“Con il pranzo di nozze evoco un’azione dal sapore rituale con la solennità del cerimoniale vero e proprio” evidenza Pamici. L’installazione sarà un corpo unico formato dall’abito nuziale e i camerieri, compendiando così un organismo centrale unitario: l’idea di un impianto scenico come in un approccio pittorico cinquecentesco (lo sposalizio della Vergine di Raffaello ). I nove camerieri presuppongono la messa in scena della cerimonia, entreranno in gioco con una performance il giorno dell’inaugurazione dove immobili e schierati secondo una curva che ripeterà quella dell’abito nuziale collocato davanti. L’abito nuziale è sostenuto da bustino e crinolina, invade con la sua ampiezza la stanza, si allarga a dismisura raggiungendo i tre metri e mezzo di diametro, il tessuto bianco damascato rinvia alla tovaglia e sulla sua circolarità è preparata la tavola; sopra un elegante corredo di suppellettili di cera prelude al calore di un pasto nuziale ma il piatto accoglie e offre la forma del disegno del vestito. Ciò che mangeremo con gli occhi sarà la forma del vestito, ciò che mangeremo sarà l’aspetto formale della cerimonia. Il cibo diventerà oggetto non commestibile privilegiando la pura immagine