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Novecento sedotto. Il fascino del Seicento tra le due guerre da Velázquez a Annigoni
L’esposizione propone un’indagine sul tema della riscoperta novecentesca del Seicento, che ha avuto il suo apice nell’ambiente culturale fiorentino per trovare riscontri negli artisti romani legati alla rivista «Valori Plastici» e nel gruppo milanese di «Novecento».
Comunicato stampa
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Nel 1922 veniva allestita a Firenze, a Palazzo Pitti, un’imponente mostra sul Seicento e il Settecento, con oltre mille opere distribuite in cinquanta sale; al Caravaggio, in particolare, era dedicata una sala molto suggestiva, con le tele provenienti dalla chiesa romana di San Luigi dei Francesi, alcuni dipinti poco noti e il Bacco riscoperto nei depositi delle Gallerie fiorentine. La resa naturalistica, la monumentalità delle composizioni e i forti contrasti di luce delle opere esposte colpirono e stimolarono gli artisti contemporanei, come registrato da Ugo Ojetti, tra i maggiori promotori dell’iniziativa, che nel catalogo osservò quale importante «vantaggio della Mostra […] il conforto dato ai pittori viventi». La considerazione del Seicento come radice della modernità divenne dunque argomento condiviso da critici e artisti.
Già alcune opere moderne presenti alla coeva esposizione “Fiorentina Primaverile” si rivelavano suggestionate dai dipinti del Seicento riscoperti negli ultimi anni, quindi ammirati a Palazzo Pitti. Che stesse maturando un’attenzione nei confronti di questa tradizione artistica è riscontrabile nelle esposizioni italiane coeve o di poco successive, dalle Biennali di Roma e di Venezia alle rassegne locali: si recuperavano stimoli e spunti dal Caravaggio e dal naturalismo caravaggesco, dal gusto classico della scuola emiliana e romana, ma anche dai pittori spagnoli e olandesi.
La mostra fiorentina di Palazzo Pitti costituì dunque l’apice di un rinnovato interesse nei confronti del Seicento da parte di critici quali Roberto Longhi, Matteo Marangoni, Lionello Venturi, Ugo Ojetti, Giorgio de Chirico, Ardengo Soffici, che contribuirono a innescare interessanti occasioni di confronto nel contesto nazionale.
Rilevante fu poi il dibattito che si svolse sulle riviste, che al recupero storico e critico proposto sulle pagine di «Dedalo», «La Voce», «L’Arte», vide aggiungersi una vera e propria querelle sulla così detta «mania del Seicento», scatenata da De Chirico su «Valori Plastici».
In questo momento paradigmatico della storia del gusto anche il collezionismo svolse un ruolo determinante: si ricordano, ad esempio, i fondamentali legami di Marangoni con il collezionista Angelo Cecconi, che scriveva sulle riviste con lo pseudonimo Thomas Neal, e di Longhi con i Contini Bonacossi, con i quali instaurò un costante e proficuo rapporto.
L’esposizione propone dunque un’indagine sul tema della riscoperta novecentesca del Seicento, che ha avuto il suo apice nell’ambiente culturale fiorentino per trovare riscontri negli artisti romani legati alla rivista «Valori Plastici» e nel gruppo milanese di «Novecento».
Le opere si collocano cronologicamente dai primi anni Venti alla metà degli anni Quaranta, con un’apertura ai decenni successivi sintetizzata nel dichiarato rapporto che Pier Paolo Pasolini aveva con la cultura figurativa caravaggesca, raccogliendo così simbolicamente l’eredità dei dibattiti maturati nei decenni precedenti.
Quanto più intriga, di questo percorso, è la compenetrazione profonda di arte, critica, collezionismo, mercato, ma anche cinema e letteratura, all’insegna di una cultura figurativa nuova: la riscoperta di un secolo allora criticamente sfortunato quale era il Seicento s’innesta nel gusto pittorico con una forza singolare. Meno conosciuto e apprezzato rispetto ad altri secoli, il Seicento non fu meno presente nel repertorio degli artisti, ma si inserì nell’eclettismo imperante che caratterizzava l’arte del periodo tra le due guerre e nell’ampia ricezione del passato che fu promossa dagli artisti e dai critici del tempo. Il percorso espositivo e gli studi raccolti in questo volume sono tesi a indicare il ruolo del Seicento per la cultura novecentesca, accanto a quello ampiamente riconosciuto del Rinascimento e dei “primitivi” e dei maestri della modernità (Courbet, Manet, Cézanne).
Considerando quale precedente metodologico la mostra “Piero della Francesca e il Novecento” e sulla via di importanti studi pioneristici dedicati alla riscoperta e al dibattito attorno al Seicento (da Ferdinando Mazzocca a Giovanna Uzzani), si propone una più vasta ricognizione, volta a restituire e diffondere la complessità dell’argomento.
Fin dagli anni Venti, artisti e critici si interrogarono su “quale Seicento” fosse da eleggere a parametro d’ispirazione formale, se quello “classicista” o quello “naturalista”. Tale incertezza si rispecchiava nell’attribuzione dei maestri secenteschi all’una o l’altra inclinazione: si poteva infatti parlare di un Caravaggio classico o di un Caravaggio naturalista. Anche solo considerando queste diverse letture critiche riguardo al protagonista indiscusso del Seicento italiano, si comprende quanto fosse difficile ridefinire il XVII secolo e quanto aperto fosse il problema del Barocco.
Negli anni Quaranta, poi, il Seicento diviene riferimento fondamentale per quanti ricercavano una parafrasi del “reale”, come i “Pittori Moderni della Realtà” (1947) o, con intenti profondamente diversi, il “Fronte Nuovo delle Arti”.
In particolare Pietro Annigoni, il cui museo omonimo ospita la mostra “Novecento sedotto. Il fascino del Seicento tra le due guerre. Da Velasquez a Annigoni”, in occasione del centenario, simbolicamente coincidente con le celebrazioni caravaggesche, aveva iniziato a dipingere come giovane allievo di Felice Carena, pittore da sempre impegnato nel confronto con la realtà, e che mostrava peculiari aperture verso il Seicento. Nel percorso espositivo risalta l’inclinazione secentesca di Annigoni in nature morte, quadri di figura, paesaggi, frammenti di affreschi staccati e grafica. Il pittore, acclamato come maestro virtuoso in una celebrazione che ne ha alimentato la solitudine e l’isolamento, trova in questa occasione una riconsiderazione proprio in virtù della partecipazione al proprio tempo.
La rilettura critica delle opere di Annigoni verrà dunque a ricollocarlo in un preciso contesto artistico, testimoniato da opere significative di Primo Conti, Felice Carena, Baccio Maria Bacci, Achille Funi, Cipriano Efisio Oppo, Carlo Socrate, Armando Spadini, Giorgio de Chirico, Gregorio Sciltian, Antonio e Xavier Bueno.
La mostra “Novecento sedotto. Il fascino del Seicento tra le due guerre. Da Velasquez a Annigoni”, promossa dall’Ente Cassa di Risparmio di Firenze e ospitata dalla Fondazione Parchi Monumentali Bardini e Peyron al Museo Annigoni, a Villa Bardini, dal 16 dicembre 2010 al 1 maggio 2011, rispecchia un andamento sia cronologico che tematico.
Il percorso espositivo si snoda a partire dalla ricostruzione del contesto degli anni Venti, in cui emerge il ruolo trainante della cultura fiorentina, con una parentesi dedicata a critici e a collezionisti che alimentarono l’interesse per il Seicento. Due sale tematiche, dedicate a natura morta e paesaggio, generi tipici del Seicento, propongono soggetti che recepiscono, attualizzandoli, alcuni caratteri espressivi del passato e collegano le premesse degli anni Venti con alcune espressioni artistiche di Annigoni e dei pittori della sua generazione. L’ultima sala propone opere realizzate tra la metà degli anni Trenta e i primi anni Quaranta dal gruppo di artisti che confluiranno nei “Pittori Moderni della Realtà”, opere che dimostrano quanto ancora siano in auge lo stile e l’iconografia seicentesca fra i riferimenti dell’eclettico repertorio del passato cui attinge questo ambiente artistico, in special modo ispirato al caravaggismo spagnolo.
“L’esposizione - sottolinea l’avvocato Michele Gremigni, Presidente dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze - è l’ occasione per proporre al pubblico alcune opere da tempo custodite in collezioni private e opere di particolare interesse offerte in una veste rinnovata grazie ad accurati restauri; sono particolarmente lieto – prosegue l’avvocato Michele Gremigni – che il Museo Annigoni ospiti un’altra mostra di eccezione, a testimoniare che il Museo è luogo aperto e di confronto, che permette una rotazione di opere delle opere di Pietro Annigoni, dialogando con altri artisti”.
Il catalogo risponde al percorso espositivo presentando contributi che introducono le sezioni della mostra, seguiti da altri che approfondiscono tematiche specifiche e contestualizzano il tema nella dimensione italiana e internazionale. Le schede delle opere costituiscono un apparato critico considerevole, costruendo per immagini un rapporto costante tra i due secoli. La stessa scelta, dunque, che nel percorso espositivo vede accostate opere del Seicento e del Novecento, si ripete nel catalogo, impostando un dialogo visivo arricchito di estesi confronti, in grado di restituire gran parte delle riflessioni critiche che accompagnarono il lavoro degli artisti di questa prima metà del Novecento sedotto dal secolo barocco.
Anna Mazzanti, Lucia Mannini, Valentina Gensini
Già alcune opere moderne presenti alla coeva esposizione “Fiorentina Primaverile” si rivelavano suggestionate dai dipinti del Seicento riscoperti negli ultimi anni, quindi ammirati a Palazzo Pitti. Che stesse maturando un’attenzione nei confronti di questa tradizione artistica è riscontrabile nelle esposizioni italiane coeve o di poco successive, dalle Biennali di Roma e di Venezia alle rassegne locali: si recuperavano stimoli e spunti dal Caravaggio e dal naturalismo caravaggesco, dal gusto classico della scuola emiliana e romana, ma anche dai pittori spagnoli e olandesi.
La mostra fiorentina di Palazzo Pitti costituì dunque l’apice di un rinnovato interesse nei confronti del Seicento da parte di critici quali Roberto Longhi, Matteo Marangoni, Lionello Venturi, Ugo Ojetti, Giorgio de Chirico, Ardengo Soffici, che contribuirono a innescare interessanti occasioni di confronto nel contesto nazionale.
Rilevante fu poi il dibattito che si svolse sulle riviste, che al recupero storico e critico proposto sulle pagine di «Dedalo», «La Voce», «L’Arte», vide aggiungersi una vera e propria querelle sulla così detta «mania del Seicento», scatenata da De Chirico su «Valori Plastici».
In questo momento paradigmatico della storia del gusto anche il collezionismo svolse un ruolo determinante: si ricordano, ad esempio, i fondamentali legami di Marangoni con il collezionista Angelo Cecconi, che scriveva sulle riviste con lo pseudonimo Thomas Neal, e di Longhi con i Contini Bonacossi, con i quali instaurò un costante e proficuo rapporto.
L’esposizione propone dunque un’indagine sul tema della riscoperta novecentesca del Seicento, che ha avuto il suo apice nell’ambiente culturale fiorentino per trovare riscontri negli artisti romani legati alla rivista «Valori Plastici» e nel gruppo milanese di «Novecento».
Le opere si collocano cronologicamente dai primi anni Venti alla metà degli anni Quaranta, con un’apertura ai decenni successivi sintetizzata nel dichiarato rapporto che Pier Paolo Pasolini aveva con la cultura figurativa caravaggesca, raccogliendo così simbolicamente l’eredità dei dibattiti maturati nei decenni precedenti.
Quanto più intriga, di questo percorso, è la compenetrazione profonda di arte, critica, collezionismo, mercato, ma anche cinema e letteratura, all’insegna di una cultura figurativa nuova: la riscoperta di un secolo allora criticamente sfortunato quale era il Seicento s’innesta nel gusto pittorico con una forza singolare. Meno conosciuto e apprezzato rispetto ad altri secoli, il Seicento non fu meno presente nel repertorio degli artisti, ma si inserì nell’eclettismo imperante che caratterizzava l’arte del periodo tra le due guerre e nell’ampia ricezione del passato che fu promossa dagli artisti e dai critici del tempo. Il percorso espositivo e gli studi raccolti in questo volume sono tesi a indicare il ruolo del Seicento per la cultura novecentesca, accanto a quello ampiamente riconosciuto del Rinascimento e dei “primitivi” e dei maestri della modernità (Courbet, Manet, Cézanne).
Considerando quale precedente metodologico la mostra “Piero della Francesca e il Novecento” e sulla via di importanti studi pioneristici dedicati alla riscoperta e al dibattito attorno al Seicento (da Ferdinando Mazzocca a Giovanna Uzzani), si propone una più vasta ricognizione, volta a restituire e diffondere la complessità dell’argomento.
Fin dagli anni Venti, artisti e critici si interrogarono su “quale Seicento” fosse da eleggere a parametro d’ispirazione formale, se quello “classicista” o quello “naturalista”. Tale incertezza si rispecchiava nell’attribuzione dei maestri secenteschi all’una o l’altra inclinazione: si poteva infatti parlare di un Caravaggio classico o di un Caravaggio naturalista. Anche solo considerando queste diverse letture critiche riguardo al protagonista indiscusso del Seicento italiano, si comprende quanto fosse difficile ridefinire il XVII secolo e quanto aperto fosse il problema del Barocco.
Negli anni Quaranta, poi, il Seicento diviene riferimento fondamentale per quanti ricercavano una parafrasi del “reale”, come i “Pittori Moderni della Realtà” (1947) o, con intenti profondamente diversi, il “Fronte Nuovo delle Arti”.
In particolare Pietro Annigoni, il cui museo omonimo ospita la mostra “Novecento sedotto. Il fascino del Seicento tra le due guerre. Da Velasquez a Annigoni”, in occasione del centenario, simbolicamente coincidente con le celebrazioni caravaggesche, aveva iniziato a dipingere come giovane allievo di Felice Carena, pittore da sempre impegnato nel confronto con la realtà, e che mostrava peculiari aperture verso il Seicento. Nel percorso espositivo risalta l’inclinazione secentesca di Annigoni in nature morte, quadri di figura, paesaggi, frammenti di affreschi staccati e grafica. Il pittore, acclamato come maestro virtuoso in una celebrazione che ne ha alimentato la solitudine e l’isolamento, trova in questa occasione una riconsiderazione proprio in virtù della partecipazione al proprio tempo.
La rilettura critica delle opere di Annigoni verrà dunque a ricollocarlo in un preciso contesto artistico, testimoniato da opere significative di Primo Conti, Felice Carena, Baccio Maria Bacci, Achille Funi, Cipriano Efisio Oppo, Carlo Socrate, Armando Spadini, Giorgio de Chirico, Gregorio Sciltian, Antonio e Xavier Bueno.
La mostra “Novecento sedotto. Il fascino del Seicento tra le due guerre. Da Velasquez a Annigoni”, promossa dall’Ente Cassa di Risparmio di Firenze e ospitata dalla Fondazione Parchi Monumentali Bardini e Peyron al Museo Annigoni, a Villa Bardini, dal 16 dicembre 2010 al 1 maggio 2011, rispecchia un andamento sia cronologico che tematico.
Il percorso espositivo si snoda a partire dalla ricostruzione del contesto degli anni Venti, in cui emerge il ruolo trainante della cultura fiorentina, con una parentesi dedicata a critici e a collezionisti che alimentarono l’interesse per il Seicento. Due sale tematiche, dedicate a natura morta e paesaggio, generi tipici del Seicento, propongono soggetti che recepiscono, attualizzandoli, alcuni caratteri espressivi del passato e collegano le premesse degli anni Venti con alcune espressioni artistiche di Annigoni e dei pittori della sua generazione. L’ultima sala propone opere realizzate tra la metà degli anni Trenta e i primi anni Quaranta dal gruppo di artisti che confluiranno nei “Pittori Moderni della Realtà”, opere che dimostrano quanto ancora siano in auge lo stile e l’iconografia seicentesca fra i riferimenti dell’eclettico repertorio del passato cui attinge questo ambiente artistico, in special modo ispirato al caravaggismo spagnolo.
“L’esposizione - sottolinea l’avvocato Michele Gremigni, Presidente dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze - è l’ occasione per proporre al pubblico alcune opere da tempo custodite in collezioni private e opere di particolare interesse offerte in una veste rinnovata grazie ad accurati restauri; sono particolarmente lieto – prosegue l’avvocato Michele Gremigni – che il Museo Annigoni ospiti un’altra mostra di eccezione, a testimoniare che il Museo è luogo aperto e di confronto, che permette una rotazione di opere delle opere di Pietro Annigoni, dialogando con altri artisti”.
Il catalogo risponde al percorso espositivo presentando contributi che introducono le sezioni della mostra, seguiti da altri che approfondiscono tematiche specifiche e contestualizzano il tema nella dimensione italiana e internazionale. Le schede delle opere costituiscono un apparato critico considerevole, costruendo per immagini un rapporto costante tra i due secoli. La stessa scelta, dunque, che nel percorso espositivo vede accostate opere del Seicento e del Novecento, si ripete nel catalogo, impostando un dialogo visivo arricchito di estesi confronti, in grado di restituire gran parte delle riflessioni critiche che accompagnarono il lavoro degli artisti di questa prima metà del Novecento sedotto dal secolo barocco.
Anna Mazzanti, Lucia Mannini, Valentina Gensini
15
dicembre 2010
Novecento sedotto. Il fascino del Seicento tra le due guerre da Velázquez a Annigoni
Dal 15 dicembre 2010 al 07 giugno 2011
arte contemporanea
Location
MUSEO PIETRO ANNIGONI – VILLA BARDINI
Firenze, Costa San Giorgio, 2, (Firenze)
Firenze, Costa San Giorgio, 2, (Firenze)
Biglietti
€ 6 intero, € 4 ridotto
Orario di apertura
da martedì a domenica 10-18
Vernissage
15 Dicembre 2010, ore 18
Editore
POLISTAMPA
Ufficio stampa
CAMILLA SPERANZA
Autore
Curatore