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Oltre la Realtà
Dai tempi di Aristotele con la mimesis fino al ready made di Duchamp o al nouveau realisme di Restany la questione tra arte e realtà e’ rimasta sempre aperta. Il modo in cui artisti e teorici l’hanno impostata e’ stato determinante nella definizione della concezione estetica di ogni epoca.
Comunicato stampa
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In questa mostra si affronta la piu’ antica e vessata questione della storia dell’arte: vale a dire il rapporto tra Arte e Realta’. Come deve porsi un’opera d’arte nei confronti della realta’? Deve rappresentarla, reinventarla, alluderla, ignorarla? Dai tempi di Aristotele con la sua teorizzazione sul concetto di mimesis fino al ready made di Duchamp o al nouveau realisme teorizzato da Pierre Restany non solo la questione e’ rimasta sempre aperta, ma il modo in cui artisti e teorici l’hanno anche solo impostata e’ stato determinante nella definizione della loro concezione estetica. Ora qui, con questa mostra, non abbiamo certo velleita’ ermeneutiche o anche solo blandamente filosofiche. Ci poniamo semplicemente l’obiettivo di indagare come concretamente sette artisti contemporanei affrontano la questione. Nella speranza che la mostra stessa possa far scaturire, direttamente, con lo squadernarsi delle opere esposte, riflessioni e ripensamenti sulla questione nella mente del fruitore.
Per semplicita’ di esposizione possiamo dividere gli artisti in mostra in due gruppi: da una parte Butt, Crini, e Natali, che hanno un approccio che possiamo definire spiccatamente “icastico”; dall’altra Bluer, Pedotti e Carluccio che sono decisamente piu’ “iconici”. Nel mezzo la Polichtchouk di cui si presentano opere che oscillano tra i due poli. Entrambi i gruppi affrontano “di petto” il rapporto con la realta’. Ma la domanda che dovremmo farci e’ la seguente: di quale realta’ stiamo parlando?
Butt, Crini e Natali si relazionano con una realta’ che in prima istanza potremo definire “fenomenica”: osservano (e riproducono) la realta’ in quanto “fenomeno”, ossia manifestazione fisica, visiva. Alessandro Crini ingrandisce un pezzo di roccia o un frammento di corteccia e lo dipinge su tele estroflesse con precisione iper-realistica. Aftab Ahmed Butt scompone l’immagine in piccole tessere pittoriche definite da segni astratti che poi, visti da lontano, consentono all’occhio di ricomporre scorci di paesaggio realistici. Silvio Natali stilizza le scene che ritrae grazie ad un disegno marcato e ad una tavolozza accesa, definendo i contorni con un segno nero e deciso e riempiendo le forme derivanti con campiture di colore “a-plat”. Tutti e tre costoro partono dal dato fenomenico per poi esasperarlo grazie all’ausilio della specifica tecnica pittorica adottata, con esiti decisamente e ugualmente poetici. Anche se si tratta di un diverso ‘stile’ di poesia: bucolica quella di Butt, elegiaca quella di Crini, epica quella di Natali.
Bluer, Pedotti e Carluccio si occupano invece della realta’ che potremmo definire “noumenica”: ossia della realta’ intesa come essenza, come pensiero. Se dipingono una sedia o un albero, non dipingono una sedia o un albero particolare, bensi’ l’idea dell’albero o della sedia. Un albero o una sedia “sub specie aeternitatis”. Per questo la stilizzazione e’ spiccata e la pittura (o la scultura) e’ prepotentemente “iconica”: e’ la forma stilizzata, “iconizzata” che allude alla cosa che si vuole raffigurare. In Bluer la stilizzazione e’ estrema, i colori sono vivaci, brillanti, le forme spesso giocose, bizzarre, fantasiose, articolata la ricerca dei materiali, i temi ambiziosi. In questo artista particolare importanza assumono i titoli, spesso lunghi e articolati, che entrano a far parte integrante dell’opera suggerendo ‘poeticamente’ (o filosoficamente o psicologicamente) una chiave di lettura. Lucio Pedotti invece pratica una pittura che si potrebbe definire “Astratta Metafisica”: egli inventa paesaggi iperuranici popolati da forme e figure geometriche. Le tinte sono lievi, soffuse. L’atmosfera sospesa. In Carluccio le forme molto vagamente antropomorfe o le figure evocate sono realizzate in materiali naturali come ferro e terracotta, con una stilizzazione “selvaggia” e vagamente archetipica che puo’ far pensare all’arte primitiva.
Olga Polichtchouk costituisce il ‘trait d’union’ tra i due gruppi e la dimostrazione concreta di come, in qualche modo, approccio “noumenico” e approccio “fenomenico” siano due facce della stessa medaglia. Dell’artista di S. Pietroburgo infatti si presentano opere d’ispirazione chagalliana, vagamente piu’ realistiche ed altre di grande formato decisamente kandiskiane, ovvero spiccatamente piu’ astratte e stilizzate.
Virgilio Patarini
Per semplicita’ di esposizione possiamo dividere gli artisti in mostra in due gruppi: da una parte Butt, Crini, e Natali, che hanno un approccio che possiamo definire spiccatamente “icastico”; dall’altra Bluer, Pedotti e Carluccio che sono decisamente piu’ “iconici”. Nel mezzo la Polichtchouk di cui si presentano opere che oscillano tra i due poli. Entrambi i gruppi affrontano “di petto” il rapporto con la realta’. Ma la domanda che dovremmo farci e’ la seguente: di quale realta’ stiamo parlando?
Butt, Crini e Natali si relazionano con una realta’ che in prima istanza potremo definire “fenomenica”: osservano (e riproducono) la realta’ in quanto “fenomeno”, ossia manifestazione fisica, visiva. Alessandro Crini ingrandisce un pezzo di roccia o un frammento di corteccia e lo dipinge su tele estroflesse con precisione iper-realistica. Aftab Ahmed Butt scompone l’immagine in piccole tessere pittoriche definite da segni astratti che poi, visti da lontano, consentono all’occhio di ricomporre scorci di paesaggio realistici. Silvio Natali stilizza le scene che ritrae grazie ad un disegno marcato e ad una tavolozza accesa, definendo i contorni con un segno nero e deciso e riempiendo le forme derivanti con campiture di colore “a-plat”. Tutti e tre costoro partono dal dato fenomenico per poi esasperarlo grazie all’ausilio della specifica tecnica pittorica adottata, con esiti decisamente e ugualmente poetici. Anche se si tratta di un diverso ‘stile’ di poesia: bucolica quella di Butt, elegiaca quella di Crini, epica quella di Natali.
Bluer, Pedotti e Carluccio si occupano invece della realta’ che potremmo definire “noumenica”: ossia della realta’ intesa come essenza, come pensiero. Se dipingono una sedia o un albero, non dipingono una sedia o un albero particolare, bensi’ l’idea dell’albero o della sedia. Un albero o una sedia “sub specie aeternitatis”. Per questo la stilizzazione e’ spiccata e la pittura (o la scultura) e’ prepotentemente “iconica”: e’ la forma stilizzata, “iconizzata” che allude alla cosa che si vuole raffigurare. In Bluer la stilizzazione e’ estrema, i colori sono vivaci, brillanti, le forme spesso giocose, bizzarre, fantasiose, articolata la ricerca dei materiali, i temi ambiziosi. In questo artista particolare importanza assumono i titoli, spesso lunghi e articolati, che entrano a far parte integrante dell’opera suggerendo ‘poeticamente’ (o filosoficamente o psicologicamente) una chiave di lettura. Lucio Pedotti invece pratica una pittura che si potrebbe definire “Astratta Metafisica”: egli inventa paesaggi iperuranici popolati da forme e figure geometriche. Le tinte sono lievi, soffuse. L’atmosfera sospesa. In Carluccio le forme molto vagamente antropomorfe o le figure evocate sono realizzate in materiali naturali come ferro e terracotta, con una stilizzazione “selvaggia” e vagamente archetipica che puo’ far pensare all’arte primitiva.
Olga Polichtchouk costituisce il ‘trait d’union’ tra i due gruppi e la dimostrazione concreta di come, in qualche modo, approccio “noumenico” e approccio “fenomenico” siano due facce della stessa medaglia. Dell’artista di S. Pietroburgo infatti si presentano opere d’ispirazione chagalliana, vagamente piu’ realistiche ed altre di grande formato decisamente kandiskiane, ovvero spiccatamente piu’ astratte e stilizzate.
Virgilio Patarini
26
novembre 2008
Oltre la Realtà
Dal 26 novembre al 14 dicembre 2008
arte moderna e contemporanea
Location
ZAMENHOF
Milano, Via Ludovico Lazzaro Zamenhof, 11, (Milano)
Milano, Via Ludovico Lazzaro Zamenhof, 11, (Milano)
Orario di apertura
da mercoledì a domenica ore 15-19
Vernissage
26 Novembre 2008, ore 18.30
Autore
Curatore