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Nicola Bettale – Il ballo degli sconosciuti
Bettale crea multipli e sequenze fotografiche, nei quali il segno, libero di narrare e di essere, dinamico, plurale ed espressivo, domina e fluttua armoniosamente, quasi con musicalità.
Comunicato stampa
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IL BALLO DEGLI SCONOSCIUTI
La duplice forza comunicativa di una poetica basata su frammenti, da un lato mostra l’impossibilità di una sguardo omnicomprensivo, denunciando tutti i deliri d’onnipotenza gnoseologica, dall’altro si rivela la via per ricostruire quel reale negato solo in apparenza, rinunciando così ad un nichilismo che rifiuta la vita perchè non conoscibile.
Lo stallo dell’indicibile è vinto riportando l’arte al suo compito di generatrice di senso. L’artista non descrive, l’artista crea. La grammatica in fieri che anima ed informa il “Ballo degli Sconosciuti” di Nicola Bettale è scritta in una lingua dove le valenze, tanto formali quanto simboliche, restituiscono come nuovo un universo che si credeva conosciuto. La chiave per avvicinarvisi è il negativo della frase con cui Proust, nella Recherche, descrive il suo rifiuto per uno scrittore amato in gioventù: “Ogni cosa vi si scorgeva facilmente, se non la quale la si era sempre vista, perlomeno quale si era abituati a vederla”.
L’occasionale epifania, da cui nascono le singole foto, viene rivestita di cordiale prepotenza espressiva, inserendovi tecnicamente e concettualmente la dimensione temporale. Fotogrammi dove l’adesso cede il passo ad una compresenza di prima e dopo, tessere pronte per un mosaico filmico dove il divenire vitale è così innegabile da poter essere manipolato demiurgicamente con e in nuove dimensioni, oltre il tempo stesso, senza per questo perdere la sua intima necessità. Prima di andare al ballo organizzato da Bettale gli “sconosciuti” percorrono a ritroso il Lete contemporaneo che ha fatto parlare filosofi e sociologi di non-luoghi. Non sono le individualità a sparire, ma l’arido contenitore in cui vivono, macigno sepolcrale cementificato da sguardi che non vedono, passi che non camminano. Non si tratta quindi di perdita di individualità, ma di un grado zero donato a chi, guardando, troverà nell’opera un esplicito invito a riconoscersi parte del ballo.
Come in una suite barocca il collante tra i vari momenti è la tonalità, così nel “Ballo degli sconosciuti” ogni singola opera trova la sua prima unità in una omogeneità cromatica, preludio ad avventure ermeneutiche più profonde e mai definitive. L’aspetto compositivo è infatti chiaro nel suo svilupparsi, con prevalenza del movimento orizzontale nei trittici e di quello verticale nelle serie a sei frammenti, ma la totalità delle segrete corrispondenze testuali rifugge leggi prestabilite. La predominanza della dimensione estetica non rifiuta il concettualismo più attuale, lo supera però in una direzione che ha il coraggio di un linguaggio proprio, di un mondo dove l’artista non è oscuro vate, ma amorevole creatore, estasiato specchio di una fratellanza.
“This fragments I have shored against my ruins” scrive Eliot alla fine della sua Waste Land, oggi, dopo un secolo, possiamo trovare nei frammenti di Bettale i fiori nati sulla stessa terra, bagnata però da quelle lacrime colorate che hanno finalmente cancellato la parole felicità e conoscenza, sostituite da possibilità d’amore.
Diego Reghellin
La duplice forza comunicativa di una poetica basata su frammenti, da un lato mostra l’impossibilità di una sguardo omnicomprensivo, denunciando tutti i deliri d’onnipotenza gnoseologica, dall’altro si rivela la via per ricostruire quel reale negato solo in apparenza, rinunciando così ad un nichilismo che rifiuta la vita perchè non conoscibile.
Lo stallo dell’indicibile è vinto riportando l’arte al suo compito di generatrice di senso. L’artista non descrive, l’artista crea. La grammatica in fieri che anima ed informa il “Ballo degli Sconosciuti” di Nicola Bettale è scritta in una lingua dove le valenze, tanto formali quanto simboliche, restituiscono come nuovo un universo che si credeva conosciuto. La chiave per avvicinarvisi è il negativo della frase con cui Proust, nella Recherche, descrive il suo rifiuto per uno scrittore amato in gioventù: “Ogni cosa vi si scorgeva facilmente, se non la quale la si era sempre vista, perlomeno quale si era abituati a vederla”.
L’occasionale epifania, da cui nascono le singole foto, viene rivestita di cordiale prepotenza espressiva, inserendovi tecnicamente e concettualmente la dimensione temporale. Fotogrammi dove l’adesso cede il passo ad una compresenza di prima e dopo, tessere pronte per un mosaico filmico dove il divenire vitale è così innegabile da poter essere manipolato demiurgicamente con e in nuove dimensioni, oltre il tempo stesso, senza per questo perdere la sua intima necessità. Prima di andare al ballo organizzato da Bettale gli “sconosciuti” percorrono a ritroso il Lete contemporaneo che ha fatto parlare filosofi e sociologi di non-luoghi. Non sono le individualità a sparire, ma l’arido contenitore in cui vivono, macigno sepolcrale cementificato da sguardi che non vedono, passi che non camminano. Non si tratta quindi di perdita di individualità, ma di un grado zero donato a chi, guardando, troverà nell’opera un esplicito invito a riconoscersi parte del ballo.
Come in una suite barocca il collante tra i vari momenti è la tonalità, così nel “Ballo degli sconosciuti” ogni singola opera trova la sua prima unità in una omogeneità cromatica, preludio ad avventure ermeneutiche più profonde e mai definitive. L’aspetto compositivo è infatti chiaro nel suo svilupparsi, con prevalenza del movimento orizzontale nei trittici e di quello verticale nelle serie a sei frammenti, ma la totalità delle segrete corrispondenze testuali rifugge leggi prestabilite. La predominanza della dimensione estetica non rifiuta il concettualismo più attuale, lo supera però in una direzione che ha il coraggio di un linguaggio proprio, di un mondo dove l’artista non è oscuro vate, ma amorevole creatore, estasiato specchio di una fratellanza.
“This fragments I have shored against my ruins” scrive Eliot alla fine della sua Waste Land, oggi, dopo un secolo, possiamo trovare nei frammenti di Bettale i fiori nati sulla stessa terra, bagnata però da quelle lacrime colorate che hanno finalmente cancellato la parole felicità e conoscenza, sostituite da possibilità d’amore.
Diego Reghellin
18
settembre 2008
Nicola Bettale – Il ballo degli sconosciuti
Dal 18 settembre al 18 ottobre 2008
fotografia
Location
PHO-TO’ 35 GALLERY
Torino, Via Giuseppe Barbaroux, 35, (Torino)
Torino, Via Giuseppe Barbaroux, 35, (Torino)
Orario di apertura
da martedì a sabato ore 15-19
Vernissage
18 Settembre 2008, dalle 18.30 alle 22.30
Autore