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Nichilismo metropolitano
Otto artisti provenienti da diverse regioni d’Italia interpretano, con ironia e vanità, la dimensione del quotidiano mettendone in risalto lo spirito nichilista della metropoli lombarda.
Comunicato stampa
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Nichilismo metropolitano
Nove artisti accomunati da uno sguardo disincantato sulla realtà.
Nove voci dure e crude che scandagliano la metropoli. Dai suoi
segreti più sordidi ai suoi vizi più frivoli. Una pennellata forte,
espressionista, gestuale accomuna il lavoro di Cristina Gandini e
della coppia Borgiani Simoncini. La prima realizza visi dalle cromie
stravolte, urlate, colti in un primissimo piano che sembra sul punto
di esplodere fuori dai confini della tela; gli altri due inventano
deformazioni che, sulle tracce di Bacon, raccontano in pochi tratti
la sofferenza umana, forse le violenze nascoste dietro una porta
chiusa, dietro facciate sorridenti e rassicuranti.
Anche il lavoro di Lorena Cacucciolo indaga dietro la porta chiusa.
Una pennellata pastosa, soffusa di luce, spia silenziosi interni
borghesi gremiti di oggetti o scorci di letti sfatti che parlano di
assenze intrise di malinconia. Un senso tutto femminile della
solitudine che nelle tele di Sonia Ceccotti si fa provocazione
gridata, anche se sempre colorata di tenera autoironia. Costrette a
fare i conti con una realtà dove i rospi non sono più capaci di
trasformarsi in principi azzurri, le sue ragazze – corpi forti,
raccontati con solido senso di realtà – non perdono l’ottimismo e
guardano lo spettatore dritto negli occhi con un’aria di scanzonata
ironia.
Donne completamente diverse sono, invece, quelle che emergono dalle
tele di Max Gasparini. Sono apparizioni, fantasmi sensuali
gocciolanti di colore, fanciulle preraffaellite il cui sguardo rapace
incanta lo spettatore, imprigionandolo senza scampo come il canto
delle sirene.
Vicini per sensibilità alla poetica della Pop Art – sebbene con
esiti molto diversi tra loro – sono infine i lavori di Edoardo
Stramacchia, Antonella Tolve e Oreste Minini. Il primo, con un
procedere raffinato e minuziosissimo, trasforma pagine di fumetti in
pattern astratti o appena decifrabili, oppure gioca sulla sagoma
riconoscibile del personaggio di un cartoon facendolo diventare
modulo ripetitivo fino all’ossessione. La Tolve invece, con un
occhio a Roy Lichtenstein e uno alla segnaletica, racconta in
campiture piatte – in vignette di sapore pubblicitario – l’ansia
contemporanea per il possesso.
E poi c’è Minini, l’unico scultore del gruppo. I suoi solidi
biomorfi dai colori accesi potrebbero essere animali primitivi,
oppure gli ultimi abitanti di un futuro post-atomico, eredi di una
società sciagurata e sconfitta.
Nove artisti accomunati da uno sguardo disincantato sulla realtà.
Nove voci dure e crude che scandagliano la metropoli. Dai suoi
segreti più sordidi ai suoi vizi più frivoli. Una pennellata forte,
espressionista, gestuale accomuna il lavoro di Cristina Gandini e
della coppia Borgiani Simoncini. La prima realizza visi dalle cromie
stravolte, urlate, colti in un primissimo piano che sembra sul punto
di esplodere fuori dai confini della tela; gli altri due inventano
deformazioni che, sulle tracce di Bacon, raccontano in pochi tratti
la sofferenza umana, forse le violenze nascoste dietro una porta
chiusa, dietro facciate sorridenti e rassicuranti.
Anche il lavoro di Lorena Cacucciolo indaga dietro la porta chiusa.
Una pennellata pastosa, soffusa di luce, spia silenziosi interni
borghesi gremiti di oggetti o scorci di letti sfatti che parlano di
assenze intrise di malinconia. Un senso tutto femminile della
solitudine che nelle tele di Sonia Ceccotti si fa provocazione
gridata, anche se sempre colorata di tenera autoironia. Costrette a
fare i conti con una realtà dove i rospi non sono più capaci di
trasformarsi in principi azzurri, le sue ragazze – corpi forti,
raccontati con solido senso di realtà – non perdono l’ottimismo e
guardano lo spettatore dritto negli occhi con un’aria di scanzonata
ironia.
Donne completamente diverse sono, invece, quelle che emergono dalle
tele di Max Gasparini. Sono apparizioni, fantasmi sensuali
gocciolanti di colore, fanciulle preraffaellite il cui sguardo rapace
incanta lo spettatore, imprigionandolo senza scampo come il canto
delle sirene.
Vicini per sensibilità alla poetica della Pop Art – sebbene con
esiti molto diversi tra loro – sono infine i lavori di Edoardo
Stramacchia, Antonella Tolve e Oreste Minini. Il primo, con un
procedere raffinato e minuziosissimo, trasforma pagine di fumetti in
pattern astratti o appena decifrabili, oppure gioca sulla sagoma
riconoscibile del personaggio di un cartoon facendolo diventare
modulo ripetitivo fino all’ossessione. La Tolve invece, con un
occhio a Roy Lichtenstein e uno alla segnaletica, racconta in
campiture piatte – in vignette di sapore pubblicitario – l’ansia
contemporanea per il possesso.
E poi c’è Minini, l’unico scultore del gruppo. I suoi solidi
biomorfi dai colori accesi potrebbero essere animali primitivi,
oppure gli ultimi abitanti di un futuro post-atomico, eredi di una
società sciagurata e sconfitta.
27
maggio 2009
Nichilismo metropolitano
Dal 27 maggio al 27 giugno 2009
arte contemporanea
Location
GALLERIA PREVITALI
Milano, Via Elia Lombardini, 14, (Milano)
Milano, Via Elia Lombardini, 14, (Milano)
Orario di apertura
da martedì a sabato ore 16-19,30
Vernissage
27 Maggio 2009, h 18,30
Autore
Curatore