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Olive & bulloni. Ando Gilardi. Lavoro contadino e operaio nell’Italia del dopoguerra (1950-1962)
In mostra 30 fotografie storiche realizzate da Ando Gilardi a cavallo tra gli anni cinquanta e sessanta, uno sguardo insolito sull’Italia della ricostruzione e dell’inizio del boom.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Dopo l’allestimento del 2009 alla Fondazione Benetton di Treviso, la Fondazione Corrente promuove una mostra di opere di Ando Gilardi, illustre fotografo e storico della fotografia, milanese d'adozione.
La mostra, che presenta una nuova selezione dei materiali esposti a Treviso, è una retrospettiva del singolare lavoro di reportage svolto da Ando Gilardi nell’Italia del dopoguerra: uno sguardo insolito sull’Italia della ricostruzione e dell’inizio del boom.
In mostra saranno esposte 30 fotografie realizzate da Ando Gilardi tra il 1950 ed il 1961 assieme a pubblicazioni e documenti d’epoca, a partire dal periodico Lavoro, la rivista della Cgil fondata nel 1948 da Giuseppe Di Vittorio e diretta da Gianni Toti dal 1952 al 1958, di cui Gilardi è stato redattore assieme a colleghi tra cui spiccano i nomi di Lietta Tornabuoni, Franco De Poli, Renato Guttuso e Ugo Attardi.
La fotografia di Gilardi, lontana dall’immagine costruita ed estetizzante del fotogiornalismo d’oltreoceano, si esprime con i modi originali di una esuberante e personale interpretazione dell’iconografia del lavoro. Testimonianza visiva ma soprattutto umana, tramite segni mnemotecnici – come Gilardi ama ridefinire le istantanee di questo periodo – di un’Italia profondamente diversa da quella di oggi.
Il Comitato Scientifico della mostra è composto da: Fiorella Mattio (Fondazione Corrente), Toni Nicolini (Fondazione Corrente), Elena Piccini (Fototeca Storica Nazionale Ando Gilardi), Patrizia Piccini (Fototeca Storica Nazionale Ando Gilardi), Fabrizio Urettini, curatore del progetto (Associazione XYZ).
Olive & bulloni raccontata da Ando Gilardi
Tre amici Patrizia, Elena e Fabrizio hanno, senza dirmelo prima, deciso di fare una mostra con le fotografie che presi dal Nord al Sud dell’Italia dal 1950 al 1962 come fotografo scalzo, così mi dicevo rubando il nome ai medici scalzi cinesi di Mao. In Cina negli anni di allora furono insegnati rudimenti di medicina a molti contadini, per creare una presenza medica nell’intero paese, e ancora oggi gli scalzi sono gli unici medici nelle estreme zone rurali. Ora in Italia dagli anni 1950 al 1962 persero il proprio lavoro sette/otto milioni di proletari: sono le cifre ufficiali. Solo una parte erano organizzati dai sindacati, forse la metà, altri non lo erano. Gli organizzati cominciarono una durissima lotta sindacale, e questa è la “fortuna” di chi dipende da un datore di lavoro: che può scioperare manifestare agitare bandiere rosse e cartelli e occupare la fabbrica, che è sempre meglio di niente. I non organizzati lottarono anche loro ma come nella lotta libera può farlo uno che è senza né braccia e né gambe. La guerra - come si diceva una volta - per il pane dei figli, si concluse con una sconfitta epocale: sparirono, letteralmente si estinsero socialmente le tre grandi classi del proletariato storico, quella degli operai, quella dei braccianti salariati agricoli e quella dei - senza terra, senza uno straccio di contratto e di sindacato - del Sud, i cafoni. Un fatto curioso è che le classi sociali, le loro organizzazioni, non si estinsero politicamente: succede egualmente per le stelle lontane, che quando si estinguono la loro luce continua nel tempo a brillare. Quella del proletariato italiano fu una sconfitta epocale: la notte di una grande ragione. Dove continua a risplendere, ma ora è prossimo spegnersi, il lumicino piccino piccino che più di così non si può, del suo fotografo scalzo e aggiungo senza una gamba, il quale si rese conto dei fatti, e come prova la mostra, visse dodici anni saltellando qui e là per l’Italia per prenderne le fotografie.
Ma il bello è questo che segue: il tempo, i fatti e i milioni di mutilati del proprio lavoro di quel periodo, furono e sono poi ricordati dalla stampa, dalla televisione e in tutta l’informazione “sociale” come il “miracolo economico italiano”! Il quale è un’immensa fossa comune dove sono sepolti e dimenticati i nomi e le storie di quelle che i testi ufficiali chiamano unità produttive: nelle mille istantanee del fotografo scalzo si salvarono le loro facce. Ecco perché come ho detto non avrei approvato la mostra: per lasciare riposare in pace quei miei compagni e compagne che ho inquadrato, con i loro cartelli le loro bandiere, dentro alle fabbriche spente in attesa del nulla, o seduti attorno a chi leggeva il giornale (il solo che parlasse di loro) a quelli che non sapevano leggere. Io non volevo tornare a vedere le immagini dei loro bambini, “scalzi” come il fotografo che li inquadrava, che ridevano allegri e che meritavano un futuro tanto ma tanto migliore. Questa allegria dei bambini di allora è stata davvero il grande miracolo degli anni lontani.
Adesso la mostra del fotografo scalzo è pronta e aperta, ha un grande, un lussuoso catalogo, e dire devo pur grazie a Patrizia Elena e Fabrizio. Mi dicono che a guardare le istantanee ci va della gente, la quale oggi vive e forse senza saperlo un altro “miracolo all’italiana” appena al principio. Perché viene aperta, e mica riesco a non dirlo, un’altra fossa comune: la cosa che più mi fa ridere è che ce lo dicono proprio quelli che l’hanno scavata. E per la tradizione del nostro mestiere speriamo che ancora si trovi a raccontarlo un fotografo scalzo, ma con buone gambe, un nuovo collega Aasverus con tanto di digitale.
Nell'ambito della mostra sono previste tre conferenze:
15 novembre 2011 ore 18: inaugurazione con la partecipazione di Toni Nicolini, fotografo, Elena Piccini, Fototeca Storica Nazionale Ando Gilardi, Patrizia Piccini, Fototeca Storica Nazionale Ando Gilardi, Onorio Rosati, Segretario Generale della Camera del Lavoro Metropolitana di Milano, Fabrizio Urettini, curatore della mostra.
13 dicembre 2011 ore 17: conferenza sulla Fototeca Storica Nazionale Ando Gilardi, a cura di Patrizia ed Elena Piccini, incontro conclusivo del seminario 2011 Fonti d’archivio per lo studio dell’arte contemporanea in collaborazione con l’Università degli Studi di Milano.
12 gennaio 2012 ore 18: proiezione del documentario Piedi scalzi mani nere. Braccianti e operai degli anni ’50 nei reportage di Ando Gilardi, con la partecipazione del regista Giuliano Grasso e in videoconferenza Ando Gilardi.
Ando Gilardi
Figura carismatica e controcorrente della fotografia italiana, Ando Gilardi è nato ad Arquata Scrivia, in provincia di Alessandria, nel 1921.
Ha iniziato ad occuparsi di fotografia nel 1945, subito dopo la seconda guerra mondiale. Per conto di una commissione interalleata, incaricata di raccogliere prove per i processi ai criminali nazi-fascisti, ha restaurato e riprodotto immagini fotografiche. Nel 1962 ha fondato la Fototeca Storica Nazionale, che oggi porta il suo nome. Come giornalista ha lavorato prima al quotidiano l’Unità, in seguito ai rotocalchi Lavoro e Vie Nuove, proseguendo nell’attività di ricerca fotografica. Gilardi ha partecipato appassionatamente alla redazione di Lavoro, non solo come giornalista ma anche come fotoreporter, per la prima volta in modo ufficiale, dopo i rari fotoservizi per l’Unità che sporadicamente avevano illuminato il suo quotidiano lavoro di cronista. Dal 1952 collabora a Lavoro e i successivi dieci anni sono molto intensi. Ando ha viaggiato in tutta l’Italia, da nord a sud; fotografando e raccontando vicende e lotte dei lavoratori – operai, minatori, contadini, braccianti – e delle loro famiglie.
Tra gli anni cinquanta e sessanta, con le sue riprese etnografiche, ha collaborato con Ernesto de Martino (università di Sassari), Tullio Seppilli (università di Perugia) e Diego Carpitella (Istituto etnomusicale dell’Accademia di Santa Cecilia in Roma). Dal 1962 si dedica esclusivamente alla fotografia. Alla ricerca storica e all’organizzazione di mostre ed esposizioni, affianca la pratica effettiva. Ha partecipato alla ricerca iconografica per la realizzazione delle grandi enciclopedie Universo e Le Muse e ha collaborato a numerose riviste del settore. È stato per alcuni anni direttore tecnico di Popular Photography, edizione italiana, e dal 1969 al 1989 anche co-fondatore e condirettore dei periodici Photo 13, Phototeca, Index, Storia Infame…, Materiali, presso la redazione della Fototeca Storica Nazionale. A partire dalla seconda metà degli anni settanta, al suo lavoro di fotografo si affiancano studi e testi sulle comunicazioni visive, tra i quali la monumentale Storia sociale della fotografia (1976), aggiornata in diverse edizioni, punto cardine della cultura fotografica in Italia. Dal 1984 collabora a Progresso Fotografico con la rubrica Libri. Nel decennio 1977-87 ha collaborato come consulente fotografico e svolto dei corsi per il Ctu - Centro televisivo universitario dell'Università degli Studi di Milano, diretto da Giovanni Degli Antoni e successivamente da Patrizia Ghislandi. Negli anni successivi, Gilardi ha diretto la realizzazione di alcuni dei primi libri elettronici interattivi prodotti in Italia (Ipotesi di corso sulla Fotografia e Progetto Giotto, su videodisco), oltre a Museum of Museums of Italian Renaissance Art, realizzato in Giappone. Tra le attività maggiori, va citata anche La Gioconda di Lvov, una mostra foto-letteraria itinerante di immagini spontanee e testi relativi alla Shoah, concepita in collaborazione con un affiatato gruppo di storici e di Istituti storici della Resistenza. Trasferitosi da alcuni anni nella sua dimora piemontese, nel paese d’origine dei genitori, continua a contribuire agli studi nel campo fotografico attraverso internet. Prosegue infatti nel suo percorso di storico dei procedimenti di fabbricazione delle immagini, sperimentando in prima persona le nuove tecniche di produzione digitale. In questi anni ha anche animato lo spazio espositivo della Biblioteca Civica di Acqui Terme, “La Fabbrica dei Libri”, con l’allestimento di mostre didattico-artistiche a cadenza bimestrale, esperienza conclusasi a fine 2004. Sta attualmente svolgendo una ricerca personale sulle implicazioni artistiche delle tecniche di fotografia digitale. Nell’agosto 2008 ha concepito TubArt, il suo canale personale su YouTube e dall’aprile 2010 esterna i suoi pensieri con frequenza quotidiana, sul suo spazio Facebook, accessibile liberamente a chiunque voglia far parte dei suoi amici.
La mostra, che presenta una nuova selezione dei materiali esposti a Treviso, è una retrospettiva del singolare lavoro di reportage svolto da Ando Gilardi nell’Italia del dopoguerra: uno sguardo insolito sull’Italia della ricostruzione e dell’inizio del boom.
In mostra saranno esposte 30 fotografie realizzate da Ando Gilardi tra il 1950 ed il 1961 assieme a pubblicazioni e documenti d’epoca, a partire dal periodico Lavoro, la rivista della Cgil fondata nel 1948 da Giuseppe Di Vittorio e diretta da Gianni Toti dal 1952 al 1958, di cui Gilardi è stato redattore assieme a colleghi tra cui spiccano i nomi di Lietta Tornabuoni, Franco De Poli, Renato Guttuso e Ugo Attardi.
La fotografia di Gilardi, lontana dall’immagine costruita ed estetizzante del fotogiornalismo d’oltreoceano, si esprime con i modi originali di una esuberante e personale interpretazione dell’iconografia del lavoro. Testimonianza visiva ma soprattutto umana, tramite segni mnemotecnici – come Gilardi ama ridefinire le istantanee di questo periodo – di un’Italia profondamente diversa da quella di oggi.
Il Comitato Scientifico della mostra è composto da: Fiorella Mattio (Fondazione Corrente), Toni Nicolini (Fondazione Corrente), Elena Piccini (Fototeca Storica Nazionale Ando Gilardi), Patrizia Piccini (Fototeca Storica Nazionale Ando Gilardi), Fabrizio Urettini, curatore del progetto (Associazione XYZ).
Olive & bulloni raccontata da Ando Gilardi
Tre amici Patrizia, Elena e Fabrizio hanno, senza dirmelo prima, deciso di fare una mostra con le fotografie che presi dal Nord al Sud dell’Italia dal 1950 al 1962 come fotografo scalzo, così mi dicevo rubando il nome ai medici scalzi cinesi di Mao. In Cina negli anni di allora furono insegnati rudimenti di medicina a molti contadini, per creare una presenza medica nell’intero paese, e ancora oggi gli scalzi sono gli unici medici nelle estreme zone rurali. Ora in Italia dagli anni 1950 al 1962 persero il proprio lavoro sette/otto milioni di proletari: sono le cifre ufficiali. Solo una parte erano organizzati dai sindacati, forse la metà, altri non lo erano. Gli organizzati cominciarono una durissima lotta sindacale, e questa è la “fortuna” di chi dipende da un datore di lavoro: che può scioperare manifestare agitare bandiere rosse e cartelli e occupare la fabbrica, che è sempre meglio di niente. I non organizzati lottarono anche loro ma come nella lotta libera può farlo uno che è senza né braccia e né gambe. La guerra - come si diceva una volta - per il pane dei figli, si concluse con una sconfitta epocale: sparirono, letteralmente si estinsero socialmente le tre grandi classi del proletariato storico, quella degli operai, quella dei braccianti salariati agricoli e quella dei - senza terra, senza uno straccio di contratto e di sindacato - del Sud, i cafoni. Un fatto curioso è che le classi sociali, le loro organizzazioni, non si estinsero politicamente: succede egualmente per le stelle lontane, che quando si estinguono la loro luce continua nel tempo a brillare. Quella del proletariato italiano fu una sconfitta epocale: la notte di una grande ragione. Dove continua a risplendere, ma ora è prossimo spegnersi, il lumicino piccino piccino che più di così non si può, del suo fotografo scalzo e aggiungo senza una gamba, il quale si rese conto dei fatti, e come prova la mostra, visse dodici anni saltellando qui e là per l’Italia per prenderne le fotografie.
Ma il bello è questo che segue: il tempo, i fatti e i milioni di mutilati del proprio lavoro di quel periodo, furono e sono poi ricordati dalla stampa, dalla televisione e in tutta l’informazione “sociale” come il “miracolo economico italiano”! Il quale è un’immensa fossa comune dove sono sepolti e dimenticati i nomi e le storie di quelle che i testi ufficiali chiamano unità produttive: nelle mille istantanee del fotografo scalzo si salvarono le loro facce. Ecco perché come ho detto non avrei approvato la mostra: per lasciare riposare in pace quei miei compagni e compagne che ho inquadrato, con i loro cartelli le loro bandiere, dentro alle fabbriche spente in attesa del nulla, o seduti attorno a chi leggeva il giornale (il solo che parlasse di loro) a quelli che non sapevano leggere. Io non volevo tornare a vedere le immagini dei loro bambini, “scalzi” come il fotografo che li inquadrava, che ridevano allegri e che meritavano un futuro tanto ma tanto migliore. Questa allegria dei bambini di allora è stata davvero il grande miracolo degli anni lontani.
Adesso la mostra del fotografo scalzo è pronta e aperta, ha un grande, un lussuoso catalogo, e dire devo pur grazie a Patrizia Elena e Fabrizio. Mi dicono che a guardare le istantanee ci va della gente, la quale oggi vive e forse senza saperlo un altro “miracolo all’italiana” appena al principio. Perché viene aperta, e mica riesco a non dirlo, un’altra fossa comune: la cosa che più mi fa ridere è che ce lo dicono proprio quelli che l’hanno scavata. E per la tradizione del nostro mestiere speriamo che ancora si trovi a raccontarlo un fotografo scalzo, ma con buone gambe, un nuovo collega Aasverus con tanto di digitale.
Nell'ambito della mostra sono previste tre conferenze:
15 novembre 2011 ore 18: inaugurazione con la partecipazione di Toni Nicolini, fotografo, Elena Piccini, Fototeca Storica Nazionale Ando Gilardi, Patrizia Piccini, Fototeca Storica Nazionale Ando Gilardi, Onorio Rosati, Segretario Generale della Camera del Lavoro Metropolitana di Milano, Fabrizio Urettini, curatore della mostra.
13 dicembre 2011 ore 17: conferenza sulla Fototeca Storica Nazionale Ando Gilardi, a cura di Patrizia ed Elena Piccini, incontro conclusivo del seminario 2011 Fonti d’archivio per lo studio dell’arte contemporanea in collaborazione con l’Università degli Studi di Milano.
12 gennaio 2012 ore 18: proiezione del documentario Piedi scalzi mani nere. Braccianti e operai degli anni ’50 nei reportage di Ando Gilardi, con la partecipazione del regista Giuliano Grasso e in videoconferenza Ando Gilardi.
Ando Gilardi
Figura carismatica e controcorrente della fotografia italiana, Ando Gilardi è nato ad Arquata Scrivia, in provincia di Alessandria, nel 1921.
Ha iniziato ad occuparsi di fotografia nel 1945, subito dopo la seconda guerra mondiale. Per conto di una commissione interalleata, incaricata di raccogliere prove per i processi ai criminali nazi-fascisti, ha restaurato e riprodotto immagini fotografiche. Nel 1962 ha fondato la Fototeca Storica Nazionale, che oggi porta il suo nome. Come giornalista ha lavorato prima al quotidiano l’Unità, in seguito ai rotocalchi Lavoro e Vie Nuove, proseguendo nell’attività di ricerca fotografica. Gilardi ha partecipato appassionatamente alla redazione di Lavoro, non solo come giornalista ma anche come fotoreporter, per la prima volta in modo ufficiale, dopo i rari fotoservizi per l’Unità che sporadicamente avevano illuminato il suo quotidiano lavoro di cronista. Dal 1952 collabora a Lavoro e i successivi dieci anni sono molto intensi. Ando ha viaggiato in tutta l’Italia, da nord a sud; fotografando e raccontando vicende e lotte dei lavoratori – operai, minatori, contadini, braccianti – e delle loro famiglie.
Tra gli anni cinquanta e sessanta, con le sue riprese etnografiche, ha collaborato con Ernesto de Martino (università di Sassari), Tullio Seppilli (università di Perugia) e Diego Carpitella (Istituto etnomusicale dell’Accademia di Santa Cecilia in Roma). Dal 1962 si dedica esclusivamente alla fotografia. Alla ricerca storica e all’organizzazione di mostre ed esposizioni, affianca la pratica effettiva. Ha partecipato alla ricerca iconografica per la realizzazione delle grandi enciclopedie Universo e Le Muse e ha collaborato a numerose riviste del settore. È stato per alcuni anni direttore tecnico di Popular Photography, edizione italiana, e dal 1969 al 1989 anche co-fondatore e condirettore dei periodici Photo 13, Phototeca, Index, Storia Infame…, Materiali, presso la redazione della Fototeca Storica Nazionale. A partire dalla seconda metà degli anni settanta, al suo lavoro di fotografo si affiancano studi e testi sulle comunicazioni visive, tra i quali la monumentale Storia sociale della fotografia (1976), aggiornata in diverse edizioni, punto cardine della cultura fotografica in Italia. Dal 1984 collabora a Progresso Fotografico con la rubrica Libri. Nel decennio 1977-87 ha collaborato come consulente fotografico e svolto dei corsi per il Ctu - Centro televisivo universitario dell'Università degli Studi di Milano, diretto da Giovanni Degli Antoni e successivamente da Patrizia Ghislandi. Negli anni successivi, Gilardi ha diretto la realizzazione di alcuni dei primi libri elettronici interattivi prodotti in Italia (Ipotesi di corso sulla Fotografia e Progetto Giotto, su videodisco), oltre a Museum of Museums of Italian Renaissance Art, realizzato in Giappone. Tra le attività maggiori, va citata anche La Gioconda di Lvov, una mostra foto-letteraria itinerante di immagini spontanee e testi relativi alla Shoah, concepita in collaborazione con un affiatato gruppo di storici e di Istituti storici della Resistenza. Trasferitosi da alcuni anni nella sua dimora piemontese, nel paese d’origine dei genitori, continua a contribuire agli studi nel campo fotografico attraverso internet. Prosegue infatti nel suo percorso di storico dei procedimenti di fabbricazione delle immagini, sperimentando in prima persona le nuove tecniche di produzione digitale. In questi anni ha anche animato lo spazio espositivo della Biblioteca Civica di Acqui Terme, “La Fabbrica dei Libri”, con l’allestimento di mostre didattico-artistiche a cadenza bimestrale, esperienza conclusasi a fine 2004. Sta attualmente svolgendo una ricerca personale sulle implicazioni artistiche delle tecniche di fotografia digitale. Nell’agosto 2008 ha concepito TubArt, il suo canale personale su YouTube e dall’aprile 2010 esterna i suoi pensieri con frequenza quotidiana, sul suo spazio Facebook, accessibile liberamente a chiunque voglia far parte dei suoi amici.
15
novembre 2011
Olive & bulloni. Ando Gilardi. Lavoro contadino e operaio nell’Italia del dopoguerra (1950-1962)
Dal 15 novembre 2011 al 24 febbraio 2012
fotografia
Location
FONDAZIONE CORRENTE
Milano, Via Carlo Porta, 5, (Milano)
Milano, Via Carlo Porta, 5, (Milano)
Orario di apertura
Martedì, mercoledì, giovedì 9.00-12.30 e 15.00-18.30, venerdì 15.00-18.30
Vernissage
15 Novembre 2011, Ore 18.00
Autore
Curatore