Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Not dark yet
Not dark yet… prende spunto dal quotidiano passaggio dal giorno alla notte. Momento lieve e silenzioso che cattura l’attenzione solo quando è stupefacente, quando colora le cose o quando le accarezza prima di nasconderle.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Not dark yet...*
"There's not even room enough to be anywhere"
Not dark yet... prende spunto dal quotidiano passaggio dal giorno alla notte. Momento lieve e silenzioso che cattura l'attenzione solo quando è stupefacente, quando colora le cose o quando le accarezza prima di nasconderle.
Il passaggio è quella zona senza punti, è solo tempo che trascorre nella mutazione di una cosa in un'altra: il fascino dello stare in mezzo, il limite di non stare da nessuna parte. La mostra si ispira a questo 'evento' in quanto metafora che sintetizzare il processo ambiguo che si attiva ogni qualvolta si è di fronte a un'opera d'arte: somma indeterminatezza da una parte e affermazione di una totale oggettività dall'altra.
Not dark yet... cerca di indagare la metafora del tramonto come pensiero ideale per stabilire i limiti e la tensione tra il fare e il fruire dell'opera d'arte. Il transitare tra la luce e il buio, ma anche tra la chiarezza e l'oscurità del senso, è da sempre uno dei 'luoghi' su chi la sensibilità artistica ha esteso e forzato la linea di confine. La traccia non è mai stata così labile come quella, appunto, tra una comprensione chiara e distinta e la totale perdita di certezze.
Gli escamotage riflessivi/espressivi di Valerio Carrubba che spingono la falsità delle rappresentazioni all'ennesima potenza: un ripiegamento che testimonia il raggiro ambiguo delle immagini ben descritto da Guy Debord.
La dissoluzione della materia nel lavoro di Alessandro Ceresoli che cerca in maniera grottesca di dare una rappresentazione sonora dell'effervescenza generata da una reazione chimica. Materia rigida e lucida costruita in sembianze/eco di un rumore che è per lo più mentale.
Ettore Favini pensa a tre oggetti su un tavolo realizzati con materiali classici della scultura: vetro, gres porcellanato e ottone. Tre forme 'aperte' alla ricerca di una perfezione impossibile. Il vetro mai completamente pulito, la sfera sempre disassata in qualsiasi posizione venga messa e la piramide sempre alla ricerca della posizione perfetta, che è il lato mancante.
Christian Frosi adotta la coreografia che disegnerà l'onda di una goccia che cade nell'acqua per spostare degli oggetti nello spazio espositivo. Mutamento ideale di cose quotidiane mischiate a sue creazioni. L'artista cerca di creare una geografia spaziale per confondere il limite e la sostanza del senso.
Con il lavoro di Massimo Grimaldi si mette a fuoco l'ambiguità di cosa/come/dove finisce lo spazio espositivo. L'artista disgrega il supporto/mezzo artistico rendendolo oggetto paradossale dove l'autorialità si perde nei clichè delle regole ad arte dell'arte.
Giovanni Kronenberg, affascinato da un oggetto carico di storia e di una forte valenza affabulatoria, incide su di esso un suo ritratto. Suggella così l'irrisolta ambiguità del passato racchiuso in questo oggetto antico, con la consapevolezza dell'enigma che si cela da sempre dietro ad un autoritratto
Farid Rahimi proietta un video in cui alla fissità di una visione naturale, oppone un tremore artificiale, disturbante, ponendo l'immagine in una situazione critica, come se stesse per sfaldarsi, disgregando, nelle intenzioni, la visione romantica di un paesaggio all'imbrunire.
Gli A12 saranno presenti con un lavoro site-specific.
* Titolo preso in prestito da una canzone di Bob Dylan che parla d'amore, di tempo passato, di ricordi, di tristezza e di luoghi.
"There's not even room enough to be anywhere"
Not dark yet... prende spunto dal quotidiano passaggio dal giorno alla notte. Momento lieve e silenzioso che cattura l'attenzione solo quando è stupefacente, quando colora le cose o quando le accarezza prima di nasconderle.
Il passaggio è quella zona senza punti, è solo tempo che trascorre nella mutazione di una cosa in un'altra: il fascino dello stare in mezzo, il limite di non stare da nessuna parte. La mostra si ispira a questo 'evento' in quanto metafora che sintetizzare il processo ambiguo che si attiva ogni qualvolta si è di fronte a un'opera d'arte: somma indeterminatezza da una parte e affermazione di una totale oggettività dall'altra.
Not dark yet... cerca di indagare la metafora del tramonto come pensiero ideale per stabilire i limiti e la tensione tra il fare e il fruire dell'opera d'arte. Il transitare tra la luce e il buio, ma anche tra la chiarezza e l'oscurità del senso, è da sempre uno dei 'luoghi' su chi la sensibilità artistica ha esteso e forzato la linea di confine. La traccia non è mai stata così labile come quella, appunto, tra una comprensione chiara e distinta e la totale perdita di certezze.
Gli escamotage riflessivi/espressivi di Valerio Carrubba che spingono la falsità delle rappresentazioni all'ennesima potenza: un ripiegamento che testimonia il raggiro ambiguo delle immagini ben descritto da Guy Debord.
La dissoluzione della materia nel lavoro di Alessandro Ceresoli che cerca in maniera grottesca di dare una rappresentazione sonora dell'effervescenza generata da una reazione chimica. Materia rigida e lucida costruita in sembianze/eco di un rumore che è per lo più mentale.
Ettore Favini pensa a tre oggetti su un tavolo realizzati con materiali classici della scultura: vetro, gres porcellanato e ottone. Tre forme 'aperte' alla ricerca di una perfezione impossibile. Il vetro mai completamente pulito, la sfera sempre disassata in qualsiasi posizione venga messa e la piramide sempre alla ricerca della posizione perfetta, che è il lato mancante.
Christian Frosi adotta la coreografia che disegnerà l'onda di una goccia che cade nell'acqua per spostare degli oggetti nello spazio espositivo. Mutamento ideale di cose quotidiane mischiate a sue creazioni. L'artista cerca di creare una geografia spaziale per confondere il limite e la sostanza del senso.
Con il lavoro di Massimo Grimaldi si mette a fuoco l'ambiguità di cosa/come/dove finisce lo spazio espositivo. L'artista disgrega il supporto/mezzo artistico rendendolo oggetto paradossale dove l'autorialità si perde nei clichè delle regole ad arte dell'arte.
Giovanni Kronenberg, affascinato da un oggetto carico di storia e di una forte valenza affabulatoria, incide su di esso un suo ritratto. Suggella così l'irrisolta ambiguità del passato racchiuso in questo oggetto antico, con la consapevolezza dell'enigma che si cela da sempre dietro ad un autoritratto
Farid Rahimi proietta un video in cui alla fissità di una visione naturale, oppone un tremore artificiale, disturbante, ponendo l'immagine in una situazione critica, come se stesse per sfaldarsi, disgregando, nelle intenzioni, la visione romantica di un paesaggio all'imbrunire.
Gli A12 saranno presenti con un lavoro site-specific.
* Titolo preso in prestito da una canzone di Bob Dylan che parla d'amore, di tempo passato, di ricordi, di tristezza e di luoghi.
19
settembre 2008
Not dark yet
Dal 19 al 21 settembre 2008
arte contemporanea
Location
SPAZIO BOZ ART
Milano, Via Giacomo Leopardi, 26, (Milano)
Milano, Via Giacomo Leopardi, 26, (Milano)
Vernissage
19 Settembre 2008, ore 18,00
Autore
Curatore