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Oçilunam – Angeli liquidi, luci & bottiglie
Una selezione di lavori fatti di ferro, stampe, acrilici e fonti luminose. Simboli-archetipi, frammenti poetici, accenni di luna e angeli ‘liquidi ‘fanno del segno un elemento forte e tenue al contempo
Comunicato stampa
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testo di Stefano Elena
Combinare tra loro materiali diversi e tecniche miste, mezzi e suoni latenti, decisioni e necessità, conduce ad un’ampiezza estetica che oltrepassa la soggettività per invadere i terreni fertili del ricordo e dell’emozione, coltivati avvalendosi dell’uso calibrato di istanti acquisiti ed approvati.
Oçilunam, al secolo Luciano Maria Mazzilli, fa del gesto istintuale – destinato in seconda sede ad occupare le occorrenze dei supporti che decide d’adottare e ad adeguarsi alle tipologie strutturali del lavoro finito – idioma sensibile che inscena negazioni e sospensioni, leggerezze estranee al mondo in carne ed ossa che oggi ci circonda con grave intensità e ci allontana dalla sensazionale sensazione che sa donarci la percezione delle ombre, dei sussurri, delle sagome intraviste che forse non esistono, di figure passeggere che potrebbero risiedere nelle stanze più recondite di un’immaginazione che non c’è più.
Suggestivi accordi cromatici, tenui e aggressivi assieme, costruiscono l’alfabeto espressivo di un artista che fa incontrare colori e luci per annullarli nell’istante che li pone a confronto, durante quell’impercettibile batter d’occhi che riesce ad avvertire il rigore minimalista di tinte diminuite perché accentuate, cancellate reciprocamente dall’ostentazione sovrapposta di chiarori dipinti e bagliori elettrici.
Come scrittura primordiale o graffito primitivista, il lavoro di Oçilunam rispetta le esigenze di un ritmo originario radicato nelle profondità spontanee dell’interiorità individuale, nelle armonie equilibrate di una poesia interna che si traduce in linguaggio-grafia dalle molteplici valenze.
Diventa, l’opera d’arte così intesa, soglia comunicante posta sull’universo concettuale e sfuggente dell’artista, attraverso la quale si manifestano pensieri ed immediatezze che non conoscono premeditazioni, ma evocazioni e sospiri.
Un sottofondo che prende le distanze dalle restrizioni naturali e storiche, vicino alla trascendenza, sembra intento a riconciliare il corpo con l’ambiente, l’immagine con la coscienza, l’esistenza con il senso.
Oçilunam propone un segno disposto a farsi leggere e sentire. Ogni suo tratto esprime il bisogno di un rapporto autentico che possa congiungere chi guarda a se stesso, ciascun istinto alla plausibilità della sua stessa attuazione.
Tutti i frammenti visivi dell’artista (fatti di ferro, stampe, acrilici e fonti luminose) inducono l’uomo a sentirsi delicatamente uomo, spingono noi all’accettazione di quel percorso narrativo ordinato chiamato vita in assenza del quale non esisterebbe che una vaga memoria silenziosa di transiti inconsistenti.
Se un’ansia diafana penetra le figure di Oçilunam, mentre intorno sembra esistere soltanto il rumore del silenzio, è perché dobbiamo deciderci ad assecondare l’armonia decisiva della furia che abbiamo dentro, l’irruenza eccellente che può raccontare la nostra storia, l’impetuosità di pulsioni che sappiano ricondurci alla sensibilità del gesto.
Combinare tra loro materiali diversi e tecniche miste, mezzi e suoni latenti, decisioni e necessità, conduce ad un’ampiezza estetica che oltrepassa la soggettività per invadere i terreni fertili del ricordo e dell’emozione, coltivati avvalendosi dell’uso calibrato di istanti acquisiti ed approvati.
Oçilunam, al secolo Luciano Maria Mazzilli, fa del gesto istintuale – destinato in seconda sede ad occupare le occorrenze dei supporti che decide d’adottare e ad adeguarsi alle tipologie strutturali del lavoro finito – idioma sensibile che inscena negazioni e sospensioni, leggerezze estranee al mondo in carne ed ossa che oggi ci circonda con grave intensità e ci allontana dalla sensazionale sensazione che sa donarci la percezione delle ombre, dei sussurri, delle sagome intraviste che forse non esistono, di figure passeggere che potrebbero risiedere nelle stanze più recondite di un’immaginazione che non c’è più.
Suggestivi accordi cromatici, tenui e aggressivi assieme, costruiscono l’alfabeto espressivo di un artista che fa incontrare colori e luci per annullarli nell’istante che li pone a confronto, durante quell’impercettibile batter d’occhi che riesce ad avvertire il rigore minimalista di tinte diminuite perché accentuate, cancellate reciprocamente dall’ostentazione sovrapposta di chiarori dipinti e bagliori elettrici.
Come scrittura primordiale o graffito primitivista, il lavoro di Oçilunam rispetta le esigenze di un ritmo originario radicato nelle profondità spontanee dell’interiorità individuale, nelle armonie equilibrate di una poesia interna che si traduce in linguaggio-grafia dalle molteplici valenze.
Diventa, l’opera d’arte così intesa, soglia comunicante posta sull’universo concettuale e sfuggente dell’artista, attraverso la quale si manifestano pensieri ed immediatezze che non conoscono premeditazioni, ma evocazioni e sospiri.
Un sottofondo che prende le distanze dalle restrizioni naturali e storiche, vicino alla trascendenza, sembra intento a riconciliare il corpo con l’ambiente, l’immagine con la coscienza, l’esistenza con il senso.
Oçilunam propone un segno disposto a farsi leggere e sentire. Ogni suo tratto esprime il bisogno di un rapporto autentico che possa congiungere chi guarda a se stesso, ciascun istinto alla plausibilità della sua stessa attuazione.
Tutti i frammenti visivi dell’artista (fatti di ferro, stampe, acrilici e fonti luminose) inducono l’uomo a sentirsi delicatamente uomo, spingono noi all’accettazione di quel percorso narrativo ordinato chiamato vita in assenza del quale non esisterebbe che una vaga memoria silenziosa di transiti inconsistenti.
Se un’ansia diafana penetra le figure di Oçilunam, mentre intorno sembra esistere soltanto il rumore del silenzio, è perché dobbiamo deciderci ad assecondare l’armonia decisiva della furia che abbiamo dentro, l’irruenza eccellente che può raccontare la nostra storia, l’impetuosità di pulsioni che sappiano ricondurci alla sensibilità del gesto.