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Omaggio a John Cage
Nel centenario della nascita di John Cage – genio del 900, musicista (e filosofo), esponente delle avanguardie storiche che hanno cambiato il fare musica, alcuni artisti hanno sentito la necessità di rendere omaggio proponendo la propria ricerca storico-visiva. L’interessante utilizzo di linguaggi estremamente diversi, vecchi filmati, fotografie, dipinti, disegni ecc. danno vita ad un itinerario percorribile solo con il pensiero rivolto alla memoria che ci conduce alla maggior consapevolezza di quanto tutto ciò sia ancora presente.
La mostra rientra nel programma di Artelibro 2012
Comunicato stampa
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Nel centenario della nascita di John Cage – genio del 900, musicista (e filosofo), esponente delle avanguardie storiche che hanno cambiato il fare musica concentrando l’interesse sui suoni della quotidianità e, dunque, della vita – alcuni artisti hanno sentito la necessità di rendere omaggio proponendo la propria ricerca storico-visiva. L’interessante utilizzo di linguaggi estremamente diversi– vecchi filmati, fotografie, dipinti, disegni ecc. -danno vita ad un itinerario percorribile solo con il pensiero rivolto alla memoria che ci conduce alla maggior consapevolezza di quanto tutto ciò sia ancora presente.
“L’intera esistenza di John Cage è stata un ininterrotto creare, inventare, costruire, accumulare. Ma, se consideriamo l’intero arco del suo ricercare è evidente che egli ha forse semplicemente ‘svelato’, con un piglio sereno e deciso, cosa può/deve avvenire nella costruzione e soprattutto nella fruizione dell’arte. Rubricato come musicista (uno dei più grandi del 900) Cage, in realtà, si è interessato, e mai in modo istrionicamente superficiale, all'architettura, alla pittura, alla poesia al teatro. Alla matematica e alla geometria. Alla danza e alla filosofia. Alla politica e alla società. Tuttavia, poiché non poteva non collocare l’arte nella topografia essenziale di tempo e spazio, Cage trasferisce dentro la musica (arte per eccellenza) tutte le sue esperienze e ricerche affermando la necessità del creare-come-esistere senza fini e obiettivi. Fuori dalla linearità, fuori dall’emozione, fuori dalla ‘gabbia’ cui il suo cognome stesso poteva condannarlo (nomen-omen?) come uomo e come artista. Ecco perché ci invita costantemente ad uscire fuori dalle coordinate stabilite dalle convenzioni dell’arte additando prospettive, anche assurde, di creazione, performance e soprattutto chiedendo al pubblico di guardare-ascoltare in modo assolutamente nuovo e attivo.
Una cosa fra tutte ci insegna John Cage: che il silenzio è condizione del suono anzi è di fatto materiale sonoro perché del suono crea l’attesa, la sospensione. E se aspettiamo il suono di uno strumento che non arriva mai, magari impareremo ad ascoltare i rumori delle stanze, degli oggetti, il crepitio della carta, gli scricchiolii del legno, il ritmo del cuore che batte, del sangue che scorre. Cancelleremo la distinzione tra rumore e suono.
Nel 1952 Cage compone 4'33”, per qualsiasi strumento (o ensemble orchestrale). La composizione prevede che lo strumento non venga suonato. La sostanza esecutiva dell'opera quindi è un'operazione teatrale più che musicale che coinvolge l’ambiente circostante e il pubblico. Cage leggeva il titolo come ‘4 minuti e 33 secondi’, e addirittura divise l’opera in tre movimenti: il primo di 30 secondi, il secondo di 2 minuti e 23 secondi, il terzo di 1 minuto e 40 secondi. Il totale ci dà 4 minuti e 33 secondi di silenzio. La somma dei secondi (273) è forse un richiamo alla temperatura dello zero assoluto (-273,15 °C) temperatura a cui ci si può solo approssimare senza raggiungerla mai. Come non è possibile arrivare allo zero assoluto è altrettanto impossibile trovare il silenzio assoluto. Il silenzio in realtà non esiste. Il suono è sempre presente: proviene dal corpo, dall'ambiente circostante. I rumori imprevedibili e sempre diversi, interni ed esterni alla sala da concerto, inclusi il mormorio del pubblico o i suoni della natura o della tecnologia se la performance avviene all’aperto negano l’esistenza del silenzio. La non-performance dello strumento musicale, ci induce ad ascoltare l'ambiente in cui ci si trova e a far nostra una nuova attitudine ad ascoltare il mondo. È l'intenzione e l’atteggiamento di chi ascolta che può dare a qualsiasi ‘cosa’ il valore di musica, di ‘opera’. In questo modo John Cage mette in discussione i fondamenti stessi della percezione, in consonanza con numerosi artisti concettuali degli anni 50 e 60. Uno dei modelli riconosciuti di 4'33” è Robert Rauschenberg, il pittore suo amico, che nel 1951 produsse una serie di quadri bianchi, che cambiano a seconda delle condizioni di luce dell'ambiente di esposizione”.
(Carmelo Giummo)
“L’intera esistenza di John Cage è stata un ininterrotto creare, inventare, costruire, accumulare. Ma, se consideriamo l’intero arco del suo ricercare è evidente che egli ha forse semplicemente ‘svelato’, con un piglio sereno e deciso, cosa può/deve avvenire nella costruzione e soprattutto nella fruizione dell’arte. Rubricato come musicista (uno dei più grandi del 900) Cage, in realtà, si è interessato, e mai in modo istrionicamente superficiale, all'architettura, alla pittura, alla poesia al teatro. Alla matematica e alla geometria. Alla danza e alla filosofia. Alla politica e alla società. Tuttavia, poiché non poteva non collocare l’arte nella topografia essenziale di tempo e spazio, Cage trasferisce dentro la musica (arte per eccellenza) tutte le sue esperienze e ricerche affermando la necessità del creare-come-esistere senza fini e obiettivi. Fuori dalla linearità, fuori dall’emozione, fuori dalla ‘gabbia’ cui il suo cognome stesso poteva condannarlo (nomen-omen?) come uomo e come artista. Ecco perché ci invita costantemente ad uscire fuori dalle coordinate stabilite dalle convenzioni dell’arte additando prospettive, anche assurde, di creazione, performance e soprattutto chiedendo al pubblico di guardare-ascoltare in modo assolutamente nuovo e attivo.
Una cosa fra tutte ci insegna John Cage: che il silenzio è condizione del suono anzi è di fatto materiale sonoro perché del suono crea l’attesa, la sospensione. E se aspettiamo il suono di uno strumento che non arriva mai, magari impareremo ad ascoltare i rumori delle stanze, degli oggetti, il crepitio della carta, gli scricchiolii del legno, il ritmo del cuore che batte, del sangue che scorre. Cancelleremo la distinzione tra rumore e suono.
Nel 1952 Cage compone 4'33”, per qualsiasi strumento (o ensemble orchestrale). La composizione prevede che lo strumento non venga suonato. La sostanza esecutiva dell'opera quindi è un'operazione teatrale più che musicale che coinvolge l’ambiente circostante e il pubblico. Cage leggeva il titolo come ‘4 minuti e 33 secondi’, e addirittura divise l’opera in tre movimenti: il primo di 30 secondi, il secondo di 2 minuti e 23 secondi, il terzo di 1 minuto e 40 secondi. Il totale ci dà 4 minuti e 33 secondi di silenzio. La somma dei secondi (273) è forse un richiamo alla temperatura dello zero assoluto (-273,15 °C) temperatura a cui ci si può solo approssimare senza raggiungerla mai. Come non è possibile arrivare allo zero assoluto è altrettanto impossibile trovare il silenzio assoluto. Il silenzio in realtà non esiste. Il suono è sempre presente: proviene dal corpo, dall'ambiente circostante. I rumori imprevedibili e sempre diversi, interni ed esterni alla sala da concerto, inclusi il mormorio del pubblico o i suoni della natura o della tecnologia se la performance avviene all’aperto negano l’esistenza del silenzio. La non-performance dello strumento musicale, ci induce ad ascoltare l'ambiente in cui ci si trova e a far nostra una nuova attitudine ad ascoltare il mondo. È l'intenzione e l’atteggiamento di chi ascolta che può dare a qualsiasi ‘cosa’ il valore di musica, di ‘opera’. In questo modo John Cage mette in discussione i fondamenti stessi della percezione, in consonanza con numerosi artisti concettuali degli anni 50 e 60. Uno dei modelli riconosciuti di 4'33” è Robert Rauschenberg, il pittore suo amico, che nel 1951 produsse una serie di quadri bianchi, che cambiano a seconda delle condizioni di luce dell'ambiente di esposizione”.
(Carmelo Giummo)
21
settembre 2012
Omaggio a John Cage
Dal 21 al 23 settembre 2012
arte contemporanea
Location
SEDI VARIE – Bologna
Bologna, (Bologna)
Bologna, (Bologna)
Orario di apertura
ore 10.00/20.00
Vernissage
21 Settembre 2012, h 21
Autore