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Nordine Sajot – White Spirit#2
”Dimmi cosa mangi e ti dirò chi sei”, recita un famoso proverbio. Dietro ai sapori e al gusto di sedere a tavola, si nasconde una fitta trama di simboli e linguaggi rilevatori di un certo tipo di educazione, di cultura, di ambiente, di storia.
Comunicato stampa
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Cibo come nutrimento, come rito sociale, ma anche come simbolo etnico e culturale.
Variabile politica, economica e perfino etica. Cibo come confronto tra culture diverse, come affermazione di uno status sociale. La parigina Nordine Sajot, classe 1975, ha fatto di tale tematica il leit motiv della sua produzione artistica, centrando la sua riflessione sul cibo. Da sempre presente nella storia dell'arte, sia come semplice rappresentazione oggettuale, sia come espressione di molteplici significati, il cibo rappresenta un oggetto di consumo e un elemento simbolico allo stesso tempo, nel momento in cui viene consumato veicolando una serie di valori. Ciò che noi esprimiamo quando mangiamo, nella postura e nelle movenze assunte, rivela che l’atto del cibarsi non è solo conseguenza della fame, ma il riflesso di uno stato di cose molto più complesso: è una pratica rivolta alla cura del sé attraverso la quale si agisce proiettando all’esterno la propria identità. In un’epoca come la nostra, dove la funzione alimentare è stata ridotta ad un’esibizione di ingordigia consumistica, a sprechi incoraggiati da pubblicità onnipresenti, dove il rapporto con il cibo è deviato e influenzato in misura sempre maggiore da comportamenti stereotipati, l'indagine dell'artista francese risulta quanto mai attuale e di grande impatto sociale. Nordine Sajot, la cui ricerca spazia dall’antropologia alla psicoanalisi, dalla filosofia alla religione, analizza le dinamiche comportamentali e sociali legate al consumo di cibo, dando un ruolo da protagonista al corpo e alla sua gestualità. Le fotografie della serie Cultura fisica illustrano i molteplici aspetti di questa indagine. Esse presentano individui di tutte le età e nazionalità impegnati nell’atto più frequente e che accomuna tutti noi: quello del mangiare. Il bianco, colore imperante, ingloba e rende invisibili gli oggetti nelle mani dei personaggi, cosicché in primo piano restano solo i movimenti del corpo, la cui essenza e il cui senso vengono amplificati attraverso la sottrazione dell’oggetto materiale, che diventa mero pretesto. Forchette, coltelli, piatti, bicchieri, ciotole, bacchette, spariscono nel nulla per dare spazio ad una raffinata teatralità fatta di gesti e sguardi. Restituito nella sua essenza primordiale, il gesto conviviale acquisisce nuova forza rivelando una maggiore potenza comunicativa e rendendo visibile il valore del pasto come rito, come occasione di scambio, momento sacro perché immanente alla vita in tutte le sue manifestazioni, motore della vita sociale e culturale. Riproposte in occasione del progetto C.A.P. 80073 le tre fotografie della serie Cultura fisica, punto d’arrivo di un percorso cominciato nel 2005, mostrano tre coppie di innamorati a tavola. Anche qui il colore bianco, ovvero il White Spirit, lo spirito indice di sacralità e purezza a cui allude il titolo della mostra, avvolge le coppie, impegnate nel rito simbolo di unione. Ritratto di Laura e Anna, Ritratto di Marzia e Federico e Ritratto di Antonio e Giorgio, sottolineano il legame presente tra unione quotidiana e unione religiosa, generando una riflessione di sapore antropologico intorno a quelle che sono le convenzioni comportamentali del vivere sociale. Nel caso specifico è il voto, la promessa fatta da chi sceglie l'altro/a come proprio/a compagno/a di vita a emergere dall'incontro di braccia e mani che presuppongono l'incrociarsi di calici o la condivisione di cibo. Coerente con i lavori fotografici è la serie degli Ex-voto: disegni/ritagli che ritraggono braccia e mani nell'atto di prendere del cibo (con la sola eccezione d'una coppia di gambe ai due estremi dell'installazione). La Sajot parte da uno studio sulle posizioni degli arti superiori e inferiori durante i pasti e finisce per trasformarli in offerta votiva attraverso l'utilizzo di materiali quali l'ottone ed il feltro. “Le forme isolano e/o uniscono il corpo, il gesto, l’oggetto, il cibo, creando delle immagini che ne sono la rappresentazione” dice l'artista.
Come gli ex-voto della devozione popolare, le sagome ritagliate diventano il risultato di un processo ascetico, dove l'oggetto, causa dell'azione, scompare e ciò che resta visibile è soltanto l'intenzione, il voto, la volontà implicita nei gesti isolati dal contesto di riferimento. L’utilizzo del feltro come pelle chiarisce ulteriormente questo processo. La pelle rappresenta il nostro primo ed immediato mezzo di comunicazione, attraverso il quale riceviamo input dall'esterno e li convertiamo in sensazioni, mentre il feltro, materiale organico, caldo, leggero ed impermeabile, viene qui utilizzato come epidermide, come veicolo per raccontare il portato di significati antropologici contenuti all'interno di azioni ordinarie. Il corpo cosciente, materico e riconoscibile, si frammenta e diventa astrazione nelle sagome messe in fila sulla parete.
Scomposizione e dissolvenza del corpo fisico continuano nel video-morphing, dal titolo Cultura fisica_White Spirit, dove le immagini delle coppie ritratte si fondono e si compenetrano, dando vita ad una rappresentazione visiva delicata e di grande impatto estetico. Un lavoro sulla memoria, sulla comunicazione e sul gesto, indagati attraverso l’utilizzo dei mezzi più disparati: la Sajot spazia dal video alla fotografia, dalla scultura all'installazione, dalla scrittura al disegno. L’artista francese si diverte a far dialogare fra loro i linguaggi e le possibilità concettuali proprie di ogni medium, proprio come fa interagire aspetti diversi del vissuto: sacro e profano, corporeità ed immaterialità. Un discorso complesso e coerente quello di Sajot, che riesce ad espletare attraverso un operato artistico caratterizzato da estrema eleganza, semplicità e pulizia formale.
Stefania Russo
Variabile politica, economica e perfino etica. Cibo come confronto tra culture diverse, come affermazione di uno status sociale. La parigina Nordine Sajot, classe 1975, ha fatto di tale tematica il leit motiv della sua produzione artistica, centrando la sua riflessione sul cibo. Da sempre presente nella storia dell'arte, sia come semplice rappresentazione oggettuale, sia come espressione di molteplici significati, il cibo rappresenta un oggetto di consumo e un elemento simbolico allo stesso tempo, nel momento in cui viene consumato veicolando una serie di valori. Ciò che noi esprimiamo quando mangiamo, nella postura e nelle movenze assunte, rivela che l’atto del cibarsi non è solo conseguenza della fame, ma il riflesso di uno stato di cose molto più complesso: è una pratica rivolta alla cura del sé attraverso la quale si agisce proiettando all’esterno la propria identità. In un’epoca come la nostra, dove la funzione alimentare è stata ridotta ad un’esibizione di ingordigia consumistica, a sprechi incoraggiati da pubblicità onnipresenti, dove il rapporto con il cibo è deviato e influenzato in misura sempre maggiore da comportamenti stereotipati, l'indagine dell'artista francese risulta quanto mai attuale e di grande impatto sociale. Nordine Sajot, la cui ricerca spazia dall’antropologia alla psicoanalisi, dalla filosofia alla religione, analizza le dinamiche comportamentali e sociali legate al consumo di cibo, dando un ruolo da protagonista al corpo e alla sua gestualità. Le fotografie della serie Cultura fisica illustrano i molteplici aspetti di questa indagine. Esse presentano individui di tutte le età e nazionalità impegnati nell’atto più frequente e che accomuna tutti noi: quello del mangiare. Il bianco, colore imperante, ingloba e rende invisibili gli oggetti nelle mani dei personaggi, cosicché in primo piano restano solo i movimenti del corpo, la cui essenza e il cui senso vengono amplificati attraverso la sottrazione dell’oggetto materiale, che diventa mero pretesto. Forchette, coltelli, piatti, bicchieri, ciotole, bacchette, spariscono nel nulla per dare spazio ad una raffinata teatralità fatta di gesti e sguardi. Restituito nella sua essenza primordiale, il gesto conviviale acquisisce nuova forza rivelando una maggiore potenza comunicativa e rendendo visibile il valore del pasto come rito, come occasione di scambio, momento sacro perché immanente alla vita in tutte le sue manifestazioni, motore della vita sociale e culturale. Riproposte in occasione del progetto C.A.P. 80073 le tre fotografie della serie Cultura fisica, punto d’arrivo di un percorso cominciato nel 2005, mostrano tre coppie di innamorati a tavola. Anche qui il colore bianco, ovvero il White Spirit, lo spirito indice di sacralità e purezza a cui allude il titolo della mostra, avvolge le coppie, impegnate nel rito simbolo di unione. Ritratto di Laura e Anna, Ritratto di Marzia e Federico e Ritratto di Antonio e Giorgio, sottolineano il legame presente tra unione quotidiana e unione religiosa, generando una riflessione di sapore antropologico intorno a quelle che sono le convenzioni comportamentali del vivere sociale. Nel caso specifico è il voto, la promessa fatta da chi sceglie l'altro/a come proprio/a compagno/a di vita a emergere dall'incontro di braccia e mani che presuppongono l'incrociarsi di calici o la condivisione di cibo. Coerente con i lavori fotografici è la serie degli Ex-voto: disegni/ritagli che ritraggono braccia e mani nell'atto di prendere del cibo (con la sola eccezione d'una coppia di gambe ai due estremi dell'installazione). La Sajot parte da uno studio sulle posizioni degli arti superiori e inferiori durante i pasti e finisce per trasformarli in offerta votiva attraverso l'utilizzo di materiali quali l'ottone ed il feltro. “Le forme isolano e/o uniscono il corpo, il gesto, l’oggetto, il cibo, creando delle immagini che ne sono la rappresentazione” dice l'artista.
Come gli ex-voto della devozione popolare, le sagome ritagliate diventano il risultato di un processo ascetico, dove l'oggetto, causa dell'azione, scompare e ciò che resta visibile è soltanto l'intenzione, il voto, la volontà implicita nei gesti isolati dal contesto di riferimento. L’utilizzo del feltro come pelle chiarisce ulteriormente questo processo. La pelle rappresenta il nostro primo ed immediato mezzo di comunicazione, attraverso il quale riceviamo input dall'esterno e li convertiamo in sensazioni, mentre il feltro, materiale organico, caldo, leggero ed impermeabile, viene qui utilizzato come epidermide, come veicolo per raccontare il portato di significati antropologici contenuti all'interno di azioni ordinarie. Il corpo cosciente, materico e riconoscibile, si frammenta e diventa astrazione nelle sagome messe in fila sulla parete.
Scomposizione e dissolvenza del corpo fisico continuano nel video-morphing, dal titolo Cultura fisica_White Spirit, dove le immagini delle coppie ritratte si fondono e si compenetrano, dando vita ad una rappresentazione visiva delicata e di grande impatto estetico. Un lavoro sulla memoria, sulla comunicazione e sul gesto, indagati attraverso l’utilizzo dei mezzi più disparati: la Sajot spazia dal video alla fotografia, dalla scultura all'installazione, dalla scrittura al disegno. L’artista francese si diverte a far dialogare fra loro i linguaggi e le possibilità concettuali proprie di ogni medium, proprio come fa interagire aspetti diversi del vissuto: sacro e profano, corporeità ed immaterialità. Un discorso complesso e coerente quello di Sajot, che riesce ad espletare attraverso un operato artistico caratterizzato da estrema eleganza, semplicità e pulizia formale.
Stefania Russo
06
agosto 2008
Nordine Sajot – White Spirit#2
Dal 06 agosto al 06 settembre 2008
arte contemporanea
Location
C.A.P.80073_CAPRI ART PROJECT
Capri, Via L'abate, 5/a, (Napoli)
Capri, Via L'abate, 5/a, (Napoli)
Orario di apertura
lun-dom dalle 19 alle 21 e su appuntamento
Vernissage
6 Agosto 2008, ore 19
Autore