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Non luoghi
Un progetto di artiste molto diverse che però guardano il mondo dai lati di uno stesso cannocchiale. L’originalità del gruppo consiste proprio nella diversità dei loro temperamenti artistici, apparentemente opposti, ma affascinati dagli stessi non luoghi.
Comunicato stampa
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Aeroporto, stazione ferroviaria, centro commerciale, attesa e fretta, tempo che vola e tempo che sembra essersi arreso. Un mosaico che coglie il momento tra movimento e immobilità. Una stazione ferroviaria, sempre piena di gente che aspetta e che comunque sempre e solo passa, la attraversa, perché lì non si fermerà davvero mai. La folla che esiste sempre, ma che lì veramente non vive. Le due pittrici Giulia Maglionico e Olga Ketling parlano di questi non luoghi.
Dimensione onirica e cruda realtà. Spazi indefiniti del sogno e aggregati urbani senza più confini. L’infinito e aree delimitate prive d’identità culturale e sociale. Rifugi inconsci per poter sopravvivere ed ultimi frammenti di cultura materiale sostituiti dai “blocchi di cemento” per omologazione. Per la scultrice Cristina Costanzo i non luoghi sono quelli del sogno, quelli che ci permettono di vivere una realtà parallela senza veramente esserci, quelli dell’inconscio, che ci fanno credere di essere ciò che forse non siamo. Quella dimensione che, forse, ci permette di sopravvivere ai non luoghi di Valentina Maserati che sono quelli senza memoria, quelli in cui l’uomo non riesce a riconoscersi, perché tutto quello che li aveva caratterizzati è stato cancellato.
Sono diverse interpretazioni di questi luoghi. Sono i due lati di un cannocchiale, che attraverso le sue lenti ti permette di allontanarti o di avvicinarti.
Le artiste intendono fornire le loro interpretazioni, diverse, quasi antitetiche, proprio come le due lenti di un cannocchiale.
Giulia Maglionico si avvicina, fino quasi a zummare dentro alle facce dei viaggiatori, sembra volere ingigantirne le facce, per riuscire ad indagare i pensieri. Con il suo quadro ferma qualcosa di un momento che altrimenti non lascerebbe alcuna memoria di sé. I colori sono accesi, violenti nei contrasti e negli accostamenti. Il segno è una spaccatura tra le campiture piatte e coloratissime. Olga Ketling-Szemley, al contrario, si allontana per cogliere le dimensioni degli spazi vuoti, anche di anime. La sua tecnica meticolosa di collage di carta, consegna a questi spazi un’atmosfera particolarissima, rarefatta, quasi come se quegli spazi noi li avessimo già attraversati, e guardando i suoi quadri cercassimo di richiamarne il ricordo.
Cristina Costanzo con la sua opera “Cages”, alte sagome in legno e terracotta, rappresenta i suoi personaggi come anime alienate che a fatica vivono la loro essenza in uno spazio nel quale non è consentito volare, come fossero imprigionate in una gabbia. Uno spazio dove la sensualità non può entrare e dove solo pochi si rendono conto che quello non è vivere e sentono la necessità di riacquistare la propria dignità. Il percorso ci porta anche altrove, in un altro non luogo per l’artista essenziale : il sogno e l’inconscio. Queste tematiche vengono affrontate attraverso pannelli in terracotta policroma e materiale di recupero che raffigurano figure femminili stilizzate, dallo sguardo sognante, frammentate, scomposte in più parti e ricucite.
In queste opere è l’artista stessa la protagonista, e proprio suo il desiderio di uscire dall’omologazione causata dalla modernità e dal progresso.
La rielaborazione e la libera interpretazione di alcuni fotogrammi dei film di Pasolini (La Ricotta, Accattone e Mamma Roma), padre incontrastato dell’antiomologazione, consente a Valentina Maserati d’indagare la linea di confine tra i luoghi e i non luoghi, ponendo l’accento sul contrasto tra queste due realtà e sull’impossibilità di vivere in maniera dignitosa il “non luogo”. La sensualità che caratterizza il luogo vissuto istintivamente è completamente annullata dalla violenza delle costruzioni imposte dalle classi sociali emergenti. I personaggi vagano in questo nuovo scenario senza curarsene e riacquistando valore solo fuori da esso.
Dimensione onirica e cruda realtà. Spazi indefiniti del sogno e aggregati urbani senza più confini. L’infinito e aree delimitate prive d’identità culturale e sociale. Rifugi inconsci per poter sopravvivere ed ultimi frammenti di cultura materiale sostituiti dai “blocchi di cemento” per omologazione. Per la scultrice Cristina Costanzo i non luoghi sono quelli del sogno, quelli che ci permettono di vivere una realtà parallela senza veramente esserci, quelli dell’inconscio, che ci fanno credere di essere ciò che forse non siamo. Quella dimensione che, forse, ci permette di sopravvivere ai non luoghi di Valentina Maserati che sono quelli senza memoria, quelli in cui l’uomo non riesce a riconoscersi, perché tutto quello che li aveva caratterizzati è stato cancellato.
Sono diverse interpretazioni di questi luoghi. Sono i due lati di un cannocchiale, che attraverso le sue lenti ti permette di allontanarti o di avvicinarti.
Le artiste intendono fornire le loro interpretazioni, diverse, quasi antitetiche, proprio come le due lenti di un cannocchiale.
Giulia Maglionico si avvicina, fino quasi a zummare dentro alle facce dei viaggiatori, sembra volere ingigantirne le facce, per riuscire ad indagare i pensieri. Con il suo quadro ferma qualcosa di un momento che altrimenti non lascerebbe alcuna memoria di sé. I colori sono accesi, violenti nei contrasti e negli accostamenti. Il segno è una spaccatura tra le campiture piatte e coloratissime. Olga Ketling-Szemley, al contrario, si allontana per cogliere le dimensioni degli spazi vuoti, anche di anime. La sua tecnica meticolosa di collage di carta, consegna a questi spazi un’atmosfera particolarissima, rarefatta, quasi come se quegli spazi noi li avessimo già attraversati, e guardando i suoi quadri cercassimo di richiamarne il ricordo.
Cristina Costanzo con la sua opera “Cages”, alte sagome in legno e terracotta, rappresenta i suoi personaggi come anime alienate che a fatica vivono la loro essenza in uno spazio nel quale non è consentito volare, come fossero imprigionate in una gabbia. Uno spazio dove la sensualità non può entrare e dove solo pochi si rendono conto che quello non è vivere e sentono la necessità di riacquistare la propria dignità. Il percorso ci porta anche altrove, in un altro non luogo per l’artista essenziale : il sogno e l’inconscio. Queste tematiche vengono affrontate attraverso pannelli in terracotta policroma e materiale di recupero che raffigurano figure femminili stilizzate, dallo sguardo sognante, frammentate, scomposte in più parti e ricucite.
In queste opere è l’artista stessa la protagonista, e proprio suo il desiderio di uscire dall’omologazione causata dalla modernità e dal progresso.
La rielaborazione e la libera interpretazione di alcuni fotogrammi dei film di Pasolini (La Ricotta, Accattone e Mamma Roma), padre incontrastato dell’antiomologazione, consente a Valentina Maserati d’indagare la linea di confine tra i luoghi e i non luoghi, ponendo l’accento sul contrasto tra queste due realtà e sull’impossibilità di vivere in maniera dignitosa il “non luogo”. La sensualità che caratterizza il luogo vissuto istintivamente è completamente annullata dalla violenza delle costruzioni imposte dalle classi sociali emergenti. I personaggi vagano in questo nuovo scenario senza curarsene e riacquistando valore solo fuori da esso.
12
dicembre 2009
Non luoghi
Dal 12 dicembre 2009 al 09 gennaio 2010
arte contemporanea
Location
LATO
Prato, Piazza San Marco, 13, (Prato)
Prato, Piazza San Marco, 13, (Prato)
Orario di apertura
orario: da lunedì a venerdì ore 10-13 e 15-19. sabato 15-19
Vernissage
12 Dicembre 2009, dalle ore 18.30
Autore
Curatore