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No place like home
Interventi minimi, bizzarri ed eccessivi per definire diversi modi di interpretare e riflettere su uno dei topoi più cari all’arte contemporanea, luogo primario e stanziale della vita umana. Lo spazio privato come luogo privilegiato dell’esperienza soggettiva
Comunicato stampa
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Uno spazio pubblico articolato per definire insieme agli artisti, differenti spazi privati in cui ritirarsi o esporsi. Diversi modi di percepire le mura domestiche, le ossessioni private, le tradizioni e i riti casalinghi, da dentro o da fuori.
Per alcuni di loro si tratta di ambienti poveri e spogli ma saturi di ricordi impressi sulle pareti. Per altri tane opulenti, grandi archivi colmi di oggetti affettivi, mobili, cassetti, feticci, come addensamenti di memoria.
Interventi minimi, bizzarri ed eccessivi per definire diversi modi di interpretare e riflettere su uno dei topoi più cari all’arte contemporanea, luogo primario e stanziale della vita umana. Lo spazio privato come luogo privilegiato dell’esperienza soggettiva. Spesso rifugio prezioso e ambito, territorio di fantasie incomprensibili in cui le pareti sono custodi di un mondo e filtro di un altro più profondo, soglia che vigila l’ingresso del fuori, delle opportunità e dei pericoli.
Un itinerario collettivo definito da sguardi puntuali e differenti, introversi o esposti all’esterno, per guardare fuori e volare lontano oltre il recinto della casa. Che può diventare prigione o protezione, silenzio, contemplazione o disperazione.
Pausa alla precarietà che investe la vita, l’attimo di sosta dopo il vagare nomade e clandestino nello spazio. La casa vista come costrizione. Luogo da cui si è costretti a partire, o da cui si fugge solo mentalmente, attraverso luoghi interiori, o virtuali e oggettivamente meno rischiosi. Paesaggi agevoli, delimitati dalla cornice di una finestra, levigati dalle certezze della quotidianità.
Celle d’isolamento o focolari accoglienti, spazi creativi o parentesi autistiche entro cui rifugiarsi e sognare per rimanere prigionieri del buio controllato, fuori dal tempo che scorre. Ricerca di solitudine o incapacità psicologica nel condividere, unita all’attitudine estrema a defilarsi.
Tutti gli artisti hanno lavorato sul tema della casa, elaborando o reinventando il concetto di luogo chiuso, spazio famigliare, zona franca.
Andrea Chiesi espone opere dal ciclo pittorico “La Casa”, nate dalla registrazione quotidiana di ciò che succede dietro la finestra del suo studio. I dipinti nascono da foto scattate sul vicinato a soggetti quotidiani e usuali, spesso di notte. Un lavoro legato all’ambiente in cui abita l’artista e quindi ad una territorio interiore da cui il mondo esterno è depurato.
Anila Rubiku reinventa il tema della casa come nido, rifugio da ritrovare dopo l’allontanamento dall’Albania, suo paese natale. Il lavoro è definito da una serie di tomboli disposti liberamente a parete. E’ partendo da se stessa che l’artista, spesso attraverso il ricamo, ricostruisce volta per volta gli spazi domestici vissuti. Si svela una ricerca affettiva che procede per brani spezzati, poetici tratti di luoghi interni, vissuti da figure femminili solo accennate. Luoghi come liberi frammenti, immagini personali che affiorano da un passato che non può essere dimenticato.
Nuclei di memoria stratificata sono i lavori di Flavio Favelli. La casa e gli arredi come luoghi di sedimento, archivi privati sentiti come accumuli di ricordi, riti, percorsi. Il suo lavoro si sviluppa prevalentemente all'interno della propria casa-studio, affollata di oggetti trovati, rimaneggiati risignificati e offerti silenziosamente. L’artista giapponese Satoshi Hirose espone una piccola dimora sospesa, chiaramente ispirata alla tradizione nipponica, universo distante etereo ma vivibile, spazio accogliente che investe tutti i sensi, in particolar modo l’olfatto, con il particolare profumo della cera d’api.
I lavori di Alice Guareschi si sviluppano con video e progetti visivi. L’opera fotografica è stata realizzata durante il viaggio in Cambogia, col Pavillon del Palais de Tokyo e ripercorre la provvisorietà e l’inquietudine di quei luoghi di erranza e povertà. Vive la dimensione di chi abita il movimento stesso, senza alternativa, senza domicilio sicuro e confortevole.
Diango Hernandez, artista cubano (una cui opera è esposta ad oggi alla Biennale di Venezia, presso l’Arsenale) parla degli “insiders” - coloro che stanno nascosti. Essere “inside the closet” significa essere represso, repressione che può sussistere per diverse ragioni: sociali, morali, politiche o anche personali. La sua opera è un rifugio, compatto e claustrofobico, cella di protezione, corazza inaccessibile che invita a riflettere sulle problematiche che investono il suo paese d’origine.
Mario Rizzi interagisce con lo spettatore esibendo tramite il mezzo fotografico un momento consueto vissuto da un’apparente casalinga tipo; in realtà un attimo di vita complesso che indaga la capacità dello spettatore di avvertire la particolarità della situazione privata e di rendersi complice. Silvia Camporesi propone tre opere fotografiche in cui l’artista racconta storie in cui un ostacolo reale e mentale diventa possibilità di fuga verso nuove zone da indagare. La fotografia vista come squarcio sulla vita e sulla storia, da cui l’artista fa sbocciare racconti poetici e complessi. Immagini purificate dal dato reale, in cui la composizione è curata ed armoniosa, profusa di equilibrate asimmetrie. Con Timea Oravecz il concetto di dimora famigliare si espande ad una dimensione sociale e politica. L’artista, nata a Budapest racconta in un video, attraverso immagini familiari, la storia dell’Ungheria negli anni del regime socialista, fino all’apertura determinatasi col crollo del Muro di Berlino nel 1989. Anche Adrian Paci, albanese, parte dall’esperienza vissuta per esprimere con un linguaggio semplice ed immediato la sofferenza e la sensazione di estraneità di coloro che si trovano costretti ad abbandonare il loro paese. L’opera esposta approfondisce il significato di casa come condensazione di ricordi, desiderio di fuggire dalla paura e dall’oppressione, ma anche regno di affetti e rassicurazioni. Simone Racheli trasforma con vena surreale, giocosa o crudele vari elementi d’arredo risolvendo alcuni aspetti inconsci, divertenti per ovvi motivi taciuti dagli oggetti di uso comune. Nella casa robot di Famiglia38 si notano due differenti atteggiamenti:uno dissacratorio ed uno affettivo. L'affezione è data dalla presenza di oggetti comuni in parte trasfigurati, la dissacrazione è data dalla combinazione degli elementi tra loro in chiave ludica. Maurizio Scarselli in Shadowy Interior si ispira con candore alla vicenda del mago di Oz e alla realtà del suo essere padre: Non c' è emozione più grande che addormentarsi con la "manina" di un figlio che ti tocca il volto....... ogni volta è un viaggio nella memoria. Pieralli)(Favi realizzano situazioni sospese, spazi senza tempo e senza storia, fiction, con l’ausilio di plastiche adesive che raffigurano texture mimetiche tali da ricreare artificialmente conci di pietra e lastre di marmo, mattoni e venature di legni. Paesaggi stranianti senza sfondo, con anomale prospettive e suggestioni.
Silvia Camporesi
Andrea Chiesi
Famiglia38 Fotografi
Flavio Favelli
Alice Guareschi
Satoshi Hirose
Diango Hernandez
Timea Oravecz
Adrian Paci
Pieralli )( Favi
Simone Racheli
Mario Rizzi
Anila Rubiku
Maurizio Scarselli
There is no place like home è la celebre frase che Dorothy Gale, sdraiata sul suo letto di casa, continua a ripetere dopo aver lasciato la magica terra di Oz, dall’altra parte dell’arcobaleno…
Per alcuni di loro si tratta di ambienti poveri e spogli ma saturi di ricordi impressi sulle pareti. Per altri tane opulenti, grandi archivi colmi di oggetti affettivi, mobili, cassetti, feticci, come addensamenti di memoria.
Interventi minimi, bizzarri ed eccessivi per definire diversi modi di interpretare e riflettere su uno dei topoi più cari all’arte contemporanea, luogo primario e stanziale della vita umana. Lo spazio privato come luogo privilegiato dell’esperienza soggettiva. Spesso rifugio prezioso e ambito, territorio di fantasie incomprensibili in cui le pareti sono custodi di un mondo e filtro di un altro più profondo, soglia che vigila l’ingresso del fuori, delle opportunità e dei pericoli.
Un itinerario collettivo definito da sguardi puntuali e differenti, introversi o esposti all’esterno, per guardare fuori e volare lontano oltre il recinto della casa. Che può diventare prigione o protezione, silenzio, contemplazione o disperazione.
Pausa alla precarietà che investe la vita, l’attimo di sosta dopo il vagare nomade e clandestino nello spazio. La casa vista come costrizione. Luogo da cui si è costretti a partire, o da cui si fugge solo mentalmente, attraverso luoghi interiori, o virtuali e oggettivamente meno rischiosi. Paesaggi agevoli, delimitati dalla cornice di una finestra, levigati dalle certezze della quotidianità.
Celle d’isolamento o focolari accoglienti, spazi creativi o parentesi autistiche entro cui rifugiarsi e sognare per rimanere prigionieri del buio controllato, fuori dal tempo che scorre. Ricerca di solitudine o incapacità psicologica nel condividere, unita all’attitudine estrema a defilarsi.
Tutti gli artisti hanno lavorato sul tema della casa, elaborando o reinventando il concetto di luogo chiuso, spazio famigliare, zona franca.
Andrea Chiesi espone opere dal ciclo pittorico “La Casa”, nate dalla registrazione quotidiana di ciò che succede dietro la finestra del suo studio. I dipinti nascono da foto scattate sul vicinato a soggetti quotidiani e usuali, spesso di notte. Un lavoro legato all’ambiente in cui abita l’artista e quindi ad una territorio interiore da cui il mondo esterno è depurato.
Anila Rubiku reinventa il tema della casa come nido, rifugio da ritrovare dopo l’allontanamento dall’Albania, suo paese natale. Il lavoro è definito da una serie di tomboli disposti liberamente a parete. E’ partendo da se stessa che l’artista, spesso attraverso il ricamo, ricostruisce volta per volta gli spazi domestici vissuti. Si svela una ricerca affettiva che procede per brani spezzati, poetici tratti di luoghi interni, vissuti da figure femminili solo accennate. Luoghi come liberi frammenti, immagini personali che affiorano da un passato che non può essere dimenticato.
Nuclei di memoria stratificata sono i lavori di Flavio Favelli. La casa e gli arredi come luoghi di sedimento, archivi privati sentiti come accumuli di ricordi, riti, percorsi. Il suo lavoro si sviluppa prevalentemente all'interno della propria casa-studio, affollata di oggetti trovati, rimaneggiati risignificati e offerti silenziosamente. L’artista giapponese Satoshi Hirose espone una piccola dimora sospesa, chiaramente ispirata alla tradizione nipponica, universo distante etereo ma vivibile, spazio accogliente che investe tutti i sensi, in particolar modo l’olfatto, con il particolare profumo della cera d’api.
I lavori di Alice Guareschi si sviluppano con video e progetti visivi. L’opera fotografica è stata realizzata durante il viaggio in Cambogia, col Pavillon del Palais de Tokyo e ripercorre la provvisorietà e l’inquietudine di quei luoghi di erranza e povertà. Vive la dimensione di chi abita il movimento stesso, senza alternativa, senza domicilio sicuro e confortevole.
Diango Hernandez, artista cubano (una cui opera è esposta ad oggi alla Biennale di Venezia, presso l’Arsenale) parla degli “insiders” - coloro che stanno nascosti. Essere “inside the closet” significa essere represso, repressione che può sussistere per diverse ragioni: sociali, morali, politiche o anche personali. La sua opera è un rifugio, compatto e claustrofobico, cella di protezione, corazza inaccessibile che invita a riflettere sulle problematiche che investono il suo paese d’origine.
Mario Rizzi interagisce con lo spettatore esibendo tramite il mezzo fotografico un momento consueto vissuto da un’apparente casalinga tipo; in realtà un attimo di vita complesso che indaga la capacità dello spettatore di avvertire la particolarità della situazione privata e di rendersi complice. Silvia Camporesi propone tre opere fotografiche in cui l’artista racconta storie in cui un ostacolo reale e mentale diventa possibilità di fuga verso nuove zone da indagare. La fotografia vista come squarcio sulla vita e sulla storia, da cui l’artista fa sbocciare racconti poetici e complessi. Immagini purificate dal dato reale, in cui la composizione è curata ed armoniosa, profusa di equilibrate asimmetrie. Con Timea Oravecz il concetto di dimora famigliare si espande ad una dimensione sociale e politica. L’artista, nata a Budapest racconta in un video, attraverso immagini familiari, la storia dell’Ungheria negli anni del regime socialista, fino all’apertura determinatasi col crollo del Muro di Berlino nel 1989. Anche Adrian Paci, albanese, parte dall’esperienza vissuta per esprimere con un linguaggio semplice ed immediato la sofferenza e la sensazione di estraneità di coloro che si trovano costretti ad abbandonare il loro paese. L’opera esposta approfondisce il significato di casa come condensazione di ricordi, desiderio di fuggire dalla paura e dall’oppressione, ma anche regno di affetti e rassicurazioni. Simone Racheli trasforma con vena surreale, giocosa o crudele vari elementi d’arredo risolvendo alcuni aspetti inconsci, divertenti per ovvi motivi taciuti dagli oggetti di uso comune. Nella casa robot di Famiglia38 si notano due differenti atteggiamenti:uno dissacratorio ed uno affettivo. L'affezione è data dalla presenza di oggetti comuni in parte trasfigurati, la dissacrazione è data dalla combinazione degli elementi tra loro in chiave ludica. Maurizio Scarselli in Shadowy Interior si ispira con candore alla vicenda del mago di Oz e alla realtà del suo essere padre: Non c' è emozione più grande che addormentarsi con la "manina" di un figlio che ti tocca il volto....... ogni volta è un viaggio nella memoria. Pieralli)(Favi realizzano situazioni sospese, spazi senza tempo e senza storia, fiction, con l’ausilio di plastiche adesive che raffigurano texture mimetiche tali da ricreare artificialmente conci di pietra e lastre di marmo, mattoni e venature di legni. Paesaggi stranianti senza sfondo, con anomale prospettive e suggestioni.
Silvia Camporesi
Andrea Chiesi
Famiglia38 Fotografi
Flavio Favelli
Alice Guareschi
Satoshi Hirose
Diango Hernandez
Timea Oravecz
Adrian Paci
Pieralli )( Favi
Simone Racheli
Mario Rizzi
Anila Rubiku
Maurizio Scarselli
There is no place like home è la celebre frase che Dorothy Gale, sdraiata sul suo letto di casa, continua a ripetere dopo aver lasciato la magica terra di Oz, dall’altra parte dell’arcobaleno…
02
ottobre 2005
No place like home
Dal 02 al 14 ottobre 2005
arte contemporanea
Location
ASSOCIAZIONE REMO GAIBAZZI
Parma, Vicolo Scacchini, 3A, (Parma)
Parma, Vicolo Scacchini, 3A, (Parma)
Orario di apertura
da mercoledì a sabato 16-19; venerdi 16-19 e 21-23
Vernissage
2 Ottobre 2005, ore 18.30
Autore
Curatore