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Nello spazio della Croce
E’ un’attualissima meditatio passionis Christi quella che ci offre la mostra collettiva “Nello spazio della Croce”, ospitata dalla Chiesa di San Salvador, nel cuore di Venezia.
Comunicato stampa
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Riflessioni sul crocefisso
E’ un’attualissima meditatio passionis Christi quella che ci offre la mostra collettiva “Nello spazio della Croce”, ospitata dalla Chiesa di San Salvador, nel cuore di Venezia.
Significativo il paragone con il celebre crocefisso di Giotto di Bondone della Chiesa di Santa Maria Novella a Firenze, che alla fine del Duecento segnò un’innovazione concettuale nella tradizionale iconografia europea raffigurando un Cristo con sembianze più umane. Un crescente realismo artistico che all’epoca puntava a un maggiore coinvolgimento emotivo dello spettatore.
Ritroviamo il concetto del Cristo sofferente, col viso chino, i capelli arruffati e il corpo vessato sulla croce anche in questa mostra collettiva di dodici pittori contemporanei. Non si scostano dall’iconografia classica i pittori più affermati quali Luigi Rocca e Lucia Sarto, ma anche un giovanissimo Riccardo Costantini la rielabora secondo la propria concezione artistica. Del tutto divergente l’opera di Igor Molin, che trasforma il crocefisso in un compianto su un Cristo vivo, anzi, vivissimo, partecipe della scena, avvolto in una luce divina (un chiaro rimando all’aureola giottesca) e rivolto verso l’alto come se stesse aspettando la chiamata del Padre, consapevole della Resurrezione redentrice. Molin crea uno sfondo drammatico affidando il grido dell’umanità a due donne inginocchiate ai piedi del crocefisso e lascia il pianto, nascosto dietro enormi mani, a due figure poste ai lati della traversa orizzontale della Croce dove Giotto collocò la Madonna e l’apostolo Giovanni.
L’elemento chiave nell’opera di Anna Madia sono i volti umani sovradimensionati, diretti verso lo spettatore, che affiancando un elegante Cristo mantegnesco sollevano provocatoriamente il perenne quesito del “perché”. Una domanda che, al contrario, non viene posta nell’opera del pittore iperrealista Luigi Rocca, nella quale un’umile consapevolezza caratterizza la figura minuta del Cristo. Il figlio di Dio, chinando la testa, sembra rimettersi al verdetto paterno che colpirà la metropoli americana di New York. L’immagine della città vista dall’alto, i cui grattacieli rimandano alle innumerevoli anime cittadine, assume sullo sfondo delle Torri Gemelle un risvolto apocalittico. L’artista veneziano Riccardo Costantini rinuncia invece completamente all’affollamento umano che di norma caratterizza le sue tele: lo spazio è occupato da uno sfondo acqueo sul quale si staglia la figura di un Cristo che, nonostante segua l’iconografia giottesca, riesce a trasmettere un’immagine modernissima.
Lo spazio della croce gotica del Giotto conferisce agli artisti un ampio margine creativo, che essi sanno elaborare sapientemente. Così Lucia Sarto solleva idealmente il Cristo morto in un cielo animato da colombe della pace, quasi alzasse le braccia aperte per librarsi verso un paradiso ideale realizzato secondo i canoni del romanticismo realistico dell’artista. Anche l’artista Annalù si rivolge all’anima del Cristo morto e ricordando le ultime parole di Gesù nella Passione secondo Luca: “Padre, nelle Tue mani affido il mio spirito”, lascia solamente la sagoma delle sue fattezze terrene avvolta in una lieve nube bianca di lana di vetro.
Troviamo forme astratte nelle opere di artisti come Mario Formica, che con materiali tecnologici di recupero realizza una creatura fantasiosa su uno sfondo di colore terracotta, quasi volesse simbolicamente radicare l’uomo del ventunesimo secolo nella millenaria storia cristologica. Un elemento che compare in una diversa chiave iconografica anche nell’opera dell’orafo Luciano Meggiarin, il cui Cristo è crocefisso su una Croce che riproduce le sembianze di un magnifico albero della vita, una vita che a tratti ricorda il volto del pittore stesso come nell’immagine di Cristo nel quadro di Miria Malandri: l’artista, infatti, sembra rispecchiarsi nel profilo di un Cristo sereno, confortato da chi gli sta vicino, da chi lo sostiene idealmente.
L’elemento narrativo prevale nell’opera del bellunese Franco Murrer, che pone il Cristo su un telo rosso, alludendo al sangue versato. Scene del Nuovo Testamento affiancano il Figlio di Dio: la caduta di Cristo sotto la croce (che in alto sostituisce la scritta INRI), ma anche soldati a cavallo che rimandano al Cristo catturato, crocefisso da forze militari. Il Cristo sulla Croce dell’artista vetraio Norberto Moretti, discendente da una dinastia di vetrai di Murano, è invece un Cristo spezzato. L’artista applica con maestria pesanti vetrate dall’aspetto di filigrane e dall’aura sublime tornando volutamente alla forma più arcaica del Christus patiens di Giunta Pisano. L’opera “Il Dono”, di Mario Gualandri, ci offre invece un essenzialismo astratto, che trasforma l’icona della croce in una silhouette lineare, il cui titolo, che rimanda al sacrificio di Gesù quale atto di profondo amore verso l’umanità, lascia ampio spazio alla riflessione.
Dodici crocefissi, dunque, quali trasposizione ideale dell’opera giottesca, dai quali traspare manifestamente quella Afficio descritta da Guillaume Durand alla fine del Duecento, che ci impressiona ed emoziona a un tempo.
Petra Schaefer
Centro Tedesco di Studi Veneziani
25
aprile 2010
Nello spazio della Croce
Dal 25 aprile al 30 maggio 2010
arte contemporanea
Location
CHIESA DI SAN SALVADOR
Venezia, Campo San Salvador, (Venezia)
Venezia, Campo San Salvador, (Venezia)
Orario di apertura
ogni giorno dalle 9 alle 12 e dalle 15
alle 18.
Autore