Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Nico Macina – Bbtween
Il lavoro di Nico Macina si dispone nell’ordine della perdita ed in quello dell’acquisizione, le sue foto si situano in una sorta di limen tra definito e indistinto.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
LA DISTINZIONE DELL’INDISTINTO
Il lavoro di Nico Macina si dispone nell’ordine della perdita ed in quello dell’acquisizione,
le sue foto si situano in una sorta di limen tra definito e indistinto.
Il ritratto, ambiguamente si pone come pretesto immaginale poiché la figura persa in una
sfocatura che vela significativamente i connotati fisionomici, viene contrapposta ad un
fondo perfettamente delineato da una ossessiva,quanto algida descrittività.
Il modus operandi di Macina è ancora più sottile, poiché si concretizza in un ulteriore
intervento che riconduce l’operazione intrapresa ad un livello che riguarda più
decisamente l’epidermide fotografica.
Il testo figurale è quindi dissezionato in una sorta di autopsia visiva e concettuale,quasi
che l’artista sovrapponga varie categorie del vedere sino alla conformazione di una
immagine compiuta, seppur apparentemente incongrua.
Il ritratto, si diceva, è il pretesto ed il testo da cui parte Macina,
evidenziato e scaldato emotivamente dall’assunzione di modelli che peraltro hanno
rapporti di amicizia con l’autore.
In questa “messa in posa” si insinua già una sorta di larvale decostruzione; le figure non si
presentano attraverso una palesante messa a fuoco dei particolari, ma suggeriscono il
loro esserci attraverso l’adozione di una decisa sottrazione di nitidezza che le pone in una
sorta di limbo indistinto.
Le figure sono di fatto come rinserrate tra due griglie operative che si danno come duplice
modalità dell’immagine: lo sfondo e l’intervento di superficie.
Lo sfondo adotta un esplicito principio di banalità nell’uso di motivi decorativi prestampati,
reso ancor insinuante da una messa a fuoco ben curata e attenta nell’evidenziare la
texture del materiale adottato.
Non c’è però preziosità visiva, solo una laconica constatazione di esplicito schermo
frontale,contro cui il personaggio si staglia, quasi che questo sia una sorta di ingombro
visivo, con la sua indistinta presenza, che occlude la vivace docoratività dello sfondo.
L’altro intervento, è il caso di dirlo, si dispone sul piano epidermico della superficie,
intaccando la figura stessa in una sorta di artificiale alterazione distratta dell’operatività
fotografica.
Quindi filamenti, pressioni digitali, macchie, tutto un corredo di errori e disordini sorta di
enunciazione di errori che di norma vanno evitati nel corso del procedimento fotografico e
di stampa della pellicola.
Il gioco è quindi dichiarato, la pelle della fotografia è volutamente inquinata da inserti
apparentemente casuali ed incidentali, che formano una prima epidermide visiva.
La figura è già in un piano arretrato e si propone nella sua presenza indistinta come
schermo intermedio, lo sfondo dichiarato e visualizzato da una precisa e banale
descrittività, si pone quindi come strato profondo dell’immagine, dichiarando l’attitudine
marcatamente concettuale di tutta l’operazione.
Risulta palese ciò che è sotteso alla dichiarazione visiva di Nico Macina,
il suo lavorio sull’immagine diviene metafora del percepire attraverso il mezzo della
percezione per tradizionale eccellenza, quale la fotografia con la sua presunta neutralità
visiva si è spesso proposta.
La sua indagine visiva gioca quindi la carta del supposto sapere, confondendo l’errore
palese con l’intervento espressivo e la mancanza visiva con l’eccedenza del senso in una
sorta di decostruzione che ricostruisce invece nuove modalità significative del metodo
fotografico.
Maurizio Cesarini
Il lavoro di Nico Macina si dispone nell’ordine della perdita ed in quello dell’acquisizione,
le sue foto si situano in una sorta di limen tra definito e indistinto.
Il ritratto, ambiguamente si pone come pretesto immaginale poiché la figura persa in una
sfocatura che vela significativamente i connotati fisionomici, viene contrapposta ad un
fondo perfettamente delineato da una ossessiva,quanto algida descrittività.
Il modus operandi di Macina è ancora più sottile, poiché si concretizza in un ulteriore
intervento che riconduce l’operazione intrapresa ad un livello che riguarda più
decisamente l’epidermide fotografica.
Il testo figurale è quindi dissezionato in una sorta di autopsia visiva e concettuale,quasi
che l’artista sovrapponga varie categorie del vedere sino alla conformazione di una
immagine compiuta, seppur apparentemente incongrua.
Il ritratto, si diceva, è il pretesto ed il testo da cui parte Macina,
evidenziato e scaldato emotivamente dall’assunzione di modelli che peraltro hanno
rapporti di amicizia con l’autore.
In questa “messa in posa” si insinua già una sorta di larvale decostruzione; le figure non si
presentano attraverso una palesante messa a fuoco dei particolari, ma suggeriscono il
loro esserci attraverso l’adozione di una decisa sottrazione di nitidezza che le pone in una
sorta di limbo indistinto.
Le figure sono di fatto come rinserrate tra due griglie operative che si danno come duplice
modalità dell’immagine: lo sfondo e l’intervento di superficie.
Lo sfondo adotta un esplicito principio di banalità nell’uso di motivi decorativi prestampati,
reso ancor insinuante da una messa a fuoco ben curata e attenta nell’evidenziare la
texture del materiale adottato.
Non c’è però preziosità visiva, solo una laconica constatazione di esplicito schermo
frontale,contro cui il personaggio si staglia, quasi che questo sia una sorta di ingombro
visivo, con la sua indistinta presenza, che occlude la vivace docoratività dello sfondo.
L’altro intervento, è il caso di dirlo, si dispone sul piano epidermico della superficie,
intaccando la figura stessa in una sorta di artificiale alterazione distratta dell’operatività
fotografica.
Quindi filamenti, pressioni digitali, macchie, tutto un corredo di errori e disordini sorta di
enunciazione di errori che di norma vanno evitati nel corso del procedimento fotografico e
di stampa della pellicola.
Il gioco è quindi dichiarato, la pelle della fotografia è volutamente inquinata da inserti
apparentemente casuali ed incidentali, che formano una prima epidermide visiva.
La figura è già in un piano arretrato e si propone nella sua presenza indistinta come
schermo intermedio, lo sfondo dichiarato e visualizzato da una precisa e banale
descrittività, si pone quindi come strato profondo dell’immagine, dichiarando l’attitudine
marcatamente concettuale di tutta l’operazione.
Risulta palese ciò che è sotteso alla dichiarazione visiva di Nico Macina,
il suo lavorio sull’immagine diviene metafora del percepire attraverso il mezzo della
percezione per tradizionale eccellenza, quale la fotografia con la sua presunta neutralità
visiva si è spesso proposta.
La sua indagine visiva gioca quindi la carta del supposto sapere, confondendo l’errore
palese con l’intervento espressivo e la mancanza visiva con l’eccedenza del senso in una
sorta di decostruzione che ricostruisce invece nuove modalità significative del metodo
fotografico.
Maurizio Cesarini
04
aprile 2009
Nico Macina – Bbtween
Dal 04 al 19 aprile 2009
fotografia
Location
GHERARDI30
Senigallia, Via Gherardi, 30, (Ancona)
Senigallia, Via Gherardi, 30, (Ancona)
Vernissage
4 Aprile 2009, ore 18.30
Autore