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Omaggio a Carolina Marisa Occari
Gli amici della Galleria del Carbone rendono omaggio a Marisa e presentano le loro opere, accostandole ai lavori di incisione per testimoniare la vicinanza con l’artista polesana recentemente scomparsa.
Comunicato stampa
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l’Associazione culturale Accademia d’Arte Città di Ferrara – Galleria del Carbone ha scelto di ricordare Carolina Marisa Occari presso il Centro Culturale “Walter Matteucci” di Jolanda di Savoia. Il luogo scelto si trova nella “terra di mezzo” tra fiume e mare in un territorio, questo di Jolanda di Savoia, strappato, nel corso dei secoli, al mare ed alle inondazioni del Po, amico e nello stesso tempo severo giudice della vita delle popolazioni padane.
Marisa Occari nel suo importante lavoro di incisione ha rappresentato fin dagli anni ’50 i luoghi del Po fino al suo delta, raccontando di sventure come le alluvioni, ma anche l’infinita bellezza di un territorio che nonostante l’uomo sa sempre rigenerarsi.
Gli amici della Galleria del Carbone rendono omaggio a Marisa e presentano le loro opere, accostandole ai lavori di incisione per testimoniare la vicinanza con l’artista polesana recentemente scomparsa.
____________________________________
da un articolo comparso sulla rivista "La Pianura" di Carlo Bassi:
"Ma cosa intendiamo per leggerezza in questi lavori? Intendiamo il mondo dell'anima che essi inverano coperti come sono da lieve pulviscolo di luce, un 'pulviscolo sottile' che evoca sensazioni che sembrano sollecitare possibilità sonore e sedare impulsi magnetici.
Credo che sia proprio questa la leggerezza di Marisa Occari che si rivela nella felicità del correre dei bulino sulla lastra e nella carica interiore che rivela il suo segno."
___________________________________
Carolina Marisa Occari nasce a Stienta, provincia di Rovigo, prima di quattro sorelle. Il padre è incaricato della sorveglianza del Po e la casa della sua famiglia si trova nei pressi dell'argine del fiume tra Stienta e Occhiobello.
Negli anni Cinquanta frequenta l'Accademia di Belle Arti a Bologna. Si iscrive al corso di Decorazione di Giovanni Romagnoli, un artista approdato al novecentismo da una poetica post-impressionista. Due anni dopo, nel 1952, la Occari comincia a frequentare il corso di incisione di Giorgio Morandi e questo incontro segnerà per lei una svolta decisiva. Morandi è attento e delicato e la colpisce per la serietà e semplicità proprie della sua natura. Egli insegna come si incera, come si affumica, come si acida; non dà quai mai giudizi estetici sul lavoro degli allievi ma piuttosto esprime pareri sulla pratica tecnica. Insegna l'acquaforte della tradizione, L' ”incisione pura”, veicolo per quel “segno acquafortistico antico”, indicato molti anni dopo da P. Bellini come il nucleo fondante le incisioni della Occari.
Il suo cammino incisorio è iniziato nel 1952 con un'acquaforte premonitrice, una copia di un particolare di Diogene con la lanterna di Giovanni Benedetto Castiglione, un maestro seicentesco dal tratto scarno e quasi secco, profondamente acquafortistico, e fortemente legato ai giochi del chiaroscuro. Due caratteristiche che Carolina Occari farà sue in seguito. (P. Bellini)
Negli anni 1951- '52 il Polesine rimane paralizzato dalla distruzione del paesaggio e della vita causati dall'alluvione. Dopo il ritiro delle acque l'artista comincerà a documentare l'alluvione con una serie di pacati disegni e incisioni (Occhiobello '51, Case Previati sotto la sabbia, Case Virgili, Lavori di ricostruzione, ...) che lasciano già trasparire quella che si rileverà la dominante dell'artista, ossia la passione per la sua terra, il Po, le golene, i campi sotto gli argini nel tentativo continuo di trasmettere anche ad altri le emozioni di un luogo così affascinante e in perenne precaria evoluzione. Con alcuni di quei disegni partecipa al concorso nazionale Alluvione e ricostruzione del Polesine. Premio De Gasperi (1952); esso determinerà l'affermazione dell'artista perchè le sue opere sono vere e proprie testimonianze sulla rotta e le viene aggiudicato un Premio-acquisto delle opere che ora si trovano presso l'Accademia dei Concordi di Rovigo.
Nel frattempo Carolina Occari inizia una breve attività espositiva partecipando con alcune incisioni a una mostra collettiva alla Galleria Cosmè di Ferrara, organizzata e curata da Gianni Vallieri – amico e compagno della Dosso Dossi – con i colleghi di Accademia Luciano De Vita, Vincenzo Roda, Carlo Leoni, Emilio Contini, Germano Pessarelli.
Sono di questo periodo le due versioni di Nonna Clorinde del 1953 che rivelano qualche influsso, forse inconsapevole, da certa grafica italiana del primo '900, Boccioni in particolare. (P. Bellini) Sempre di questi anni sono Le mie sorelle che cuciono, Laura con bottiglia, alcuni studi dal vero della modella e numerosi ritratti dei bambini di via Guratti, la strada di casa sua, sotto l'argine del fiume.
Negli anni '54 - '55 riceve dall'Accademia alcuni importanti riconoscimenti come i premi per la miglior prova di decorazione e la Pensione Tullo Moy per il Paesaggio; dall'Università di Bologna riceve il primo Premio per il Bianco e Nero.
Nel 1958 allestisce una piccola mostra personale a Badia Polesine con disegni e incisioni.
La sua attività artistica vede poi una pausa di quasi vent'anni, dovuta soprattutto al formarsi della sua famiglia e all'inizio dell'insegnamento. Riprende negli anni Ottanta con l'incisione di piccole lastre di fiori, conchiglie, ritratti. Tutti temi questi che hanno sempre accompagnato il soggetto del paesaggio, la visione del fiume e di tutto ciò che lo circonda e lo fa vivo e che, con il tempo, acquista progressivamente maggiore importanza nella sua produzione. L'artista recupera gradual-mente il rapporto con la realtà circostante e incide opere importanti come la serie dedicata alla Villa Camerini situata lungo il Po. Significativa al riguardo Villa Camerini, 1981.
Incide altre opere, nei dintorni di Ferrara, e soprattutto nel delta del Po: Valle Bertuzzi, Casa della finanza, I lavorieri, Il faro di Gorino, Fondo del Sasso, tutte realizzate nel 1983. Da segnalare in particolare è Santa Maria in Punta, acquaforte del 1984, dove al segno che descrive il paesaggio reale sembra associarsi, fino a coincidere, il paesaggio della grande tradizione secentesca, da Rembrandt a Guercino. (L. Gavioli)
In quest'epoca allestisce mostre personali a Goro, Ravenna, Padova, Mesola, Ferrara. Partecipa inoltre a manifestazioni collettive di rilievo, anche se non si farà mai coinvolgere nella ricerca di contatti e spazi espositivi, dato il suo carattere schivo e riservato. Nel 1981 espone i suoi disegni e le incisioni dell'alluvione nel trentennale della ricorrenza.
Il contatto con il Po, la scoperta dei paesi e delle meraviglie della natura lungo il suo corso, trova negli anni Novanta, il punto più alto di comprensione della forma del paesaggio e di sapienza nella sua rappresentazione. (L. Gavioli)
Attirano l'attenzione dell'artista anche elementi come gli alberi, diversi nella loro essenza, ma forti e solidali nella definizione del profilo del paesaggio e nella marcatura dei piani. Vengono tradotti sulla lastra come veri e propri elementi della nostra esistenza (Il salice, 1987, Il vecchio ciliegio, 1991, Il grande olmo, 1992). (L. Gavioli) Un ciliegio, una casa, un prato, una recinzione, stabi-liscono con assoluta coerenza una genealogia dei sentimenti e dell'appartenenza in un equilibrato insieme di modestia e ferialità, nobiltà e bellezza (E. Frattarolo).
Sono questi gli anni di più intensa attività creativa dedicata a sempre nuove scoperte: le valli del delta, riprese da diverse prospettive e luce, le fattorie, le case polesane dentro le golene degli argini sul Po, osservando e appuntando i segni del tempo. Di questi anni sono la Chiavica dei Bentivoglio 1 e 2 e Lungo il fiume con le nuvole (un'acquaforte del 1992 con la quale le verrà assegnato due anni dopo il primo premio del concorso nazionale di grafica: Premio Città di Casale).
Nel 1991 prende parte alla collettiva Nati sotto Fetonte, organizzata dall'Accademia dei Concordi di Rovigo, e alla rassegna di pittura, grafica e scultura “Po, padre e padrone. Arte e immaginario padano. 1951-1991, allestita a Revere (MN). L'anno seguente è presente alla rassegna “Il linguaggio della dea, a Bagnacavallo (RA).
Parallela al tema del Paesaggio, l'artista inizierà in questi anni una ricerca relativa alla Natura Morta. Il suo interesse per gli oggetti nell'interno era sempre stato evidente, ma soprattutto rivolto ai fiori: piccole lastre, a volte realizzate a puntasecca, per cogliere con l'immediatezza del segno la caducità del soggetto. Con la Natura morta con la ciotola invece, e con la sintetica Natura morta con limone, lastre di grande dimensione, incise all'acquaforte entrambe nel 1993, si inaugura una nuova forma di espressione: la natura morta di ampio respiro, nella quale ritroviamo quasi una tentazione metafisica. La frutta autunnale - come le melagrane, le nespole, la zucca -, ci rivela che queste “meditazioni“ avvengono nel chiuso della stanza in una condizione di solitudine e di totale libertà. Sul piano pratico esse rappresentano l'alternativa all'uscita nel paesaggio ma, anche se il paesaggio resta senza dubbio il suo genere d'elezione, gli elementi naturali delle sue nature morte sono interpretati sulla lastra con una sobrietà di intenzioni e una disarmante semplicità di resa chiaroscurale.
Tiene alcune mostre personali a Pieve di Cento e alla Rocca Possente di Stellata a Bondeno, in provincia di Ferrara e, in città, a Casa Giorgio Cini dove viene presentata un'ampia rassegna antologica; in essa sono esposte per la prima volta le sue opere più recenti tra cui alcune grandi acqueforti sul tema della natura morta. Torna nel 1995 a Castello Estense di Mesola nella rassegna Il Po del '900, arte, cinema, letteratura, con una selezione di grafiche. L'anno successivo è a Modica (RG), a Palazzo Grimaldi, alla 1° rassegna nazionale di grafica.
Due anni dopo, presentando un'incisione dal titolo Paesaggio fluviale, riceve a Ferrara uno dei premi del “Lascito Niccolini” con la motivazione: “per la sapienza tecnica e l'atmosfera poetica”. Sempre in quell'anno espone con altri 5 artisti a Palazzo Bellini a Comacchio e verrà edita una cartella con un'opera di ciascuno. Del 1998 è la sua personale all'Istituto di Storia Contemporanea della sua città; essa si ripeterà con diversa impostazione l'anno successivo presso una galleria privata in occasione della stampa del catalogo Incisioni di C. Marisa Occari, edito dal Comune di Ferrara.
Sono di questi anni La vecchia cava lungo il Po, 1998 e Grande pioppo sul Po, 1999. La prima rappresenta un incanto di memorie antiche – certo Rembrandt innanzitutto – con un cielo infinito, un'assoluta malinconia, un'assoluta dignità, e, come sempre, un brano di territorio che nelle mani della Occari diventa “paesaggio”. Grande pioppo sul Po, in particolare si rivela una delle sue incisioni più potenti, in cui spazi, luci e oscurità sono il frutto di una magnifica sinergia tra segni elementari e sintetici, e segni rinfoltiti e arrovellati (E. Frattarolo).
Nel 2001 partecipa alla rassegna Po-etico alla Pinacoteca di Quistello (MN) e in dicembre, a Rovigo presso il Complesso degli Olivetani, alla collettiva Il Po in controluce, arte padana, alluvione e dintorni, organizzata dalla Provincia in occasione del 50° anniversario dell'alluvione del Polesine.
Nel dicembre 2004 viene edito dalla Marsilio il catalogo Carolina Marisa Occari. Catalogo delle incisioni, curato da Laura Gavioli e presentato da Paolo Bellini. Esso segna una tappa significativa del curriculum dell'artista poiché raccoglie la sua opera incisoria dal 1951 al 2004 e permette di tracciare il percorso artistico compiuto dalla Occari. La seconda e terza parte del libro sono curate da Licia Zampini, figlia minore dell'artista; esse comprendono il catalogo ragionato delle opere e una ricca serie di apparati critici e bio-bibliografici. Verrà presentato all'Accademia di Belle Arti di Bologna da Eleonora Frattarolo e poi da Paola Marini alla Biblioteca Comunale Ariostea dell'Università di Ferrara presso la Sala Agnelli. Seguirà la mostra a Ferrara presso l'Istituto d'arte Dosso Dossi e poi presso altre città.
Nel 2009 si inaugura preso i Fienili del Campiaro a Grizzana Morandi (BO), il catalogo In bianco, in nero e in grigio. Il mondo di Carolina Marisa Occari dal 1983 al 2002, curato da Eleonora Frattarolo. La stessa mostra verrà poi ospitata a Ferrara presso Palazzo Turchi di Bagno, a cura di Benedetto Sala e con il catalogo curato da Eleonora Frattarolo.
Se si guardano le incisioni della Occari una dopo l'altra, ci si accorge che fanno parte di un unico lungo racconto, nel quale l'artista ha saputo rendere “semplice” la complessa relazione tra quei territori minimali, disadorni - a volte in bilico sul nulla - e la poesia. (E. Frattarolo).
Marisa Occari nel suo importante lavoro di incisione ha rappresentato fin dagli anni ’50 i luoghi del Po fino al suo delta, raccontando di sventure come le alluvioni, ma anche l’infinita bellezza di un territorio che nonostante l’uomo sa sempre rigenerarsi.
Gli amici della Galleria del Carbone rendono omaggio a Marisa e presentano le loro opere, accostandole ai lavori di incisione per testimoniare la vicinanza con l’artista polesana recentemente scomparsa.
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da un articolo comparso sulla rivista "La Pianura" di Carlo Bassi:
"Ma cosa intendiamo per leggerezza in questi lavori? Intendiamo il mondo dell'anima che essi inverano coperti come sono da lieve pulviscolo di luce, un 'pulviscolo sottile' che evoca sensazioni che sembrano sollecitare possibilità sonore e sedare impulsi magnetici.
Credo che sia proprio questa la leggerezza di Marisa Occari che si rivela nella felicità del correre dei bulino sulla lastra e nella carica interiore che rivela il suo segno."
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Carolina Marisa Occari nasce a Stienta, provincia di Rovigo, prima di quattro sorelle. Il padre è incaricato della sorveglianza del Po e la casa della sua famiglia si trova nei pressi dell'argine del fiume tra Stienta e Occhiobello.
Negli anni Cinquanta frequenta l'Accademia di Belle Arti a Bologna. Si iscrive al corso di Decorazione di Giovanni Romagnoli, un artista approdato al novecentismo da una poetica post-impressionista. Due anni dopo, nel 1952, la Occari comincia a frequentare il corso di incisione di Giorgio Morandi e questo incontro segnerà per lei una svolta decisiva. Morandi è attento e delicato e la colpisce per la serietà e semplicità proprie della sua natura. Egli insegna come si incera, come si affumica, come si acida; non dà quai mai giudizi estetici sul lavoro degli allievi ma piuttosto esprime pareri sulla pratica tecnica. Insegna l'acquaforte della tradizione, L' ”incisione pura”, veicolo per quel “segno acquafortistico antico”, indicato molti anni dopo da P. Bellini come il nucleo fondante le incisioni della Occari.
Il suo cammino incisorio è iniziato nel 1952 con un'acquaforte premonitrice, una copia di un particolare di Diogene con la lanterna di Giovanni Benedetto Castiglione, un maestro seicentesco dal tratto scarno e quasi secco, profondamente acquafortistico, e fortemente legato ai giochi del chiaroscuro. Due caratteristiche che Carolina Occari farà sue in seguito. (P. Bellini)
Negli anni 1951- '52 il Polesine rimane paralizzato dalla distruzione del paesaggio e della vita causati dall'alluvione. Dopo il ritiro delle acque l'artista comincerà a documentare l'alluvione con una serie di pacati disegni e incisioni (Occhiobello '51, Case Previati sotto la sabbia, Case Virgili, Lavori di ricostruzione, ...) che lasciano già trasparire quella che si rileverà la dominante dell'artista, ossia la passione per la sua terra, il Po, le golene, i campi sotto gli argini nel tentativo continuo di trasmettere anche ad altri le emozioni di un luogo così affascinante e in perenne precaria evoluzione. Con alcuni di quei disegni partecipa al concorso nazionale Alluvione e ricostruzione del Polesine. Premio De Gasperi (1952); esso determinerà l'affermazione dell'artista perchè le sue opere sono vere e proprie testimonianze sulla rotta e le viene aggiudicato un Premio-acquisto delle opere che ora si trovano presso l'Accademia dei Concordi di Rovigo.
Nel frattempo Carolina Occari inizia una breve attività espositiva partecipando con alcune incisioni a una mostra collettiva alla Galleria Cosmè di Ferrara, organizzata e curata da Gianni Vallieri – amico e compagno della Dosso Dossi – con i colleghi di Accademia Luciano De Vita, Vincenzo Roda, Carlo Leoni, Emilio Contini, Germano Pessarelli.
Sono di questo periodo le due versioni di Nonna Clorinde del 1953 che rivelano qualche influsso, forse inconsapevole, da certa grafica italiana del primo '900, Boccioni in particolare. (P. Bellini) Sempre di questi anni sono Le mie sorelle che cuciono, Laura con bottiglia, alcuni studi dal vero della modella e numerosi ritratti dei bambini di via Guratti, la strada di casa sua, sotto l'argine del fiume.
Negli anni '54 - '55 riceve dall'Accademia alcuni importanti riconoscimenti come i premi per la miglior prova di decorazione e la Pensione Tullo Moy per il Paesaggio; dall'Università di Bologna riceve il primo Premio per il Bianco e Nero.
Nel 1958 allestisce una piccola mostra personale a Badia Polesine con disegni e incisioni.
La sua attività artistica vede poi una pausa di quasi vent'anni, dovuta soprattutto al formarsi della sua famiglia e all'inizio dell'insegnamento. Riprende negli anni Ottanta con l'incisione di piccole lastre di fiori, conchiglie, ritratti. Tutti temi questi che hanno sempre accompagnato il soggetto del paesaggio, la visione del fiume e di tutto ciò che lo circonda e lo fa vivo e che, con il tempo, acquista progressivamente maggiore importanza nella sua produzione. L'artista recupera gradual-mente il rapporto con la realtà circostante e incide opere importanti come la serie dedicata alla Villa Camerini situata lungo il Po. Significativa al riguardo Villa Camerini, 1981.
Incide altre opere, nei dintorni di Ferrara, e soprattutto nel delta del Po: Valle Bertuzzi, Casa della finanza, I lavorieri, Il faro di Gorino, Fondo del Sasso, tutte realizzate nel 1983. Da segnalare in particolare è Santa Maria in Punta, acquaforte del 1984, dove al segno che descrive il paesaggio reale sembra associarsi, fino a coincidere, il paesaggio della grande tradizione secentesca, da Rembrandt a Guercino. (L. Gavioli)
In quest'epoca allestisce mostre personali a Goro, Ravenna, Padova, Mesola, Ferrara. Partecipa inoltre a manifestazioni collettive di rilievo, anche se non si farà mai coinvolgere nella ricerca di contatti e spazi espositivi, dato il suo carattere schivo e riservato. Nel 1981 espone i suoi disegni e le incisioni dell'alluvione nel trentennale della ricorrenza.
Il contatto con il Po, la scoperta dei paesi e delle meraviglie della natura lungo il suo corso, trova negli anni Novanta, il punto più alto di comprensione della forma del paesaggio e di sapienza nella sua rappresentazione. (L. Gavioli)
Attirano l'attenzione dell'artista anche elementi come gli alberi, diversi nella loro essenza, ma forti e solidali nella definizione del profilo del paesaggio e nella marcatura dei piani. Vengono tradotti sulla lastra come veri e propri elementi della nostra esistenza (Il salice, 1987, Il vecchio ciliegio, 1991, Il grande olmo, 1992). (L. Gavioli) Un ciliegio, una casa, un prato, una recinzione, stabi-liscono con assoluta coerenza una genealogia dei sentimenti e dell'appartenenza in un equilibrato insieme di modestia e ferialità, nobiltà e bellezza (E. Frattarolo).
Sono questi gli anni di più intensa attività creativa dedicata a sempre nuove scoperte: le valli del delta, riprese da diverse prospettive e luce, le fattorie, le case polesane dentro le golene degli argini sul Po, osservando e appuntando i segni del tempo. Di questi anni sono la Chiavica dei Bentivoglio 1 e 2 e Lungo il fiume con le nuvole (un'acquaforte del 1992 con la quale le verrà assegnato due anni dopo il primo premio del concorso nazionale di grafica: Premio Città di Casale).
Nel 1991 prende parte alla collettiva Nati sotto Fetonte, organizzata dall'Accademia dei Concordi di Rovigo, e alla rassegna di pittura, grafica e scultura “Po, padre e padrone. Arte e immaginario padano. 1951-1991, allestita a Revere (MN). L'anno seguente è presente alla rassegna “Il linguaggio della dea, a Bagnacavallo (RA).
Parallela al tema del Paesaggio, l'artista inizierà in questi anni una ricerca relativa alla Natura Morta. Il suo interesse per gli oggetti nell'interno era sempre stato evidente, ma soprattutto rivolto ai fiori: piccole lastre, a volte realizzate a puntasecca, per cogliere con l'immediatezza del segno la caducità del soggetto. Con la Natura morta con la ciotola invece, e con la sintetica Natura morta con limone, lastre di grande dimensione, incise all'acquaforte entrambe nel 1993, si inaugura una nuova forma di espressione: la natura morta di ampio respiro, nella quale ritroviamo quasi una tentazione metafisica. La frutta autunnale - come le melagrane, le nespole, la zucca -, ci rivela che queste “meditazioni“ avvengono nel chiuso della stanza in una condizione di solitudine e di totale libertà. Sul piano pratico esse rappresentano l'alternativa all'uscita nel paesaggio ma, anche se il paesaggio resta senza dubbio il suo genere d'elezione, gli elementi naturali delle sue nature morte sono interpretati sulla lastra con una sobrietà di intenzioni e una disarmante semplicità di resa chiaroscurale.
Tiene alcune mostre personali a Pieve di Cento e alla Rocca Possente di Stellata a Bondeno, in provincia di Ferrara e, in città, a Casa Giorgio Cini dove viene presentata un'ampia rassegna antologica; in essa sono esposte per la prima volta le sue opere più recenti tra cui alcune grandi acqueforti sul tema della natura morta. Torna nel 1995 a Castello Estense di Mesola nella rassegna Il Po del '900, arte, cinema, letteratura, con una selezione di grafiche. L'anno successivo è a Modica (RG), a Palazzo Grimaldi, alla 1° rassegna nazionale di grafica.
Due anni dopo, presentando un'incisione dal titolo Paesaggio fluviale, riceve a Ferrara uno dei premi del “Lascito Niccolini” con la motivazione: “per la sapienza tecnica e l'atmosfera poetica”. Sempre in quell'anno espone con altri 5 artisti a Palazzo Bellini a Comacchio e verrà edita una cartella con un'opera di ciascuno. Del 1998 è la sua personale all'Istituto di Storia Contemporanea della sua città; essa si ripeterà con diversa impostazione l'anno successivo presso una galleria privata in occasione della stampa del catalogo Incisioni di C. Marisa Occari, edito dal Comune di Ferrara.
Sono di questi anni La vecchia cava lungo il Po, 1998 e Grande pioppo sul Po, 1999. La prima rappresenta un incanto di memorie antiche – certo Rembrandt innanzitutto – con un cielo infinito, un'assoluta malinconia, un'assoluta dignità, e, come sempre, un brano di territorio che nelle mani della Occari diventa “paesaggio”. Grande pioppo sul Po, in particolare si rivela una delle sue incisioni più potenti, in cui spazi, luci e oscurità sono il frutto di una magnifica sinergia tra segni elementari e sintetici, e segni rinfoltiti e arrovellati (E. Frattarolo).
Nel 2001 partecipa alla rassegna Po-etico alla Pinacoteca di Quistello (MN) e in dicembre, a Rovigo presso il Complesso degli Olivetani, alla collettiva Il Po in controluce, arte padana, alluvione e dintorni, organizzata dalla Provincia in occasione del 50° anniversario dell'alluvione del Polesine.
Nel dicembre 2004 viene edito dalla Marsilio il catalogo Carolina Marisa Occari. Catalogo delle incisioni, curato da Laura Gavioli e presentato da Paolo Bellini. Esso segna una tappa significativa del curriculum dell'artista poiché raccoglie la sua opera incisoria dal 1951 al 2004 e permette di tracciare il percorso artistico compiuto dalla Occari. La seconda e terza parte del libro sono curate da Licia Zampini, figlia minore dell'artista; esse comprendono il catalogo ragionato delle opere e una ricca serie di apparati critici e bio-bibliografici. Verrà presentato all'Accademia di Belle Arti di Bologna da Eleonora Frattarolo e poi da Paola Marini alla Biblioteca Comunale Ariostea dell'Università di Ferrara presso la Sala Agnelli. Seguirà la mostra a Ferrara presso l'Istituto d'arte Dosso Dossi e poi presso altre città.
Nel 2009 si inaugura preso i Fienili del Campiaro a Grizzana Morandi (BO), il catalogo In bianco, in nero e in grigio. Il mondo di Carolina Marisa Occari dal 1983 al 2002, curato da Eleonora Frattarolo. La stessa mostra verrà poi ospitata a Ferrara presso Palazzo Turchi di Bagno, a cura di Benedetto Sala e con il catalogo curato da Eleonora Frattarolo.
Se si guardano le incisioni della Occari una dopo l'altra, ci si accorge che fanno parte di un unico lungo racconto, nel quale l'artista ha saputo rendere “semplice” la complessa relazione tra quei territori minimali, disadorni - a volte in bilico sul nulla - e la poesia. (E. Frattarolo).
22
agosto 2014
Omaggio a Carolina Marisa Occari
Dal 22 agosto al 20 settembre 2014
arte moderna e contemporanea
Location
SEDI VARIE – Jolanda Di Savoia
Jolanda Di Savoia, (Ferrara)
Jolanda Di Savoia, (Ferrara)
Orario di apertura
martedì e giovedì 9/12; mercoledì e venerdì 9/12 - 15/18 - chiuso il lunedì
Vernissage
22 Agosto 2014, ore 18.00
Autore
Curatore