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Oltre il muro. Tutto il teatro un un manifesto. Polonia 1989-2009 / Europa verticale
Attraverso un allestimento scenografico, 200 manifesti per il teatro realizzati da artisti polacchi ormai di fama internazionale, filmati, scenografie e manichini prestati dal Nowy Teatr di Poznan, di cui Maifredi è regista residente, viene presentato uno spaccato dei cambiamenti avvenuti nella società e nella cultura polacca dopo la caduta del Muro di Berlino.
Comunicato stampa
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A vent’anni dalla caduta del Muro di Berlino, Genova propone un momento di riflessione intorno ai temi che da quella data storica hanno segnato la nostra contemporaneità.
In concomitanza con una rassegna di incontri di importanti intellettuali, scienziati e uomini di cultura, Palazzo Ducale ospiterà dal 28 maggio al 30 agosto la mostra “Tutto il teatro in un manifesto. Polonia 1989-2009”.
La rassegna, promossa da Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura in collaborazione con l’Istituto polacco di Roma, il Goethe Institut e il Consolato Generale di Polonia, è curata da Sergio Maifredi e Corrado d’Elia con la consulenza scientifica di Pietro Marchesani e l’allestimento di Danièle Sulèwic.
Attraverso un allestimento scenografico, 200 manifesti d’artista, filmati, scenografie e manichini prestati dal Nowy Teatr di Poznan, di cui Maifredi è regista residente, viene presentato uno spaccato dei cambiamenti avvenuti nella società e nella cultura polacca dopo la caduta del Muro di Berlino.
In Polonia, dalla fine dell’800, durante l’occupazione e per tutto lo scorso secolo , fino all’89, il manifesto per le rappresentazioni teatrali realizzato da artisti noti, oltre a essere un modo di fare arte, di grande tradizione, consentiva anche a intellettuali non allineati di comunicare e esprimersi superando i rigidi paletti della censura.
Dopo la caduta del Muro, questa peculiare forma d’arte continua e sviluppa nuove energie e linguaggi personalissimi, che tra procedimenti pittorici e tecniche propriamente grafiche, tra simboli di sorprendente semplicità e suggestive raffinatezze interpretative, raccontano la storia di una produzione teatrale ricca per stile, inventiva e sensibilità.
Come dice Marchesani, traduttore delle poesie della Nobel Wyslawa Szymborska:
“Ci sono tesori che neppure ci immaginiamo dall’altra parte e risorse intellettuali e culturali che nell’Ovest sazio e pingue sembrano straordinarie meteore troppo luminose per essere osservate a occhio nudo”.
I manifesti teatrali polacchi, prodotti in pochi esemplari e utilizzati solo all’interno del teatro stesso, non usano un linguaggio pubblicitario, ma sono vere e proprie opere realizzate da artisti, come Wieslaw Walkuski, Rafal Olbinski, Stasys Eidrigevicius e altri, tutti ormai noti a livello internazionale.
Per introdurci all’esposizione, ma da considerarsi mostra stessa, viene presentato sempre nell’Appartamento del Doge, l’affascinante reportage fotografico “Europa verticale”, risultato della numerose spedizioni lungo l’asse Mar Bianco – Mar Nero, che la fotografa antropologa Monika Bulaj ha intrapreso insieme al giornalista Paolo Rumiz.
Ottanta foto circa, con testi e scritti della stessa Bulaj e di Rumiz, una gigantografia della mappa con cui i due straordinari viaggiatori sono andati alla scoperta di luoghi lontani e ai più sconosciuti, sulla quale potremo mettere i nostri passi, sono il prologo ideale della rassegna e consentono una maggior comprensione di quelle culture e di quei popoli, la cui immagine è troppo spesso legata a stereotipi.
Nasce così dai viaggi nelle terre dell’Est, quello di Maifredi e d’Elia di Teatri Possibili sulle rotte teatrali di Kantor e Grotowski in Polonia, che li porta a tante scoperte tra materiali e artisti e soprattutto di persone; da quelli della Bulaj e di Rumiz che si trasformano in un attraversamento longitudinale del ventre di un’Europa dimenticata, un ampio e originale diario di immagini, emozioni e conoscenze che può far riflettere sui processi di cambiamento e globalizzazione messi in moto dalla caduta del Muro.
“Sono più di vent’anni che zigzaghiamo nel Continente Perduto, lo spazio franco dei fiumi, dei monasteri, delle foreste e dei laghi che segna il centro d’Europa. In questa Terra di mezzo oggi gli ebrei e molti popoli minori sono solo una dolorosa assenza, ma il vecchio mondo è ancora visibile, con le macerie dei grandi imperi. Vent’anni straordinari, vissuti con uno zaino leggero un notes e una macchina fotografica, saltando su ogni mezzo di trasporto: autobus, automobili, biciclette e i favolosi treni dell’Est. Abbiamo cominciato separatamente, prima della caduta del Muro, quando il mondo era diviso in due. Poi abbiamo continuato assieme, nel tempo in cui il Globale sembrava dissolvere il senso dell’Altrove, esplorando la nostra Atlantide dal mondo iperboreo piallato dai millenni alle seghettate montagne di Noé, e abbiamo trovato conferma che il cuore d’Europa batte ancora in quella “Terra Incognita” fatta di periferie dimenticate come Botnia, Rutenia, Dobrugia, Podolia. A suggello di queste straordinarie avventure, abbiamo compiuto un grande viaggio "verticale" dal Mar Glaciale Artico al Mediterraneo – l’Europa è più “alta” che “larga”, lo sapevate? - tagliando il Continente dalle pallide terre del Nord a quelle infuocate del Minotauro. Per farlo, abbiamo camminato in bilico sull’estrema frontiera, quella dell’Unione “stellata”, ultimo “limes” con sbarre, visti, reticolati e polizia. Forse, la nuova Cortina di ferro. Dopo questo grande viaggio che ancora una volta s’è fatto da sé, con la gente e fra la gente, di incontro in incontro, al termine del nostro infinito andare ci siamo trovati con montagne di documenti: migliaia di pagine zeppe di appunti e disegni, e una quantità incalcolabile di fotografie. Erano le briciole di questo Grande Centro perduto, svuotato e spaccato dalla politica. L’anima del Continente, che abbiamo trovato più spesso fuori che dentro quell’impalcatura burocratica che si chiama Ue“. (Monika Bulaj )
In concomitanza con una rassegna di incontri di importanti intellettuali, scienziati e uomini di cultura, Palazzo Ducale ospiterà dal 28 maggio al 30 agosto la mostra “Tutto il teatro in un manifesto. Polonia 1989-2009”.
La rassegna, promossa da Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura in collaborazione con l’Istituto polacco di Roma, il Goethe Institut e il Consolato Generale di Polonia, è curata da Sergio Maifredi e Corrado d’Elia con la consulenza scientifica di Pietro Marchesani e l’allestimento di Danièle Sulèwic.
Attraverso un allestimento scenografico, 200 manifesti d’artista, filmati, scenografie e manichini prestati dal Nowy Teatr di Poznan, di cui Maifredi è regista residente, viene presentato uno spaccato dei cambiamenti avvenuti nella società e nella cultura polacca dopo la caduta del Muro di Berlino.
In Polonia, dalla fine dell’800, durante l’occupazione e per tutto lo scorso secolo , fino all’89, il manifesto per le rappresentazioni teatrali realizzato da artisti noti, oltre a essere un modo di fare arte, di grande tradizione, consentiva anche a intellettuali non allineati di comunicare e esprimersi superando i rigidi paletti della censura.
Dopo la caduta del Muro, questa peculiare forma d’arte continua e sviluppa nuove energie e linguaggi personalissimi, che tra procedimenti pittorici e tecniche propriamente grafiche, tra simboli di sorprendente semplicità e suggestive raffinatezze interpretative, raccontano la storia di una produzione teatrale ricca per stile, inventiva e sensibilità.
Come dice Marchesani, traduttore delle poesie della Nobel Wyslawa Szymborska:
“Ci sono tesori che neppure ci immaginiamo dall’altra parte e risorse intellettuali e culturali che nell’Ovest sazio e pingue sembrano straordinarie meteore troppo luminose per essere osservate a occhio nudo”.
I manifesti teatrali polacchi, prodotti in pochi esemplari e utilizzati solo all’interno del teatro stesso, non usano un linguaggio pubblicitario, ma sono vere e proprie opere realizzate da artisti, come Wieslaw Walkuski, Rafal Olbinski, Stasys Eidrigevicius e altri, tutti ormai noti a livello internazionale.
Per introdurci all’esposizione, ma da considerarsi mostra stessa, viene presentato sempre nell’Appartamento del Doge, l’affascinante reportage fotografico “Europa verticale”, risultato della numerose spedizioni lungo l’asse Mar Bianco – Mar Nero, che la fotografa antropologa Monika Bulaj ha intrapreso insieme al giornalista Paolo Rumiz.
Ottanta foto circa, con testi e scritti della stessa Bulaj e di Rumiz, una gigantografia della mappa con cui i due straordinari viaggiatori sono andati alla scoperta di luoghi lontani e ai più sconosciuti, sulla quale potremo mettere i nostri passi, sono il prologo ideale della rassegna e consentono una maggior comprensione di quelle culture e di quei popoli, la cui immagine è troppo spesso legata a stereotipi.
Nasce così dai viaggi nelle terre dell’Est, quello di Maifredi e d’Elia di Teatri Possibili sulle rotte teatrali di Kantor e Grotowski in Polonia, che li porta a tante scoperte tra materiali e artisti e soprattutto di persone; da quelli della Bulaj e di Rumiz che si trasformano in un attraversamento longitudinale del ventre di un’Europa dimenticata, un ampio e originale diario di immagini, emozioni e conoscenze che può far riflettere sui processi di cambiamento e globalizzazione messi in moto dalla caduta del Muro.
“Sono più di vent’anni che zigzaghiamo nel Continente Perduto, lo spazio franco dei fiumi, dei monasteri, delle foreste e dei laghi che segna il centro d’Europa. In questa Terra di mezzo oggi gli ebrei e molti popoli minori sono solo una dolorosa assenza, ma il vecchio mondo è ancora visibile, con le macerie dei grandi imperi. Vent’anni straordinari, vissuti con uno zaino leggero un notes e una macchina fotografica, saltando su ogni mezzo di trasporto: autobus, automobili, biciclette e i favolosi treni dell’Est. Abbiamo cominciato separatamente, prima della caduta del Muro, quando il mondo era diviso in due. Poi abbiamo continuato assieme, nel tempo in cui il Globale sembrava dissolvere il senso dell’Altrove, esplorando la nostra Atlantide dal mondo iperboreo piallato dai millenni alle seghettate montagne di Noé, e abbiamo trovato conferma che il cuore d’Europa batte ancora in quella “Terra Incognita” fatta di periferie dimenticate come Botnia, Rutenia, Dobrugia, Podolia. A suggello di queste straordinarie avventure, abbiamo compiuto un grande viaggio "verticale" dal Mar Glaciale Artico al Mediterraneo – l’Europa è più “alta” che “larga”, lo sapevate? - tagliando il Continente dalle pallide terre del Nord a quelle infuocate del Minotauro. Per farlo, abbiamo camminato in bilico sull’estrema frontiera, quella dell’Unione “stellata”, ultimo “limes” con sbarre, visti, reticolati e polizia. Forse, la nuova Cortina di ferro. Dopo questo grande viaggio che ancora una volta s’è fatto da sé, con la gente e fra la gente, di incontro in incontro, al termine del nostro infinito andare ci siamo trovati con montagne di documenti: migliaia di pagine zeppe di appunti e disegni, e una quantità incalcolabile di fotografie. Erano le briciole di questo Grande Centro perduto, svuotato e spaccato dalla politica. L’anima del Continente, che abbiamo trovato più spesso fuori che dentro quell’impalcatura burocratica che si chiama Ue“. (Monika Bulaj )
27
maggio 2009
Oltre il muro. Tutto il teatro un un manifesto. Polonia 1989-2009 / Europa verticale
Dal 27 maggio al 30 agosto 2009
fotografia
arte contemporanea
disegno e grafica
arte contemporanea
disegno e grafica
Location
PALAZZO DUCALE
Genova, Piazza Giacomo Matteotti, 9, (Genova)
Genova, Piazza Giacomo Matteotti, 9, (Genova)
Biglietti
Intero € 5
Ridotto € 4
Orario di apertura
ore 15.00 - 20.00 tutti i giorni, chiuso il lunedì la biglietteria chiude alle 19.00
Vernissage
27 Maggio 2009, h 18
Sito web
www.terredimare.it
Autore
Curatore