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Natura in bianco e nero
L’uso del bianco e del nero in soggetti naturalistici è stato frequentemente praticato nella gioielleria del passato
Comunicato stampa
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L’uso del bianco e del nero in soggetti naturalistici è stato frequentemente praticato nella gioielleria del passato. Il nero ha avuto una larga diffusione per il gusto memorialista del gioiello sentimentale e romantico, assumendo un valore simbolico e mistico. Smalti, onici, piriti, ematiti, vulcaniti, jet hanno offerto le loro peculiarità materiche per monili da lutto, non solo, ma per ornamenti la cui severa costruzione contrastava maliziosamente, evidenziandola, la sensuale esibizione di forme muliebri nelle azzardate scollature di abiti di antica foggia.
Il bianco, reso sublime da sperimentazioni di alta perizia tecnica con materiali non sempre strettamente preziosi come le agate, gli avori, le conchiglie, i coralli, rappresentava il candore, l’innocenza, il pudore, doti assolutamente imprescindibili nella formazione di una giovane. Le perle, da sempre legate alla simbologia del mare, delle maree e degli arcani influssi lunari, per la loro origine bio-zoomorfica, per la loro perfetta sfericità, esercitavano il fascino del mistero, dell’eccezione. Nel contempo per le loro estrose difformità le perle, definite scaramazze o barocche, ispirarono interpretazioni fantastiche sin dall’epoca rinascimentale.
Nell’arte orafa contemporanea la scelta del non colore, il bianco e il nero, ha un grande rilievo: il nero è espresso come negazione della forma, che, da questa ipotesi di azzeramento, al contrario, acquisisce maggiore enfasi; il bianco è spazio vergine assoluto dove ogni grafia evoca il segno primigenio.
Il gioiello contemporaneo privilegia una natura inventata, trasformata, a volte deformata, molto spesso contrassegnata da componenti astratti. Nelle nere spille di Georg Dobler i fiori appaiono come esemplari rigorosamente botanici mentre sono pervasi da un freddo tecnicismo strutturale che risente della trascorsa lezione minimalista dell’autore.
Di Karen Pontoppidan i fragili fiori e gli animali innocenti, apparentemente tracciati da un bulino sullo smalto latteo, si mescolano con immagini tecnologiche o di violenza quotidiana, che, benché espresse in un’apparente infantile imperizia, sprigionano un oscuro sentimento di disagio.
Il bianco assoluto della porcellana ispira a Iris Eichenberg una fioritura di steli e di tronchi fissati nella rigidità marmorea di una natura pietrificata, già monumento memorialistico. Alcuni rami appaiono in esasperate contorsioni, cosparsi di boccioli resi da una candida fettuccia arrotolata: ne scaturisce però una immagine dolente che suggerisce come quelle protuberanze non siano fiorescenze in atto ma piuttosto strette fasciature di bende immacolate a medicare latenti ferite che minano la vita della pianta.
Le materiche alterazioni apportate da Karl Fritsch ai suoi anelli in bianco e nero producono complesse germinazioni, in apparenza gioiose pulsioni vitali, ma possibili deformazioni grottesche di una patologica autoproliferazione.
Alcuni protagonisti della Scuola di Padova, meglio conosciuti per la loro propensione verso la composizione geometrica, di recente sono stati attratti dal naturalismo. Piergiuliano Reveane ripropone la rigorosa suddivisione delle colture dei campi: i simmetrici solchi sono resi da ordinati fili aurei mobili che si elevano nelle spille la cui nera superficie niellata appare come terra cosparsa dalla bianca brina di lucenti diamanti.
Barbara Paganin, già incline al naturalismo, interpretato però nella riduzione di componenti essenziali, si arrende alla mobilità di fiori che si ergono come convolvoli bianchi in piani complessi cosparsi di oscuri segni e di arcani strumenti. Recentemente ha sperimentato la ceramica bianca: le plurime forme arrotondate, mammellari, ripropongono una natura benigna, madre protettiva nel suo eterno rigenerarsi. L’ondulazione delle forme di argilla è sostenuta da una struttura aurea dove, sparsi, appaiono gentili minuscoli fiori di vetro e di smalti. La dolcezza del linguaggio di Paganin contrasta con la severità espressa in una serie di lavori del recente passato dedicati a cupi fondali marini, a nere rocce vulcaniche, a calcaree stalagmiti. L’oro era celato da nielli, da patinature, da ossidazioni, in una molteplicità di densi bruni sempre variati.
Stefano Marchetti, nel suo percorso dal segno alle volumetrie spaziali, scopre le forme organiche evidenziate in un abbagliante candore su rigide strutture nere. Perviene a una decisa definizione floreale con un grande anello, la cui larga superficie di oro niellato supporta forme d’oro bianco merlettate, in rilievo, che fanno immaginare fronde d’albero o farfalle in movimento.
Annamaria Zanella si dedica alla natura con opere inedite benché la ricchezza delle stratificazioni materiche dei precedenti lavori, rigorosamente astratti, già contenesse i germi di una deflagrazione naturalistica. Dapprima sono le superfici a essere sensibilizzate da una rete di segni come un tessuto organico in lavori intitolati “Skin”. Successivamente l’artista accede a una più riconoscibile formulazione floreale la cui espansione vitale è trattenuta da strutture metalliche, un tempo autonome nella propria gestualità informale.
Graziella Folchini Grassetto
Il bianco, reso sublime da sperimentazioni di alta perizia tecnica con materiali non sempre strettamente preziosi come le agate, gli avori, le conchiglie, i coralli, rappresentava il candore, l’innocenza, il pudore, doti assolutamente imprescindibili nella formazione di una giovane. Le perle, da sempre legate alla simbologia del mare, delle maree e degli arcani influssi lunari, per la loro origine bio-zoomorfica, per la loro perfetta sfericità, esercitavano il fascino del mistero, dell’eccezione. Nel contempo per le loro estrose difformità le perle, definite scaramazze o barocche, ispirarono interpretazioni fantastiche sin dall’epoca rinascimentale.
Nell’arte orafa contemporanea la scelta del non colore, il bianco e il nero, ha un grande rilievo: il nero è espresso come negazione della forma, che, da questa ipotesi di azzeramento, al contrario, acquisisce maggiore enfasi; il bianco è spazio vergine assoluto dove ogni grafia evoca il segno primigenio.
Il gioiello contemporaneo privilegia una natura inventata, trasformata, a volte deformata, molto spesso contrassegnata da componenti astratti. Nelle nere spille di Georg Dobler i fiori appaiono come esemplari rigorosamente botanici mentre sono pervasi da un freddo tecnicismo strutturale che risente della trascorsa lezione minimalista dell’autore.
Di Karen Pontoppidan i fragili fiori e gli animali innocenti, apparentemente tracciati da un bulino sullo smalto latteo, si mescolano con immagini tecnologiche o di violenza quotidiana, che, benché espresse in un’apparente infantile imperizia, sprigionano un oscuro sentimento di disagio.
Il bianco assoluto della porcellana ispira a Iris Eichenberg una fioritura di steli e di tronchi fissati nella rigidità marmorea di una natura pietrificata, già monumento memorialistico. Alcuni rami appaiono in esasperate contorsioni, cosparsi di boccioli resi da una candida fettuccia arrotolata: ne scaturisce però una immagine dolente che suggerisce come quelle protuberanze non siano fiorescenze in atto ma piuttosto strette fasciature di bende immacolate a medicare latenti ferite che minano la vita della pianta.
Le materiche alterazioni apportate da Karl Fritsch ai suoi anelli in bianco e nero producono complesse germinazioni, in apparenza gioiose pulsioni vitali, ma possibili deformazioni grottesche di una patologica autoproliferazione.
Alcuni protagonisti della Scuola di Padova, meglio conosciuti per la loro propensione verso la composizione geometrica, di recente sono stati attratti dal naturalismo. Piergiuliano Reveane ripropone la rigorosa suddivisione delle colture dei campi: i simmetrici solchi sono resi da ordinati fili aurei mobili che si elevano nelle spille la cui nera superficie niellata appare come terra cosparsa dalla bianca brina di lucenti diamanti.
Barbara Paganin, già incline al naturalismo, interpretato però nella riduzione di componenti essenziali, si arrende alla mobilità di fiori che si ergono come convolvoli bianchi in piani complessi cosparsi di oscuri segni e di arcani strumenti. Recentemente ha sperimentato la ceramica bianca: le plurime forme arrotondate, mammellari, ripropongono una natura benigna, madre protettiva nel suo eterno rigenerarsi. L’ondulazione delle forme di argilla è sostenuta da una struttura aurea dove, sparsi, appaiono gentili minuscoli fiori di vetro e di smalti. La dolcezza del linguaggio di Paganin contrasta con la severità espressa in una serie di lavori del recente passato dedicati a cupi fondali marini, a nere rocce vulcaniche, a calcaree stalagmiti. L’oro era celato da nielli, da patinature, da ossidazioni, in una molteplicità di densi bruni sempre variati.
Stefano Marchetti, nel suo percorso dal segno alle volumetrie spaziali, scopre le forme organiche evidenziate in un abbagliante candore su rigide strutture nere. Perviene a una decisa definizione floreale con un grande anello, la cui larga superficie di oro niellato supporta forme d’oro bianco merlettate, in rilievo, che fanno immaginare fronde d’albero o farfalle in movimento.
Annamaria Zanella si dedica alla natura con opere inedite benché la ricchezza delle stratificazioni materiche dei precedenti lavori, rigorosamente astratti, già contenesse i germi di una deflagrazione naturalistica. Dapprima sono le superfici a essere sensibilizzate da una rete di segni come un tessuto organico in lavori intitolati “Skin”. Successivamente l’artista accede a una più riconoscibile formulazione floreale la cui espansione vitale è trattenuta da strutture metalliche, un tempo autonome nella propria gestualità informale.
Graziella Folchini Grassetto
26
ottobre 2006
Natura in bianco e nero
Dal 26 ottobre al 20 dicembre 2006
arti decorative e industriali
Location
ENTRATALIBERA
Milano, Corso Indipendenza, 16, (Milano)
Milano, Corso Indipendenza, 16, (Milano)
Orario di apertura
11-22
Vernissage
26 Ottobre 2006, ore 18