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Nuova Avanguardia
Germano Celant ne sta scivendo la storia di quasi cinquan’anni di mostre d’avanguardia e la Galleria Toselli di Milano celebra questo traguardo allestendo una mostra sugli artisti della nuova generazione. Il passato e il futuro dell’avanguardia in Italia.
Comunicato stampa
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Conceptual Art, Arte Povera, Land Art… quando le ultime vere Avanguardie del secolo scorso si sono eclissate il sistema dell’arte contemporanea ancora non esisteva. Anzi, il sistema attuale, che in fondo è solo un sistema di mercato, è stato costruito proprio sulle macerie del fallimento dell’utopia, anche se, fin dai suoi esordi qualcuno già ricominciava a parlare dell’ennesima morte dell’arte proprio ancora recentemente rievocata. Curioso e paradossale: quando il sistema non c’era c’erano gli artisti e ora che c’è un sistema mastodontico gli artisti non ci sono più. Sono rimasti dei sedicenti professionisti della creatività che o si credono artisti o credono di orientare la ricerca artistica, ma l’arte è un’altra cosa: l’arte è sempre spiazzante, asimmetrica, non convenzionale, non ha nulla a che fare con la creatività e tantomeno con le dinamiche di mercato. Con una funzione molto più assimilabile a quella della scienza, l’arte sonda in assoluta libertà di ricerca i limiti estremi della conoscenza umana attraverso le infinite possibilità di esistere.
Un gruppo di giovani artisti che si riconosce nella “Nuova Avanguardia” coniata da Luca Tomìo, un curatore che non vuole essere definito tale (“I curatori non esistono. Gli artisti si curano da soli”) espone dall’8 aprile da Franco Toselli, a Milano, una delle gallerie storiche dell’avanguardia italiana e inernazionale, quasi mille mostre all’attivo e la cui storia la sta ricostruendo Germano Celant in un volume di prossima pubblicazione.
Da almeno trent’anni si assiste ad una sorta di estetizzazione/mercificazione di ogni aspetto della realtà che in fondo era stata preconizzata da Andy Warhol e che la tecnologia che stanno mettendo a punto nella Silicon Valley porterà a breve alle estreme conseguenze, con la customizzazione globale della realtà. Se ogni uomo può essere un artista, se ogni cosa può essere arte, allora nessuno è un artista e niente è arte. Sarebbe questo il presupposto per parlare di morte dell’arte se non ci fosse un errore di fondo: questo processo non riguarda l’arte ma la creatività; l’arte non è creatività, non è un vestito, una sedia o un occhilale… L’arte, come la scienza, ha a che fare con la realtà delle cose del mondo, con i limiti delle nostra conoscenza come uomini, e ha a che fare anche con il vitalismo di una generazione che non si rassegna a stare seduta sulle macerie della vecchia e che non si compiacerà di guardare quella futura seduta affranta sulle proprie. E questa Nuova Avanguardia non ha un aggettivo per definirsi perché non vuole imporre nulla, non ha un’idea da perseguire o da inculcare, se non quella di voler riaprire il mondo alla ricerca di un senso e alle infinite possibilità di esistere.
Il lavoro di Daria Paladino sulla Trasmutazione dell’uomo in Cristo è emblematico dell’attenzione che anche il pensiero laico riserva ai valori cristiani nel contesto di quella drammatica attualità che irrompe anche nelle opere di Angelo Formica.
Se la ricerca quasi antropologica di Emiliano Maggi si concentra sui meccanismi primordiali dell’umanità, le sculture di Luigi Puxeddu gettano uno sguardo sul mondo che è addirittura ancestrale, quando l’uomo non c’era…
Sbagliato e Deca amano invece stupire con “effetti speciali”, gli uni (sono un collettivo) con incursioni urbane che hanno impropriamente fatto pensare ad un fenomeno di street art, l’altro un po’ mago e un po’ scienziato, ai confini tra lo stupore e la tecnologia più avanzata. Claus Larsen dipinge con la sapienza di un pittore rinascimentale ma i suoi lavori indagano i confini estremi della scienza. I nuovi lavori di Vanni Cuoghi, una sorta di diorami raffinatissimi, emanano invece una strana inquietudine, un’atmosfera sospesa tra il tempo che era e il tempo che verrà. Fabrizio Braghieri dà il meglio di sè quando trova delle ottime soluzioni per non sembrare un artista.
Un gruppo di giovani artisti che si riconosce nella “Nuova Avanguardia” coniata da Luca Tomìo, un curatore che non vuole essere definito tale (“I curatori non esistono. Gli artisti si curano da soli”) espone dall’8 aprile da Franco Toselli, a Milano, una delle gallerie storiche dell’avanguardia italiana e inernazionale, quasi mille mostre all’attivo e la cui storia la sta ricostruendo Germano Celant in un volume di prossima pubblicazione.
Da almeno trent’anni si assiste ad una sorta di estetizzazione/mercificazione di ogni aspetto della realtà che in fondo era stata preconizzata da Andy Warhol e che la tecnologia che stanno mettendo a punto nella Silicon Valley porterà a breve alle estreme conseguenze, con la customizzazione globale della realtà. Se ogni uomo può essere un artista, se ogni cosa può essere arte, allora nessuno è un artista e niente è arte. Sarebbe questo il presupposto per parlare di morte dell’arte se non ci fosse un errore di fondo: questo processo non riguarda l’arte ma la creatività; l’arte non è creatività, non è un vestito, una sedia o un occhilale… L’arte, come la scienza, ha a che fare con la realtà delle cose del mondo, con i limiti delle nostra conoscenza come uomini, e ha a che fare anche con il vitalismo di una generazione che non si rassegna a stare seduta sulle macerie della vecchia e che non si compiacerà di guardare quella futura seduta affranta sulle proprie. E questa Nuova Avanguardia non ha un aggettivo per definirsi perché non vuole imporre nulla, non ha un’idea da perseguire o da inculcare, se non quella di voler riaprire il mondo alla ricerca di un senso e alle infinite possibilità di esistere.
Il lavoro di Daria Paladino sulla Trasmutazione dell’uomo in Cristo è emblematico dell’attenzione che anche il pensiero laico riserva ai valori cristiani nel contesto di quella drammatica attualità che irrompe anche nelle opere di Angelo Formica.
Se la ricerca quasi antropologica di Emiliano Maggi si concentra sui meccanismi primordiali dell’umanità, le sculture di Luigi Puxeddu gettano uno sguardo sul mondo che è addirittura ancestrale, quando l’uomo non c’era…
Sbagliato e Deca amano invece stupire con “effetti speciali”, gli uni (sono un collettivo) con incursioni urbane che hanno impropriamente fatto pensare ad un fenomeno di street art, l’altro un po’ mago e un po’ scienziato, ai confini tra lo stupore e la tecnologia più avanzata. Claus Larsen dipinge con la sapienza di un pittore rinascimentale ma i suoi lavori indagano i confini estremi della scienza. I nuovi lavori di Vanni Cuoghi, una sorta di diorami raffinatissimi, emanano invece una strana inquietudine, un’atmosfera sospesa tra il tempo che era e il tempo che verrà. Fabrizio Braghieri dà il meglio di sè quando trova delle ottime soluzioni per non sembrare un artista.
10
aprile 2015
Nuova Avanguardia
Dal 10 aprile all'otto maggio 2015
arte contemporanea
Location
GALLERIA TOSELLI
Milano, Via Mario Pagano, 4, (Milano)
Milano, Via Mario Pagano, 4, (Milano)
Orario di apertura
da martedì a sabato ore 10-12 e 15.30-18.30
Vernissage
10 Aprile 2015, ore 18.00
Autore
Curatore