni velleità interpretativa della realtà e la conseguenza delle proprie scelte.
I tre artisti presentano opere che per forma e contenuto adriscono a parti fondamentali dei concetti esposti:
Evan Holloway espone una scultura dove l’equilibrio di una massa di elementi in ferro, come rami diretti in una direzione, è mantenuta bilanciata da un piccolo diavolo in polistirolo con la faccia rivolta verso il basso. Queste direzioni e materiali trovano coincidenza e equiparazione di peso nonostante la contraddizione in essi contenuti, annullando in tal modo la stessa fisicità degli elementi presi in considerazione.
David Noonan presenta 3 lavori serigrafati su diverse tele grezze e assemblate tra loro. Le immagini che rivestono la superficie sono quelle di ricche maschere tribali adorne di corde di juta e conchiglie che giustificano lo stesso elemento della superficie su cui esse sono serigrafate. Contenuto e contenente sono coincidenti nel mistero che avvolge le immagini e i personaggi che sono rappresentati nascosti dalle maschere.
Adam Putnam, infine, esplora un territorio dove gli elementi costitutivi dell’immagine, proposti attraverso cianotipi ed il disegno, sono riconducibili ad elementi di per sé simbolici ed allusivi. Un obelisco e l’immagine prospettica del pavimento di una stanza o di quella di una ciminiera conducono a metafisiche considerazioni su simboli e su spazi in cui non è più presente la fisicità di coloro che in essi sembrerebbero aver dimorato.
____________________________________________
La rappresentazione pittorica è sempre, nella comune considerazione, vincolata da leggi fisiche e da coordinate spaziali tridimensionali legate alla nostra percezione. L’utilizzo di una tecnica piuttosto che un’altra, la stesura dei colori sulla tela e le loro dominanti suggeriscono approcci emotivi connaturati a personalità e a condizioni emotive di chi osserva e di chi produce l’immagine.
Sembra che nel caso di Norbert Schwontkowki i limiti fisici dell’immagine pittorica siano stati deposti e relegati all’angolo estremo della nostra percezione e che queste pitture possano espandersi nella nostra contemplazione come porte aperte a nuove dimensioni.
Da un lato i soggetti rappresentati e dall’altro l’utilizzo di colori marroni, neri, grigi e i gialli chiari prolungano l’attenzione non limitando più il nostro sguardo alla condizione temporale, annullando quelle coordinate spaziali dell’oggetto che lo rendono fisicamente vincolato. L’attrazione metafisica di queste pitture non è però citazione aulica ma presenta un approccio ironico e disincantato rispetto all’oggetto o ai soggetti in esse rappresentati. Sembrerebbero chiederci solo di essere prese seriamente in considerazione e al contrario si mostrano in una maniera che suggeriscono il sorriso. Ciò può far ricordare una battuta di un protagonista de “Le Mille e una Notte” che afferma “è un bene la fedeltà ma è un bene anche la leggerezza” e questa dichiarazione sembra essere il velo che misteriosamente avvolge questi dipinti. Perché in essi è presente il mistero e la malinconica visione del mondo dove l’inutilità delle richieste indotte dal consumo e la superficialità dei desideri della vita sono diventati vani.
Dietro tutto ciò può palesarsi lo sguardo di un bambino posto sull’uscio del mondo visibile che si diverte a graffire sulle pareti della propria casa i soggetti e gli aspetti di un mondo filtrato dal suo sguardo divertito e incantato. Queste opere di fatto non hanno icone e riferimenti alti ma piuttosto sono relative a primitive rappresentazioni romaniche nel tentativo di riconciliare, in maniera moderna, la dimensione meramente fisica e terrena con quella spirituale e meditativa.
Ed è proprio della tensione verso il lato oscuro delle cose, l’origine della scelta e la presenza dell’indagine di aspetti primordiali, delle origini del mito, che lega l’uomo alla terra e alla sottile psicologia dell’incertezza dell’essere e delle sue problematiche, di cui questa mostra vuole occuparsi. In ciò può, implicitamente, insinuarsi l’idealizzazione di alcune coordinate metafisiche o surreali e della perdita del concetto dell’utopia, di contro alla costante esemplificazione della realtà a favore del concetto dell’efficienza e di conseguenza alla categorizzazione che imbriglia la personalità nella gabbia del soddisfacimento edonistico del consumo. My flashing laundrette nega la luce accecante che non permette la visione della scelta, che al contrario svia la libertà della persona affinché questo bagliore possa cancellare dalla mente ogni velleità interpretativa della realtà e la conseguenza delle proprie scelte.
I tre artisti presentano opere che per forma e contenuto adriscono a parti fondamentali dei concetti esposti:
Evan Holloway espone una scultura dove l’equilibrio di una massa di elementi in ferro, come rami diretti in una direzione, è mantenuta bilanciata da un piccolo diavolo in polistirolo con la faccia rivolta verso il basso. Queste direzioni e materiali trovano coincidenza e equiparazione di peso nonostante la contraddizione in essi contenuti, annullando in tal modo la stessa fisicità degli elementi presi in considerazione.
David Noonan presenta 3 lavori serigrafati su diverse tele grezze e assemblate tra loro. Le immagini che rivestono la superficie sono quelle di ricche maschere tribali adorne di corde di juta e conchiglie che giustificano lo stesso elemento della superficie su cui esse sono serigrafate. Contenuto e contenente sono coincidenti nel mistero che avvolge le immagini e i personaggi che sono rappresentati nascosti dalle maschere.
Adam Putnam, infine, esplora un territorio dove gli elementi costitutivi dell’immagine, proposti attraverso cianotipi ed il disegno, sono riconducibili ad elementi di per sé simbolici ed allusivi. Un obelisco e l’immagine prospettica del pavimento di una stanza o di quella di una ciminiera conducono a metafisiche considerazioni su simboli e su spazi in cui non è più presente la fisicità di coloro che in essi sembrerebbero aver dimorato.
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La rappresentazione pittorica è sempre, nella comune considerazione, vincolata da leggi fisiche e da coordinate spaziali tridimensionali legate alla nostra percezione. L’utilizzo di una tecnica piuttosto che un’altra, la stesura dei colori sulla tela e le loro dominanti suggeriscono approcci emotivi connaturati a personalità e a condizioni emotive di chi osserva e di chi produce l’immagine.
Sembra che nel caso di Norbert Schwontkowki i limiti fisici dell’immagine pittorica siano stati deposti e relegati all’angolo estremo della nostra percezione e che queste pitture possano espandersi nella nostra contemplazione come porte aperte a nuove dimensioni.
Da un lato i soggetti rappresentati e dall’altro l’utilizzo di colori marroni, neri, grigi e i gialli chiari prolungano l’attenzione non limitando più il nostro sguardo alla condizione temporale, annullando quelle coordinate spaziali dell’oggetto che lo rendono fisicamente vincolato. L’attrazione metafisica di queste pitture non è però citazione aulica ma presenta un approccio ironico e disincantato rispetto all’oggetto o ai soggetti in esse rappresentati. Sembrerebbero chiederci solo di essere prese seriamente in considerazione e al contrario si mostrano in una maniera che suggeriscono il sorriso. Ciò può far ricordare una battuta di un protagonista de “Le Mille e una Notte” che afferma “è un bene la fedeltà ma è un bene anche la leggerezza” e questa dichiarazione sembra essere il velo che misteriosamente avvolge questi dipinti. Perché in essi è presente il mistero e la malinconica visione del mondo dove l’inutilità delle richieste indotte dal consumo e la superficialità dei desideri della vita sono diventati vani.
Dietro tutto ciò può palesarsi lo sguardo di un bambino posto sull’uscio del mondo visibile che si diverte a graffire sulle pareti della propria casa i soggetti e gli aspetti di un mondo filtrato dal suo sguardo divertito e incantato. Queste opere di fatto non hanno icone e riferimenti alti ma piuttosto sono relative a primitive rappresentazioni romaniche nel tentativo di riconciliare, in maniera moderna, la dimensione meramente fisica e terrena con quella spirituale e meditativa.
11
maggio 2007
My Flashing Laundrette / Norbert Schwontkowski
Dall'undici maggio al 27 luglio 2007
arte contemporanea
Location
GALLERIA RAUCCI/SANTAMARIA
Napoli, Corso Amedeo Di Savoia Duca D'aosta, 190, (Napoli)
Napoli, Corso Amedeo Di Savoia Duca D'aosta, 190, (Napoli)
Orario di apertura
dal martedì al venerdì dalle 11,00 alle 13,30 e dalle 15,00 alle 18,30
Vernissage
11 Maggio 2007, ore 19,30-21,30
Autore