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Mysteriuos Traveller
Una mostra in netta antitesi con la velocità che caratterizza l’era digitale.
L’Artista sceglie di tornare alla carta, alla matita e ad una tecnica che richiede dedizione e lentezza.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Mysterious Traveller: il viaggio di Antonio Galluzzi
di Ilaria Caravaglio
“L’artista è uno sciamano” sosteneva Joseph Beuys, delineando la figura dell’artista quale essere chiamato ad assumere un ruolo di tramite tra il mondo materiale e quello spirituale, capace di una comunicazione più sottile, un perfetto ponte tra uomo e natura.
L’artista visto come colui il quale con la sua azione, talvolta anche con il suo corpo, materializza, dà sostanza, svela e celebra l’invisibile esercitando il diritto di creare e di contattare il divino, ma allo stesso tempo assecondando un bisogno che è lo stesso che muove la ricerca di Antonio Galluzzi, una ricerca imperniata sull’antico legame tra arte e spiritualità.
Alla base di tutto il lavoro di Galluzzi è infatti una instancabile esplorazione sul sacro, con un percorso in parte controverso, considerando che l’artista non si affida ad una religione specifica; ad accompagnarlo nel proprio percorso di uomo e di artista c’è la ferma convinzione, frutto di esperienze personali, che gli esseri umani siano circondati da entità superiori, presenze che non si riescono a percepire in maniera chiara a causa di un mero limite sensoriale.
A ben guardare, nel mare magnum di interrogativi e riflessioni talvolta contrastanti, quello di Galluzzi si rivela invece un percorso estremamente lineare, basato su alcuni punti fermi, seppur non canonici da tutti i punti di vista.
La genesi di Mysterious Traveller risiede in una serie di domande che accompagnano l’esistenza di Antonio Galluzzi come un funambolo in bilico tra curiosità e tormento, domande quali "Che forma hanno gli dei? Che forma hanno le cose che mi circondano? Di che colore è Dio?”
E’ così che il contrasto terminologico che vede definire Dio come un essere incorporeo in un mondo in cui tutti gli elementi naturali sono invece fortemente corporei si riversa sulla carta bianca da cui affiorano figure nere e non identificabili in oggetti o forme già esistenti.
Dal punto di vista tecnico-esecutivo, Galluzzi compie un percorso al contrario rispetto ad una tendenza globale che vede un crescente apporto della tecnologia nell’arte; lui, che nel 1984 con un IBM 5150 realizzava le sue prime opere digitali, sceglie ora di tornare alla carta, alla matita e ad una tecnica che richiede dedizione e lentezza, in netta antitesi con la velocità che caratterizza l’era digitale. La pittura digitale non esce di scena rispetto alla produzione più recente, ma ne diviene la base, il punto di partenza per lo sviluppo di lavori che richiedono concentrazione e pazienza certosine, introspezione e, non difficile da intuire, una profonda connessione spirituale. La scelta dell’artista è figlia di una riflessione sull'uso distorto della tecnologia, un uso che troppo spesso porta a pensare che la cosa migliore sia vivere nel virtuale, dimenticando che il proprio benessere spirituale e psicologico passa attraverso il corpo e che trascurando il corpo ci si può ammalare perché si dimentica la propria parte più naturale.
Galluzzi realizza immagini prive di riferimenti iconografici, forme che potrebbero essere ipotetiche strutture, biologiche o meno, la cui materia resta sconosciuta, facenti parte di quel mondo parallelo che, da essere umano, non riesce a percepire.
L’importanza di tornare al corpo e alla materia trasuda dalle carte sulle quali prendono forma figure che possono essere definite quali neografie, elementi o oggetti già esistenti la cui giustapposizione genera nuove ed originali immagini, realizzate con minuzia ossessiva e che richiedono, dopo una prima osservazione a distanza, di essere esplorate da vicino, in ogni dettaglio, nella ritmica matericità dei microsolchi tracciati con le punte metalliche che restituiscono un effetto d’insieme che tanto ricorda il rigatino del restauro.
In ogni sua composizione si palesa un invito al fruitore, un interesse ad instillare nella mente di chi osserva l'idea che esistano certe forme e che ciò che viene chiamato incorporeo o Dio in realtà è molto più prossimo all’essere umano, tanto da toccarlo, esattamente come avviene di fronte ad un'epifania: ci si appoggia ad un'esperienza fisica, quindi fatta di materia, pur non sapendo che materia sia.
Tutta la ricerca e la produzione di Galluzzi sono il tentativo di rispondere alle tante domande, intime ed universali allo stesso tempo, immaginando un mondo diverso ma comunque estremamente naturale, come naturale è l’essere umano e come, probabilmente, naturali sono le entità che lo toccano e che altrimenti non potrebbero toccarlo.
di Ilaria Caravaglio
“L’artista è uno sciamano” sosteneva Joseph Beuys, delineando la figura dell’artista quale essere chiamato ad assumere un ruolo di tramite tra il mondo materiale e quello spirituale, capace di una comunicazione più sottile, un perfetto ponte tra uomo e natura.
L’artista visto come colui il quale con la sua azione, talvolta anche con il suo corpo, materializza, dà sostanza, svela e celebra l’invisibile esercitando il diritto di creare e di contattare il divino, ma allo stesso tempo assecondando un bisogno che è lo stesso che muove la ricerca di Antonio Galluzzi, una ricerca imperniata sull’antico legame tra arte e spiritualità.
Alla base di tutto il lavoro di Galluzzi è infatti una instancabile esplorazione sul sacro, con un percorso in parte controverso, considerando che l’artista non si affida ad una religione specifica; ad accompagnarlo nel proprio percorso di uomo e di artista c’è la ferma convinzione, frutto di esperienze personali, che gli esseri umani siano circondati da entità superiori, presenze che non si riescono a percepire in maniera chiara a causa di un mero limite sensoriale.
A ben guardare, nel mare magnum di interrogativi e riflessioni talvolta contrastanti, quello di Galluzzi si rivela invece un percorso estremamente lineare, basato su alcuni punti fermi, seppur non canonici da tutti i punti di vista.
La genesi di Mysterious Traveller risiede in una serie di domande che accompagnano l’esistenza di Antonio Galluzzi come un funambolo in bilico tra curiosità e tormento, domande quali "Che forma hanno gli dei? Che forma hanno le cose che mi circondano? Di che colore è Dio?”
E’ così che il contrasto terminologico che vede definire Dio come un essere incorporeo in un mondo in cui tutti gli elementi naturali sono invece fortemente corporei si riversa sulla carta bianca da cui affiorano figure nere e non identificabili in oggetti o forme già esistenti.
Dal punto di vista tecnico-esecutivo, Galluzzi compie un percorso al contrario rispetto ad una tendenza globale che vede un crescente apporto della tecnologia nell’arte; lui, che nel 1984 con un IBM 5150 realizzava le sue prime opere digitali, sceglie ora di tornare alla carta, alla matita e ad una tecnica che richiede dedizione e lentezza, in netta antitesi con la velocità che caratterizza l’era digitale. La pittura digitale non esce di scena rispetto alla produzione più recente, ma ne diviene la base, il punto di partenza per lo sviluppo di lavori che richiedono concentrazione e pazienza certosine, introspezione e, non difficile da intuire, una profonda connessione spirituale. La scelta dell’artista è figlia di una riflessione sull'uso distorto della tecnologia, un uso che troppo spesso porta a pensare che la cosa migliore sia vivere nel virtuale, dimenticando che il proprio benessere spirituale e psicologico passa attraverso il corpo e che trascurando il corpo ci si può ammalare perché si dimentica la propria parte più naturale.
Galluzzi realizza immagini prive di riferimenti iconografici, forme che potrebbero essere ipotetiche strutture, biologiche o meno, la cui materia resta sconosciuta, facenti parte di quel mondo parallelo che, da essere umano, non riesce a percepire.
L’importanza di tornare al corpo e alla materia trasuda dalle carte sulle quali prendono forma figure che possono essere definite quali neografie, elementi o oggetti già esistenti la cui giustapposizione genera nuove ed originali immagini, realizzate con minuzia ossessiva e che richiedono, dopo una prima osservazione a distanza, di essere esplorate da vicino, in ogni dettaglio, nella ritmica matericità dei microsolchi tracciati con le punte metalliche che restituiscono un effetto d’insieme che tanto ricorda il rigatino del restauro.
In ogni sua composizione si palesa un invito al fruitore, un interesse ad instillare nella mente di chi osserva l'idea che esistano certe forme e che ciò che viene chiamato incorporeo o Dio in realtà è molto più prossimo all’essere umano, tanto da toccarlo, esattamente come avviene di fronte ad un'epifania: ci si appoggia ad un'esperienza fisica, quindi fatta di materia, pur non sapendo che materia sia.
Tutta la ricerca e la produzione di Galluzzi sono il tentativo di rispondere alle tante domande, intime ed universali allo stesso tempo, immaginando un mondo diverso ma comunque estremamente naturale, come naturale è l’essere umano e come, probabilmente, naturali sono le entità che lo toccano e che altrimenti non potrebbero toccarlo.
26
maggio 2023
Mysteriuos Traveller
Dal 26 maggio al 02 luglio 2023
arte contemporanea
Location
GIGI RIGLIACO GALLERY
Galatina, Via Adige, 32, (Lecce)
Galatina, Via Adige, 32, (Lecce)
Orario di apertura
10.30 - 12.30 e 17 - 20
Vernissage
26 Maggio 2023, 20
Editore
Grafiche Panico
Autore
Curatore
Autore testo critico
Media partner