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Nat’s – FORGET ME
“Non mi interessa la permanenza dell’arte, ma piuttosto la sua scomparsa, l’oblio e la dimenticanza in contrapposizione alla vitalità dell’azione con la sua impellenza ossessiva.”
Comunicato stampa
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2,4 miliardi di anni fa i mari della terra si popolarono di cianobatteri, microrganismi che attraverso la fotosintesi immisero ossigeno nell’atmosfera: grazie a questo processo, il ferro presente negli oceani iniziò a depositarsi sui fondali dove si accumulò in rocce sedimentarie.
Nella seconda metà del ‘700 la tecnologia acquisita durante la rivoluzione industriale rese possibile lo sfruttamento di quelle rocce e del carbone formatosi dai resti di animali e piante morti milioni di +
anni prima: combinando questi elementi si ottiene l’acciaio, materiale col quale si costruiscono i treni ed i binari sui quali corrono. Dagli anni ’40 del 1800 le reti ferroviarie si sviluppano in tutta Europa, modificando l’economia, il paesaggio urbano e le abitudini delle persone.
William Turner nella sua opera “Pioggia, vapore e velocità” del 1844 ritrae un treno mentre attraversa un ponte sul Tamigi; il treno entra così nell’estetica del sublime dell’arte, oggetto artificiale capace di incantare le persone con un “orrore dilettevole” tanto quanto vedute bucoliche o paesaggi naturali maestosi. Il treno affascina.
Da bambino, mio nonno mi portava a fare brevi gite in treno: due o tre fermate per poi prendere una coincidenza e tornare a casa. Da quel momento sono stato ammaliato dall’ambiente ferroviario. Ho iniziato a frequentare i depositi attratto magneticamente dalla loro luce, dal loro silenzio, dall’odore di ruggine, nafta, grasso, dalla resistenza estrema degli animali e delle piante che li popolano, dal calore delle fiancate metalliche dei treni.
In questi luoghi mi perdo, mi abbandono al fluire di ciò che sono in quel momento ed in quel luogo. Divento azione e gesto, per esistere come colore sulla fiancata di un vagone, con forme alle volte studiate, altre volte frutto dell’improvvisazione, linee e campiture di colore figlie di quella circostanza.
Con questi elementi ammanto le superfici dei convogli per diffondere la mia sostanza, è un’idea che cerca di appropriarsi fugacemente di uno spazio pubblico, di trasformarlo. Insiemi di linee per definire un’animo mutevole, per creare vertigine, per confondere con colori psichedelici, capaci di trasportarmi altrove.
Questa condotta è rivolta a me stesso, porta alla luce la mia natura più intima, non è perseguita per stupire i viaggiatori o i ferrovieri.
Lo scatto documenta tutto questo, ma in realtà diventa l’opera che ho appena creato: non osservo ciò che dipingo, gli volto le spalle e camminando mi allontano, consapevole che il climax raggiunto rimarrà unicamente in una fotografia, ideata insieme al dipinto di cui è parte integrante e che rappresenta il fine ultimo del mio processo creativo.
Nel momento in cui scatto la fotografia il treno è già pulito nella mia mente: le imprese di pulizie interverranno per realizzare il futuro a cui i miei dipinti erano destinati.
Mi capita di prendere il treno: lo aspetto impaziente sul marciapiede ed ogni volta si ravviva il mio fascino per esso. Osservo il convoglio che si avvicina, che scorre di fronte ai miei occhi pulito e quando tutto è stato cancellato un profondo senso di pace mi pervade.
Non mi interessa la permanenza dell’arte, ma piuttosto la sua scomparsa, l’oblio e la dimenticanza in contrapposizione alla vitalità dell’azione che con la sua impellenza ossessiva mi porta a ripetere questo procedimento.
La livrea del treno tornerà a dominare, piccoli segni di vernice rimarranno, ma sarà l’immagine aziendale della compagnia di trasporti a solcare il paesaggio della provincia italiana.
L’ultima fase del percorso artistico è dominata dall’elemento del fuoco, altra scoperta che ha rivoluzionato la storia dell’uomo. Ha una forza distruttiva che risveglia paure ancestrali, ma rappresenta anche una forza della natura che si può utilizzare per creare. Prima di uscire dal deposito, le fiamme divorano i fogli di carta con i bozzetti preparatori, luce abbagliante nella notte buia, forza distruttrice che elimina ciò che rimane di tangibile della mia creazione.
Nella seconda metà del ‘700 la tecnologia acquisita durante la rivoluzione industriale rese possibile lo sfruttamento di quelle rocce e del carbone formatosi dai resti di animali e piante morti milioni di +
anni prima: combinando questi elementi si ottiene l’acciaio, materiale col quale si costruiscono i treni ed i binari sui quali corrono. Dagli anni ’40 del 1800 le reti ferroviarie si sviluppano in tutta Europa, modificando l’economia, il paesaggio urbano e le abitudini delle persone.
William Turner nella sua opera “Pioggia, vapore e velocità” del 1844 ritrae un treno mentre attraversa un ponte sul Tamigi; il treno entra così nell’estetica del sublime dell’arte, oggetto artificiale capace di incantare le persone con un “orrore dilettevole” tanto quanto vedute bucoliche o paesaggi naturali maestosi. Il treno affascina.
Da bambino, mio nonno mi portava a fare brevi gite in treno: due o tre fermate per poi prendere una coincidenza e tornare a casa. Da quel momento sono stato ammaliato dall’ambiente ferroviario. Ho iniziato a frequentare i depositi attratto magneticamente dalla loro luce, dal loro silenzio, dall’odore di ruggine, nafta, grasso, dalla resistenza estrema degli animali e delle piante che li popolano, dal calore delle fiancate metalliche dei treni.
In questi luoghi mi perdo, mi abbandono al fluire di ciò che sono in quel momento ed in quel luogo. Divento azione e gesto, per esistere come colore sulla fiancata di un vagone, con forme alle volte studiate, altre volte frutto dell’improvvisazione, linee e campiture di colore figlie di quella circostanza.
Con questi elementi ammanto le superfici dei convogli per diffondere la mia sostanza, è un’idea che cerca di appropriarsi fugacemente di uno spazio pubblico, di trasformarlo. Insiemi di linee per definire un’animo mutevole, per creare vertigine, per confondere con colori psichedelici, capaci di trasportarmi altrove.
Questa condotta è rivolta a me stesso, porta alla luce la mia natura più intima, non è perseguita per stupire i viaggiatori o i ferrovieri.
Lo scatto documenta tutto questo, ma in realtà diventa l’opera che ho appena creato: non osservo ciò che dipingo, gli volto le spalle e camminando mi allontano, consapevole che il climax raggiunto rimarrà unicamente in una fotografia, ideata insieme al dipinto di cui è parte integrante e che rappresenta il fine ultimo del mio processo creativo.
Nel momento in cui scatto la fotografia il treno è già pulito nella mia mente: le imprese di pulizie interverranno per realizzare il futuro a cui i miei dipinti erano destinati.
Mi capita di prendere il treno: lo aspetto impaziente sul marciapiede ed ogni volta si ravviva il mio fascino per esso. Osservo il convoglio che si avvicina, che scorre di fronte ai miei occhi pulito e quando tutto è stato cancellato un profondo senso di pace mi pervade.
Non mi interessa la permanenza dell’arte, ma piuttosto la sua scomparsa, l’oblio e la dimenticanza in contrapposizione alla vitalità dell’azione che con la sua impellenza ossessiva mi porta a ripetere questo procedimento.
La livrea del treno tornerà a dominare, piccoli segni di vernice rimarranno, ma sarà l’immagine aziendale della compagnia di trasporti a solcare il paesaggio della provincia italiana.
L’ultima fase del percorso artistico è dominata dall’elemento del fuoco, altra scoperta che ha rivoluzionato la storia dell’uomo. Ha una forza distruttiva che risveglia paure ancestrali, ma rappresenta anche una forza della natura che si può utilizzare per creare. Prima di uscire dal deposito, le fiamme divorano i fogli di carta con i bozzetti preparatori, luce abbagliante nella notte buia, forza distruttrice che elimina ciò che rimane di tangibile della mia creazione.
11
maggio 2024
Nat’s – FORGET ME
Dall'undici maggio al 22 giugno 2024
arte contemporanea
fotografia
fotografia
Location
Hobo – Spazio Urbano
Modena, Via Carteria, 104, (MO)
Modena, Via Carteria, 104, (MO)
Orario di apertura
LUN-MAR 18.30 / 20.00 GIO-DOM Su appuntamento
Vernissage
11 Maggio 2024, 18.30 - 21.30
Sito web
Autore
Curatore
Produzione organizzazione