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Nadia Scozzesi – Jesus sacro amor profano
Pittura che tende alla ”evidenziazione teatrale”, cioè a quella caratteristica defamiliarizzazione dall’ordinario, che rende il mondo del teatro diverso dal mondo quotidiano perché squarciato da uno Stoss, da un urto, da un colpo d’ascia che non lascia nulla come prima.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
SCOZZESI NADIA
Pittura che tende alla ”evidenziazione teatrale”, cioè
a quella caratteristica defamiliarizzazione dall’ordinario,
che rende il mondo del teatro diverso dal
mondo quotidiano perché squarciato da uno Stoss,
da un urto, da un colpo d’ascia che non lascia nulla
come prima.
L’intervento simbolico della Scozzesi sul suo immaginario
apre nuovi confini, che impediscono al linguaggio
di denotare in modo univoco il mondo e di
catturare la realtà nella sua rete di controllo.
Qui la comunicazione si fa più tesa perché i lembi di
demarcazione oscillano e diventano incerti e insicuri
portatori di una promessa di novità accattivante e arrischiata.
Scozzesi avrebbe una voglia matta di uscire dal figurativo
della rappresentazione delmondo. Nei suoi lavori
più maturi si vede la fatica di rimanere ancorata
alla figura e il desiderio di abbandonarsi all’informale.
La sua partitura ha ampie zone tormentate, caotiche,
esplosive, materiche come ai primordi, all’alba della
cosmogenesi. Eppure si sente costretta alla gravità
dell’immagine, quasi che non possa fare pittura senza
la dimensione figurale.
Ma nel momento stesso in cui delinea i contorni plastici
dell’immagine è presa improvvisamente dal demone
della distruzione del mondo, come un
bambino che disegna e poi d’un tratto cancella il suo
lavoro, oppure lo sovverte con segni inconsulti e folli.
Ilmeccanismo simbolico dell’opera della Scozzesi sta
in questa tensione tra la costruzione di un’immagine
particolareggiata, insistita nei dettagli, classica nelle
forme e la distruzione successiva di ogni segno in un
indistinto caotico. Lo scontro simbolico tra il familiare
e il sovversivo appare come il perpetuo gioco tra
visibile e invisibile. Il visibile non esiste senza l’invisibile,
il primo affonda le sue radici nel secondo. Il visibile
balena sulla tela solo per rendere noto che vi è
un flusso continuo nella coscienza tra ciò che emerge
e ciò che rimane oscuro e nell’ombra. Il figurativo familiare
è solo l’esca per attrarre l’attenzione sul fatto
che molto resta nell’ombra e che l’unico mondo non
è solo quello alla portata. Il 90% delle nostre esperienze,
sostiene Gorge Lakoff, sono inconsci, agiscono
su di noi senza che ce ne accorgiamo. È il
regno di Chora della cultura greca, dove sono tutte le
cose, il bello e il brutto, l’alto e il basso, l’onesto e il
triviale, l’inizio e la fine, la misura e la dismisura. La
raccolta “Ecce Domina”, ispirata al vangelo apocrifo
di Tommaso, esprime bene questo carattere ambiguo,
anfibologico dell’uomo-donna, “distinzione,
come ha detto G. Bagget Bozzo, tra l’origine della vita
e l’effusione di essa, tra Dio e divinità”.
Si farebbe torto alla Scozzesi intendere la sua pittura
come un cammeo prezioso in una cornice indistinta,
che serve solo da contorno. Al contrario la figura ricercata
con un naturalismo quasi fotografico è solo
un’allusione al suo fondamento, da dove affiora come
un vapore onirico. È l’invisibile la chiave di interpretazione
del visibile, non viceversa. La sua opera ripropone
l’adagio di Eraclito: “La natura ama
nascondersi”, ovvero la nascita porta in se la sua
morte, il visibile affiora dall’invisibile.
I contenuti tematici. che la poetica della Scozzesi
sembra dominare con tantamaestria, non sono il suo
vero obiettivo,ma l’occasione per annunciare ciò che
manca, ovvero il vuoto che alimenta la tensione simbolica
tra visibile e invisibile.
Le stesse tematiche religiose, tanto amate dall’artista,
risentono di questa tensione irrisolta e irrisolvibile.
Specialmente le scene della Passione di Cristo
mantengono vivo lo scarto kenotico tra l’abbassamento
di Dio e la sua esaltazione. Per questo forse
l’opera più teofanica non è la figurazione totalizzante
della Risurrezione o dell’Annunciazione, ma l’opera
tutta materica in cui campeggia la scritta: Eloì, Eloì,
lemà sabactani, in cui l’oscurità della croce è il vertice
che unisce cielo e terra.
Pittura che tende alla ”evidenziazione teatrale”, cioè
a quella caratteristica defamiliarizzazione dall’ordinario,
che rende il mondo del teatro diverso dal
mondo quotidiano perché squarciato da uno Stoss,
da un urto, da un colpo d’ascia che non lascia nulla
come prima.
L’intervento simbolico della Scozzesi sul suo immaginario
apre nuovi confini, che impediscono al linguaggio
di denotare in modo univoco il mondo e di
catturare la realtà nella sua rete di controllo.
Qui la comunicazione si fa più tesa perché i lembi di
demarcazione oscillano e diventano incerti e insicuri
portatori di una promessa di novità accattivante e arrischiata.
Scozzesi avrebbe una voglia matta di uscire dal figurativo
della rappresentazione delmondo. Nei suoi lavori
più maturi si vede la fatica di rimanere ancorata
alla figura e il desiderio di abbandonarsi all’informale.
La sua partitura ha ampie zone tormentate, caotiche,
esplosive, materiche come ai primordi, all’alba della
cosmogenesi. Eppure si sente costretta alla gravità
dell’immagine, quasi che non possa fare pittura senza
la dimensione figurale.
Ma nel momento stesso in cui delinea i contorni plastici
dell’immagine è presa improvvisamente dal demone
della distruzione del mondo, come un
bambino che disegna e poi d’un tratto cancella il suo
lavoro, oppure lo sovverte con segni inconsulti e folli.
Ilmeccanismo simbolico dell’opera della Scozzesi sta
in questa tensione tra la costruzione di un’immagine
particolareggiata, insistita nei dettagli, classica nelle
forme e la distruzione successiva di ogni segno in un
indistinto caotico. Lo scontro simbolico tra il familiare
e il sovversivo appare come il perpetuo gioco tra
visibile e invisibile. Il visibile non esiste senza l’invisibile,
il primo affonda le sue radici nel secondo. Il visibile
balena sulla tela solo per rendere noto che vi è
un flusso continuo nella coscienza tra ciò che emerge
e ciò che rimane oscuro e nell’ombra. Il figurativo familiare
è solo l’esca per attrarre l’attenzione sul fatto
che molto resta nell’ombra e che l’unico mondo non
è solo quello alla portata. Il 90% delle nostre esperienze,
sostiene Gorge Lakoff, sono inconsci, agiscono
su di noi senza che ce ne accorgiamo. È il
regno di Chora della cultura greca, dove sono tutte le
cose, il bello e il brutto, l’alto e il basso, l’onesto e il
triviale, l’inizio e la fine, la misura e la dismisura. La
raccolta “Ecce Domina”, ispirata al vangelo apocrifo
di Tommaso, esprime bene questo carattere ambiguo,
anfibologico dell’uomo-donna, “distinzione,
come ha detto G. Bagget Bozzo, tra l’origine della vita
e l’effusione di essa, tra Dio e divinità”.
Si farebbe torto alla Scozzesi intendere la sua pittura
come un cammeo prezioso in una cornice indistinta,
che serve solo da contorno. Al contrario la figura ricercata
con un naturalismo quasi fotografico è solo
un’allusione al suo fondamento, da dove affiora come
un vapore onirico. È l’invisibile la chiave di interpretazione
del visibile, non viceversa. La sua opera ripropone
l’adagio di Eraclito: “La natura ama
nascondersi”, ovvero la nascita porta in se la sua
morte, il visibile affiora dall’invisibile.
I contenuti tematici. che la poetica della Scozzesi
sembra dominare con tantamaestria, non sono il suo
vero obiettivo,ma l’occasione per annunciare ciò che
manca, ovvero il vuoto che alimenta la tensione simbolica
tra visibile e invisibile.
Le stesse tematiche religiose, tanto amate dall’artista,
risentono di questa tensione irrisolta e irrisolvibile.
Specialmente le scene della Passione di Cristo
mantengono vivo lo scarto kenotico tra l’abbassamento
di Dio e la sua esaltazione. Per questo forse
l’opera più teofanica non è la figurazione totalizzante
della Risurrezione o dell’Annunciazione, ma l’opera
tutta materica in cui campeggia la scritta: Eloì, Eloì,
lemà sabactani, in cui l’oscurità della croce è il vertice
che unisce cielo e terra.
16
aprile 2011
Nadia Scozzesi – Jesus sacro amor profano
Dal 16 aprile al 22 maggio 2011
arte contemporanea
Location
SANTA MARIA DELLE GRAZIE
Vigoleno, centro storico, (Piacenza)
Vigoleno, centro storico, (Piacenza)
Orario di apertura
Sabato e Domenica 11-12.30; 14-18
Sito web
www.labottegadivigoleno.com
Autore