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Nicola Biondani – Nulla di nuovo
Nicola Biondani, ceramista e scultore a tutto tondo, espone presso la sala Murgia di Villa Ferrari, Biblioteca Luis Sepulveda di Castelnuovo Rangone, un ciclo inedito e recente di sculture in terracotta patinata, un corpus di 15 opere mai esposte, rappresentativo degli ultimi anni di lavoro.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
NICOLA BIONDANI
Nulla di nuovo
A cura di Elisabetta Pozzetti
Testi di Elisabetta Pozzetti e Alessandro Mescoli
Mostra in collaborazione con Ricognizioni sull’arte
Allestimento di Massimiliano Piccinini e Giorgia Cantelli
Nicola Biondani, ceramista e scultore a tutto tondo, espone presso la sala Murgia di Villa Ferrari, Biblioteca Luis Sepulveda di Castelnuovo Rangone, un ciclo inedito e recente di sculture in terracotta patinata, un corpus di 15 opere mai esposte, rappresentativo degli ultimi anni di lavoro, alcune delle quali eseguito appositamente per questa mostra. Attraverso questo allestimento, l’attività artistica di Villa Ferrari ritorna a dare spazio alla ricerca espressiva nell’ambito della ceramica contemporanea, media elettivo ed attualissimo tra gli artisti, in continuità con le precedenti mostre; come la colettiva “Tellus” e la personale di Zeno Bertozzi.
In occasione della mostra è stato prodotto un libro d’artista in edizione limitata, firmato e numerato a mano dall’autore. Presso la biblioteca saranno esposti in consultazione i cataloghi dell’artista.
La mostra sarà visitabile dal 28 settembre 2024 al 27 ottobre 2024
Vernice sabato 28 settembre 2024 alle 17
Orari: sabato e domenica dalle 10 alle 12 e dalle 16 alle 18
Nicola Biondani
Un romanziere di terra e fuoco
Testo critico di Alessandro Mescoli
Nicola Biondani (Mantova, 1976) colloca la propria pratica artistica al crocevia tra la scultura in terracotta tradizionale e la terracotta contemporanea. Attento frequentatore della cultura visiva moderna, dalla scultura del ‘900 alla fotografia ed al cinema, le figure create da Biondani sono spesso ispirate da “visitatori” reali o immaginari del suo studio e da viaggiatori inaspettati; inattesi ospiti che emergono, tratti in terra, come personaggi enigmatici, sospesi tra realtà e finzione. Inoltre, guardando benevolmente ai maestri tre-quattrocenteschi di scuola emiliana, toscana e lombarda, l’artista, raggiunge un’autorale sintesi attraverso la contrazione e l’elaborazione di diverse soluzioni formali, che lo portano a spiccare per peculiarità rispetto ad altri autori contemporanei.
Queste sculture, realizzate in terracotta patinata, possiedono poi una capacità unica: unire sincreticamente l'ordinario con il fantastico.
Biondani riesce a infondere nei suoi personaggi una vita propria, quali abitanti di un mondo parallelo, pronti a narrare storie di luoghi lontani o esperienze vissute al di fuori del tempo.
Ogni figura è caratterizzata da un tratto distintivo che può essere un decoro, un’espressione del volto, o un’azione particolare, tutti elementi che rivelano un'attenzione meticolosa dell’autore al dettaglio ed al simbolo. Tecnicamente siamo di fronte ad un’umanizzazione, l’operazione specifica messa in atto da Nicola, la quale più che ad un superamento del vero, punta all’ottenimento di un “charms” , una particolare caratteristica, ricercata e trasportata dall’artista mantovano nei suoi modellati.
Nel suo lavoro c’è anche l’emanciparsi all’atteso: un allontanamento. Un distacco da modelli estetici classicheggianti ed ideali, che lo fa apparire più interessato a cogliere interiorità, ferite, debolezze e fieri fallimenti delle proprie figure, anziché sottolinearne le virtù.
Il processo artistico di Biondani è vicino a quello di un romanziere che costruisce i suoi protagonisti pagina dopo pagina tra terra e fuoco: personaggi che prendono letteralmente vita nel suo studio, non semplici figure statiche, ma piuttosto simboli di un viaggio personale e collettivo. La ceramica, materiale ancestrale e primigenio tradizionalmente associato alla fragilità ed all’impermanenza, viene manipolata dall'artista per creare una tensione tra il temporaneo e l'eterno, il familiare e lo sconosciuto, rimandando all’ossimoro anche nelle inusuali cromie delle patinature.
Ciò che colpisce di queste figure è la capacità di evocare un senso di mistero e di curiosità. Lo spettatore è spinto a immaginare le storie dietro questi viaggiatori silenziosi: da dove vengono? Quali esperienze hanno vissuto? Sono proiezioni di un passato remoto o premonizioni di un futuro possibile? In questo modo, Biondani riesce a trasformare lo spazio espositivo in un luogo di incontro tra realtà e immaginazione, dove ogni scultura diventa un testimone, portatore di una narrazione non detta, ma profondamente percepita.
Ed ora, che abbiamo ormai varcato il primo quarto del nuovo millennio, tra i personaggi che compongono la nostra personale “etnografia”, un posto di rilievo deve essere assegnato agli uomini e alle donne di Nicola Biondani. Terrecotte protagoniste di un racconto evocativo, che invita chi osserva a riflettere sulla natura del viaggio, dell'incontro e della memoria, attraverso la centralità della figura umana e delle sue azioni in relazione all’ambiente del vivere comune.
Testo critico di Elisabetta Pozzetti
Nulla di nuovo, laddove l’umanità è laboratorio di carne, argilla, respiro e mani.
Nulla di nuovo fintanto che il pulviscolo di emozioni, suggestioni, memorie precipiterà facendosi forma e colore.
Nulla di nuovo perché per Nicola Biondani la scultura è VITA.
Quello di Nicola non è un mestiere, anche se lui lo definisce tale. È più un’esigenza essenziale, innata, salvifica.
Nel suo studio trova la via di fuga, trova la pace, trova la risurrezione. E in quelle quattro pareti arriva il mondo quasi ci fosse un’attrazione centripeta. Arrivano le persone, spesso amici ma spesso passanti, che entrano e si siedono e parlano. Parlano di cose leggere, di cose personali, a volte di cose drammatiche, a volte di cose indicibili. E l’argilla respira, ascolta, muta, assorbe.
Assorbe le parole, i sospiri, i sussurri, percepisce i sogni, la crudezza del reale e la bestemmia. Si contorce per il dolore, in una contrazione che si fa spasimo, che si fa anelito acché tutto si plachi. E quando le luci si spengono e il silenzio precipita schiantandosi sulla cruda epidermide quel particellato di forme e bellezza ricompone la propria integrità, così provata dagli accidenti umani. Eppure, i soggetti di Nicola sono tutti talmente realistici che sono naturalmente portatori di storie, racchiuse in qualche particolare ameno, in qualche tatuaggio, in qualche peculiare espressione fisiognomica. Spesso sono assorti, nei pensieri, nelle azioni, nelle loro fantasie. Il colore li rende vivi, li accende dando loro un allure pop, sovente vestono indumenti di cui si apprezza la materia, la geometria, la fisicità, a volte optical nella ripetizione sistematica di moduli.
La terracotta per Nicola, dunque diviene una tavolozza di emozioni e di folgorazioni, devote anche allo studio della storia dell’arte, degli artisti amati, delle fotografie estrapolate dalle riviste e dal web. Non realizza le opere, sono le opere che vengono a lui. Perché le sue mani sanno molto di più di quanto sappia la coscienza razionale, esplorano e costruiscono con destrezza ciò che l’esperienza, la vita, la sofferenza, la gioia dà in pasto all’anima.
Gli elementi naturali divengono propaggini verso il cielo, verso l’assoluto ad attingere un po' di eterno laddove ci castiga la nostra caducità esistenziale. Il sacro Nicola lo trova nel profano, lo trova nella storpiatura della vita, nella dissonanza, nella disarmonia. Nicola dice di non essere credente eppure io non ho mai visto opere più pienamente devote, di una devozione così intima, così pura e così pudica. Del resto, penso che la scultura per lui sia anche un viatico per dialogare col divino, nel senso panteistico del termine, perché di Nicola ho visto gli occhi pieni di meraviglia e di amore per i reietti, per i più fragili, per gli abbandonati in cerca di misericordia.
In fondo, la scultura si fa manifesta e concreta evidenza delle nostre miserie e della nostra finitudine e al contempo ne diviene l’ideale e straordinario superamento.
NOTA BIOGRAFICA DELL’AUTORE
Nicola Biondani, classe 1976, si forma esclusivamente in scultura, plasmando l'argilla e scolpendo il marmo.
Dopo gli studi accademici, inizia il proprio percorso artistico lavorando per alcuni anni presso l'ente lirico di Verona realizzando le scenografie scultoree dell'arena.
Dal 2006 inizia la collaborazione con alcune gallerie d'arte italiane dove entra con le proprie opere in collezioni private e pubbliche museali in Italia e all'estero.
Alterna la propria attività d'artista realizzando lavori scultorei su commissione come arte sacra di statura anche monumentale e opere pensate per interni di abitazioni di lusso.
Suo il monumento alla Staffetta Partigiana del comune di Fabbrico (Re), e il modello per il monumento all’architetta Zaha Hadid collocata nell’omonima factory di Londra.
Dal 2015 al 2017 è stato docente di scultura preso l'accademia di Belle Arti di Verona e dal 2020 insegna al Liceo Artistico di Mantova ricoprendo la cattedra di discipline plastiche.
Dal 2004 a oggi ha lavorato e vissuto tra Milano, Pietrasanta, Lecce, Reggio Emilia e Mantova dove ha potuto sperimentare ed affinare tecnica e pensiero.
Nulla di nuovo
A cura di Elisabetta Pozzetti
Testi di Elisabetta Pozzetti e Alessandro Mescoli
Mostra in collaborazione con Ricognizioni sull’arte
Allestimento di Massimiliano Piccinini e Giorgia Cantelli
Nicola Biondani, ceramista e scultore a tutto tondo, espone presso la sala Murgia di Villa Ferrari, Biblioteca Luis Sepulveda di Castelnuovo Rangone, un ciclo inedito e recente di sculture in terracotta patinata, un corpus di 15 opere mai esposte, rappresentativo degli ultimi anni di lavoro, alcune delle quali eseguito appositamente per questa mostra. Attraverso questo allestimento, l’attività artistica di Villa Ferrari ritorna a dare spazio alla ricerca espressiva nell’ambito della ceramica contemporanea, media elettivo ed attualissimo tra gli artisti, in continuità con le precedenti mostre; come la colettiva “Tellus” e la personale di Zeno Bertozzi.
In occasione della mostra è stato prodotto un libro d’artista in edizione limitata, firmato e numerato a mano dall’autore. Presso la biblioteca saranno esposti in consultazione i cataloghi dell’artista.
La mostra sarà visitabile dal 28 settembre 2024 al 27 ottobre 2024
Vernice sabato 28 settembre 2024 alle 17
Orari: sabato e domenica dalle 10 alle 12 e dalle 16 alle 18
Nicola Biondani
Un romanziere di terra e fuoco
Testo critico di Alessandro Mescoli
Nicola Biondani (Mantova, 1976) colloca la propria pratica artistica al crocevia tra la scultura in terracotta tradizionale e la terracotta contemporanea. Attento frequentatore della cultura visiva moderna, dalla scultura del ‘900 alla fotografia ed al cinema, le figure create da Biondani sono spesso ispirate da “visitatori” reali o immaginari del suo studio e da viaggiatori inaspettati; inattesi ospiti che emergono, tratti in terra, come personaggi enigmatici, sospesi tra realtà e finzione. Inoltre, guardando benevolmente ai maestri tre-quattrocenteschi di scuola emiliana, toscana e lombarda, l’artista, raggiunge un’autorale sintesi attraverso la contrazione e l’elaborazione di diverse soluzioni formali, che lo portano a spiccare per peculiarità rispetto ad altri autori contemporanei.
Queste sculture, realizzate in terracotta patinata, possiedono poi una capacità unica: unire sincreticamente l'ordinario con il fantastico.
Biondani riesce a infondere nei suoi personaggi una vita propria, quali abitanti di un mondo parallelo, pronti a narrare storie di luoghi lontani o esperienze vissute al di fuori del tempo.
Ogni figura è caratterizzata da un tratto distintivo che può essere un decoro, un’espressione del volto, o un’azione particolare, tutti elementi che rivelano un'attenzione meticolosa dell’autore al dettaglio ed al simbolo. Tecnicamente siamo di fronte ad un’umanizzazione, l’operazione specifica messa in atto da Nicola, la quale più che ad un superamento del vero, punta all’ottenimento di un “charms” , una particolare caratteristica, ricercata e trasportata dall’artista mantovano nei suoi modellati.
Nel suo lavoro c’è anche l’emanciparsi all’atteso: un allontanamento. Un distacco da modelli estetici classicheggianti ed ideali, che lo fa apparire più interessato a cogliere interiorità, ferite, debolezze e fieri fallimenti delle proprie figure, anziché sottolinearne le virtù.
Il processo artistico di Biondani è vicino a quello di un romanziere che costruisce i suoi protagonisti pagina dopo pagina tra terra e fuoco: personaggi che prendono letteralmente vita nel suo studio, non semplici figure statiche, ma piuttosto simboli di un viaggio personale e collettivo. La ceramica, materiale ancestrale e primigenio tradizionalmente associato alla fragilità ed all’impermanenza, viene manipolata dall'artista per creare una tensione tra il temporaneo e l'eterno, il familiare e lo sconosciuto, rimandando all’ossimoro anche nelle inusuali cromie delle patinature.
Ciò che colpisce di queste figure è la capacità di evocare un senso di mistero e di curiosità. Lo spettatore è spinto a immaginare le storie dietro questi viaggiatori silenziosi: da dove vengono? Quali esperienze hanno vissuto? Sono proiezioni di un passato remoto o premonizioni di un futuro possibile? In questo modo, Biondani riesce a trasformare lo spazio espositivo in un luogo di incontro tra realtà e immaginazione, dove ogni scultura diventa un testimone, portatore di una narrazione non detta, ma profondamente percepita.
Ed ora, che abbiamo ormai varcato il primo quarto del nuovo millennio, tra i personaggi che compongono la nostra personale “etnografia”, un posto di rilievo deve essere assegnato agli uomini e alle donne di Nicola Biondani. Terrecotte protagoniste di un racconto evocativo, che invita chi osserva a riflettere sulla natura del viaggio, dell'incontro e della memoria, attraverso la centralità della figura umana e delle sue azioni in relazione all’ambiente del vivere comune.
Testo critico di Elisabetta Pozzetti
Nulla di nuovo, laddove l’umanità è laboratorio di carne, argilla, respiro e mani.
Nulla di nuovo fintanto che il pulviscolo di emozioni, suggestioni, memorie precipiterà facendosi forma e colore.
Nulla di nuovo perché per Nicola Biondani la scultura è VITA.
Quello di Nicola non è un mestiere, anche se lui lo definisce tale. È più un’esigenza essenziale, innata, salvifica.
Nel suo studio trova la via di fuga, trova la pace, trova la risurrezione. E in quelle quattro pareti arriva il mondo quasi ci fosse un’attrazione centripeta. Arrivano le persone, spesso amici ma spesso passanti, che entrano e si siedono e parlano. Parlano di cose leggere, di cose personali, a volte di cose drammatiche, a volte di cose indicibili. E l’argilla respira, ascolta, muta, assorbe.
Assorbe le parole, i sospiri, i sussurri, percepisce i sogni, la crudezza del reale e la bestemmia. Si contorce per il dolore, in una contrazione che si fa spasimo, che si fa anelito acché tutto si plachi. E quando le luci si spengono e il silenzio precipita schiantandosi sulla cruda epidermide quel particellato di forme e bellezza ricompone la propria integrità, così provata dagli accidenti umani. Eppure, i soggetti di Nicola sono tutti talmente realistici che sono naturalmente portatori di storie, racchiuse in qualche particolare ameno, in qualche tatuaggio, in qualche peculiare espressione fisiognomica. Spesso sono assorti, nei pensieri, nelle azioni, nelle loro fantasie. Il colore li rende vivi, li accende dando loro un allure pop, sovente vestono indumenti di cui si apprezza la materia, la geometria, la fisicità, a volte optical nella ripetizione sistematica di moduli.
La terracotta per Nicola, dunque diviene una tavolozza di emozioni e di folgorazioni, devote anche allo studio della storia dell’arte, degli artisti amati, delle fotografie estrapolate dalle riviste e dal web. Non realizza le opere, sono le opere che vengono a lui. Perché le sue mani sanno molto di più di quanto sappia la coscienza razionale, esplorano e costruiscono con destrezza ciò che l’esperienza, la vita, la sofferenza, la gioia dà in pasto all’anima.
Gli elementi naturali divengono propaggini verso il cielo, verso l’assoluto ad attingere un po' di eterno laddove ci castiga la nostra caducità esistenziale. Il sacro Nicola lo trova nel profano, lo trova nella storpiatura della vita, nella dissonanza, nella disarmonia. Nicola dice di non essere credente eppure io non ho mai visto opere più pienamente devote, di una devozione così intima, così pura e così pudica. Del resto, penso che la scultura per lui sia anche un viatico per dialogare col divino, nel senso panteistico del termine, perché di Nicola ho visto gli occhi pieni di meraviglia e di amore per i reietti, per i più fragili, per gli abbandonati in cerca di misericordia.
In fondo, la scultura si fa manifesta e concreta evidenza delle nostre miserie e della nostra finitudine e al contempo ne diviene l’ideale e straordinario superamento.
NOTA BIOGRAFICA DELL’AUTORE
Nicola Biondani, classe 1976, si forma esclusivamente in scultura, plasmando l'argilla e scolpendo il marmo.
Dopo gli studi accademici, inizia il proprio percorso artistico lavorando per alcuni anni presso l'ente lirico di Verona realizzando le scenografie scultoree dell'arena.
Dal 2006 inizia la collaborazione con alcune gallerie d'arte italiane dove entra con le proprie opere in collezioni private e pubbliche museali in Italia e all'estero.
Alterna la propria attività d'artista realizzando lavori scultorei su commissione come arte sacra di statura anche monumentale e opere pensate per interni di abitazioni di lusso.
Suo il monumento alla Staffetta Partigiana del comune di Fabbrico (Re), e il modello per il monumento all’architetta Zaha Hadid collocata nell’omonima factory di Londra.
Dal 2015 al 2017 è stato docente di scultura preso l'accademia di Belle Arti di Verona e dal 2020 insegna al Liceo Artistico di Mantova ricoprendo la cattedra di discipline plastiche.
Dal 2004 a oggi ha lavorato e vissuto tra Milano, Pietrasanta, Lecce, Reggio Emilia e Mantova dove ha potuto sperimentare ed affinare tecnica e pensiero.
28
settembre 2024
Nicola Biondani – Nulla di nuovo
Dal 28 settembre al 27 ottobre 2024
arte contemporanea
Location
VILLA FERRARI
Castelnuovo Rangone, Via E. Fermi, 1, (MO)
Castelnuovo Rangone, Via E. Fermi, 1, (MO)
Orario di apertura
sabato e domenica dalle 10 alle 12 e dalle 16 alle 18
Autore
Curatore
Autore testo critico
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